Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 12-09-2012, n. 15271

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
Con sentenza n. 3492 del 2007 il Giudice del lavoro del Tribunale di Velletri rigettava la domanda proposta da C.S. nei confronti della xxx Assicurazioni s.r.l., diretta ad ottenere la declaratoria di illegittimità e/o nullità del licenziamento intimato il 24-6-2005, per riduzione di personale a conclusione di procedura di mobilità.
La C., con ricorso del 3 3-6-2008, proponeva appello avverso la detta sentenza, chiedendone la riforma con l’accoglimento della domanda.
La xxx Assicurazioni s.r.L, in liquidazione si costituiva e resisteva al gravame.
Nel giudizio di appello interveniva anche la xxx xxx &
xxx s.n.c..
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 25-1-2010 rigettava l’appello.
In sintesi la Corte territoriale, ritenuto inammissibile l’intervento della xxx xxx & xxx s.n.c. e considerata la mancata censura da parte dell’appellante della legittimità dei criteri di scelta adottati e dell’individuazione di due impiegati di 2^ livello del reparto INA tra i licenziandi, rilevava, che correttamente il primo giudice aveva ritenuto che, "essendo la C., quale impiegata di 2^ livello del reparto INA, certamente rientrante nel programma (per altro verso non contestato) di mobilità, non aveva interesse a dolersi del mancato licenziamento anche di un impiegato di 3^ livello". Del resto era stato accertato che (a fronte della comunicazione iniziale di un esubero, in relazione al reparto INA, di un impiegato di secondo livello ed uno di terzo livello) la sostituzione (di un impiegato di 3^ livello con altro di secondo livello) era avvenuta a seguito di una rimodulazione de personale in esubero come emerso in sede di incontri con le OO.SS., e sul punto nulla aveva dedotto l’appellante.
La Corte affermava, infine, che il carattere discriminatorio del licenziamento era rimasto soltanto adombrato e del tutto sfornito di fondamento.
Per la cassazione di tale sentenza la C. ha proposto ricorso con due motivi.
La xxx Assicurazioni s.r.l. in liquidazione ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale con un unico motivo.
La C., dal canto suo, ha resistilo con controricorso al ricorso incidentale di controparte.
La xxx xxx & xxx s.n.c. è rimasta intimata.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi avverso la stessa sentenza ex art. 335 c.p.c..
Con il primo motivo del ricorso principale si censura la sentenza impugnata nella parte in cui, premesso che l’appellante aveva lamentato che la sentenza di primo grado aveva considerato corretta la procedura di licenziamento collettivo nonostante che, avviata indicando in relazione al reparto INA un dipendente di secondo livello e uno di terzo, fosse stata poi attuata con riguardo a due impiegati di secondo livello, ha affermato che la C., impiegata di 2^ livello nel detto reparto, certamente rientrante nel programma di mobilità, non avrebbe avuto interesse a dolersi del mancato licenziamento di un impiegato di 3^ livello che "alla stregua di non meglio indicati criteri di scelta" avrebbe potuto essere licenziato al suo posto, aggiungendo che la detta sostituzione avvenne a seguito di una rimodulazione del personale da licenziare emerso in sede di (non meglio identificati) incontri sindacali.
In particolare la ricorrente principale deduce che una cosa è prevedere in un reparto la cessazione del rapporto di due lavoratori collocati in posizioni differenziate e altra cosa è attuare quello stesso licenziamento collettivo coinvolgendo, in relazione a quella specifica unità produttiva, due lavoratori di identica posizione funzionale.
La C. aggiunge, poi, che essa aveva non solo interesse ma un vero e proprio diritto soggettivo "a controllare come singola lavoratrice la coerenza e la correttezza procedimentale del licenziamento posto in essere" e che erroneamente la Corte di merito ha attribuito su di essa lavoratrice l’onere dimostrare "di avere più titoli rispetto ad altri per conservare il posto di lavoro", laddove, in relazione alla contestazione del lavoratore circa l’osservanza dei criteri di scelta, gravava sul datore di lavoro l’onere di indicare e provare le circostanze di fatto poste a base dell’applicazione dei suddetti criteri.
Con il secondo motivo la ricorrente, lamentando vizio di motivazione al riguardo, in sostanza deduce che la Corte territoriale non ha considerato che i compiti della ricorrente costituivano parte essenziale del reparto INA (essendo la stessa in grado di sostituire i colleghi e di smaltire lavoro arretrato, per cui non si comprendeva – fermo restando il fatto che la modificazione unilaterale della qualità e dell’inquadramento del personale licenziato rispetto a quello dichiarato originariamente eccedente costituisce vizio che comporta la inefficacia del licenziamento, stante il mancato accordo con cui si è conclusa la procedura – quale fosse la ragione oggetti va e/o tecnico produttiva che potesse aver determinato il licenziamento di una dipendente esperta e addetta ad un settore nevralgico rispetto ad un’altra che si occupava di un settore sostanzialmente marginale.
I detti motivi, che in quanto connessi possono essere trattati congiuntamente, vanno accolti come di seguito.
