Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-10-2013) 31-10-2013, n. 44334

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con sentenza 30.10.12 la Corte d’Appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della pronuncia emessa il 17.4.09 dal Tribunale della stessa sede, riconosciuta in favore di M.M. ed M.A. l’attenuante di cui al capoverso dell’art. 648 c.p., riduceva la pena per ognuno di loro a mesi 6 di reclusione ed Euro 200,00 di multa per il delitto di ricettazione d’un telefonino cellulare.

Tramite i rispettivi difensori i M. ricorrevano contro detta sentenza, di cui chiedevano l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti nei limiti prescritti dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.

a) M.A. lamentava nullità assoluta di tutto il giudizio per violazione dell’art. 157 c.p.p., comma 3, art. 179 e 552 c.p.p., per avere la Corte territoriale disatteso la doglianza, già sollevata in appello, della nullità della notifica del decreto di citazione a giudizio, notifica effettuata a mezzo posta con avviso di ricevimento ricevuto da un sedicente nipote del destinatario di cui non si comprendevano le generalità e che non si era dichiarato convivente nè addetto alla casa; inoltre, non era stato inviato un secondo avviso all’imputato, in aperta violazione della L. n. 31 del 2008, con conseguente nullità assoluta – e non a regime intermedio – della notifica, desumibile anche dall’esigenza di adeguare alla giurisprudenza europea la normativa italiana sui procedimenti penali svolti in assenza dell’imputato;

b) entrambi i M. denunciavano vizio di motivazione e violazione di legge perchè l’impugnata sentenza era priva di adeguato supporto argomentativo sull’elemento psicologico del delitto di ricettazione e, segnatamente, sulla consapevolezza della provenienza delittuosa del telefonino in discorso; in particolare, M.M. affermava di aver fornito ampia ed attendibile giustificazione del possesso del bene, consegnatogli dal fratello A.;

c) M.A. lamentava erroneo ed immotivato diniego dell’attenuante dell’art. 62 c.p., n. 4 (pur compatibile con quella dell’art. 648 c.p., comma 2 già riconosciuta dalla Corte territoriale), atteso che il modello del telefonino medesimo (un Nokia 3510) era notoriamente di modesto valore economico; ciò aveva comportato solo lievissime ripercussioni sul patrimonio della persona offesa, che non aveva neppure ritenuto di costituirsi parte civile;

d) M.M. si doleva, infine, del diniego delle attenuanti generiche, non concesse solo per i precedenti penali.

Motivi della decisione

1 – Il motivo che precede sub a) è infondato.

In primo luogo, non è causa di nullità della notificazione eseguita a norma dell’art. 157 c.p.p., comma 1 l’omessa indicazione, nella relata dell’ufficiale giudiziario, della qualità del consegnatario dell’atto, in mancanza di prova, da parte di costui, del difetto di detta qualità, nonchè, quando prevista, della relazione di convivenza, altrimenti presunta (cfr. Cass. Sez. 1, n. 38161 del 24.9.08, dep. 7.10.08, rv. 241134).

Inoltre – e ciò è assorbente – la doglianza si scontra con il contrario insegnamento giurisprudenziale (dal quale non si ravvisa motivo di discostarsi) in tema di notifica all’imputato del decreto di citazione: invero, le S.U. di questa S.C. hanno ripetutamente statuito che la nullità assoluta e insanabile prevista dall’art. 179 c.p.p. ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato, mentre non ricorre ove si sia verificata esclusivamente la violazione delle regole sulle sue modalità di esecuzione (v. Cass. S.U. n. 119 del 27.10.2004, dep. 7.1.2005; in senso conforme cfr., altresì, Cass. Sez. 1, n. 46537 del 27.10.2005, dep. 20.12.2005, nonchè Cass. S.U. n. 19602 del 27.3.08, dep. 15.5.08, rv. 239396, Cass. Sez. 4, n. 15081 dell’8.4.10, dep. 19.4.10, rv. 247033).

