Cass. civ. Sez. V, Sent., 12-09-2012, n. 15246

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1. Con ordinanza n. 23/7/06, depositata il 25.9.06 e notificata il 9.10.06, pronunciata in seguito alla sentenza n. 2/7/06, emessa D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 70, comma 7, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio disponeva per l’ulteriore esecuzione del giudicato nascente dalla decisione n. 21/7/03, emessa dalla stessa CTR il 24.3.03, disponendo che dovesse essere ancora corrisposta dall’Agenzia delle Entrate alla xxx s.p.a. (ora xxx s.p.a.), ricorrente per l’ottemperanza della sentenza succitata, "la differenza di interessi fra il 2,50% e l’1,375%, già liquidata, dal 21 gennaio 2003 al 30 giugno 2003".
2. L’ordinanza in questione riteneva, invero, di dover modificare quanto disposto dal commissario ad acta, negli ordinativi di pagamento emessi a favore della contribuente, in relazione al tasso degli interessi sulla sorte capitale spettante alla medesima, a titolo di restituzione della maggiore imposta IRPEG ed ILOR versata per l’anno 1997, rispetto agli importi effettivamente dovuti.
2.1. La CTR riteneva, invero, che il saggio degli interessi spettanti alla xxx s.p.a., ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44, per ciascuno dei semestri, escluso il primo, compresi dalla data del versamento della maggiore imposta e la data dell’ordinativo emesso a suo favore, dovesse essere correlato ai mutamenti del tasso di interesse sul debito dell’amministrazione, via via intervenuti nel corso di ciascun semestre.
3. Per la cassazione dell’ordinanza n. 23/7/06 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate articolando due motivi ai quali la società resistente ha replicato con controricorso e con memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
1.1. Rileva, invero, l’amministrazione finanziaria che la questione relativa al tasso di interessi applicabile – sulla sorte capitale spettante alla contribuente a titolo di restituzione della maggiore imposta IRPEG ed ILOR versata per l’anno 1997, rispetto agli importi effettivamente dovuti – sarebbe stata introdotta a seguito del concreto rimborso delle somme indebitamente versate, non essendo stata detta questione proposta dalla contribuente medesima nei precedenti gradi del giudizio di merito. Ne conseguirebbe, a parere dell’Agenzia delle entrate, che la xxx s.p.a. avrebbe dovuto instaurare un nuovo giudizio, al fine di ottenere il maggior saggio di interessi richiesti e, quindi, di far valere il conseguente minor rimborso ottenuto rispetto a quello ad essa spettante, non essendole, per contro, consentito di dedurre tale nuova questione in sede di giudizio di ottemperanza.
Ad avviso della ricorrente, infatti, in tale giudizio il potere ermeneutico del giudice sul comando definitivo inevaso sarebbe rigorosamente circoscritto entro i limiti invalicabili del giudicato da eseguire, non potendo essere attribuito alla parte "un diritto nuovo ed ulteriore rispetto a quello riconosciuto con la sentenza da eseguire".
1.2. Il motivo è infondato.
1.2.1. Va osservato, infatti, al riguardo che il giudizio di ottemperanza agli obblighi derivanti dalle sentenze delle commissioni tributarie, disciplinato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, presenta connotati diversi dal corrispondente e concorrente giudizio esecutivo civile, atteso che il suo scopo non è quello di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nella decisione passata in giudicato, bensì quello di rendere effettivo quel comando, compiendo tutti quegli accertamenti indispensabili a delimitare l’effettiva portata precettiva della sentenza di cui si chiede l’esecuzione (v. Cass. 20202/10, 646/12).
E’ bensì vero, pertanto, che in sede di giudizio di ottemperanza non può essere attribuito alla parte istante un diritto nuovo e ulteriore rispetto a quello riconosciuto con la sentenza da eseguire, dovendo il potere ermeneutico del giudice sul comando definitivo inevaso essere esercitato entro i confini invalicabili posti dall’oggetto della controversia definita col giudicato. E tuttavìa, ben può – e deve – il giudice dell’ottemperanza enucleare e precisare il contenuto degli obblighi nascenti dalla decisione passata in giudicato, chiarendone il reale significato (Cass. 22188/04), anche in relazione a quegli accessori del credito consacrato nel decisum che non abbiano trovato espressa applicazione da parte del giudice di merito, ma che possano – proprio per tale loro natura – essere considerati ricompresi nella pronuncia da eseguire.
1.2.2. Nel caso di specie, dallo stesso ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate (p. 2) si evince che la domanda della società contribuente, ed il conseguente giudicato formatosi sulla stessa (sentenza della CTR n. 21/7/03), avevano avuto ad oggetto, oltre al pagamento della sorte capitale, quello degli interessi legali maturati e maturandi dal pagamento dell’indebito all’effettiva restituzione delle somme versate.
