Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 12-09-2012, n. 15313

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenuto che M.G., G. ed G.E. – quali eredi di Ga.En., deceduta in data (OMISSIS) -, nonchè V.S. – nella sua qualità di madre esercente la potestà genitoriale sui figli minori A.V. e G.N., anch’essi eredi di Ga.En.-, con ricorso del 26 novembre 2010, hanno impugnato per cassazione – deducendo un unico motivo di censura, illustrato con memoria -, nei confronti del Ministro della giustizia, il decreto della Corte d’Appello di Venezia depositato in data 5 maggio 2010, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso dei predetti ricorrenti – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1 -, in contraddittorio con il Ministro della giustizia – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare ai ricorrenti, pro quota, la somma di Euro 8.150,00, a titolo di equa riparazione, condannandolo altresì alle spese processuali, previa compensazione per la metà;

che resiste, con controricorso, il Ministro della giustizia;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 37.500,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto proposta con ricorso del 14 novembre 2008, era fondata sui seguenti fatti: a) Ga.

E. aveva proposto – con citazione del 12 giugno 1982 – domanda dinanzi al Tribunale di Bergamo, il quale aveva deciso la causa con sentenza del 15 febbraio 2001; b) la Corte d’appello di Brescia adita aveva deciso l’appello con sentenza dell’11 dicembre 2007;

che la Corte d’Appello di Venezia, con il suddetto decreto impugnato, ha affermato che: a) la domanda di equa riparazione concernente il processo presupposto può essere presa in considerazione soltanto per il periodo dal 27 ottobre 1999 all’11 dicembre 2007, in quanto il diritto all’indennizzo per il periodo anteriore al 27 ottobre 1999 deve considerarsi coperto da prescrizione; b) per gli otto anni e due mesi di irragionevole ritardo è equo l’indennizzo di Euro 8.150,00 calcolato sulla base di Euro 1.000,00 annui.

Considerato che, con il motivo di censura, viene denunciata dai ricorrenti come illegittima, anche sotto il profilo dei vizi di motivazione, la applicata prescrizione;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito indicati;

che, quanto all’applicato istituto della prescrizione, è sufficiente ribadire l’orientamento assolutamente prevalente di questa Corte secondo il quale, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere, la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, nel caso di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 27719 del 2009, 1886 e 3325 del 2010);

che, nella specie, i Giudici a quibus, in violazione di tutti tali principi, hanno sostanzialmente fondato la decisione sull’illegittima applicazione dell’istituto della prescrizione;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta, restando assorbito ogni altro motivo;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2;

che il processo presupposto de quo ha avuto una durata complessiva di venticinque anni e sei mesi circa (dal 12 giugno 1982 all’11 dicembre 2007);

che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado e di due anni per il giudizio d’appello, si considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;

che, nella specie, sulla base dei criteri adottati da questa Corte e dianzi richiamati, il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, va determinato in Euro 19.750,00 per i venti anni e sei mesi circa di irragionevole durata, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4^, e B, paragrafo 1, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi, in complessivi Euro 1.140,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 490,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge;

che le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro della giustizia al pagamento, in favore dei ricorrenti, pro quota, della somma di Euro 19.750,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, in complessivi Euro 1.140,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 490,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, e, per il giudizio di legittimità, in complessivi Euro 965,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 7 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2012

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