T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 01-02-2011, n. 329

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. I ricorrenti indicati in epigrafe risiedono in uno stabile situato in via della xxx n. 14, in prossimità dell’area oggetto del programma integrato di intervento adottato dal Comune di xxx con la deliberazione del Consiglio Comunale n. 78 del 29 novembre 2007 ed approvato con deliberazione n. 17 del 27 marzo 2008.
2. I ricorrenti insorgono avverso tali atti ed avverso le delibere della Giunta provinciale di Milano n. 103/2008, di valutazione di compatibilità ai sensi dell’art. 92, l. Regione Lombardia n. 12/2005, e n. 332/06 del 24 maggio 2006, articolando le seguenti doglianze:
I. illegittimità della delibera della Giunta provinciale n. 103/08 del 25 febbraio 2008 di verifica di compatibilità rispetto alle previsioni del p.t.c.p. per violazione dell’art. 92, l. Regione Lombardia n. 12/2005 e dell’art. 42, c.2, lett. b, d.lgs. n. 267/2000: la competenza non sarebbe della Giunta bensì del Consiglio provinciale; illegittimità del parere provinciale per difetto di istruttoria e di motivazione;
II. violazione e falsa applicazione degli artt. 25, 87, 88, 9093, l. Regione Lombardia n. 12/2005; violazione del documento di inquadramento comunale; violazione dell’art. 3 del r.e.c.; violazione e falsa applicazione degli artt. 17 e 18, d.P.R. n. 380/2001; eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, travisamento, difetto assoluto dei presupposti ed erroneità della motivazione; sviamento;
III. violazione degli artt. 3 e 10, l. n. 241/1990, 14 della l. Regione Lombardia n. 12/2005; eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, travisamento, difetto assoluto dei presupposti ed erroneità della motivazione in risposta alle osservazioni dei ricorrenti;
IV. – violazione degli artt. 46 e 93, l. Regione Lombardia n. 12/2005 in quanto il p.i.i. non contemplerebbe la realizzazione di alcuna opera di urbanizzazione secondaria;
– l’erronea classificazione delle opere di urbanizzazione primaria come urbanizzazioni secondarie, da realizzare a scomputo dei relativi oneri, favorirebbe indebitamente la Cooperativa che potrà risparmiare 380.000,00 euro, altrimenti dovuti a titolo di urbanizzazione secondaria;
– la pista ciclopedonale verrà realizzata su aree di proprietà della provincia, con la conseguenza che tale opera entrerà a far parte del patrimonio provinciale, nonostante ciò, per tale opera, è previsto lo scomputo di oneri di urbanizzazione;
– tra i costi delle opere di urbanizzazione sono stati inseriti i costi di un impianto di videosorveglianza, di un impianto di irrigazione e per la manutenzione per tre anni dell’area a verde da realizzare: tali costi non potrebbero essere scomputati dagli oneri di urbanizzazione;
– il p.i.i. prevede la realizzazione diretta da parte della Cooperativa delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria nonché gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle aree a verde, dei parcheggi e della pista ciclopedonale in contrasto con l’art. 32.1, lett. g), d.lgs. n. 163/2006;
– violazione dell’art. 71 del r.e.c. per mancata acquisizione del parere della Commissione edilizia;
– violazione dell’indice di edificabilità fondiaria imposto dal Comune;
– violazione degli artt. 8 e 9, d.m. 1444/1968;
– violazione della delibera della Giunta Regionale 27 dicembre 2007, n. 8/6420 che detta gli indirizzi per la valutazione ambientale dei piani.
3. I ricorrenti chiedono, inoltre, il risarcimento dei danni subiti.
4. Con un primo ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti impugnano la convenzione attuativa del p.i.i. sottoscritta il 3 luglio 2008, i permessi di costruire(pratiche n. 76/2008 e n. 77/2008) rilasciati dal Comune per la realizzazione di un nuovo edificio ad uso residenziale in edilizia convenzionata e di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, per i seguenti motivi:
I. illegittimità derivata;
II. violazione degli artt. 91 e 93, l. Regione Lombardia n. 12/2005; violazione e falsa applicazione dell’art. 11, d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 35, l. Regione Lombardia n. 12/2005; violazione dell’art. 3 del r.e.c., eccesso di potere per illogicità, travisamento, difetto assoluto dei presupposti ed erroneità della motivazione; sviamento. La convenzione non sarebbe stata sottoscritta dalla Provincia, proprietaria di aree ricomprese nel p.i.i.; illegittimità del permesso di costruire relativo alle opere di urbanizzazione in quanto la società controinteressata non sarebbe proprietaria delle aree ove verranno realizzate alcune opere, non avrebbe neppure alcun titolo sulle stesse;
III. violazione dell’art. 7, l. n. 241/1990 per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento;
IV. illegittimità del permesso di costruire per l’inesistenza delle opere di urbanizzazione secondaria, per violazione dell’art. 16, d.P.R. n. 380/2001 e degli artt. 32.1, lett. g), 53.1 e 122.8, d.lgs. n. 163/2006.
5. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti, a seguito dell’accesso alla convenzione attuativa e ai permessi di costruire (pratiche n. 76/2008 e n. 77/2008) impugnati con i primi motivi aggiunti, i ricorrenti sollevano le seguenti, ulteriori censure:
I. illegittimità del permesso di costruire relativo alle opere di urbanizzazione in quanto la rotonda progettata quale opera viaria insisterebbe su aree di proprietà di terzi, non comprese nel perimetro del p.i.i. né nel perimetro delle aree esterne al p.i.i. destinate ad opere di urbanizzazione; illegittimità del permesso di costruire per violazione degli artt. 11, 12, d.P.R. n. 380/2001, 35 e 36, l. Regione Lombardia n. 12/2005;
II. violazione degli artt. 12, d.P.R. n. 380/2001 e 36, l. Regione Lombardia n. 12/2005: il permesso di costruire prevedrebbe l’edificazione di una volumetria notevolmente superiore a quanto imposto dal Comune il quale ha previsto un indice di edificabilità fondiaria pari a 2,00 mc/mq;
III. violazione degli artt. 8 e 9, d.m. n. 1444/1968.
6. Con un terzo ricorso per motivi aggiunti, i ricorrenti, a seguito del deposito in giudizio della deliberazione della Giunta provinciale di Milano n. 332/06 del 24.5.2006, propongono la seguente ulteriore censura avverso tale atto: illegittimità derivata; ulteriore violazione dell’art. 42, c. 2, lett. b) del d.lgs. n. 267/2000 in relazione all’art. 92, l. Regione Lombardia n. 12/2005; violazione dell’art. 48, d.lgs. n. 267/2000; incompetenza; eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà, travisamento, difetto assoluto dei presupposti, carenza ed erroneità della motivazione.
7. Con ordinanza n. 338/2009 del 18 marzo 2009, questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare presentata dai ricorrenti ed ha sospeso l’efficacia del permesso di costruire n. 76/2008 rilasciato il 17 settembre 2008.
8. Con un quarto ricorso per motivi aggiunti, i ricorrenti impugnano l’atto prot. n. 13544 del 5.6.2009, recante "variante al permesso di costruire n. 76 del 17.9.2008 per la costruzione nuovo edificio ad uso residenziale in edilizia convenzionata in attuazione del programma integrato di intervento" (pratica edilizia n. 53/2009), articolando le seguenti censure:
I. illegittimità derivata;
II. violazione dell’art. 7, l. n. 241/1990 per mancata comunicazione di avvio del procedimento;
III. violazione dell’ordinanza cautelare del Tar n. 338 del 18 marzo 2009 che ha sospeso il permesso di costruire n.76/2008 del 17 settembre 2008; violazione degli artt. 32 e 38 della l. Regione Lombardia n. 12/2005 per mancata acquisizione del parere dell’asl.
9. A fronte del deposito in giudizio da parte dell’amministrazione comunale della documentazione inerente la pratica edilizia n. 53/2009 e, in particolare, delle tavole di progetto dalla n. 1r alla n. 18r, i ricorrenti propongono un quinto ricorso per motivi aggiunti lamentando:
I. violazione degli artt. 8 e 9, d.m. n. 1444/1968, eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria, della carenza dei presupposti, del travisamento dei fatti e della carenza di motivazione, sviamento: l’altezza complessiva del corpo di fabbrica in progetto, antistante l’immobile di proprietà dei ricorrenti, è di m. 13,90 mentre la distanza tra i due edifici è di 13,57 m.;
II. il progetto approvato prevede l’edificazione di 18.891,06 mc in violazione del prescritto indice di edificabilità fondiaria;
III. nullità del titolo edilizio in quanto volto ad eludere l’ordinanza del Tar n. 338/2009.
10. Con ordinanza n. 994 del 27 agosto 2009, questo Tribunale ha nuovamente accolto la domanda cautelare, sospendendo il titolo edilizio, limitatamente alla parte in cui viola – con un elemento di "ornamento" – l’altezza massima consentita.
11. L’amministrazione comunale intimata si è costituita in giudizio, contestando la fondatezza delle censure dedotte.
12. Si è costituita in giudizio anche la controinteressata cooperativa "Diritto alla casa 1982", deducendo, oltre all’infondatezza nel merito, l’inammissibilità delle censure proposte – con riferimento al quarto motivo di ricorso – con memoria depositata in data 15 ottobre 2010, in quanto tardive ed irrituali.
13. All’udienza del 17 novembre 2010 il ricorso è stato ritenuto per la decisione.
14. Il primo motivo di ricorso, nella parte in cui viene contestata l’incompetenza della giunta provinciale a compiere la verifica di compatibilità del programma integrato di intervento con le previsioni del piano territoriale di coordinamento provinciale, è infondato.
Come ha di recente affermato il Consiglio di Stato con la sentenza 28 maggio 2009 n. 3333, rientra nella competenza della giunta provinciale emettere pareri di compatibilità di un programma integrato di intervento con il P.T.C.P.
Non può, al riguardo, invocarsi l’art. 42, c.2, lett. b), d.lgs. n. 267/2000: tale norma – che attribuisce alla competenza consiliare i "programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie" – si riferisce, difatti, "non a qualsiasi parere espresso dall’Ente che comunque coinvolga i piani o programmi dallo stesso approvati, ma soltanto ai pareri espressi nell’ambito del procedimento di formazione di quei piani e programmi (o delle relative varianti e deroghe)". (Cons. Stato, sez. IV, 28.5.2009, n. 3333).
Il motivo è infondato anche nella parte in cui censura il parere provinciale per difetto di istruttoria e di motivazione: i ricorrenti hanno, invero, lamentato solo una generica incompatibilità del programma integrato di intervento con gli obiettivi del p.t.c.p. ma non hanno evidenziato alcuna ragione a sostegno dell’asserito contrasto.
15. Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano che il p.i.i. non perseguirebbe affatto finalità di riqualificazione del tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale del territorio, consistendo nell’eliminazione di un’area a verde per consentire la nuova edificazione di due palazzi alti ben 18 metri; il p.i.i. non sarebbe neppure caratterizzato da alcuno degli elementi contenuti nel c.2 dell’art. 87, l. Regione Lombardia n. 12/2005 in quanto non prevedrebbe una "pluralità di destinazioni e funzioni" ma esclusivamente la realizzazione di un intervento di edilizia convenzionata oltre all’esecuzione di qualche minima opera di urbanizzazione. Nel p.i.i. non vi sarebbe, inoltre, la "compresenza di tipologie e modalità d’intervento integrate" e neppure la prescritta "rilevanza territoriale tale da incidere sulla riorganizzazione dell’ambito urbano".
La censura è infondata.
Non può, difatti, ritenersi che il programma integrato di intervento non abbia una finalità di riqualificazione del tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale.
L’area oggetto dell’intervento è posta ai margini della zona residenziale di xxx – in zona, già urbanizzata, priva di un particolare interesse dal punto di vista naturalistico, storico ambientale o di rilevanza artistica ed agraria – ed in precedenza utilizzata unicamente per lo svolgimento di un’attività florovivaistica.
L’intervento prevede un utilizzo della porzione posta a nord est del comparto a fini residenziali, mentre la zona a sud viene destinata alla realizzazione di strutture pubbliche, quali, soprattutto, una pista ciclopedonale, parcheggi ed area a verde pubblico.
La finalità di riqualificazione ben può mirare – come accade nel caso di specie – a riconvertire un area ad un utilizzo maggiormente rispondente all’interesse pubblico ed al contempo a dotarla di opere di urbanizzazione che, anche per la loro collocazione, vadano a beneficio dell’intero ambito urbano.
Il p.i.i. presenta, inoltre, i requisiti richiesti dall’art. 87, c. 2 della l. Regione Lombardia n. 12/2005.
Questa norma prevede che "il programma integrato di intervento è caratterizzato dalla presenza di almeno due dei seguenti elementi:
a) previsione di una pluralità di destinazioni e di funzioni, comprese quelle inerenti alle infrastrutture pubbliche e d’interesse pubblico, alla riqualificazione ambientale naturalistica e paesaggistica;
b) compresenza di tipologie e modalità d’intervento integrate, anche con riferimento alla realizzazione ed al potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
c) rilevanza territoriale tale da incidere sulla riorganizzazione dell’ambito urbano".
Nel caso di specie, il p.i.i. soddisfa il requisito di cui alla lettera a) in quanto persegue, da un lato, l’obiettivo di soddisfare la domanda di edilizia convenzionata e, dall’altro, quello di potenziare le infrastrutture pubbliche (ricomprendendo tale concetto le opere di urbanizzazione), prevedendo la realizzazione di una pista ciclopedonale, di un’area destinata a parcheggi, di un’area a verde pubblico ed il potenziamento della viabilità.
La destinazione di una consistente parte dell’area oggetto del programma integrato di intervento a verde pubblico va, inoltre, ad attuare una riqualificazione ambientale.
Il p.i.i. ha, poi, una rilevanza territoriale tale da incidere sulla riorganizzazione dell’ambito urbano – e ricorre pertanto anche il requisito di cui alla lettera c) – in quanto le opere di urbanizzazione previste, per la loro funzione (pista ciclopedonale) o per la loro collocazione (area a parcheggio ed area a verde) non vanno a beneficio unicamente dell’area ricompresa nel perimetro del p.i.i.
