Contrattualismo

Termine che indica il complesso delle dottrine, che pongono a fondamento dello Stato ed, in genere, di qualsiasi comunità civile una stipulazione o convenzione tra gli individui. L’origine dela teoria del contrattualismo è molto antica e risale ai sofisti. Ripresa da Epicuro, fu poi oscurata in età medievale dalla concezione dell’origine divina dello Stato, ma venne riformulata tra gli inizi del secolo XVII e la fine del secolo XIX. I maggiori esponenti del (—) furono Altusio, Alberico Gentili [vedi Gentili Alberico], Grozio [vedi Grozio Ugo], Hobbes [vedi Hobbes Thomas], Pufendorf [vedi Pufendorf Samuel von], Locke [vedi Locke John], Rousseau [vedi Rousseau Jean-Jacques] e Kant [vedi Kant Immanuel]. Secondo Altusio il contratto non è soltanto un patto di governo intercorrente tra il sovrano ed i sudditi, ma è anche un contratto sociale, ossia un tacito accordo tra i soggetti che decidono di dare vita ad una convivenza civile e di rendersi compartecipi dei beni, dei servizi e delle leggi della collettività.
Secondo Hobbes, attraverso il contratto gli individui rinunciano reciprocamente alla propria libertà ed ai propri diritti, al fine di dare vita allo Stato e trovare in esso pace e difesa.
Per Pufendorf e Locke il contratto è il patto necessario, attraverso cui gli individui si fondono dando vita allo Stato, in cui trovano sicurezza e tutela delle proprie posizioni. Secondo Rousseau attraverso il contratto, che è un libero atto di sottomissione ad un ordine normativo, l’uomo passa dallo stato di natura allo stato sociale, trasformandosi da individuo naturale in cittadino e subordinando il proprio diritto particolare al supremo interesse della collettività.
Secondo Kant, attraverso il contratto, che è all’origine dello Stato, ciascun individuo pone fine alla propria libertà individuale, per rinvenirla immediatamente dopo, all’interno della collettività

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