Il terzo avente causa a titolo oneroso dall’erede apparente ha l’onere di provare la sua buona fede

Con atto di citazione CAIO evocava in giudizio TIZIO e SEMPRONIO.
Caio premetteva che a seguito del decesso del padre FLAVIO, si era aperta la successione per quote uguali in favore dei figli MEVIO e dello stesso CAIO e della madre STELLA.
FLAVIO con atto divideva una parte dei beni ereditari, con esclusione delle partecipazioni di Caio nella società Vitivinicola A..
Nella società Vitivinicola FLAVIO deteneva il 99.86% del capitale sociale.
CAIO e STELLA con atto di cessione dopo aver dichiarato di essere gli unici soci della predetta società, avevano ceduto le proprie quote ad SEMPRONIO ed a TIZIO figli di Caio.
SEMPRONIO ed a TIZIO avevano acquistato da eredi solo apparenti la quota societaria di pertinenza dell’esponente delle compartecipazioni del FLAVIO.
Caio chiedeva pertanto la restituzione ex art. 534 c.c. o, in subordine, ex art. 948 c.c. della quota societaria ricevuta in eredità dal padre.
TIZIO e SEMPRONIO costituitisi in giudizio assumevano di aver acquistato le quote sociali in buona fede, atteso che Caio non era indicato come socio nelle scritture contabili dell’Azienda Vitivinicola.
Caio era erede di FLAVIO e titolare di una quota pari ad un terzo delle compartecipazioni sociali del "de cuius" nella Vitivinicola.
SEMPRONIO ed TIZIO non avevano fornito idonea prova ai sensi dell’art. 534 c.c., comma 2 della ricorrenza della loro buona fede incolpevole al momento dell’acquisto delle suddette quote ed è insufficiente il riferimento alla mancata iscrizione di Caio nel libro soci.
Ciò non esclude l’applicabilità del menzionato art. 534 c.c. e che tale mancata iscrizione non costituiva indice assoluto della buona fede del terzo.

Ai sensi della disposizione ora menzionata il terzo avente causa a titolo oneroso dall’erede apparente ha l’onere di provare la sua buona fede, consistente nella dimostrazione dell’idoneità del comportamento dell’alienante ad ingenerare la ragionevole convinzione di trattare con il vero erede, nonché dell’esistenza di circostanze indicative dell’ignoranza incolpevole di esso acquirente circa la realtà della situazione ereditaria al momento dell’acquisto (Cass. 9/7/1980 n. 4376).
Ai fini della salvezza dei diritti acquistati dal terzo per effetto di convenzione a titolo oneroso contratta con l’erede apparente, è onere dello stesso terzo, ai sensi dell’art. 534, comma secondo, cod. civ., provare la sua buona fede all’atto dell’acquisto, dimostrando l’idoneità del comportamento dell’alienante ad ingenerare la ragionevole convinzione di trattare con il vero erede, nonché l’esistenza di circostanze indicative dell’ignoranza incolpevole di esso acquirente circa la realtà della situazione ereditaria al momento dell’acquisto. (Cass. Civ. n. 2653 del 4 febbraio 2010).

Capacità generale e speciale, incapacità generale e speciale. Incapacità naturale