Sempre con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti sostengono che, poiché il p.i.i. interessa un’area avente funzione di fascia di rispetto di una strada provinciale, in conformità all’art. 88, l. Regione Lombardia n. 12/2005, avrebbe dovuto essere qualificato di rilevanza regionale, con necessità di applicare la specifica procedura prevista dall’art. 92, l. Regione Lombardia n. 12/2005.
La censura è infondata: il comma 2 bis dell’art. 88 della l. reg. Lombardia n. 12/2005, inserito dalla l. reg. Lombardia n. 4/2008, non trova, invero, applicazione nel caso di specie in quanto non era ancora in vigore alla data di adozione della delibera di approvazione del p.i.i. del 27.3.2008 e, comunque, in quanto il p.i.i. in questione non ha ad oggetto un intervento da realizzarsi su "un’area destinata ad attrezzature connesse alla mobilità".
Ad avviso dei ricorrenti, poi, il p.i.i. non avrebbe effettuato alcuna valutazione sulle necessità indotte dall’incremento di carico urbanistico connesso al nuovo interevento, in violazione dell’art. 90, l. Regione Lombardia n. 12/2005.
La censura è infondata.
L’art. 90 della l. Regione Lombardia n. 12/2005 dispone che "i programmi integrati di intervento garantiscono, a supporto delle funzioni insediate, una dotazione globale di aree o attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, valutata in base all’analisi dei carichi di utenza che le nuove funzioni inducono sull’insieme delle attrezzature esistenti nel territorio comunale, in coerenza con quanto sancito dall’articolo 9, comma 4".
Nel caso di specie, a fronte di un incremento della capacità insediativa quantificata in 190 abitanti, il p.i.i. prevede la destinazione a standard di una superficie pari a mq. 6.280 e dunque 33,05 mq per abitante.
Tale dotazione è di molto superiore a quella minima di 18 mq per abitante che deve essere prevista nel p.g.t. e nei piani attuativi, ai sensi dell’art. 9, c. 3 della l. Regione Lombardia n. 12/2005 e non può quindi ritenersi insufficiente.
Parimenti infondata è la censura di violazione dell’art. 91, l. Regione Lombardia n. 12/2005 e dell’art. 3 del r.e.c. in quanto il p.i.i. comprende nel suo perimetro aree di proprietà della provincia di Milano di cui la società controinteressata non avrebbe la disponibilità.
Anche questa doglianza è infondata in quanto la Provincia di Milano ha rilasciato al Comune di xxx concessione per l’occupazione dell’area ed ha assentito alla realizzazione del percorso ciclopedonale e del condotto per fognatura con atto n. 65 del 18.3.2008.
I ricorrenti lamentano, poi, il contrasto del p.i.i. con il documento di inquadramento approvato dall’amministrazione comunale poiché il p.i.i. non prevedrebbe la realizzazione di strutture per l’educazione, la salute, l’assistenza, lo sport e il tempo libero e la dotazione di spazi verdi attrezzati ed a parco; al contrario, sarebbe eliminato uno spazio a verde di oltre 13.000 mq.
La censura è infondata.
Non può affatto ritenersi che l’amministrazione abbia ignorato le indicazioni contenute nel documento di inquadramento, avendo il p.i.i. potenziato anche opere di urbanizzazione secondaria, con la previsione di un’area a verde pubblico (l’area di cui i ricorrenti lamentano la sottrazione, l’area cioè sulla quale è prevista la realizzazione dell’intervento oggetto del p.i.i., era destinata a verde privato e non era pertanto fruibile dalla collettività).
Inoltre, come si è già osservato, il p.i.i. prevede la destinazione a standard di una superficie pari a mq. 6.280 e dunque una dotazione di 33,05 mq. per abitante, di molto superiore a quella minima di 18 mq per abitante che deve essere prevista nel p.g.t. e nei piani attuativi ai sensi della l. reg. Lombardia n. 12/2005. Né può, al riguardo, condividersi quanto sostenuto dai ricorrenti e cioè che ai 6.280 mq. debba sottrarsi l’area destinata a parcheggio: la dotazione minima di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale pari a diciotto metri quadrati per abitante prevista all’art. 9, c. 3 della l. reg. Lombardia n. 12/2005 si riferisce, difatti, alla dotazione complessiva di standard, ed è, quindi, comprensiva anche dei parcheggi (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 16 dicembre 2003, n. 8234; T.A.R. Lombardia Brescia, 21 novembre 2006, n. 1468).
La doglianza secondo cui sarebbero stati violati gli artt. 17 e 18, d.P.R. n. 380/2001 – in quanto il p.i.i. prevede che le unità immobiliari possano essere assegnate solo ai soci della cooperativa controinteressata e sarebbe dunque illegittima l’esenzione dal pagamento del costo di costruzione – è inammissibile: i ricorrenti non hanno difatti alcun interesse all’assegnazione degli immobili né possono far valere in giudizio un interesse – quello al pagamento del costo di costruzione – che è privo del requisito della personalità, non riguardando specificamente e direttamente la loro sfera giuridica.
16. Con il terzo motivo di ricorso viene dedotta la violazione degli artt. 3 e 10, l. n. 241/1990, 14 della l. Regione Lombardia n. 12/2005; eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, travisamento, difetto assoluto dei presupposti ed erroneità della motivazione in risposta alle osservazioni dei ricorrenti.
La censura è priva di fondamento.
La giurisprudenza è costante nell’affermare che le osservazioni dei privati ai progetti di strumenti urbanistici sono un mero apporto collaborativo alla formazione di detti strumenti e non danno luogo a peculiari aspettative, con la conseguenza che il loro rigetto non richiede una specifica motivazione, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 luglio 2008, n. 3358).
Nel caso di specie, l’amministrazione ha esaminato le osservazioni proposte dai ricorrenti ed adeguatamente dato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto di respingerle (v. allegato alla deliberazione del Consiglio Comunale n. 17 del 27.3.2008).
17. Con il quarto motivo i ricorrenti si dolgono della violazione degli artt. 46 e 93, l. Regione Lombardia n. 12/2005 in quanto il p.i.i. non contemplerebbe la realizzazione di alcuna opera di urbanizzazione secondaria.
A loro avviso, inoltre, l’erronea classificazione delle opere di urbanizzazione primaria come urbanizzazioni secondarie, da realizzare a scomputo dei relativi oneri, favorirebbe indebitamente la Cooperativa che potrà risparmiare 380.000,00 euro, altrimenti dovuti a titolo di urbanizzazione secondaria.
La censura di violazione degli artt. 46 e 93 della l. Regione Lombardia n. 12/2005 è infondata.
Il p.i.i. prevede, difatti, sia la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria che di opere di urbanizzazione secondaria. Attese le sue dimensioni, l’area a verde prevista nel p.i.i. è, difatti, qualificabile quale area verde di quartiere e dunque quale opera di urbanizzazione secondaria (cfr. elaborato n. 5 urb. allegato al permesso di costruire n. 77/2008).
Non sono, invece, effettivamente, opere di urbanizzazione secondaria le altre opere indicate nella relazione tecnica ed economica allegata alla deliberazione del Consiglio Comunale n. 17 del 27.3.2008 (aiuola, impianto di irrigazione, predisposizione impianto di videosorveglianza, rifacimento illuminazione rotatoria) in quanto non riconducibili ad alcuna delle opere indicate all’art. 4, c.2 della l. n. 847/1964 (sul carattere tassativo della elencazione cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 3 maggio 1994, n. 175).
Sono, tuttavia, inammissibili per carenza di interesse le contestazioni in ordine alla legittimità dello scomputo dei costi sostenuti per la realizzazione delle opere qualificate quali urbanizzazioni secondarie e dello scomputo dei costi sostenuti per la realizzazione della pista ciclo pedonale.
Nel processo amministrativo l’interesse a ricorrere è, difatti, caratterizzato dalla presenza degli stessi requisiti che qualificano l’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., vale a dire dalla prospettazione di una lesione concreta e attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall’effettiva utilità che potrebbe derivare a quest’ultimo dall’eventuale annullamento dell’atto impugnato (cfr. da ultimo T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 17 dicembre 2010, n. 37190).
L’interesse fatto valere con questa censura – cioè quello alla corretta quantificazione delle somme dovute all’amministrazione comunale a titolo di oneri di urbanizzazione – è invece privo del requisito della personalità, non riguardano specificamente e direttamente la sfera del ricorrente.
Il motivo di ricorso è inammissibile per carenza di interesse anche nella parte in cui contesta la legittimità della realizzazione diretta, da parte della cooperativa, delle opere di urbanizzazione, non potendo i ricorrenti trarre alcuna utilità dalla individuazione di un soggetto, in luogo di un altro, per l’esecuzione delle opere.
È invece infondata la censura con cui è lamentata la violazione dell’art. 71 del regolamento edilizio comunale: come risulta dal verbale della seduta n. 6 del 16.7.2007, la commissione edilizia ha difatti espresso il proprio parere favorevole sul programma integrato di intervento (doc. n. 9 dell’amministrazione).
Quanto al vizio con cui viene lamentata violazione dell’indice di edificabilità fondiaria si rinvia a quanto affermato al punto n. 35.
I ricorrenti deducono, poi, la violazione degli artt. 8 e 9, d.m. n. 1444/1968.
La censura è fondata nei limiti di seguito chiariti.
L’art. 8 del d.m. n. 1444/1968 prevede, per le zone C che siano contigue o in diretto rapporto visuale con zone del tipo A, che "le altezze massime dei nuovi edifici non possono superare altezze compatibili con quelle degli edifici delle zone A predette".
