Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-10-2013) 31-10-2013, n. 44277

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Catania, con sentenza del 15.10.2012 ha confermato la decisione con la quale, in data 12.3.2010, il Tribunale di quella città aveva riconosciuto L.R.A. e A. A. responsabili dei reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 64, commi 2 e 3, artt. 65, 71, 72, 93, 94 e 95, D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 e art. 483 cod. pen. perchè, il primo quale assuntore, il secondo quale committente, eseguivano lavori di installazione di un ascensore: senza preventivo preavviso scritto al competente Sportello Unico per l’edilizia e senza la preventiva autorizzazione dell’Ufficio Tecnico regionale entrambi richiesti per la natura sismica della zona; senza il necessario progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato, senza affidare la direzione dei lavori ad un tecnico abilitato e senza la preventiva denuncia allo Sportello Unico per l’edilizia, trattandosi di opere in cemento armato o in struttura metallica; senza la preventiva autorizzazione dell’ente preposto alla tutela del vincolo, trattandosi di intervento eseguito in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.

Inoltre, veniva contestato al L.R. di aver falsamente attestato, con dichiarazione presentata all’Ufficio del Genio Civile di (OMISSIS), che avrebbe dato avvio ai lavori di installazione dell’ascensore, in realtà, già in corso il 2 luglio. Analoga condotta era contestata all’ A. per avere, in pari data, presentato la medesima dichiarazione allo stesso ufficio e per aver formulato analoga attestazione, il giorno seguente, al Comune di (OMISSIS).

Avverso tale pronuncia entrambi propongono separati ricorsi per cassazione.

1. L.R.A. deduce, con un primo motivo di ricorso, il vizio di motivazione in relazione alla riconosciuta sua compartecipazione alle violazioni edilizie e paesaggistiche contestate, rilevando che la Corte territoriale, sebbene abbia indicato gli elementi di responsabilità riguardanti il coimputato, si sarebbe limitata a ritenerlo corresponsabile senza specificarne le ragioni, predisponendo, sul punto, una motivazione meramente apparente.

1. 2 Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 483 cod. pen., in quanto la dichiarazione presentata non assumerebbe rilievo ai fini della configurabilità del reato, trattandosi di mera istanza non destinata ad essere trasfusa in alcun atto pubblico che non conteneva alcuna specifica attestazione.

1.3 Con un terzo motivo di ricorso denuncia il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta configurabilità del falso contestato, da parte dei giudici del gravame, senza tenere in considerazione le doglianze mosse sul punto con l’atto di appello.

2. A.A. lamenta, con un primo motivo di ricorso, la violazione di legge ed il vizio di motivazione in merito alla ritenuta sua compartecipazione alle condotte integranti le contravvenzioni ascrittegli, assumendo che la Corte territoriale avrebbe erroneamente considerato le risultanze processuali incorrendo, così, in una motivazione connotata da illogicità.

2.1 Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al delitto di cui all’art. 483 cod. pen., rilevando che la dichiarazione non conterrebbe, sul piano oggettivo, alcun elemento di falsità, trattandosi di mera comunicazione.

Entrambi insistono, pertanto, per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.

Motivi della decisione

3. I ricorsi sono solo in parte fondati.

La Corte territoriale, per quel che concerne la responsabilità degli imputati per le violazioni di natura contravvenzionale di cui tratta il primo motivo di entrambi i ricorsi, opera un esplicito richiamo alla decisione di primo grado, rilevando come il Tribunale abbia puntualmente argomentato in ordine alle responsabilità di entrambi.

Fatto ciò, i giudici del gravame procedono puntualmente alla indicazione, seppure sintetica, degli elementi fattuali ritenuti rilevanti.

Tale percorso motivazionale viene tuttavia contestato dai ricorrenti, rilevando, il L.R., la mancanza di specifiche indicazioni sulla sua posizione soggettiva e prospettando l’ AN. l’incongruenza della motivazione.

4. Le censure risultano tuttavia, ad avviso del Collegio, del tutto infondate, in quanto, dalla lettura della decisione di primo grado, opportunamente richiamata dalla Corte territoriale, emerge una chiara e dettagliata ricostruzione dei fatti anche nel loro sviluppo cronologico, con la puntuale indicazione dei dati probatori acquisiti e la loro accurata valutazione ai fini della individuazione delle singole responsabilità.

