Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-10-2013) 21-01-2014, n. 2662

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Svolgimento del processo
G.G. ricorre avverso la sentenza, in data 21 gennaio 2013, della Corte d’appello di Lecce, sez. distaccata di Taranto, con cui è stato condannato per il reato di ricettazione, e chiedendone l’annullamento, deduce:
a) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b e c) in relazione all’art. 649 c.p.p., per il mancato riconoscimento del bis in idem.
Il ricorrente lamenta che l’azione penale erroneamente non è stata dichiarata improcedibile in base al principio del ne bis in idem,in considerazione della sentenza pronunciata dal Tribunale di Brindisi, che aveva posto in dubbio il fatto che il soggetto passivo del reato presupposto rispetto a quello di ricettazione del titolo oggetto del presente procedimento a carico del G., avesse realmente subito il furto in questione.
b) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) in relazione agli artt. 8, 9 e 16 c.p.p..
Il ricorrente lamenta il mancato accoglimento dell’eccezione di incompetenza per connessione, in favore della Procura di Brindisi, respinta dal Tribunale di Taranto.
c) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in relazione al delitto di ricettazione.
Secondo il ricorrente il G., che era stato chiamato a rispondere in concorso con il M. del reato di calunnia per quanto riguarda il furto del titolo dinanzi alla Procura di Brindisi, non avrebbe potuto rispondere del reato di ricettazione, inconcepibile per chi avesse conosciuto la reale provenienza del titolo, ed essendo rimasto indimostrato il possesso del medesimo da parte del ricorrete.
d) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione agli artt. 133, e 62 bis c.p..
Il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione in ordine ai criteri adottati per determinare la dosimetria della pena.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. In ordine al primo motivo di ricorso rileva il Collegio che devono essere applicati i seguenti principi di diritto in base ai quali non è deducibile dinanzi alla Corte di cassazione la violazione del divieto del "ne bis in idem", in quanto è precluso, in sede di legittimità, l’accertamento del fatto, necessario per verificare la preclusione derivante dalla coesistenza di procedimenti iniziati per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona, e non potendo la parte produrre documenti concernenti elementi fattuali, la cui valutazione è rimessa esclusivamente al giudice di merito. (Sez. 5^, n. 9825 del 10/01/2013 – dep. 01/03/2013, xxx, Rv. 255219).
Eventualmente sarà proponibile dinanzi al giudice dell’esecuzione la violazione del divieto del "ne bis in idem", in considerazione appunto che il relativo giudizio, presupponendo necessariamente un raffronto fra elementi fattuali relativi alle imputazioni contestate nelle sentenze in ordine alle quali la preclusione è addotta, si risolve in un accertamento sul fatto. (Sez. 5^, n. 24954 del 06/05/2011 – dep. 21/06/2011, xxx, Rv. 250920).
3. Per quanto riguarda il secondo motivo relativo all’eccezione di incompetenza per connessione, appare dirimente la circostanza che la stessa, come rilevato dai giudici di merito non sia stata sollevata in sede di udienza preliminare. La giurisprudenza è costante nell’affermare che nei procedimenti con udienza preliminare, la questione dell’incompetenza derivante da connessione, anche quando la connessione incida sulla competenza per materia affidando tutti i procedimenti connessi alla cognizione del giudice superiore, può essere proposta o rilevata d’ufficio subito dopo il compimento per la prima volta dell’accertamento della costituzione delle parti in dibattimento, a condizione che la parte abbia già formulato senza successo la relativa eccezione dinnanzi al giudice dell’udienza preliminare. (Sez. 6^, n. 34472 del 14/06/2007 – dep. 12/09/2007, xxx e altri, Rv. 237548).
4. Con il terzo motivo in apparenza si deducono vizi della motivazione ma, in realtà, si prospetta, una valutazione delle prove diversa e più favorevole al ricorrente, ciò che non è consentito nel giudizio di legittimità; si prospettano, cioè, questioni di mero fatto che implicano una valutazione di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva immune da vizi di logica, coerente con i principi di diritto enunciati da questa Corte, come quella del provvedimento impugnato che, pertanto, supera il vaglio di legittimità. (Cass. sez. 4^, 2.12.2003, xxx ed altri, 229369; SU n 12/2000, xxx, rv 216260).
5. Il quarto motivo relativo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e alla dosimetria della pena è manifestamente infondato, avendo i giudici di merito fatto riferimento ai gravi precedenti penali e alla entità del fatto.
6. Va dichiarata pertanto l’inammissibilità del ricorso cui consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e, inoltre al versamento della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2014

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