Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-10-2013) 31-10-2013, n. 44311

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Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Chieti, accogliendo la richiesta di riesame proposta dagli acquirenti – in epigrafe indicati – di alcune unità immobiliari facenti parte del complesso (OMISSIS) ha annullato il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Vasto il 19.12.2012, limitatamente alla parte in cui ha disposto il sequestro delle predette unità immobiliari.
I giudici di merito, premessa una ricostruzione della vicenda urbanistica sfociata in un procedimento penale per lottizzazione abusiva a carico del legale rappresentante della società costruttrice xxx e xxx srl e di altri soggetti (tecnici e pubblici funzionari del Comune), hanno ritenuto che dalla consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero era emersa la configurabilità dell’ipotesi accusatoria, essendo stata modificata la destinazione d’uso di una struttura alberghiera attraverso la realizzazione di un complesso residenziale derivante dalla parcellizzazione in un numero di alloggi suscettibili di essere occupati stabilmente.
Ha quindi ritenuto che dall’esame dei vari atti di compravendita risultava l’incolpevole affidamento dei terzi sulla legittimità dell’edificazione, giacchè nei titoli si faceva espresso riferimento all’obbligo di rispetto, da parte della società costruttrice, alle disposizioni della L.R. Abruzzo n. 16 del 2003, art. 12, comma 17 (secondo cui le unità abitative fisse delle strutture ricettive all’aria aperta di cui all’art. 1, tra cui i villaggi turistici, possono essere oggetto di frazionamento o di concessione del diritto di superficie…soltanto qualora restino nella gestione unitaria le strutture mobili, commerciali e quelle destinate a servizi).
Il Tribunale del riesame ha infine considerato che i vari atti di acquisto vennero stipulati quando i lavori erano ancora in corso (cioè prima della realizzazione delle difformità) e che gli acquirenti prestarono pieno affidamento sia ai permessi rilasciati dalla pubblica amministrazione, sia a quanto attestato dal notaio nell’atto pubblico, mentre le verifiche relative alla effettiva gestione unitaria del complesso non potevano essere fatte in quel momento, per cui non era possibile esigere alcun diverso e più approfondito controllo, come dimostrato dal fatto che era stato necessario nominare un consulente tecnico per accertare i presunti profili di illiceità dell’intervento nel suo complesso.
2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Chieti ricorre per Cassazione contro il provvedimento deducendo la violazione della Legge Regionale e del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 30 e 44 nonchè la contraddizione logica del ragionamento del Tribunale: secondo il ricorrente, proprio il fatto che le unità erano situate all’interno di un villaggio turistico disciplinato dalla L.R. n. 16 del 2003, avrebbe dovuto indurre i singoli acquirenti a valutare, con l’eventuale ausilio di un tecnico, sia il piano di lottizzazione approvato con Delib. di CC n. 33/2007 e contenente il divieto di destinare l’area per insediamenti turistici ad uso residenziale, sia la legge regionale. Ritiene che tutti i protagonisti della vicenda abbiano violato il divieto, essendo pacifico che quegli appartamenti sono stati destinati a civile abitazione e addirittura acquistati con i benefici fiscali della prima casa.
Insomma, a dire del Pubblico Ministero ricorrente, il Tribunale ha confuso la possibilità di cessione a privati di porzioni del complesso turistico (attività lecita) con quella di destinare dette porzioni a residenza privata. Ha richiamato anche uno studio del Consiglio Nazionale del Notariato.
Sempre secondo il ricorrente, in sede cautelare la buona fede dell’acquirente deve emergere ictu oculi e a tal fine non è sufficiente l’affidamento nella figura del notaio.
Inoltre, il fatto che i rogiti siano stati stipulati quando i lavori erano ancora in corso non ha alcun pregio perchè – precisa il ricorrente – la lottizzazione è anche negoziale e il cambio di destinazione d’uso è previsto dagli atti di compravendita, così come nessun rilievo assume, ai fini della prova della buona fede degli acquirenti, la necessità di una consulenza tecnica per accertare la lottizzazione, essendo difficile immaginare un procedimento per reati edilizi sganciato da una valutazione tecnica dell’intervento. Rileva infine il ricorrente che la possibilità di fissare la residenza con i benefici fiscali della prima casa all’interno di un villaggio turistico o di una struttura turistico alberghiera appare stridente addirittura con i comuni parametri dell’uomo della strada.
All’udienza del 15.10.2013 è stata depositata una memoria difensiva di E.F. e R.I. con cui si insiste per l’inammissibilità e il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato.
Tornano in Cassazione le questioni riguardanti la posizione dei "terzi acquirenti" nell’ambito della lottizzazione abusiva e la buona fede degli stessi nel giudizio cautelare concernente il sequestro di immobili o terreni abusivamente lottizzati.
La Corte si è già occupata, anche di recente, di questi temi.
In ordine alla posizione dei terzi acquirenti, vanno richiamate in particolare le sentenze cass. sez. 3 28.2-8.4.2013 n. 15986 e cass. sez. 3 28.2-21.3.2013 n. 13043 che hanno affermato i seguenti principi:
– la lottizzazione abusiva negoziale è un reato a carattere generalmente plurisoggettivo, poichè in essa normalmente confluiscono condotte convergenti verso un’operazione unitaria caratterizzata dal nesso causale che lega i comportamenti dei vari partecipi diretti a condizionare la riserva pubblica di programmazione territoriale (vedi Cass., Sez. 3, 8.10.2009, n. 39078);
– la condotta dell’acquirente, in particolare, non configura un evento imprevisto ed imprevedibile per il venditore, perchè anzi inserisce un determinante contributo causale alla concreta attuazione del disegno criminoso di quello (vedi Cass., Sez. Unite, 27.3.1992, n. 4708, xxx) e, per la cooperazione dell’acquirente nei reato, non sono necessari un previo concerto o un’azione concordata con il venditore, essendo sufficiente, al contrario, una semplice adesione al disegno criminoso da quegli concepito, posta in essere anche attraverso la violazione (deliberatamente o per trascuratezza) di specifici doveri di informazione e conoscenza che costituiscono diretta esplicazione dei doveri di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost. (cfr. Corte Costituzionale sentenza n. 364/1988, ove viene evidenziato che la Costituzione richiede dai singoli soggetti la massima costante tensione ai fini del rispetto degli interessi dell’altrui persona umana ed è per la violazione di questo impegno di solidarietà sociale che la stessa Costituzione chiama a rispondere penalmente anche chi lede tali interessi non conoscendone positivamente la tutela giuridica);
– l’acquirente, dunque, non può sicuramente considerarsi, solo per tale sua qualità, "terzo estraneo" al reato di lottizzazione abusiva, ben potendo egli tuttavia, benchè compartecipe al medesimo accadimento materiale, dimostrare di avere agito in buona fede, senza rendersi conto cioè – pur avendo adoperato la necessaria diligenza nell’adempimento degli anzidetti doveri di informazione e conoscenza – di partecipare ad un’operazione di illecita lottizzazione;
– quando, invece, l’acquirente sia consapevole dell’abusività dell’intervento – o avrebbe potuto esserlo spiegando la normale diligenza – la sua condotta si lega con intimo nesso causale a quella del venditore ed in tal modo le rispettive azioni, apparentemente distinte, si collegano tra loro e determinano la formazione di una fattispecie unitaria ed indivisibile, diretta in modo convergente al conseguimento del risultato lottizzatorio.
La giurisprudenza ormai costante di questa Corte è orientata nel senso che la contravvenzione di lottizzazione abusiva, sia negoziale sia materiale, possa essere commessa anche per colpa (cfr. Cass., Sez. 25.2.2011, n. 7238, xxx; 3.2.2011, n. 3886, xxx;
29.4.2009, n. 17865, xxx; 2.10.2008, n. 37472, xxx; 7.4.2008, n. 14326, xxx; 5.3.2008, n. 9982, xxx; 12.10.2005, n. 36940, xxx; 13.10.2004, n. 39916, xxx): non è ravvisabile, infatti, alcuna eccezione al principio generale stabilito per le contravvenzioni dall’art. 42 c.p., comma 4.
Il venditore non può predisporre l’alienazione degli immobili in una situazione produttrice di alterazione o immutazione circa la programmata destinazione della zona in cui gli stessi sono situati ed i soggetti che acquistano devono essere cauti e diligenti nell’acquisire conoscenza delle previsioni urbanistiche e pianificatorie di zona: "Il compratore che omette di acquisire ogni prudente informazione circa la legittimità dell’acquisto si pone colposamente in una situazione di inconsapevolezza che fornisce, comunque, un determinante contributo causale all’attività illecita del venditore" (così testualmente Cass., Sez. 3, 2.10.2008, n. 37472, xxx).
reato e, ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti (vedi Cass.: n. 3919/2010; n. 1022/2009; n. 37033/2006, n. 24685/2005, n. 38728/2004, n. 1246/2003, n. 29797/2001, n. 4496/1999, n. 1565/1997, n. 156/1993, n. 2296/1992).
La giurisprudenza ha altresì approfondito il tema dell’affidamento riposto dall’acquirente nella presenza del notaio.
E’ stato affermato in particolare (cfr. cass. sez. 3 n. 15986/2013 cit.) che nell’illecito lottizzatorio, non può ritenersi assiomaticamente sussistente la buona fede dell’acquirente per il solo fatto che quegli si sia rivolto ad un notaio quale pubblico ufficiale rogante. Le parti stipulanti infatti – proprio al fine specifico di non fare emergere elementi indiziari di uno scopo lottizzatorio dell’attività negoziale – potrebbero rendere dichiarazioni non veritiere, surrettiziamente incomplete o nebulose, oppure produrre documentazione parziale e non corrispondente alla realtà. Lo stesso notaio, infine, potrebbe concorrere alla lottizzazione abusiva, sia contribuendo con la propria condotta alla realizzazione dell’evento illecito (facendo proprio il fine degli autori del reato, magari anche con attiva induzione propiziatoria) sia per violazione del dovere della normale diligenza professionale media esigibile ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2.
L’intervento del notaio – si è detto – non garantisce una sorta di "ripulitura giuridica" della originaria illegalità dell’immobile abusivo, permettendo che esso resti definitivamente radicato sul territorio, nè può consentire all’acquirente di godere di un acquisto dolosamente o colposamente attuato in ordine ad un bene di provenienza illecita ed al costruttore abusivo di conseguire comunque il suo illecito fine di lucro. Argomentandosi in senso difforme (come efficacemente rilevato in dottrina) lo scempio territoriale, che è intollerabile perchè perpetrato in violazione anche dei doveri di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost., diventerebbe praticamente intoccabile e la cultura dell’illegalità diventerebbe diritto acquisito (cfr. cass. sez. 3 n. 15986/2013 cit.).
Il ricorrente Pubblico Ministero ritiene che nel caso di specie non risultava fornita la prova della buona fede, perchè i singoli acquirenti erano in grado di rendersi conto con l’ordinaria diligenza richiesta – e quindi anche con eventuale assistenza tecnica, sulla scorta delle previsioni urbanistiche e in particolare di quelle contenute nel piano di lottizzazione che disciplina la zona D4, e sulla scorta della Delib. n. 33 del 2007 del Consiglio Comunale nonchè della L.R., art. 12, comma 17 – del fenomeno lottizzatorio riguardante gli immobili che essi stessi si apprestavano ad acquistare.
Il Tribunale del Riesame, invece, diversamente ragionando, ha ricavato l’esistenza della buona fede degli acquirenti sostanzialmente dal fatto che i lavori edilizi fenomeno lottizzatorio riguardante gli immobili che essi stessi si apprestavano ad acquistare.
I Giudici del Riesame, invece, diversamente opinando, hanno ricavato l’esistenza della buona fede desumendola sostanzialmente dal fatto che i lavori edilizi erano ancora in corso all’epoca della stipula degli atti di trasferimento immobiliare (con conseguente impossibilità, per gli acquirenti, di rendersi conto delle alterazioni della destinazione d’uso), dalla menzione – inserita nei vari atti di compravendita – dei titoli abilitativi e degli obblighi del costruttore di rispettare le disposizioni della L.R. Abruzzo art. 12, comma 17, ed ancora dalle attestazioni rilasciate dal notaio incaricato delle stipula dei trasferimenti immobiliari.
2. La valutazione non appare sufficiente perchè non tiene conto dell’altra questione, pure posta dal ricorrente (cfr. pag. 9) e che assume rilievo decisivo nel caso di specie: si tratta dei limiti entro i quali può essere oggetto di valutazione la buona fede del terzo acquirente nel giudizio cautelare concernente il sequestro di immobili o terreni abusivamente lottizzati.
Il tema non è nuovo: la Corte (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 24435 del 25/05/2011 cc. dep. 17/06/2011 Rv. 250692) ha affermato in proposito che la dedotta buona fede del terzo acquirente può essere oggetto di valutazione a condizione che essa risulti immediatamente evidente.
Al principio oggi va data senz’altro continuità perchè esso risponde indubbiamente alla fondamentale esigenza di evitare che il procedimento cautelare, caratterizzato dalla sommarietà e provvisorietà proprie della fase delle indagini preliminari, venga di fatto snaturato attraverso la possibilità di consentire approfonditi accertamenti che invece devono trovare il loro spazio naturale nel successivo giudizio di merito.
Venendo all’esame del caso di specie, è pacifica la sussistenza del fumus del reato di lottizzazione abusiva per mutamento di destinazione d’uso della struttura turistica realizzata dalla società attraverso gli interventi riportati nella narrativa che precede, sicchè non è il caso di soffermarsi sui principi già elaborati in passato da questa Corte con riferimento proprio ai villaggi turistici.
Manca invece, come si è detto, ogni indagine da parte del giudice di merito sulla immediata percepibilità della buona fede da parte dei compratori, cioè proprio sul dato essenziale che giustifica l’eccezione alla regola secondo cui l’accertamento dell’elemento soggettivo non può essere effettuato in sede di riesame, salvo casi di particolare evidenza.
L’ordinanza deve pertanto essere annullata e il giudice di rinvio, attenendosi ai principi di diritto esposti, accerterà, a fronte delle violazioni urbanistiche denunziate, se la buona fede dei compratori era immediatamente evidente al momento degli acquisti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Chieti.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2013

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