I giudici del merito hanno infatti adeguatamente indicato le ragioni per le quali l’ AN., quale amministratore del condominio ove era in corso di installazione l’ascensore, era perfettamente consapevole dell’esecuzione dei lavori in assenza dei necessari titoli abilitativi, richiamando, a tale scopo, specifici documenti in atti e confutando le deduzioni difensive. Altrettanto hanno fatto con riferimento al L.R., il quale nella vicenda assume il ruolo di assuntore dei lavori cui contrattualmente spettava, peraltro, il disbrigo di tutte le formalità concernenti gli aspetti amministrativi.

Da tale rigorosa ricostruzione dei fatti, supportata, come si è detto, da copiosa documentazione della quale facevano parte anche gli atti di un procedimento civile intentato da un condomino, la sentenza di primo grado ha distinto le singole posizioni processuali con argomentazioni fatte proprie dalla Corte territoriale, la quale non si è peraltro limitata a richiamarle, avendo invece risposto alle doglianze mosse con gli atti di appello, osservando come le stesse si risolvessero, per lo più, nell’affermazione di esclusiva responsabilità del coimputato, senza specifiche critiche al contenuto della sentenza impugnata.

I giudici del gravame, tuttavia, non hanno limitato la loro risposta alla sola indicazione di quello che definiscono un "palleggio di responsabilità", avendo, come si è detto, riassunto anche gli elementi di fatto valorizzati dal primo giudice.

5. Ciò posto, osserva il Collegio che, quanto alle doglianze del L. R., non si ravvisano le dedotte carenze motivazionali, poichè il richiamo alla sentenza di primo grado e la sommaria ricostruzione della vicenda da parte della Corte del merito consentono di ben delineare il ruolo da questi svolto nella vicenda e la cosciente e volontaria esecuzione, da parte sua, di un intervento edilizio comportante la realizzazione, in zona sismica e sottoposta a vincolo paesaggistico, di opere in cemento armato e struttura metallica in assenza dei prescritti titoli abilitativi.

6. Per ciò che concerne, invece, l’ AN., deve rilevarsi che questi formula le proprie censure alla sentenza impugnata indugiando in richiami a dati fattuali valorizzati dai giudici del merito che non possono essere oggetto di esame in questa sede di legittimità.

In ogni caso, l’impugnata decisione e quella di primo grado, che la stessa richiama, offrono, anche con riferimento alla sua posizione, una valutazione delle emergenze processuali del tutto scevra da cedimenti logici o manifeste contraddizioni.

7. A conclusioni diverse deve invece pervenirsi con riferimento agli ulteriori motivi di ricorso, aventi ad oggetto la violazione dell’art. 483 cod. pen..

Invero, la sintesi cui ancora una volta fanno ricorso i giudici del gravame non appare esaustiva sul punto, in quanto la decisione impugnata si limita a porre in evidenza il contrasto tra quanto dichiarato e l’esito del sopralluogo, che aveva evidenziato come i lavori fossero in corso di esecuzione, richiamando "sull’aspetto giuridico della fattispecie" la giurisprudenza menzionata dal primo giudice.

Così facendo, tuttavia, non hanno fornito alcuna risposta alle specifiche doglianze mosse con gli atti di appello, ove l’ A. contestava il fatto nella sua materialità, osservando come, dalla motivazione del primo giudice, la falsità sarebbe stata individuata nell’aver "lasciato intendere" che i lavori avrebbero dovuto essere eseguiti in futuro e ponendo in dubbio la sussistenza dell’elemento psicologico e il L.R. rilevava l’inesistenza di una specifica norma giuridica che attribuisse all’atto la funzione di provare i fatti attestati al pubblico ufficiale, rivendicandone, altresì, la natura di mera comunicazione avente rilievo solo nel ristretto ambito del procedimento amministrativo.

A tali osservazioni la Corte territoriale non ha replicato in alcun modo, nè il richiamo alla giurisprudenza menzionata dal primo giudice poteva ovviare a tale omissione, trattandosi di pronunce in tema di condono edilizio.

8. Manca dunque, nella fattispecie, qualsivoglia risposta, anche implicita, alle doglianze prospettate con l’atto di impugnazione, cosicchè la decisione appare supportata, sul punto, da una motivazione meramente apparente che impone, dunque, l’annullamento con rinvio affinchè possa rimediarsi alla macroscopica lacuna motivazionale rilevata.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al delitto di cui all’art. 483 cod. pen. e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Catania. Rigetta nel resto i ricorsi.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2013

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