Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 12-09-2012, n. 15309

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Svolgimento del processo

Con il decreto indicato in epigrafe la Corte di appello di Milano ha rigettato il ricorso proposto da B.A. in data 24 giugno 2009, avente ad oggetto la domanda di equa riparazione per la violazione della durata ragionevole di un procedimento instaurato davanti al TAR del Lazio, e non ancora concluso.

La corte territoriale ha rilevato in primo luogo che il ricorrente non avrebbe documentato in maniera adeguata (producendo soltanto la stampa di una pagina del sito internet del TAR del Lazio) di aver proposto istanza di prelievo, aggiungendo che, in ogni caso, dal 19 ottobre 2009 – data di presentazione di detta istanza – fino al 14 ottobre 2009, era maturato un periodo inferiore a tre anni, da utilizzare come parametro per la durata ragionevole del processo, ragion per cui non sarebbe emerso alcun pregiudizio indennizzabile ai sensi della L. n. 89 del 2001.

Per la Cassazione di tale decisione il B. propone ricorso, affidato a due motivi ed illustrato da memoria.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 6 Cedu, nonchè della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si sostiene che solo con il D.L. n. 112 del 2008, art. 54, è stata introdotta la condizione di procedibilità costituita, ai fini della proposizione della domanda di riparazione, dalla previa presentazione dell’istanza di prelievo nell’ambito del procedimento presupposto; la corte territoriale, d’altra parte, senza neppure richiamare tale norma, avrebbe disatteso il principio, più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità e della stessa Corte di Strasburgo, circa l’irrilevanza, se non ai fini dell’apprezzamento dell’entità del pregiudizio, della presentazione dell’istanza di prelievo.

Con il secondo motivo si denuncia insufficienza e contraddittorietà della motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alla prova dell’avvenuta presentazione dell’istanza, sia perchè il documento prodotto era stato estratto dal sito ufficiale del Tribunale amministrativo, sia perchè la Corte di appello dispone di poteri istruttori in forza dei quali non è consentito attribuire carenze di natura probatoria alla parte istante.

Il ricorso deve essere accolto nei seguenti termini.

Premesso che la domanda di riparazione è stata presentata in epoca successiva all’entrata in vigore del D.L. n. 112 del 2008, che all’art. 54, comma 2 ha introdotto la preclusione, ai fini della proponibilità della domanda di riparazione se nel giudizio presupposto di natura amministrativa sia stata presentata istanza di prelievo, deve ribadirsi l’orientamento di questa Corte secondo detta l’innovazione non può incidere sugli atti anteriormente compiuti, i cui effetti, in mancanza di una disciplina transitoria o di esplicite previsioni contrarie, restano regolati, secondo il fondamentale principio tempus regit actum, dalla norma sotto il cui imperio siano stati posti in essere; potendo rilevare la mancata o ritardata presentazione dell’istanza di prelievo, entro i limiti dell’equità, sulla determinazione dell’entità dell’indennizzo, con riferimento all’art. 2056 c.c., richiamato dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 28507 del 2005, pronunciata a sezioni unite, 24901 e 28428 del 2008 14753 del 2010, nonchè l’ordinanza n. 5317 del 2011). E’ stato tuttavia di recente precisato che – relativamente ai giudizi per equa riparazione promossi nel periodo dal 25 giugno 2008 al 15 settembre 2010 – il ricorrente in equa riparazione per irragionevole durata di un processo amministrativo, iniziato prima del 25 giugno 2008 e ancora pendente a tale data, non ha diritto all’indennizzo per l’irragionevole durata di detto processo a far data dal 25 giugno 2008, ma può far valere e realizzare tale diritto per il periodo precedente a tale data, in quanto, trattandosi di norma finalizzata a sollecitare il giudice del processo amministrativo alla sua definizione in tempi più brevi rispetto al tempo già trascorso, al fine o di impedire tout court la violazione del termine di ragionevole durata dello stesso o, comunque, di ridurre l’entità della durata irragionevole e, quindi, la misura dell’indennizzo eventualmente dovuto, la sua formulazione mostra inequivocabilmente che la (previa) presentazione dell’istanza di prelievo nel processo amministrativo è prefigurata dal legislatore siccome "presupposto processuale" della domanda di equa riparazione, presupposto che deve quindi sussistere al momento del deposito del ricorso per equa riparazione (Cass., 13 aprile 2012, n. 5914).

Dovendo entro tali limiti trovare accoglimento il primo motivo, appare evidente la rilevanza della questione inerente alla prova dell’avvenuta presentazione dell’istanza di prelievo, con riferimento alla riparazione del pregiudizio relativo alla durata non ragionevole del procedimento nel periodo successivo al 25 giugno 2008.

Sotto tale profilo deve rilevarsi l’erroneità del rilievo circa l’insufficienza probatoria attribuita alla parte in merito alla documentazione di una circostanza relativa allo svolgimento del procedimento presupposto, In proposito deve richiamarsi il principio, ormai consolidato, secondo cui nel procedimento previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 3, l’onere della parte istante è limitato alla semplice allegazione dei dati relativi alla sua posizione nel processo (data iniziale, data della definizione, eventuale articolazione nei diversi gradi), e non anche alla produzione degli atti posti in essere nel processo presupposto (Cass., n. 16836 del 2010; Cass., nn. 20403 e 17249 del 2006, Cass., n. 21093 del 2005;

Cass., nn. 19084 e 7258 del 2004).

La Corte di appello, anche in virtù del principio contenuto nell’art. 738 c.p.c., u.c., e, in ogni caso, per effetto della disposizione contenuta nella L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5, non avrebbe potuto rilevare una carenza probatoria, senza giustificare con congrua motivazione, a fronte di una formale richiesta di acquisizione del fascicolo del procedimento presupposto, il mancato esercizio del relativo potere di iniziativa, tale da consentirne il superamento (Cass., 21 settembre 2005, n. 18603).

Il decreto impugnato, pertanto, deve essere cassato, con rinvio alla Corte di appello di Milano che, in diversa composizione, procederà all’esame della domanda applicando i principi sopra indicati, provvedendo, altresì, in merito alle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, Cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 6 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2012

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