In quest’ultima evenienza, secondo la summenzionata giurisprudenza, si verifica, di regola, una nullità di ordine generale, soggetta alla sanatoria speciale di cui all’art. 184 c.p.p., comma 1, alle sanatorie generali di cui all’art. 183 c.p.p e alle regole di deducibilità di cui all’art. 182 c.p.p., oltre che ai termini di rilevabilità di cui all’art. 180 c.p.p., sempre che non risulti in concreto inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte del destinatario.

Tuttavia, anche in siffatta evenienza l’imputato che intenda denunciare la nullità assoluta della notificazione non può limitarsi a dedurre l’inosservanza della norma, ma deve rappresentare al giudice di non avere avuto notizia dell’atto e indicare gli specifici elementi che consentano la verifica di quanto affermato (v.

sempre Cass. S.U. n. 119/2005 cit.).

Nel caso di specie il difensore di fiducia dell’imputato è comparso alla prima udienza (tenutasi il 18.7.08) senza nulla eccepire a riguardo, come evidenziato dall’impugnata sentenza (circostanza non smentita in ricorso).

2 – Il motivo che precede sub b) è manifestamente infondato perchè contrario al costante orientamento di questa S.C. in base al quale, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta – così come hanno fatto i giudici del merito – anche sulla base dell’omessa, o non attendibile, indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (cfr. ad es.

Cass. Sez. 2, n. 16949 del 27.2.2003, dep. 10.4.2003; Cass. Sez. 2, n. 11764 del 20.1.2003, dep. 12.3.2003; Cass. Sez. 2, n. 9861 del 18.4.2000, dep. 19.9.2000; Cass. Sez. 2, n. 2436 del 27.2.97, dep. 13.3.97; Cass. n. 2302/92; Cass. n. 6291/91).

Nel caso in esame la Corte territoriale ha, con motivazione immune da censure, segnalato che i ricorrenti, senza chiarire in alcun modo come e da chi avessero acquistato il telefonino, vi avevano inserito schede telefoniche a loro intestate.

3 – Il motivo che precede sub c) è infondato.

E’ pur vero che l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità prevista dall’art. 62 c.p., n. 4 è compatibile con la forma attenuata del delitto di ricettazione (sebbene nel solo caso in cui la valutazione del danno patrimoniale sia rimasta estranea al giudizio sulla particolare tenuità del fatto: cfr. Cass. Sez. 2, n. 49071 del 4.12.12, dep. 18.12.12, rv. 253906).

Nondimeno nel caso di specie valga il dirimente rilievo che la gravata pronuncia ha – con motivazione scevra da vizi logici o giuridici – ritenuto che, in assenza di prova del valore del telefonino cellulare e delle condizioni patrimoniali della persona offesa, non potesse applicarsi l’invocata attenuante.

Si tratta di apprezzamento di merito cui non può l’odierno ricorrente opporre, in sede di legittimità, contrarie valutazioni in fatto.

4 – Il motivo che precede sub d) è manifestamente infondato, noto essendo in giurisprudenza che ai fini della determinazione della pena e dell’applicabilità delle circostanze attenuanti di cui all’art. 62 bis c.p. non è necessario che il giudice, nel riferirsi ai parametri di cui all’art. 133 c.p., li esamini tutti, essendo invece sufficiente che specifichi a quale di essi ha inteso fare riferimento. Ne consegue che con il rinvio ai precedenti penali dell’imputato, indice concreto della personalità del reo, l’impugnata sentenza ha adempiuto l’obbligo di motivare sul punto (cfr. ad esempio Cass. Sez. 1, n. 707 del 13.11.97, dep. 21.2.98;

Cass. Sez. 1, n. 8677 del 6.12.2000, dep. 28.2.2001 e numerose altre).

5- In conclusione, il ricorso di M.A. è da rigettarsi, mentre va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza quello del fratello M..

Ex art. 616 c.p.p. consegue la condanna di entrambi i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e del solo M.M. anche al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nelle impugnazioni, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Seconda Penale, rigetta il ricorso di M.A. e dichiara inammissibile il ricorso di M.M.. Condanna entrambi al pagamento delle spese processuali e M.M. anche al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2013
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *