T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, Sent., 01-02-2011, n. 925

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Il Professor P.M., professore ordinario a decorrere dal 3/10/1978 in data 5/7/1990 veniva eletto dal Parlamento in seduta comune Componente del Consiglio Superiore della Magistratura ed il suo insediamento è avvenuto in data 26/7/1990.

Cessato dalla carica e rientrato nel ruolo dei professori universitari, asserisce il ricorrente che nella determinazione dell’assegno personale ex art.3 L.n.312/1971 il Ministero dell’Università avrebbe omesso di tenere conto dell’indennità prevista dall’ art. 3 della L.27/1981, ai fini del trattamento retributivo spettategli.

Con il ricorso in esame parte ricorrente chiede l’accertamento del diritto del ricorrente al calcolo, nel proprio trattamento economico, ex art.3 L.n.312/1971, dell’esatta misura dell’ assegno mensile già goduto durante il servizio di componente laico del Consiglio Superiore della Magistratura, in tutto corrispondente all’intero trattamento economico spettante al Presidente di Sezione della Corte di Cassazione comprensivo dell’indennità giudiziaria di cui all’art.3 L.27/1981 nella misura dovuta a quest’ultimo, nonché delle relative differenze e degli arretrati dovutigli a seguito del computo di cui sopra, aumentati della rivalutazione monetaria e degli interessi legali, con la maturazione da ciascun rateo

Deduce i seguenti motivi di gravame:

1) Violazione di legge. Violazione art. 3 L. 312/1971, nonché dell’art.202 del T.U. n. 3/1957.

All’epoca dei fatti, al ricorrente -allora componente del CSM eletto dal Parlamento quale professore ordinario d’università in materie giuridiche – era corrisposto, in costanza di mandato, un assegno mensile pari al trattamento economico spettante al Presidente di sezione della Corte di Cassazione che, risultando di ammontare superiore al trattamento economico allo stesso all’ epoca spettante a carico del bilancio dello Stato quale professore universitario, gli era corrisposto dall’amministrazione statale di appartenenza per la parte corrispondente al trattamento già goduto prima dell’ elezione, mentre la differenza rispetto a quello più favorevole dovutogli gli era corrisposto dal Ministero di Grazia e Giustizia. Il trattamento economico dei componenti del CSM eletti dal Parlamento e cessati dalla carica è viceversa, secondo l’art.3 della L.312/1971, rappresentato da un assegno personale esattamente corrispondente all’assegno mensile già percepito quale componente del CSM.

Nella determinazione di tale assegno doveva tenersi conto dell’indennità giudiziaria prevista dall’art.3 L.27/1981, che era già una componente del trattamento economico spettante al presidente di sezione della Corte di Cassazione, cui si commisurava l’indennità di servizio del membro del CSM.

Si costituisce in giudizio l’Amministrazione resistente che nel controdedurre alle censure di gravame, chiede la reiezione del ricorso ed eccepisce la prescrizione quinquennale del diritto azionato dopo la quantificazione della retribuzione spettantegli da parte dell’Ateneo resistente.

Motivi della decisione

Il Professore P. veniva eletto dal Parlamento nel Luglio del 1990 quale Componente del Consiglio Superiore della Magistratura per il quadriennio 19901994.

Nelle funzioni di componenti laici del CSM il ricorrente ha goduto, ai sensi del secondo comma dell’art.40 comma terzo della L.195/1958, dell’assegno mensile lordo pari al trattamento complessivo spettante, per stipendio ed indennità di rappresentanza, ai magistrati indicati nell’art.6 n. 3 della L.392/1951 (Presidente di Sezione della Corte di Cassazione, Presidente delle Corti d’Appello e Procuratore Generale presso le stesse corti), corrisposto ai componenti del CSM diversi dal vicepresidente.

Ai componenti del CSM che godano di stipendio o assegni a carico dello Stato, il terzo comma del citato articolo 40 della Legge n.195/1958 stabilisce che spetta loro il trattamento più favorevole, restando a carico dell’ amministrazione di appartenenza l’onere inerente al trattamento di cui risultino già provvisti, ed a carico del Ministero di Grazia e Giustizia quello relativo all’eventuale eccedenza del trattamento loro spettante quali componenti del CSM; dispone, infine, l’art. 3 della citata legge n. 312/1971 che, in tale ipotesi, alla cessazione dalla carica l’assegno mensile a carico del CSM verrà tramutato in assegno personale agli effetti e nei limiti stabiliti dall’ art. 202 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato.

Cessato dalla carica e rientrato nel ruolo dei professori universitari, nella determinazione dell’assegno personale di cui sopra l”Università resistente ha omesso di tenere conto dell’indennità prevista dall’art.3 della L.27/1981, ai fini del trattamento retributivo loro spettante.

Devesi precisare che il trattamento economico di servizio dei componenti del CSM è, come detto, stabilito dall’ art.40, comma terzo, della L.195/1958, il quale prevede come "ai componenti eletti dal Parlamento è corrisposto un assegno mensile lordo pari al trattamento complessivo spettante, per stipendio ed indennità di rappresentanza, al magistrati indicati nell’art. 6 n.3 della L. 392/1951. Qualora i componenti eletti dal Parlamento fruiscano di stipendi o di assegni a carico del bilancio dello Stato, spetta loro il trattamento più favorevole restando a carico dell’Amministrazione di appartenenza l’onere inerente al trattamento di cui risultino già provvisti, ed a carico del Ministero di Grazia e Giustizia quello relativo all’eventuale eccedenza del trattamento loro spettante quali componenti del Consiglio Superiore".

