Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-10-2013) 31-10-2013, n. 44336

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con sentenza 27.9.12 la Corte d’Appello di Reggio Calabria, pronunciando in sede di rinvio dopo che la Sez. 6, di questa S.C. aveva, con sentenza n. 34347/10 del 13.5.10 (dep. 23.9.10), annullato una precedente pronuncia della stessa Corte territoriale del 17.3.08, rideterminava la pena a carico di M.L. (imputato del delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 1) in anni sei di reclusione, previa esclusione dell’aggravante del ruolo di promotore dell’associazione criminale, aggravante che nella precedente sentenza del 17.3.08 era stata giudicata equivalente alle attenuanti generiche.

Tramite il proprio difensore M.L. ricorre contro la sentenza, di cui chiede l’annullamento per un solo articolato motivo con cui lamenta che i giudici di rinvio, nel rideterminare il trattamento sanzionatorio, sono immotivatamente partiti da una pena base di anni dodici di reclusione, superiore al minimo edittale di anni dieci di reclusione prevista per i meri partecipi ad associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, il tutto senza considerare il suo stato di incensuratezza e il ruolo marginale da lui svolto all’interno del sodalizio criminale (non essendosi reso responsabile di condotte punite ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73). Denuncia altresì, sempre riguardo al trattamento sanzionatorio, un errore di calcolo perchè in motivazione la pena base di anni dodici di reclusione risulta ridotta ad anni nove per effetto della diminuzione di un terzo in ragione delle già concesse attenuanti generiche, mentre in tal caso la diminuzione di un terzo avrebbe dovuto portare alla pena di anni otto di reclusione, ulteriormente ridotta, per la diminuente del rito abbreviato, ad anni cinque e mesi quattro di reclusione in luogo dei sei anni di reclusione irrogati in dispositivo.

Motivi della decisione

1- L’impugnata sentenza ha, sia pure per implicito (sulla motivazione implicita la giurisprudenza di questa S.C. è costante: cfr., e pluribus, Cass. Sez. 6, n. 20092 del 4.5.2011, dep. 20.5.2011; Cass. Sez. 4, n. 1149 del 24.10.2005, dep. 13.1.2006; Cass. Sez. 4, n. 36757 del 4.6.2004, dep. 17.9.2004), dato conto del trattamento sanzionatorio da applicare all’odierno ricorrente una volta esclusa l’aggravante oggetto del giudizio di rinvio, là dove ha evidenziato l’esistenza d’un rapporto diretto del M. con lo S. e il Mo. (che occupavano una posizione apicale nella predetta associazione) e con i fornitori del sodalizio criminale finalizzato al traffico di stupefacenti.

Tale rapporto diretto, seppur insufficiente a configurare il ruolo di promotore inizialmente contestato al ricorrente, nondimeno è stato considerato tale da giustificare una pena base superiore (per altro, di soli due anni) rispetto all’assoluto minimo edittale e da escludere quel ruolo marginale di cui si parla in ricorso.

Le ulteriori considerazioni svolte nell’atto di impugnazione in ordine all’asserita incensuratezza del M. sollecitano soltanto un nuovo apprezzamento in punto di fatto dei criteri di cui all’art. 133 c.p., il che non è consentito in sede di legittimità.

E’ vero, invece, che nella motivazione della sentenza il calcolo della pena presenta l’errore evidenziato in ricorso.

Si tratta di mero errore di calcolo rettificabile da questa S.C. ai sensi dell’art. 619 c.p.p., comma 2 nei sensi appresso chiariti.

Si premetta che le attenuanti dell’art. 62 bis c.p. erano state concesse al M. dalla sentenza 17.3.08 della Corte d’appello di Reggio Calabria (poi parzialmente annullata dalla citata sentenza n. 34347/10 della Sez. 6 di questa S.C.) con criterio di equivalenza rispetto all’aggravante dell’essere stato fra i promotori dell’associazione criminale.

Il venir meno dell’aggravante, all’esito del giudizio di rinvio, ha reso obbligatorio applicare la riduzione delle attenuanti generiche, che la Corte territoriale ha stimato in un terzo della pena base.

Pertanto, la pena base correttamente individuata dall’impugnata sentenza in anni dodici di reclusione, diminuita di un terzo per effetto delle attenuanti dell’art. 62 bis c.p., si riduce non già ad anni nove, bensì ad anni otto, con ulteriore diminuzione ex art. 442 c.p.p., comma 2 ad anni cinque e mesi quattro di reclusione per effetto della scelta del rito abbreviato (all’esito del quale il M. aveva riportato condanna con sentenza emessa il 17.5.05 dal GUP del Tribunale di Reggio Calabria).

2- In conclusione, ex art. 619 c.p.p., comma 2 si rettifica la pena, da indicare sia nel dispositivo che nella motivazione dell’impugnata sentenza, in anni cinque e mesi quattro di reclusione. Si rigetta nel resto il ricorso.

Sempre ai sensi dell’art. 619 c.p.p., comma 2 tale rettifica non importa annullamento della sentenza, ma esclude la condanna del M. al pagamento delle spese processuali di cui all’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, rettifica la pena, da indicare sia in dispositivo che in motivazione, in anni cinque e mesi quattro di reclusione. Rigetta nel resto.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2013

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