Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-10-2013) 03-02-2014, n. 5208

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica di Venezia avverso la sentenza del Tribunale locale, in data 16 luglio 2012, con la quale è stato condannato M. L., in ordine al reato di minacce gravi, commesso il (OMISSIS), in danno della sorella.
La condanna è stata, all’esito del giudizio abbreviato condizionato, quella di 10 giorni di reclusione, previa concessione delle attenuanti generiche, prevalenti sulla aggravante.
Deduce la violazione dell’art. 23 c.p.p..
Tale norma prevede, come limite di pena, minimo inderogabile, per i delitti, quella detentiva di 15 giorni che non può essere ulteriormente contenuta per effetto di attenuanti o della diminuente del rito abbreviato (sotto tale ultimo profilo, cita giurisprudenza inerente la analoga questione posta in materia di patteggiamento:
Cass. Sez. 1 4 novembre 1993, xxx; Cass. sez. 6, 12 maggio 2011, xxx).
Segnala altresì che vi sarebbe difformità tra il dispositivo e la motivazione, posto che soltanto in quest’ultima è stato affermato il bilanciamento fra circostanze.
Il ricorso è infondato ma la sentenza deve ugualmente essere censurata, nei sensi di cui appresso, per la illegalità della pena irrogata.
Occorre preliminarmente rilevare che non si apprezza alcuna effettiva difformità tra il dispositivo e la motivazione, posto che, nel primo, si da atto dell’avvenuto riconoscimento delle attenuanti generiche e nella motivazione si ragguaglia in ordine all’effetto che tale riconoscimento ha prodotto in presenza di una circostanza aggravante contestata e ritenuta, quale quella dell’art. 612 c.p., comma 2.
In altri termini, nella motivazione il giudice ha chiarito e dato conto di un effetto che la disposizione contenuta nel dispositivo doveva necessariamente produrre: che è quello del bilanciamento doveroso quando concorrano circostanze aggravanti e attenuanti, come disposto dall’art. 69 c.p..
D’altra parte, la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di rilevare che, anche in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, la regola della prevalenza del dispositivo quale immediata espressione della volontà decisoria del giudice, non è assoluta ma va contemperata, tenendo conto del caso specifico, con la valutazione dell’eventuale pregnanza degli elementi, tratti dalla motivazione, significativi di detta volontà (Sez. 5, Sentenza n. 8363 del 17/01/2013 Ud. (dep. 20/02/2013) Rv.
254820).
Quanto premesso serve a rendere evidente la irrilevanza della questione posta dal Procuratore Generale impugnante, atteso che il riconoscimento di attenuanti generiche prevalenti sulla aggravante dell’art. 612 c.p., comma 2 comporta che la pena da irrogare è quella prevista per la ipotesi semplice, secondo il chiaro disposto dell’art. 69 c.p., comma 2.
E nel caso di specie, la pena prevista per il reato di minacce, non aggravato, è quella pecuniaria e non quella detentiva evocata dal PG. Posto dunque che la pena in concreto irrogata è illegale, procede questa Corte a indicarla, in Euro 50, considerato che tale è il minimo inderogabile previsto dall’art. 24 c.p.p..
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena che determina in Euro 50 di multa.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2014

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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