Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-10-2013) 04-11-2013, n. 44480

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. – Con sentenza resa in data 3.7.2012, la corte di appello di Napoli ha integralmente confermato la sentenza in data 6.12.2011 con la quale il tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di Torre del Greco, ha condannato A.L., F.I. e I.P. alla pena di sei anni e due mesi di reclusione ed Euro 30.000,00 di multa ciascuno, in relazione al reato di concorso nella detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente commesso in (OMISSIS) il (OMISSIS).

Avverso la sentenza d’appello, a mezzo dei rispettivi difensori, hanno proposto ricorso per cassazione tutti e tre gli imputati.

2.1. – A.L. censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 603 c.p.p., avendo la corte territoriale ingiustificatamente disatteso l’istanza di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale attraverso la quale la stessa avrebbe potuto comprovare la relativa estraneità alla conversazione pretesamente intercorsa tra l’ A. e la coimputata I. F., sulla base della quale la polizia giudiziaria era pervenuta all’identificazione del luogo di conservazione della sostanza stupefacente la cui detenzione era stata indebitamente ascritta, in concorso, alla responsabilità della ricorrente.

In particolare, la ricorrente sottolinea l’impossibilità che la polizia giudiziaria potesse aver percepito la riferita conversazione, tanto impedendolo le specifiche caratteristiche del luogo dove detta conversazione sarebbe avvenuta, la prova delle cui caratteristiche era stata indicata a oggetto dell’istanza di rinnovazione dibattimentale indebitamente disattesa dalla corte territoriale.

2.2.- F.I. censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte territoriale posto a fondamento della decisione assunta il contenuto di una conversazione ambientale captata in assenza dei presupposti processuali idonei a legittimarne l’esecuzione, ed avendo detta corte pronunciato la condanna dell’imputata sulla base di una motivazione del tutto contraddittoria e illogica, siccome fondata sul contenuto di un colloquio al più idoneo a inquadrare il ruolo della F. quale semplice connivente e non già quale concorrente nel reato di detenzione di sostanza stupefacente alla stessa contestato.

2.3. – I.P. censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte territoriale posto a fondamento della decisione assunta il contenuto di una conversazione ambientale captata in assenza dei presupposti processuali idonei a legittimarne l’esecuzione, ed avendo detta corte pronunciato la condanna dell’imputata sulla base di una motivazione del tutto contraddittoria e illogica, siccome fondata sulla circostanza che l’imputato non potesse non essere a conoscenza del luogo di occultamento della sostanza stupefacente rinvenuta dalla polizia giudiziaria a seguito dell’ascolto di una conversazione avvenuta dopo che lo stesso era già stato condotto presso la stazione dei carabinieri, in forza di elementi presuntivi del tutto privi di alcuna evidenza rappresentativa.

Motivi della decisione

3. – Tutti e tre i ricorsi – congiuntamente esaminabili in ragione dell’intima connessione delle questioni dedotte – sono infondati.

Dev’essere preliminarmente disattesa la censura sollevata dall’ A. con riguardo alla mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ad opera della corte d’appello.

Sul punto, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento di questa corte di legittimità, ai sensi del quale la rinnovazione, ancorchè parziale, del dibattimento ha carattere eccezionale e può essere disposta solo qualora il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti.

Da ciò deriva che mentre la rinnovazione dev’essere specificamente motivata, occorrendo dar conto dell’uso del potere discrezionale derivante dall’acquisita consapevolezza di non potere decidere allo stato degli atti, nel caso, viceversa, di rigetto dell’istanza di rinnovazione, la relativa motivazione può essere anche implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in senso positivo o negativo sulla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (v. Cass., Sez. 5^, n. 15320/2009, Rv. 246859).

Nel caso di specie, la corte territoriale ha espressamente dato atto della superfluità della rinnovazione dibattimentale, avendo ritenuto che le dichiarazioni rese dai verbalizzanti fossero già state acquisite nel contraddittorio in sede dibattimentale, fornendo elementi pienamente sufficienti ai fini della decisione; che, inoltre, la documentazione fotografica o l’ispezione dello stato dei luoghi prospettate dall’imputata non avrebbero potuto fornire alcuna specifica e ulteriore indicazione al fine di superare la certezza acquisita in ordine all’effettiva percezione e ai contenuti del colloquio riferito dagli organi di polizia giudiziaria esaminati in sede testimoniale, stante l’inequivocabilità delle relative dichiarazioni, vieppiù confermate dalle modalità di rinvenimento della sostanza stupefacente all’interno del veicolo posto all’interno delle pertinenze dell’abitazione degli imputati.

In particolare, la corte ha sottolineato come solo attraverso l’ascolto della riferita conversazione gli operanti avrebbero potuto rinvenire la sostanza stupefacente de qua, atteso che la perquisizione realizzata poco prima all’interno dell’abitazione degli imputati aveva dato esito negativo, con la conseguenza che da nessun’altra fonte di cognizione, diversa dal colloquio percepito successivamente a detta perquisizione, gli operanti avrebbero potuto apprendere la notizia dell’occultamento della sostanza stupefacente all’interno del veicolo richiamato.

Del tutto priva di pregio deve ritenersi, inoltre, la censura sollevata da F.I. e da I.P. cerca l’illegittima utilizzazione di una conversazione ambientale in assenza dei presupposti processuali idonei a legittimarne l’esecuzione, essendosi nella specie trattato dell’ascolto di una conversazione intercorsa tra due persone presenti avvenuta alla diretta presenza di testimoni (benchè nascosti) e non già dell’intercettazione di una conversazione ambientale: nozione, quest’ultima, da riservare alle forme di occulta presa di conoscenza, da parte di terzi e mediante congegni particolari, di comunicazioni riservate (cfr., sul punto, Cass., Sez. 2^, n. 11767/2003, Rv.

224319; Cass., Sez. 6^, n. 6037/1999, Rv. 214063 Cass., Sez. 1^, n. 5467/1992, Rv. 190333).

Quanto, infine, alla valenza probatoria della conversazione de qua in relazione all’accertamento della responsabilità degli imputati, rileva la corte come il giudice d’appello abbia correttamente sottolineato come detta conversazione esprimesse la chiara consapevolezza delle conversanti in ordine all’occultamento dello stupefacente presso la propria abitazione e la manifestata intenzione delle stesse di modificarne il luogo del nascondimento al fine di impedirne il rinvenimento da parte della polizia giudiziaria, così rendendo esplicito e riconoscibile il proprio evidente interesse alla relativa detenzione, dimostrando la piena adesione alla comune attività di detenzione e spaccio dello stupefacente, al di fuori di qualsivoglia prospettabile ipotesi di connivenza non punibile.

Del pari, anche con riguardo a I.P., la corte territoriale ha evidenziato, al fine di riscontrarne la piena partecipazione alle finalità criminali attribuitegli, la congiunta valutazione delle significative circostanze costituite dall’avvenuto occultamento della sostanza stupefacente all’interno degli spazi della propria abitazione e dal mancato esercizio di alcune attività lavorativa, oltre che della mancata percezione di alcun reddito (se non assolutamente esiguo) nel periodo incriminato, pur vivendo l’ I., insieme alla moglie casalinga, in un contesto abitativo definito di lusso secondo le risultanze del verbale di sequestro.

La motivazione su tali punti dettata dalla corte di territoriale deve ritenersi pienamente coerente sul piano logico e del tutto congrua in termini argomentativi, si da sfuggire integralmente alle censure alla stessa rivolte dagli odierni ricorrenti.

L’accertamento dell’infondatezza di tutti i motivi di doglianza avanzati dagli imputati impone il rigetto dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2013

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