Nel caso di specie, l’area oggetto dell’intervento, che si pone in zona C, è contigua ad una zona A classificata dal p.r.g. quale zona di "interesse storico – ambientale", nella quale sono situati due edifici (in cui risiedono i ricorrenti). Uno di essi, un rustico agricolo, ha un altezza in gronda pari a m. 6,97 ed al colmo pari a m. 9,82; l’altro, adibito a residenza, ha un’altezza in gronda pari a m. 11,40 ed al colmo pari a m. 14,50.
Il programma integrato di intervento prevede un limite massimo di altezza pari a 18 metri.
La valutazione in ordine alla compatibilità delle altezze è connotata da discrezionalità tecnica ed è quindi sindacabile nelle ipotesi in cui – come accade nel caso di specie – vengano in rilievo indici sintomatici del non corretto esercizio del potere sotto il profilo della illogicità manifesta e della erroneità dei presupposti di fatto.
La netta sproporzione che sussiste tra l’altezza massima dell’edificio prevista nel p.i.i. e le altezze degli edifici posti in zona A consente, difatti, di ritenere palesemente insussistente il requisito della compatibilità previsto dall’art. 8.
Le delibere di adozione e di approvazione del p.i.i. sono, pertanto illegittime nella parte in cui prevedono che l’edificio possa raggiungere un’altezza massima pari a 18 metri.
Le delibere impugnate si pongono altresì in contrasto con l’art. 9, d.m. n. 1444/1968, secondo cui "le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: (…) 2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti; 3) Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12. (…)".
Le deliberazioni di adozione e di approvazione del programma integrato di intervento prevedono la realizzazione della nuova costruzione ad una distanza, rispetto all’edificio di proprietà dei ricorrenti, inferiore a quanto previsto dalla legge, come riconosciuto dalla stessa amministrazione comunale e dalla controinteressata in sede di rilascio dei permessi di costruire.
Gli atti sono, pertanto, in tale parte, illegittimi.
L’ultima censura, con cui viene affermata la violazione della deliberazione della Giunta regionale 27 dicembre 2007 n. VIII/6420, di approvazione degli indirizzi per la valutazione ambientale dei piani – in quanto non sarebbe stato attuato il coinvolgimento dei soggetti indicati al paragrafo 3.4, non sarebbero state attivate la conferenza di verifica e la conferenza di valutazione di cui al paragrafo 4.2, non sarebbe stato rispettato il procedimento previsto al paragrafo 6.1, non sarebbe stato predisposto il rapporto ambientale di cui al paragrafo 6.4 e non sarebbe stato formulato il parere motivato di cui al paragrafo 6.7 – non è fondata in quanto tale atto non poteva trovare applicazione nel caso di specie, non essendo ancora in vigore il 29 novembre 2007, data nella quale il p.i.i. è stato adottato.
La delibera della Giunta regionale n. VIII/6420 precisa, difatti, che "i procedimenti di formazione e di approvazione di piani/programmi già avviati alla data di pubblicazione sul BURL della presente deliberazione si concludono in conformità alle disposizioni in vigore al momento dell’avvio del procedimento stesso, ovvero secondo le disposizioni di cui all’art. 4, comma 4 della l.r. 12/05".
Sono, invece, irricevibili e, comunque, inammissibili le censure di violazione dell’art. 4 della l. reg. Lombardia n. 12/2005 e della deliberazione del 13.3.2007, n. VII/351 – per mancata applicazione della procedura ivi prevista e, in particolare, per non essere stata seguita alcuna delle fasi descritte al punto 5.0 della deliberazione del Consiglio regionale n. VII/351 e nell’allegato 1m della deliberazione della Giunta regionale n. VIII/6420, per non essere stata nominata alcuna autorità competente per la v.a.s. e per mancata valutazione degli impatti dell’intervento sulla zona A – in quanto introdotte tardivamente e con memoria (del 15 ottobre 2010) non notificata.
18. Con un primo ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti impugnano la convenzione attuativa del p.i.i. sottoscritta il 3 luglio 2008, i permessi di costruire n. 76/2008, avente ad oggetto la realizzazione di un nuovo edificio ad uso residenziale in edilizia convenzionata e n. 77/2008, avente ad oggetto la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria,.
19. Il ricorso, con riferimento alla impugnazione del permesso di costruire n. 76, è divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse in quanto tale atto è stato sostituito dal permesso di costruire n. 53/2009.
20. In ordine alla censura di illegittimità derivata si rinvia a quanto affermato con riferimento al ricorso principale.
21. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 91 e 93, l. Regione Lombardia n. 12/2005; la violazione e falsa applicazione dell’art. 11, d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 35, l. Regione Lombardia n. 12/2005; la violazione dell’art. 3 del r.e.c., eccesso di potere per illogicità, travisamento, difetto assoluto dei presupposti ed erroneità della motivazione; sviamento. La convenzione non sarebbe stata sottoscritta dalla Provincia, proprietaria di aree ricomprese nel p.i.i.; il permesso di costruire relativo alle opere di urbanizzazione sarebbe illegittimo in quanto la società controinteressata non sarebbe proprietaria delle aree ove verranno realizzate alcune opere, non avrebbe neppure alcun titolo sulle stesse.
Le doglianze sono infondate.
Come si è già osservato, i rapporti tra la Provincia ed il Comune sono stati regolati con il rilascio, da parte dell’amministrazione provinciale di una concessione per l’occupazione dell’area ed ha assentito alla realizzazione del percorso ciclopedonale e del condotto per fognatura con provvedimento n. 65 del 18.3.2008.
22. Con il terzo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 7, l. n. 241/1990 per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di rilascio del permesso di costruire.
La censura è infondata.
Per costante giurisprudenza, quando è proposta una domanda volta ad ottenere il rilascio di un titolo edilizio, il vicino del richiedente può intervenire nel corso del relativo procedimento e può impugnare il provvedimento che accolga l’istanza, ma non ha titolo a ricevere l’avviso dell’avvio del procedimento in quanto ciò comporterebbe un aggravio del procedimento, in palese violazione dei principi di economicità ed efficacia dell’attività amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 settembre 1999, n. 1197; 14 marzo 2002, n. 1533; 18 aprile 2005, n. 1773; Tar Liguria, 10 luglio 2009, n. 1736).
23. Il quarto motivo ha ad oggetto l’illegittimità del permesso di costruire per l’inesistenza delle opere di urbanizzazione secondaria, per violazione dell’art. 16, d.P.R. n. 380/2001 e degli artt. 32.1, lett. g), 53.1 e 122.8, d.lgs. n. 163/2006.
Il motivo è infondato e inammissibile per quanto già affermato con riferimento alle analoghe censure proposte con il ricorso principale, cui si fa rinvio.
24. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti, a seguito dell’accesso alla convenzione attuativa e ai permessi di costruire impugnati con i primi motivi aggiunti, i ricorrenti sollevano ulteriori censure.
25. Con il primo motivo lamentano l’illegittimità del permesso di costruire relativo alle opere di urbanizzazione in quanto la rotonda progettata quale opera viaria insisterebbe su aree di proprietà di terzi, non comprese nel perimetro del p.i.i. né nel perimetro delle aree esterne al p.i.i. stesso destinate ad opere di urbanizzazione; violazione degli artt. 11, 12, d.P.R. n. 380/2001, 35 e 36, l. Regione Lombardia n. 12/2005.
La censura è infondata.
I ricorrenti si sono limitati ad affermare che l’area sulla quale è prevista la rotatoria è di proprietà di soggetti terzi ma non hanno fornito al riguardo il benché minimo principio di prova; né la richiamata tavola 2 urb fornisce alcuna indicazione in merito alla proprietà dell’area.
26. Il secondo ed il terzo motivo – con cui viene dedotta la violazione degli artt. 12, d.P.R. n. 380/2001 e 36, l. Regione Lombardia n. 12/2005 (il permesso di costruire prevedrebbe l’edificazione di una volumetria notevolmente superiore a quanto imposto dal Comune il quale ha previsto un indice di edificabilità fondiaria pari a 2,00 mc/mq) e la violazione degli artt. 8 e 9, d.m. n. 1444/1968 – sono divenuti improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse in quanto il permesso di costruire n. 76 è stato sostituito dal permesso di costruire n. 53/2009.
27. Con un terzo ricorso per motivi aggiunti, i ricorrenti, a seguito del deposito in giudizio della deliberazione della Giunta provinciale di Milano n. 332/06 del 24.5.2006, propongono la seguente ulteriore censura avverso tale atto: illegittimità derivata; ulteriore violazione dell’art. 42, c. 2, lett. b) del d.lgs. n. 267/2000 in relazione all’art. 92, l. Regione Lombardia n. 12/2005; violazione dell’art. 48, d.lgs. n. 267/2000; incompetenza; eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà, travisamento, difetto assoluto dei presupposti, carenza ed erroneità della motivazione.
Il motivo è infondato per quanto già affermato con riferimento al primo motivo del ricorso principale, cui si rinvia.
28. Con un quarto ricorso per motivi aggiunti, i ricorrenti impugnano l’atto prot. n. 13544 del 5.6.2009, recante "variante al permesso di costruire n. 76 del 17.9.2008 per la costruzione nuovo edificio ad uso residenziale in edilizia convenzionata in attuazione del programma integrato di intervento".
29. In ordine alla censura di illegittimità derivata si rinvia a quanto affermato con riferimento al ricorso principale.
30. Il motivo attinente alla violazione dell’art. 7, l. n. 241/1990 per mancata comunicazione di avvio del procedimento è infondato per le medesime ragioni già espresse sul terzo motivo proposto con il primo ricorso per motivi aggiunti.
31. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’ordinanza cautelare del Tar n. 338 del 18 marzo 2009 che ha sospeso il permesso di costruire n.76/2008 del 17 settembre 2008; violazione degli artt. 32 e 38 della l. Regione Lombardia n. 12/2005 per mancata acquisizione del parere dell’asl.
Il motivo è infondato.
Non vi è stata alcuna violazione dell’ordinanza cautelare, in quanto il Comune, nel rilasciare un nuovo titolo emendato dal vizio rilevato in sede cautelare e non si è affatto posto in contrasto con quanto statuito da questo Tribunale.
Non sussiste parimenti la violazione degli artt. 32 e 38 del d.P.R. n. 380/2001 avendo la controinteressata presentato autocertificazione circa la conformità del progetto alle norme igienico sanitarie, così come previsto dall’art. 20 del d.P.R. n. 380/2001 (doc. n. 15 dell’amministrazione).
32. A fronte del deposito in giudizio da parte dell’amministrazione comunale della documentazione inerente la pratica edilizia n. 53/2009 e, in particolare delle tavole di progetto dalla n. 1r alla n. 18r, i ricorrenti hanno proposto un quinto ricorso per motivi aggiunti.
33. Con il primo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 8 e 9, d.m. n. 1444/1968, eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria, della carenza dei presupposti, del travisamento dei fatti e della carenza di motivazione, sviamento.
Il permesso di costruire non viola l’art. 8 del d.m. n. 1444/1968: il titolo edilizio ha ridotto l’altezza massima del fabbricato prevista – nella misura di 18 m. – in sede di approvazione del programma integrato di intervento ed ha limitato lo scostamento con le altezze degli edifici posti in zona A a pochi metri.
Il permesso di costruire prevede ora un’altezza sottogronda, nella zona sud, pari a m. 12,50 e nella zona nord pari a m. 15,60, con copertura piana; all’estradosso dell’ultima soletta, il fabbricato è alto 13,00 m. nella porzione posta a sud e m. 16,10 nella porzione posta a nord.
Non sussistendo più una netta sproporzione tra rispetto alle altezze degli edifici posti in zona A (uno di essi, un rustico agricolo, ha un altezza in gronda pari a m. 6,97 ed al colmo pari a m. 9,82; l’altro, adibito a residenza, ha un’altezza in gronda pari a m. 11,40 ed al colmo pari a m. 14,50), non può quindi ritenersi insussistente il requisito della compatibilità previsto dall’art. 8.
Quanto alla censura di violazione dell’art. 9 del d.m. n. 1444/1968, essa è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse: in data 1° ottobre 2010, il Comune di xxx ha rilasciato alla controinteressata un nuovo permesso di costruire – in variante al permesso di costruire n. 53/2009 – che ha ridotto l’altezza dell’edificio a m. 13,35, inferiore alla distanza tra l’edificio in costruzione e l’edificio adibito ad ex stalla, pari a m. 13,57.
34. Sin qui, per le ragioni esposte, il ricorso è in parte fondato, in parte inammissibile ed in parte improcedibile.
35. Ai fini della decisione della censura di illegittimità delle delibere impugnate per violazione dell’indice di edificabilità fondiaria imposto dal Comune – proposta con quarto motivo del ricorso principale – e del secondo motivo del quinto ricorso per motivi aggiunti – con cui i ricorrenti sostengono che il progetto approvato con il permesso di costruire n. 53/2009 prevedrebbe l’edificazione di 18.891,06 mc in violazione del prescritto indice di edificabilità fondiaria – il Collegio ritiene necessario acquisire agli atti del giudizio una relazione, redatta dall’amministrazione resistente, che chiarisca i criteri e le norme applicate ai fini della determinazione della superficie territoriale (mq. 13.965,00) e della superficie fondiaria (mq. 13.275,00).
È necessario, inoltre, acquisire una copia delle norme tecniche attuative del p.r.g., ed, in particolare, dell’art. 3.
36. Viene fissata l’udienza pubblica del 23 giugno 2011 per la prosecuzione del giudizio.
37. Spese al definitivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)
non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo accoglie, in parte lo dichiara inammissibile ed in parte improcedibile.
Per l’effetto annulla le delibere di adozione e di approvazione del programma integrato di intervento nei limiti di cui in motivazione.
Al fine di decidere sulla restante parte del ricorso, ordina al Comune di xxx di depositare la relazione e la documentazione indicate in motivazione, presso la segreteria del Tribunale, entro 30 (trenta) giorni dalla notifica o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.
Fissa la pubblica udienza del 23 giugno 2011 per la prosecuzione del giudizio.
Spese al definitivo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nelle camere di consiglio dei giorni 17 novembre 2010 e 21 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Mario Arosio, Presidente
Carmine Maria Spadavecchia, Consigliere
Silvia Cattaneo, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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