T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 01-02-2011, n. 187

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 1212 del 1996 G.S. – proprietario di un immobile sito in Venezia, Sestiere Cannaregio, 2486 – ha agito in giudizio per l’annullamento del provvedimento, prot. n. 54989/18705 del 10 gennaio 1996, con il quale il Dirigente del servizio dell’assessorato all’edilizia privata del Comune di Venezia ha respinto la domanda di concessione edilizia in sanatoria presentata ai sensi degli artt. 31 ss. della l. n. 47 del 1985, riferita all’esecuzione di diversi interventi tra i quali la copertura di una terrazza.

Avverso il provvedimento gravato sono stati dedotti i seguenti motivi di ricorso.

Con il primo mezzo di gravame la difesa del ricorrente ha dedotto il vizio di incompetenza del dirigente all’adozione del provvedimento gravato in quanto, in forza della normativa al tempo vigente, la competenza era ancora attribuita al Sindaco.

La seconda censura si appunta sulla violazione dell’art. 1 bis della l.n. 206 del 1995, dell’art. 4 della l. n. 360 del 1991 e dell’art. 32 della l. n. 47 del 1985 come modificato dall’art. 7 del d.l. n. 88 del 1995, a motivo della valutazione dei profili connessi alla sussistenza del vincolo paesaggistico nell’ambito di una conferenza di servizi e non, invece, ad opera della competente Commissione per la Salvaguardia di Venezia.

Con il terzo motivo di ricorso la difesa del ricorrente ha lamentato la violazione degli artt.32 e 35 della l. n. 47 del 1985 nonché il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza dei presupposti, deducendo la formazione del silenzio assenso in quanto sull’area interessata dagli interventi non sussisterebbe alcun vincolo paesaggistico.

Con il quarto mezzo di gravame è stata lamentata la violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 ed il vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione ed istruttoria, in considerazione del contenuto apodittico del parere reso dalla conferenza di servizi idoneo, peraltro, ad evidenziare anche lacune ed inadeguatezze istruttorie.

Il Comune di Venezia non si è costituito in giudizio per resistere al gravame.

All’udienza del 12 gennaio 2011 il ricorso è stato introitato per la decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Prioritario ed assorbente è l’esame del primo motivo di ricorso con il quale la difesa del ricorrente ha dedotto l’incompetenza del dirigente all’adozione del provvedimento gravato in quanto, all’epoca, ancora di competenza del Sindaco.

Il Collegio deve sottolineare, in primo luogo, che sebbene in forza dell’art. 51 comma 3, l. 8 giugno 1990 n. 142, all’epoca vigente, erano stati attribuiti ai dirigenti "tutti i compiti, compresa l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, che la legge e lo statuto espressamente non riservino agli organi di governo dell’ente", la difesa dell’Amministrazione, non costituita in giudizio, non ha né sostenuto né dimostrato che al tempo dell’adozione del provvedimento gravato si fosse già proceduto all’uniformazione dello Statuto comunale di Venezia alla previsione dell’art. 51 della l. n. 142 del 1990.

Come evidenziato nelle più recenti pronunce di questa Sezione (cfr. sentenza 9 febbraio 2010, n.340), solo nel dicembre 1999 il Consiglio comunale di Venezia, a seguito delle modificazioni introdotte del secondo comma dell’art. 17 dello Statuto comunale, ha attribuito espressamente ai dirigenti una competenza piena ed estesa all’adozione di tutti i provvedimenti di gestione amministrativa in materia edilizia ed urbanistica, compreso il rigetto di una richiesta di concessione edilizia in sanatoria o di condono; prima di tale determinazione, infatti, sebbene non fossero mancate precedenti iniziative tese alla modifica della suddetta disposizione, la previsione non era mai entrata in vigore, e ciò per la presumibile ragione che essa fu annullata in parte qua dalla competente Sezione del comitato regionale di controllo, con ordinanza 30 maggio 1994, n. 1392.

Quanto alla disciplina legislativa nazionale deve, altresì, essere segnalato che è stato l’art. 6 della l. 127/97 a mutare la disciplina della competenza, prevedendo, alla lett. f), che spettano alla competenza dei dirigenti "i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie". Successivamente, la l. n. 191 del 1998 ha, a sua volta, modificato l’art. 6, l. n. 127 del 1997, introducendo la lett. f bis) secondo la quale spettano ai dirigenti "tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell’abusivismo edilizio e paesaggisticoambientale", così espressamente attribuendo alla dirigenza anche la competenza in materia di applicazione di sanzioni edilizie.