Il trattamento economico dei componenti del CSM eletti dal Parlamento e cessati dalla carica è viceversa stabilito dall’art. 3 della L. 312/1971, secondo cui "ai componenti che fruiscono del trattamento previsto dalI" articolo 40, comma terzo, della legge 24 marzo 1958, n.195, l’assegno mensile a carico del Consiglio superiore della Magistratura verrà tramutato, all’atto della cessazione dalla carica per decorso del quadriennio, in assegno personale agli effetti e nei limiti stabiliti dall’art.202 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, 11.3. In tali casi la liquidazione del trattamenti di quiescenza e previdenza avrà luogo con le norme vigenti per il personale della magistratura".

Dispone quindi l’art. 202 ultimo citato che "nel caso di passaggio di carriera presso la stessa o diversa amministrazione agli impiegati con stipendio superiore a quello spettante nella nuova qualifica è attribuito un assegno personale, utile a pensione, pari alla differenza fra lo stipendio giù goduto ed il nuovo, salvo riassorbimento nei successivi aumenti di stipendio per la progressione di carriera anche se semplicemente economica".

La presente controversia si risolve nello stabilire se nella determinazione di tale assegno debba tenersi conto dell’indennità giudiziaria prevista dall’art.3 L.27/1981, che era già una componente del trattamento economico spettante al presidente di sezione della Corte di Cassazione, cui si commisurava l’indennità di servizio del membro del CSM.

Il quesito è già stato risolto positivamente dal Consiglio di Stato, IV Sezione, che con sentenza n. 845/2002 (Galasso contro Ministero Ricerca Scientifica e CSM).ha avuto modo di ribadire che "..Deve innanzitutto escludersi che l’indennità giudiziaria prevista dall’art.3 l.27/1981 sia una diretta componente dell’indennità di servizio del membro del CSM, come viceversa lo è per qualsiasi appartenente all’ordine giudiziario o equiparato. In realtà, l’indennità giudiziaria prevista dall’art. 3 L.27/1981 e dalla L.425/1984 è attribuita direttamente soltanto ai soggetti ivi indicati ed a quelli cui le successive leggi l’hanno estesa. Viceversa, ai componenti del consiglio superiore della magistratura tale indennità non è mai stata direttamente estesa. Le disposizioni sopra riferite, infatti, commisurano forfetariamente l’indennità dovuta al membro dell "organo d’autogoverno a quella del presidente di sezione di Cassazione, tra le cui componenti c’è appunto l’indennità giudiziaria.

"Si tratta di un rinvio dinamico, di carattere forfetario, ad un trattamento economico globalmente considerato, relativo a personale che svolge funzioni diverse da quelle del componente laico del CSM, ed al quale il legislatore ha inteso soltanto equiparare quello spettante a quest "ultimo, per un evidente criterio di equivalenza della dignità delle funzioni, come avviene negli organi di autogoverno delle altre magistrature il cui stato giuridico ed economico sia equiparato a quello dei componenti laici del CSM

"In questo senso depone l’espressione "è corrisposto un assegno mensile lordo pari al trattamento complessivo spettante, per stipendio ", contenuta nel capoverso dell "art. 40 della L. 195/1958 che sottolinea appunto non l’identità, bensì l’equiparazione soltanto ai fini del quantum, del trattamento economico dei componenti del CSM a quello di presidente dei sezione della Corte di Cassazione, oltre tutto considerato che la natura del primo è soprattutto indennitaria, com "è già riconosciuto nella sentenza costituzionale del 14 Luglio 1982 n.131, e non certamente retributiva di una prestazione di lavoro vera e propria, com "è viceversa quella del trattamento economico dovuto al personale di magistratura.

" Il problema della disciplina di tale indennità è risolto dallo stesso art.3 della L. 312/1971, secondo cui il regime dell "assegno personale di fine servizio del componente dell "organo di autogoverno è quello previsto dall’art. 202 del TU 10 gennaio 1957, n. 3, e cioè la pensionabilità, unita all’obbligo del riassorbimento con la successiva progressione economica del dipendente, caratteristiche queste proprie dell’assegno ad personam attribuito in generale per evitare la reformatio in pejus del trattamento economico del personale pubblico in caso di passaggio di carriera…".

Sulla base delle suesposte considerazioni, questa Sezione nell’uniformarsi all’orientamento espresso del giudice di secondo grado, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e dichiara il diritto del ricorrente al calcolo, nel proprio trattamento economico, anche dell’indennità giudiziaria di cui all’art.3 L.27/1981, nella misura spettante al presidente di Cassazione, ed agli arretrati maturati fino ad allora, aumentati della rivalutazione monetaria e degli interessi legali, con decorrenza dalla maturazione di ciascun rateo, secondo i limiti e le modificazioni medio tempore intervenute e salva la eccepita prescrizione quinquennale delle somme da corrispondere.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio, ivi compresi diritti ed onorari;

P.Q.M.

definitivamente pronunciandosi sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e dichiara il diritto del ricorrente al calcolo, nel proprio trattamento economico, ex art.3 L. n.312/1971, dell’esatta misura dell’ assegno mensile già goduto durante il servizio di componente laico del Consiglio Superiore della Magistratura, in tutto corrispondente all’intero trattamento economico spettante al Presidente di Sezione della Corte di Cassazione, comprensivo dell’indennità giudiziaria di cui all’art.3 L.27/1981 secondo le modalità e nei limiti di cui in motivazione

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 25 novembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Evasio Speranza, Presidente

Paolo Restaino, Consigliere

Francesco Brandileone, Consigliere, Estensore

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