& La capacità generale di agire è necessariamente correlata all’insussistenza di situazioni che escludano (minore età, interdizione) o limitino (inabilitazione) la capacità stessa.
! Un minore deve essere considerato capace di intendere e di volere ove in considerazione del suo sviluppo psico-fisico e della sua capacità di autodeterminarsi sia in grado di rendersi conto dell’illiceità del suo comportamento (C. 8740/01).
Alla capacità di agire speciale sono da ricondurre: le varie età previste dalle leggi speciali in materia di lavoro; l’abilitazione a contrarre matrimonio ed a porre in essere convenzioni matrimoniali (artt. 84, 2° co., 165 e 774, 2° co.); il riconoscimento del figlio naturale, la sua impugnazione, e la domanda di legittimazione del figlio naturale (artt. 250, ult. co., 264, ult. co. e 284, ult. co.); la formazione dell’inventario (art. 363, 1° co.); il diritto d’autore (art. 2580) (Falzea, 40-41).
La l. 22.5.1978, n. 194 (art. 13, co. 1 e 2) prevede una capacità speciale della minore interdetta a prestare il proprio consenso all’interruzione della gravidanza congiuntamente al proprio coniuge ed al tutore.
Poiché la capacità generale e speciale di agire presuppongono come loro fondamento la capacità di intendere e di volere, il difetto della capacità naturale è la causa dell’incapacità legale (così Stanzione, 12) mentre, secondo taluni, la capacità naturale influisce sulla sola capacità speciale di agire (in tal senso Falzea, 41) essendo la capacità generale legata alla sussistenza di altri presupposti (età, stato di sanità mentale ecc.).
Per aversi incapacità naturale è necessario che le facoltà intellettive e volitive del soggetto siano perturbate al punto da impedirgli una seria valutazione del contenuto e degli effetti dell’atto posto in essere (è C. 5159/04; C. 7485/03; C. 1444/03; C. 9851/02; C. 4539/02; C. 15480/01; C. 6999/00).
La prova della sussistenza di un «ucido intervallo» ricade su chi pretende di dimostrare la validità dell’atto (C. 11833/97).
& La capacità legale di agire è una situazione giuridica; la capacità (e l’incapacità) naturale è invece una situazione di fatto (Bianca, 240).
L’incapacità naturale non è esattamente speculare alla capacità naturale: quest’ultima è indicata come capacità di intendere e volere (art. 1389), mentre per configurare l’incapacità è sufficiente che ricorra o l’incapacità di volere o quella di intendere (si vedano gli artt. 120, 1° co., 775, 1° co., 1425, 2° co., ove si parla di incapacità di intendere o volere).
La capacità naturale è comunque richiesta per il compimento degli atti non negoziali e per l’imputabilità degli atti dannosi (vedi sub par. 6). tuttavia per taluni atti è del tutto irrilevante la capacità tanto legale che naturale: accessione (art. 934), ritrovamento (art. 927), specificazione (art. 940), ecc.
Il contratto concluso dall’incapace legale è annullabile (art. 1425, 1° co.); è del pari annullabile il contratto concluso dall’incapace naturale ove risulti la malafede dell’altro contraente (art. 428, 2° co.), nonché l’atto unilaterale compiuto dall’incapace naturale, purché ne risulti un grave pregiudizio per l’autore (art. 428, 1° co.).
! In presenza di un grave pregiudizio l’incapace può ottenere l’annullamento dell’atto unilaterale da lui compiuto (C. 1475/03).
Per l’annullamento del matrimonio (art. 120, 1° co.), del testamento (art. 591, 2° co.) e della donazione (art. 775, 1° co.) è sufficiente la prova dell’incapacità al momento del compimento dell’atto.
Per altri profili vedi sub artt. 428 e 1425.
Sono inapplicabili all’incapace naturale le disposizioni codicistiche facenti generico riferimento «all’incapace» o «agli incapaci», avendo queste esclusivo riguardo all’incapacità legale. L’incapacità naturale sarebbe del pari irrilevante per tutte le attività di ricezione di un atto o di una dichiarazione, trovando essa disciplina e tutela giuridica solo in caso di atti posti in essere dal soggetto incapace (Rescigno, 215).
Gli atti ricettizi rivolti nei confronti di soggetto incapace di intendere e volere sono validi ed efficaci, mentre sono annullabili solo quelli direttamente da lui compiuti (è C. 3612/85; C. 5563/82).

Parere legale motivato di diritto penale- Reato di stalking ( atti persecutori ). Elementi costitutivi ( minaccia molestia, lesioni personali, reiterazione delle minacce e delle molestie )

Il caso in questione vede TIZIA di 12 anni vittima di strane attenzioni rivolti da CAIO.

TIZIA riferisce alla nonna ed alla madre che mentre la stessa era in attesa dell’autobus di linea, alla fermata posta nei pressi della propria abitazione, era stata avvicinata, più volte, da CAIO, che era alla guida di un furgone, e che gli aveva rivolto apprezzamenti, mandandole dei baci e invitandola a salire sul veicolo. Questi atteggiamenti erano accaduti tra il 5 e 20 Febbraio 2009.

La piccola TIZIA riferisce alla nonna ed alla madre anche che il 27 febbraio CAIO si era recato alla scuola, rivolgendole sguardi insistenti.

La piccola TIZIA fortemente turbata, ed intimorita dagli strani atteggiamenti di CAIO chiede di non recarsi più a scuola.

Con il decreto legge 23 febbraio 2009 n.11 “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori” convertito dalla legge 23 aprile 2009 n.38, è stata, introdotta all’interno del codice penale il reato di “stalking”.

Lo stalking, richiama condotte che già di per sé costituiscono reato (minaccia molestia, lesioni personali, omicidio), ma proprio al fine di reprimere il particolare fine criminologico dello stalker, il legislatore ha voluto prevedere una norma e soprattutto delle sanzioni ad hoc.

La norma prevede che chiunque con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria tale da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Elemento cardine della condotta punita dall’articolo 612 bis c.p. è la reiterazione delle minacce e delle molestie nei confronti della vittima.

La reiterazione di tale condotta ci conduce al secondo elemento costitutivo della norma, ovvero l’insorgere di un particolare stato d’animo di ansia e di paura nei confronti della vittima.

La condotta reiterata deve creare un disagio psichico, un «timore» che può benissimo tramutarsi in uno stato patologico di ansia, tale da determinare un decadimento del vivere quotidiano.

Infatti, tra i vari eventi che la condotta tipica può causare vi è l’alterazione delle proprie abitudini di vita, la quale può essere vista come una particolare ipotesi di violenza privata.

L’ulteriore bene giuridico tutelato è l’incolumità individuale, quando le minacce o le molestie provochino il “perdurante e grave stato di ansia o di paura”, che comporta la lesione del bene salute.

La norma si espone a critiche per la mancata indicazione del numero di episodi necessario per integrare la serie minima, arrecando a tali figure un indubbia indeterminatezza.

Ulteriore problema danno le restanti due forme di evento: il “fondato timore per l’incolumità” e, soprattutto, il “perdurante e grave stato di ansia e di paura”.

Ma in ogni caso è ipotizzabile la figura del tentativo, purché possa dimostrarsi che gli atti diretti in modo non equivoco a cagionare il delitto si siano verificati in numero tale da soddisfare il requisito della reiterazione richiesto per la configurazione dello stesso.

La condotta del responsabile, per integrare il reato, non necessita dell’elemento psichico del dolo specifico essendo sufficiente il reato di dolo generico.

Dolo generico che deve manifestarsi nella volontà e consapevolezza di porre in essere condotte persecutorie, con la volontà di disturbare la normale serenità d’animo della vittima.

Non è quindi necessario agire con azioni specifiche per turbare lo stato d’animo, visto che il semplice pedinamento insistente può causare un timore per la propria sicurezza personale o di una persona vicina tale da pregiudicare in maniera rilevante il modo di vivere, e causare l’insorgere di uno stato d’ansia e di disturbo alla vita di relazione della vittima.

Le condotte più diffuse sono i pedinamenti, il presentarsi alla porta dell’abitazione, gli appostamenti sotto casa, il recarsi negli stessi luoghi frequentati dalla vittima o lo svolgere le stesse attività.

Mentre le comunicazioni indesiderate sono rivolte direttamente alla vittima, ovvero alla famiglia, agli amici o ai colleghi della vittima stessa.

Le conseguenze per chi e` vittima del fenomeno dello stalking sono gravissime.

La vittima, per timore di ricevere nuove molestie, ha paura di uscire di casa, non è in grado di instaurare nuove relazioni e, quindi, è incapace di salvaguardare la propria quotidianità.

Molte vittime, in seguito a tali esperienze, soffrono di ansia, depressione o disturbo post-traumatico da stress.

Il delitto di stalking è punito a querela della persona offesa.

Il termine per la proposizione della querela è sei mesi.

Si procede d’ufficio, se il fatto è commesso nei confronti di una persona minore o diversamente abile.

La pena è fissata nella reclusione da sei mesi a quattro anni.

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso nei confronti di un minore.

Ulteriore rimedio per la vittima, oltre alla querela, è l’istituto della diffida al molestatore.

La persona che si ritiene offesa dai fatti che possono preludere alla fattispecie prevista dall’articolo 612 bis c.p., fino a quando non presenta formale atto di querela, può avanzare richiesta di ammonimento nei confronti del responsabile delle molestie.

La richiesta di ammonimento deve essere trasmessa al Questore competente per territorio, in base al luogo di residenza del presunto persecutore.

Il Questore deve esperire tutte le opportune indagini sia in ordine alla fondatezza dell’istanza di ammonimento, sia in ordine alla personalità del presunto responsabile, acquisendo anche i precedenti di polizia sullo stesso.

L’Autorità di polizia, accertata sia la fondatezza dei fatti, sia la necessità di intervenire, convoca il presunto molestatore e procede ad ammonire il responsabile, identificandolo con apposito processo verbale.
Nell’ipotesi in cui il soggetto, già ammonito, protragga ulteriormente i propri comportamenti di molestia, si procede d’ufficio contro di lui e la pena è aggravata di almeno un terzo.

Quando sussistono specifici elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di reiterazione del reato di cui all’articolo 612 bis c.p., il Questore, su autorizzazione questa volta del pubblico ministero che procede, diffida formalmente il responsabile degli atti di molestia, preventivamente iscritto nel registro degli indagati, a compiere altri atti persecutori.

L’introduzione del reato di atti persecutori porta ad analizzare i rapporti con i reati che con esso possono concorrere.

L’attenzione va innanzitutto al reato di minaccia di cui all’art. 612 c.p., il quale deve considerarsi assorbito in quello di atti persecutori, venendo a configurare una delle condotte incriminate.

In relazione a quello di violenza privata di cui all’art. 610 c.p., il concorso va risolto in base al criterio di specialità, infatti l’alterazione delle abitudini di vita può considerarsi una peculiare ipotesi di violenza privata.

Discorso più complesso è la contravvenzione di cui all’art. 660 c.p..

Lo stesso articolo punisce con l’arresto chiunque reca a taluno molestia o disturbo.

Le molestie individuate nell’art 612 bis costituiscono il genus rispetto a quelle del 660 c.p., per l’integrazione del quale sono richiesti ulteriori requisiti che vengono a restringerne l’ambito applicativo.

Deve tuttavia precisarsi che, affinché sia integrato il delitto di atti persecutori, è necessaria una reiterazione delle condotte tale da produrre effetti perduranti nel tempo.

Questo porta a ritenere che le incriminazioni di minaccia, molestia e violenza privata continueranno a sussistere quale autonome ipotesi di incriminazione nel caso di singolo episodio oppure di più episodi che non diano luogo ad effetti che si protraggono nel tempo, essendo proprio il carattere della serialità, e delle annesse e perduranti condizioni psico-fisiche della vittima, gli elementi fondamentali della fattispecie in esame.

Qualora la condotta è posta in essere antecedentemente all’entrata in vigore della norma, ed è proseguita nel periodo seguente è comunque configurabile “Il reato di stalking”.
Infatti lo stesso ha natura abituale, e deve ritenersi commesso dopo l’entrata in vigore del D.L. medesimo qualora anche un solo atto di minaccia o molestia sia compiuto dopo quel momento, e sempre che vi siano tutti gli elementi costitutivi previsti, anche grazie ad atti precedenti all’ultimo, ad essi legato da un vincolo di abitualità.

Ne consegue che il nuovo reato, senza alcuna violazione del principio di irretroattività della legge penale, può applicarsi in relazione a condotte poste in essere reiteratamente in parte prima e in parte dopo la sua introduzione.

Il principio di irretroattività della legge, è codificato nell’art. 11 disp. Prel. c.c., nell’art. 25, comma 2, Cost, e nell’art. 2 c.p.
L’art.2 c.p. sancisce il principio di irretroattività della legge penale , che opera in funzione di garanzia, a favore del reo.
Si ha irretroattività della legge penale nelle ipotesi di nuova incriminazione e nelle ipotesi in cui la legge è più sfavorevole al reo.
Dinanzi una nuova incriminazione (art. 2, comma 1, cp), e rispetto a determinati fatti si è puniti in base alla nuova fattispecie penale.

Il reato di stalking – art. 612 bis c.p.,deve ritenersi commesso dopo l’entrata in vigore del D.L, qualora vi siano atti di minaccia o molestia compiuti prima dell’entrata in vigore, ed altri atti commessi dopo quel momento, legati da un vincolo di abitualità, senza alcuna violazione del principio di irretroattività della legge penale (Trib. Milano, 17-04-2009).

La Corte di Cassazione n°11945/2010 analizzando un caso analogo alla fattispecie in esame ha valutato reiterato nel tempo le illecite condotte a danno di TIZIA.

Infatti a parere di chi scrive, le condotte si sono succedute per un ampio arco di tempo, e con cadenza, tanto da causare e giustificare, lo stato patologico da esse causato nella vittima.

A parere di chi scrive dette condotte possono definirsi atti molesti, idonei ad alterare la serenità e l’equilibrio della minore.

Infatti dette condotte erano dirette a forzare la sua attenzione e a stringere con lei un rapporto, percepito evidentemente come anomalo e pericoloso dalla destinataria (Cassazione n°11945/2010).

La condotta ha realizzato uno dei tre tipici eventi, delineati dalla norma in esame e cioè il perdurante e grave stato di ansia e di paura.

Vi è stato certamente una destabilizzazione psicologica della minore, che ha manifestato le sue paure e i suoi stati d’animo alla nonna e alla madre.

Dette paure sono giunte fino a esprimere l’intento di rinunciare a recarsi a scuola.

Solo il racconto fatto alla nonna ed alla madre, e la prontezza dei genitori (che in data 31 maggio 2009 hanno chiesto l’intervento di un legale), che non si è compiuto, ovvero realizzato l’intento della piccola di non recarsi a scuola, evitando che le condotte dello stalker determinassero anche un altro evento previsto dalla norma, ovvero l’alterazione delle proprie abitudini di vita.

E’ ravvisabile, nell’elemento psicologico dello stalker, e nelle sue condotte seriali, il dolo generico.

Infatti lo stesso con i suoi comportamenti seriali si è certamente rappresentato gli effetti psicologici che nella piccola TIZIA si stavano creando.

Dalle dichiarazioni di TIZIA ricaviamo che i comportamenti criminosi sono accaduti tra il 5 e 27 febbraio 2009, quindi a parere di chi scrive si ritiene che le molestie e la violenza privata non sussistono quale autonome ipotesi di incriminazione, essendosi, le stesse protratti nel tempo, ed avendo causato un grave stato d’ansia in TIZIA.

Inoltre la condotta è stata posta in essere in parte antecedentemente all’entrata in vigore della norma (tra il 5 ed il 20 febbraio 2009), ed è proseguita dopo l’entrata in vigore della norma, precisamente il 27 febbraio 2009.

Ne consegue che il reato, è da ritenersi applicabile in relazione alle condotte poste in essere reiteratamente in parte prima e in parte dopo la sua introduzione.

La condotta reiterata ha certamente creato un disagio psichico, un timore, un ansia nella piccola TIZIA.

A parere di chi scrive i genitori (non essendo trascorsi i sei mesi previsti dalla norma) possono certamente procedere a querela dello stalker, ovvero possono denunciare il reato alle forze dell’ordine, essendo lo stesso procedibile d’ufficio, ma possono anche semplicemente avanzare richiesta di ammonimento al Questore del luogo di residenza del presunto persecutore.

Il Questore esperite le indagini, accertata la fondatezza dei fatti, e la necessità di intervenire, può convocare il presunto molestatore e procede ad ammonirlo.

Qualora il soggetto, già ammonito, continui i propri comportamenti si procederà d’ufficio contro di lui e la pena sarà aggravata di un terzo.

VENDOLA UCCIDE LA “SANITA’ PUBBLICA” DELLA PUGLIA PER REGALARLA AI PRIVATI

Vendola, nega il diritto alle cure dei meno abbienti, degli anziani, degli extracomunitari, dei poveri privi di auto propria, manda a casa 4000 (circa) medici, infermieri, tecnici della sanità pubblica, chiude 18 ospedali, taglia 2200 posti letto della sanità pubblica, senza edificare nulla di nuovo!!
La politica del governo VENDOLA è la causa del decesso della SANITA’ PUBBLICA.
Al consiglio della regione Puglia chiediamo, di garantire il diritto alle cure di tutti i pugliesi, anche di chi decide di non affollare le grandi città, e popolano realtà come Santeramo, Ruvo, Grumo, Noci, Bitonto, Cisternino, Mottola e Massafra, Torremaggiore, S.Marco in Lamis, Monte S.Angelo, S.Cesario, Maglie, Gagliano del Capo, Poggiardo, Minervino, e Spinazzola ecc..
VENDOLA asporta la sanità dai piccoli centri, lasciandoli definitivamente agonizzanti e privi di qualsivoglia struttura a tutela della salute.
Se VENDOLA edificasse “prima” un’alternativa e “poi” demolisse il vecchio, eviterebbe di mandare a casa 4000 medici, infermieri e tecnici!!!!
Noi sanitari (medici, infermieri, tecnici) chiediamo il rispetto del dettato costituzionale, delle normative europee (Consiglio dell’unione europea n. 70 del 28 giugno 1999), nazionali (d.lgs. n. 368 del 2001), e dell’insegnamento della Corte Costituzionale (sentenza n. 274 del 2003), che prevedono la trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato (stabilizzazione) di personale in posizione precaria a vantaggio dei lavoratori e dell’amministrazione alla quale essi sono applicati, in ragione dell’esperienza acquisita.
Dunque, concludendo a nostro avviso VENDOLA è l’unico indagato, imputato e colpevole del decesso della sanità pugliese, sempreché non dimostri il contrario!!
ANCHE PERCHE’ SE NON SUA, DI CHI E’ LA RESPONSABILITA’ DEI TAGLI IN SANITA’????
Altamura, li 18.01.2011
Domenico CIRASOLE ( – dcirasole@libero.it – )
PRESIDENTE COMITATO S.p.A. (Sanitari precari Altamurani) http://precariesenzalavoro.blogspot.com/

Parlano di noi:
http://www.quotidianodipuglia.it/articolo_app.php?id=35789&sez=
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2011/18-gennaio-2011/regione-ordine-giorno-sanitapdl-esce-aula-proteste-precari-181282393771.shtml