Il Collegio deve perciò concludere che, almeno nel Comune di Venezia, il Sindaco ha conservato la competenza ad adottare i provvedimenti di rigetto delle istanze di sanatoria sino all’entrata in vigore della novella introdotta con la l. 127/97, e cioè sino al 18 maggio 1997.

Né, d’altra parte, è possibile sostenere la diversa soluzione, più volte prospettata dall’amministrazione in fattispecie analoghe, per cui in tali casi non sussisterebbe l’interesse all’accoglimento della censura, poiché il dirigente, privo di competenza quando aveva emesso il provvedimento, l’ha nel frattempo acquisita.

Tale soluzione, invero, prova troppo, se solo si tiene conto che l’interesse legittimo formale, o strumentale, il quale è fatto valere con la censura d’incompetenza, è, tipicamente, un interesse a soddisfacimento non garantito: l’unico vantaggio che consegue dall’accoglimento con sentenza di tale motivo di ricorso, è, infatti, l’eliminazione del provvedimento per tale.

Come noto, alla pronuncia giurisdizionale che annulla il provvedimento viziato da incompetenza segue una nuova determinazione dell’amministrazione competente; anche se nel nuovo codice del processo amministrativo non è dato rinvenire una previsione analoga a quella contenute nell’art. 26, II comma, della l. 1034/71, che espressamente stabiliva che il T.A.R., nell’ipotesi di accoglimento del ricorso per motivi di incompetenza, dovesse procedere all’annullamento dell’atto ed alla rimessione dell’affare all’autorità competente, non vi è dubbio che tale sviluppo discenda dal sistema e l’amministrazione, alla quale spetta il potere di provvedere, ben può emettere un provvedimento di contenuto sia identico, sia diverso da quello annullato.

Al giudice che annulla il provvedimento per incompetenza non spetta, peraltro, una prognosi su quello che sarà il comportamento dell’Amministrazione attiva. Né lo stesso giudicante potrebbe affermare con certezza, soprattutto a distanza di tempo, che la restituzione dell’affare allo stesso organo, il quale non era inizialmente competente, condurrebbe senz’altro alla reiterazione del contenuto del provvedimento annullato: ben potrebbero essere intervenuti, nel frattempo, degli elementi nuovi, oggettivi e soggettivi, i quali potrebbero in ogni caso condurre ad una riconsiderazione dell’affare e ad un esito affatto diverso da quello iniziale.

Da ultimo e per completezza di trattazione, quanto alla possibilità di applicare alla fattispecie la previsione di cui all’art. 21 octies della l. 241/90, il Collegio condivide l’orientamento per cui, dalla lettura combinata del I e del II comma di tale disposizione, si desume che, quando viene accertata l’incompetenza relativa dell’organo adottante, il provvedimento deve essere necessariamente annullato, non potendo trovare applicazione la disposizione che ne preclude l’annullamento laddove sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Detta disposizione, infatti, si riferisce ai soli casi in cui il provvedimento adottato sia stato adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma. Né è possibile includere le norme sulla competenza tra quelle sul procedimento amministrativo o sulla forma degli atti.

Infatti, nel I comma dell’art. 21 octies "il legislatore ha inteso ribadire la classica tripartizione dei vizi di legittimità dell’atto amministrativo, in base alla quale la violazione delle norme sulla competenza configura il vizio di incompetenza, mentre la violazione delle norme sul procedimento o sulla forma rientra nell’ambito più generale della violazione di legge. Inoltre, devono ritenersi norme sul procedimento tutte quelle relative al modus operandi dell’Amministrazione ed alla partecipazione procedimentale dei soggetti indicati dall’art. 9 l. n. 241 del 1990, mentre devono ritenersi norme sulla forma quelle relative ai requisiti formali degli atti endoprocedimentali e del provvedimento finale" (così T.A.R. Lazio Roma, III, 29 agosto 2007, n. 8224).

In conclusione, dunque, il ricorso va accolto e il provvedimento di rigetto della domanda di sanatoria va annullato per incompetenza, rimettendo l’affare all’Amministrazione competente per le ulteriori valutazioni.

L’incertezza della questione trattata conduce all’integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, seconda Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento prot. n. 54989/18705 del 10 gennaio 1996.

Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Angelo Gabbricci, Consigliere

Brunella Bruno, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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