T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, Sent., 31-01-2011, n. 139

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il provvedimento impugnato è stata rigettata l’istanza di rilascio di licenza per l’apertura di sala giochi nei locali siti in Viale dell’Industria a Padova.

La motivazione del diniego fa riferimento all’art. 21 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Padova, secondo cui gli impianti sportivi o ricreativi sono ammessi nella Zona Industriale solo se sono a servizio delle aziende.

L’art. 21 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Padova stabilisce che nella Zona Industriale sono ammesse:

a) le destinazioni d’uso industriali ed artigianali;

b) le destinazioni commerciali, con riferimento al regolamento edilizio, limitatamente a:

– locali per la vendita e la somministrazione di alimenti e bevande;

– autorimesse di uso pubblico;

– impianti di distribuzione di carburanti;

– impianti sportivi o ricreativi a servizio delle aziende;

– agenzie bancarie, assicurative;

b1) commercio all’ingrosso;

b2) attività varie di commercio al dettaglio elencate dalle lettere da b2 a b4 dell’art. 21 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Padova.

È espressamente vietata ogni altra destinazione commerciale e direzionale.

Lo stesso art. 21 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Padova stabilisce poi che tali prescrizioni devono essere rispettate anche con riferimento agli interventi di modifica della destinazione d’uso senza opere.

Il collegio concorda con le conclusioni cui è pervenuto il Comune di Padova, secondo cui l’art. 21 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Padova non consente l’attivazione di strutture ricreative rivolte alla generalità.

La prescrizione che la struttura ricreativa sia limitata al servizio dell’azienda significa che deve trattarsi di struttura frequentata da titolari o dipendenti di soggetti che svolgono le attività espressamente previste dall’art. 21 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Padova.

Si tratta di una disciplina coerente con la caratterizzazione della Zona Industriale nel senso produttivo ed artigianale (così TAR Veneto III Ordinanza n° 651 del 2010).

Il collegio osserva che le norme di piano regolatore che disciplianano l’uso del territorio, ed in particolare che discipliano le modalità d’uso delle singole zone in cui è ripartito il territorio comunale, non riguardano soltanto la procedura e i contenuti dei provvedimenti con cui l’Amministrazione Comunale rilascia i titoli abilitativi in materia edilizia, ma riguardano qualsiasi modalità che di fatto possa incidere sull’uso del territorio.

Così se il piano regolatore impone il divieto, secondo una logica urbanisticamente apprezzabile, che nella zona industriale non possono essere attivati impianti ricreativi rivolti alla generalità, non è ammesso che tali impianti siano attivati, anche se non fosse in concreto necessario il rilascio di un titolo abilitativo edilizio.

Inoltre l’Amministrazione Comunale, nel determinarsi con riferimento ad atti abilitativi che non riguardano l’edilizia, ma altri interessi pubblici, quali nel caso di specie il commercio e la pubblica sicurezza, deve comunque garantire il rispetto della disciplina urbanistica anche se l’attività non richiede il rilascio di un titolo abilitativo edilizio.

Il potere del pianificatore comunale di disciplinare l’uso del territorio comunale con riferimento a distinte zone in cui viene ripartito il territorio comunale è riconosciuto dalla legislazione regionale e dall’art. 7 della legge n° 1150 del 1942 che stabilisce che il piano regolatore generale deve indicare la divisione in zone del territorio comunale e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona.

Sull’istanza denegata non si è formato il silenzio assenso.

Il termine per la formazione del silenzio assenso è stabilito dalla tabella C allegata al D.P.R. n° 300 del 1992 in 60 giorni dal ricevimento della domanda.

La domanda, per far decorrere il termine del silenzio assenso, deve essere completa, ossia contenere gli elementi indicati nel comma 2 dell’art. 3 del D.P.R. n° 300 del 1992.

Parte ricorrente ha depositato la domanda completa al protocollo del Comune di Padova in data 25 Gennaio 2010.

L’Amministrazione ha quindi comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, in data 19 Febbraio 2010, interrompendo i termini per la formazione del silenzio assenso.

Parte ricorrente ha presentato osservazioni in data 25 Febbraio 2010 e da tale data decorreva nuovamente il termine di 60 giorni per la formazione del silenzio assenso.

L’Amministrazione ha comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, in data 9 Marzo 2010, interrompendo i termini per la formazione del silenzio assenso.

Parte ricorrente ha presentato osservazioni in data 23 Marzo 2010.

L’Amministrazione ha adottato il provvedimento finale in data 5 Maggio 2010, prima dello scadere del termine per la formazione del silenzio assenso, che si sarebbe formato dopo 60 giorni dalla scadenza del termine di 10 giorni previsto dalla comunicazione dei motivi ostativi in data 9 Marzo 2010.

Il collegio osserva infatti che, ai sensi dell’art. 10bis della legge n° 241 del 1990, il preavviso di rigetto interrompe i termini per concludere il procedimento, che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni, o in mancanza, dalla scadenza del termine di 10 giorni assegnato per la presentazione delle osservazioni (così TAR Lazio IIbis n° 2690 del 2009).

Sotto tale profilo si può anche fare riferimento all’art. 2945 del cod. civ. secondo cui, per effetto dell’interruzione del termine, a differenza della sospensione del termine, si inizia un nuovo periodo di computo.

Del resto anche ponendosi in una prospettiva civilistica di Amministrazione che deve adempiere, nel momento in cui essa comunica il preavviso di rigetto, fa presente di avere concluso il procedimento, ponendo termine agli adempimenti a proprio carico e rilevando che l’istanza non può essere accolta.

L’impossibilità di rilasciare la licenza determina l’infondatezza della domanda risarcitoria.

È inconferente infine il richiamo che parte ricorrente fa al procedimento giurisdizionale di cui ai ricorsi n° 1035/2010 e 1747/2010, pendente davanti a questo Tribunale sia perché tali ricorsi non sono connessi con il ricorso in epigrafe sia perché essi sono divenuti improcedibili per sopravvenuta carenza d’interesse.

Il ricorso è dunque infondato, anche per quanto sopra, con riferimento alla domanda risarcitoria.

Le spese possono essere compensate in relazione alla peculiarità del caso.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Di Nunzio, Presidente

Elvio Antonelli, Consigliere

Marco Morgantini, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *