Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-10-2013) 26-02-2014, n. 9360

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Svolgimento del processo
Con sentenza in data 25.5.2011 la Corte di Appello di Messina confermava la sentenza emessa dal Giudice Monocratico del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto,nei confronti di N.M. ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 474 c.p., in tal senso riqualificata l’originaria imputazione di cui all’art. 517 c.p.,essendo contestato all’imputato di aver posto in vendita n. 19 paia di occhiali, 9 cappelli, 17 cinture, 2 catenelle ed un bracciale con marchi contraffatti ed idonei a trarre in inganno il compratore sull’origine,la provenienza e l’originalità degli stessi – fatto acc. in data 13.8.2006.
Per tale reato era stata inflitta la pena di mesi otto di reclusione, ed Euro 800,00 di multa, con revoca del beneficio della sospensione condizionale di cui alla sentenza in data 13.2.2003 della sezione di Milazzo.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo:
1 – inosservanza o erronea applicazione dell’art. 521 c.p.p..
A riguardo rilevava che all’imputato era stato contestato nel decreto di citazione a giudizio il reato di cui all’art. 517 c.p., e rilevava che la diversa fattispecie di cui all’art. 474 c.p., ritenuta in sentenza,deve ritenersi rispondente a fatto diverso,essendo i due reati ispirati alla tutela di distinti beni giuridici.
2 – inosservanza della legge penale nella applicazione dell’art. 474 c.p., evidenziando sia l’erronea applicazione dell’ipotesi contemplata dalla predetta norma,che i vizi di carenza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, desunti dalla mancata valutazione delle deduzioni difensive circa la grossolanità della contraffazione dei prodotti, e l’inidoneità della merce a trarre in inganno gli avventori. Per tali motivi chiedeva l’annullamento.
Motivi della decisione
Il ricorso risulta privo di fondamento.
Invero risulta priva di fondamento la censura riguardante l’erronea applicazione della legge penale, così come le censure inerenti ai vizi della motivazione. Deve evidenziarsi, per ciò che concerne l’applicazione dell’art. 474 c.p., l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, Sez. 2^, del 31 maggio 2012, n. 20944, PG in proc. xxx, e Sez. 5^, 11.8.2008, n. 33324 – RV252836- ha stabilito che integra il delitto di cui all’art. 474 c.p., la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto; nè a tal fine,ha rilievo la configurabilità della cosiddetta contraffazione grossolana,considerato che l’art. 474 c.p., tutela,in via principale e diretta,non già la libera determinazione dell’acquirente,ma la pubblica fede,intesa come affidamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi.
Deve ritenersi correttamente esclusa,dunque,nel caso di specie, l’applicazione dell’ipotesi enunciata dall’art. 517 c.p., in relazione al principio sancito con sentenza Sez. 5^, 24.1.2012, n. 2975 – RV, 251936 – per cui ai fini della applicazione di tale figura di reato è sufficiente la semplice imitazione di un marchio o segno distintivo, purchè detta imitazione sia idonea a trarre in inganno gli acquirenti, condizioni non ravvisabili nel caso di specie; tale reato, infatti, offende l’ordine economico. Premesso che risulta correttamente qualificata, alla stregua di tali principi,la condotta ascritta all’imputato, devono peraltro ritenersi prive di fondamento le censure difensive, riferite alla inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 521 c.p.p., riferite alla condotta originariamente contestata ai sensi dell’art. 517 c.p., non emergendo dalla sentenza impugnata il riferimento ad elementi innovativi non configurandosi il vizio di correlazione, per assenza di elementi innovativi del fatto enunciato nel capo di imputazione (Cass. Sez. 4^ – 24.4.2007, n. 16422, xxx – per cui il principio de quo si intende violato soltanto quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi rispetto a quello contenuto in rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale).
Infine deve rilevarsi la manifesta infondatezza dei rilievi inerenti ai vizi della motivazione sulla mancata concessione delle attenuanti generiche.
Sul punto va rilevato che il giudice di appello ha evidenziato l’assenza di elementi addotti dall’appellante e desumibili dagli atti idonei a giustificare l’applicazione delle invocate attenuanti; tale giudizio deve ritenersi peraltro incensurabile in questa sede (Sez. 6^, 23.11.2010, n. 41365 – xxx – RV230591).
Inoltre il giudice di appello ha rilevato la congruità della pena inflitta in primo grado,onde le censure difensive appaiono al riguardo inammissibili.
In conclusione si impone il rigetto del ricorso,con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2014

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