In materia di licenziamenti collettivi per riduzione di personale, questa Corte ha più volte chiarito che "la L. n. 223 del 1991, nel prevedere agli artt. 4 e 5 la puntuale, completa e cadenzata procedimentalizzazione del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo elemento innovativo consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato "ex post" nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo dell’iniziativa imprenditoriale, concernente il ridimensionamento dell’impresa, devoluto "ex ante" alle organizzazioni sindacali, destinatane di incisivi poteri di informazione e consultazione secondo una metodica già collaudata in materia di trasferimenti di azienda. I residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più, quindi, gli specifici motivi della riduzione del personale (a differenza di quanto accade in relazione ai licenziamenti per giustificato motivo obiettivo) ma la correttezza procedurale dell’operazione (ivi compresa la sussistenza dell’imprescindibile nesso causale tra il progettato ridimensionamento e i singoli provvedimenti di recesso)" (v. fra le altre Cass. 6-10-2006 n. 21541, Cass. 3-3-2009 n. 5089, Cass. 12-10- 1999n. 11455).
In particolare tra l’altro questa Corte (v. Cass. 22-6-2012 n. 10424) ha affermato che, "in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, la comunicazione di avvio della procedura di mobilità, ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 3, deve specificare i "profili professionali del personale eccedente" e non può limitarsi all’indicazione generica delle categorie di personale in esubero (operai, intermedi, impiegati, quadri e dirigenti), non essendo tale generica indicazione sufficiente a concretizzare il piano di ristrutturazione aziendale, mentre la successiva conclusione di un accordo sindacale, nell’ambito della procedura di consultazione non sana il menzionato difetto della comunicazione iniziale se anche l’accordo non contiene la specificazione dei profili professionali dei lavoratori destinatari del licenziamento".
Peraltro come pure è stato precisato (v. Cass. 8-8-2005 n. 16629, Cass. 29-7-2003 n. 11651), "il lavoratore, il quale voglia far valere l’inefficacia o l’annullamento del licenziamento intimatogli, giusta quanto disposto dalla L. 23 luglio 3991, n. 223, art. 5, comma 3 e art. 24, comma 1, in materia di "iter" procedurale per la messa in mobilità o per la riduzione del personale, è tenuto – a fronte dei numerosi adempimenti imposti dalle suddette norme – ad indicare le specifiche omissioni e le specifiche irregolarità addebitate e su cui fonda il "petitum", in osservanza del disposto dell’art. 414 cod. proc. civ., ed in ragione dei criteri caratterizzanti il processo del lavoro. Solo quando il lavoratore che propone l’impugnativa abbia sufficientemente allegato i fatti costitutivi della pretesa azionata in relazione alla contestazione della mancata osservanza dei criteri di scelta dei lavoratori da porre in mobilità grava sul datore di lavoro l’onere di indicare e provare le circostanze di fatto poste a base dell’applicazione dei suddetti criteri".
Orbene nella fattispecie, rispetto alla chiara allegazione della ricorrente (licenziamento di due dipendenti di secondo livello del reparto INA, a fronte della indicazione iniziale del personale in esubero presso il detto reparto, in due unità, una di secondo e l’altra di terzo livello) incombeva sul datore di lavoro la dimostrazione della regolarità della procedura nel suo complesso.
Sul punto la Corte di merito da un lato ha rilevato che la C. non aveva interesse a dolersi del mancato licenziamento "anche di un impiegato di terzo livello", dovendo semmai dedurre che altro dipendente di secondo livello doveva essere licenziato al suo posto, e dall’altro ha affermato che, come accertato dal Tribunale, la sostituzione di un impiegato di terzo livello con altro di secondo livello era avvenuta a seguito di una rimodulazione del personale da licenziare, conseguente ad una riduzione da 12 a 9 del personale in esubero, come emerso in sede di incontri sindacali.
Osserva il Collegio in primo luogo che la affermazione della carenza di interesse risulta illogica e inconsistente e che nessun ulteriore onere di allegazione incombeva sulla lavoratrice.
Quest’ultima, infatti, seppure non fosse interessata direttamente al licenziamento "anche di un dipendente di terzo livello", era senz’altro interessata a che il licenziamento, nel reparto de quo, restasse limitato al numero e ai profili professionali indicati ed aveva il diritto di controllare la regolarità della procedura nel suo complesso, riguardo alla quale l’onere probatorio incombeva sul datore di lavoro, null’altro dovendo essere allegato da essa lavoratrice, oltre la dedotta modifica degli esuberi programmati.
Peraltro, in mancanza della verifica di uno specifico accordo sindacale che contemplasse a detta modifica, al riguardo alcuna rilevanza sanante poteva attribuirsi alla "riduzione da 12 a 9 del personale in esubero" emersa in sede di incontri con le OO.SS..
In tali sensi va quindi accolto il ricorso principale, restando assorbito il ricorso incidentale, riguardante il capo delle spese.
La impugnata sentenza va pertanto cassata con rinvio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale, assorbito l’incidentale, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 14 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2012

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