Se ne deve necessariamente inferire che la domanda, avanzata in sede di giudizio di ottemperanza, di corresponsione degli interessi ad un tasso maggiore di quello applicato dal commissario ad acta deve ritenersi indubbiamente ricompresa – stante la natura meramente accessoria di tale obbligazione rispetto a quella di restituzione della sorte capitale – nel giudicato oggetto del giudizio di ottemperanza (cfr. Cass. 3555/05).
1.3. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il motivo in esame va disatteso.
2. Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44, e del D.M. 27 giugno 2003, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
2.1. A parere dell’amministrazione ricorrente, invero, gli interessi dovuti per il ritardo nel rimborso delle imposte dirette, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44, a differenza degli ordinari interessi che, in quanto frutti civili, si acquistano di giorno in giorno, verrebbero a maturare, invece, per ogni semestre intero, escluso il primo, con decorrenza dalla data del versamento e fino a quella dell’ordinativo di pagamento.
Per il che, nel caso di specie, il tasso di interessi applicabile alla fattispecie sarebbe – ad avviso della ricorrente – quello previsto dal D.M. 27 giugno 2003, art. 1, ((1,375%), entrato in vigore l’1.7.2003, e non quello (2.50%) vigente all’inizio del semestre in discussione (21.1.2003-21.7.2003).
2.2. La censura è fondata.
2.2.1. Ed invero, va rivelato, al riguardo, che il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44, – nel prevedere il tasso di interesse (modificato di volta in volta da successivi e periodici decreti ministeriali) sulla restituzione di somme versate, a titolo di imposte dirette, in eccedenza a quanto effettivamente dovuto per il periodo in considerazione – stabilisce che il contribuente ha diritto alla corresponsione di tale interesse "per ognuno dei semestri interi, escluso il primo" ricompresi tra la data del versamento e quella dell’ordinativo con il quale venga, in concreto, effettuata la restituzione della maggiore imposta versata.
Orbene, il riferimento letterale della norma ai "semestri interi", lascia fondatamente ritenere che il diritto in parola maturi al compimento di ogni singolo semestre, escluso il primo, ed al tasso vigente a tale momento. In altri termini, il tasso legale al quale occorre fare riferimento per la liquidazione degli interessi sulla restituzione della maggiore imposta pagata, è quello vigente – in forza dei decreti ministeriali emessi in materia – al momento in cui viene a scadenza ciascun singolo semestre, giacchè è solo in tale momento che il diritto alla percezione di detti interessi viene a maturare a favore del contribuente.
2.2.2. Tale conclusione appare, poi, avvalorata dalla considerazione che il disposto di cui alla L. n. 29 del 1961, art. 1, – che, sebbene dettato in tema di imposte indirette, può essere considerato una norma contenente una previsione generale in materia di interessi da corrispondersi nell’ambito dei rapporti tributar (Cass. 15222/04) – stabilisce che sulla sorte capitale dovuta dall’Erario al contribuente a titolo di restituzione di imposte e tasse, spettino al medesimo gli interessi moratori "da computarsi per ogni semestre compiuto".
Per il che viene, com’è del tutto evidente, ulteriormente confermata la tendenza della normativa in materia ad ancorare il diritto alla percezione degli interessi sulle somme dovute dall’amministrazione finanziaria a titolo di rimborso di imposta, e la loro misura, a quanto normativamente stabilito, al riguardo, al momento della scadenza di ciascun singolo semestre.
2.2.3. Ne discende che, nel caso di specie, con riferimento al semestre 21.1.2003-21.7.2003, non può essere applicato sulla sorte capitale a carico dell’Erario, il tasso di interesse del 2,50% in vigore (dal 21.1.2003) all’inizio del semestre un questione, bensì quello dell’1,375% vigente (dall’1.7.2003) alla data di scadenza del semestre medesimo.
Sicchè la censura mossa, al riguardo, all’impugnata sentenza dall’Agenzia delle Entrate si palesa pienamente fondata.
3. L’accoglimento del ricorso, in relazione al secondo motivo, comporta la cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384 c.p.c., comma 2, rigetta la richiesta di maggiori interessi proposta dal contribuente.
4. Concorrono giusti motivi, tenuto conto della peculiarità della materia del contendere e dell’assenza di specifici precedenti giurisprudenziali in materia, per dichiarare compensate fra le parti le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il secondo motivo di ricorso dell’Agenzia delle Entrate e rigetta il primo e, decidendo nel merito, rigetta la richiesta di maggiori interessi proposta dal contribuente; dichiara compensate fra le parti le spese di tutti i gradi del giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Tributaria, il 12 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2012

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