Cause di giustificazione (Causes of justification)

Il codice civile prevede espressamente talune cause di esclusione della responsabilità in presenza delle quali all’autore del fatto dannoso non si applicano le sanzioni tipiche della responsabilità civile.
Le esimenti sono di due tipi:
— esimenti oggettive, che autorizzano il compimento del fatto rimuovendo il divieto di legge. Si tratta della legittima difesa (art. 2044 c.c.), dell’esercizio del diritto, dell’adempimento di un dovere e del consenso dell’avente diritto;
— esimenti soggettive, che giustificano il compimento del fatto senza autorizzarlo. Si tratta delle esimenti del caso fortuito e della forza maggiore, dello stato di necessità (art. 2045 c.c.) e dell’incapacità (art. 2046 c.c.).
Mentre le seconde consentono alla vittima di usufruire di una qualche tutela, sia pure limitata (inibitoria e indennizzo), le prime lasciano il danneggiato senza tutela.
(—) nel diritto penale (d. pen.)
Le cause oggettive di esclusione del reato (o cause di giustificazione, o anche scriminanti) sono particolari situazioni in presenza delle quali un fatto, che altrimenti sarebbe da considerarsi reato, tale non è perché la legge lo consente, lo impone o lo tollera (artt. 50 ss. c.p.).
Le (—), quindi, si fondano sul principio di non contraddizione secondo il quale un ordinamento giuridico non può, ad un tempo, consentire e vietare uno stesso fatto.
La dottrina dominante ritiene che le scriminanti ineriscano alla struttura del reato, come cause di esclusione dell’antigiuridicità oppure come elementi negativi del fatto, che devono mancare perché il fatto costituisca reato.
L’art. 59 c.p. stabilisce che le (—) siano valutate a favore dell’agente anche se da lui non conosciute o da lui per errore ritenute inesistenti (rilevanza oggettiva), e che se l’agente ritiene per errore che esistano (—), queste sono sempre valutate a favore di lui (rilevanza del putativo), a meno che l’errore sia dovuto a colpa, nel qual caso l’agente è responsabile se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.
L’agente risponderà di delitto colposo, ove previsto, anche nei casi in cui la (—) in realtà esiste, ma egli travalichi i limiti stabiliti dalla legge, dall’ordine dell’autorità o dalla necessità (eccesso colposo) (es.: l’agente reagisce per legittima difesa a chi lo aggredisce per percuoterlo, cagionando erroneamente la morte).
Le (—) si distinguono in comuni e speciali:
— le scriminanti comuni (consenso dell’avente diritto; esercizio del diritto; adempimento del dovere; uso legittimo delle armi; legittima difesa; stato di necessità) sono previste nella parte generale del codice e risultano applicabili a tutti i reati con esse compatibili;
— le scriminanti speciali sono previste per singole figure criminose (es.: la reazione legittima agli atti arbitrari del pubblico ufficiale).
(—) non codificate
Le (—) non codificate, dette anche tacite o extralegislative, sono scriminanti non contemplate espressamente dalla legge, ma attinte da fonti materiali, che assumono rilievo in virtù del ricorso al procedimento di applicazione analogica delle scriminanti codificate.
Una certa dottrina, seguita dalla giurisprudenza, esclude che le scriminanti non codificate assumano rilievo in virtù del procedimento analogico, osservando che le ipotesi individuate di tale categoria sono in genere riconducibili nell’alveo delle scriminanti codificate.
Le più importanti cause di giustificazione non codificate sono: l’attività medico-chirurgica; l’attività sportiva violenta; le informazioni commerciali; l’uso di auto blu e di materiale di cancelleria.

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