Sanzione (Penalty)

Un ordinamento normativo stabilisce delle misure per permettere il rispetto delle proprie norme e prevenirne la violazione.
Sono necessarie per questo delle tecniche di conservazione volte a rafforzarne l’osservanza. Le sanzioni diversamente dalle altre tecniche di conservazione hanno carattere di reazione a comportamenti difformi (sanzioni negative) o conformi (sanzioni positive).
La sanzione è prevista come risposta a comportamenti trasgressivi o conformi.
Le sanzioni previste dai vari ordinamenti sono differenti:
1.inflizione di un male corporale (fustigazione, mutilazione);
2. disapprovazione;
3. censura;
4. privazione di un bene economico (multa, ammenda, confisca);
5. privazione di capacità o status (interdizione, esilio);
6. privazione della vita (pena di morte);
7. attribuzione di beni economici (premi, incentivi);
8. riconoscimento di meriti (onorificenze, promozioni) ecc.
La teoria del diritto contemporanea distingue le sanzioni a seconda che il loro contenuto sia un male inflitto cioè reazione ad una condotta trasgressiva, oppure un bene ottenuto come reazione ad un comportamento conforme alla norma.
Le sanzioni negative sono scoraggiano mediante la previsione di pene o castighi, la violazione di norme, spesso obbligatorie.
Le sanzioni positive incentivano l’osservanza delle norme, attraverso dei premi.
La sanzione giuridica può essere definita quella prevista dall’ordinamento giuridico in risposta alla violazione di norme giuridiche.
Le sanzioni giuridiche non hanno caratteristiche differenti dalle sanzioni non giuridiche.
Alcune sanzioni giuridiche non prevedono l’uso immediato della forza.
Una sanzione è giuridica solo se è prevista dal diritto positivo.

Rousseau, Jean-Jacques (1712 – 1778)

Filosofo svizzero. Il suo pensiero, magistralmente esposto nelle sue principali opere, quali Discorso sulla disuguaglianza (1755), Émile (1762), Il contratto sociale (1762), ebbe grande incidenza durante il periodo più drammatico della Rivoluzione francese.
Partendo dall’assunto giusnaturalistico [vedi Giusnaturalismo] della contrapposizione tra stato di natura e stato sociale dell’uomo, egli progettò un modello di vita associata basato sul trasferimento dei diritti dell’individuo alla società.
Contro l’idea principale dell’Illuminismo, secondo cui la forza e la capacità della ragione rendono l’uomo migliore e in grado di migliorare le proprie condizioni di vita, (—) sostenne che il progresso ha strappato l’uomo alla semplicità della natura e l’ha condotto verso la degenerazione e l’abiezione.
«Tutto è bene uscendo dalle mani dell’Autore delle cose, tutto degenera fra le mani dell’uomo. Egli sforza un terreno a nutrire i prodotti propri di un altro, un albero a portare i frutti d’un altro; mescola e confonde i climi, gli elementi e le stagioni, mutila il suo cane, il suo cavallo, il suo schiavo; sconvolge tutto, altera tutto; ama le deformità e i mostri; non vuol nulla come l’ha fatto natura» (Rousseau).
(—) rivendicò il primato dell’Io come sentimento e spontaneità. Ne Il contratto sociale egli pose il problema politico nella sua forma più radicale; la società civile, con il suo inibente intreccio di convenienze e di regole rende l’uomo schiavo delle leggi, o di altri uomini, mentre in realtà egli è nato libero. In quanto profondamente strutturata sull’ingiustizia, la società civile non possiede alcun diritto di ottenere il consenso morale dei singoli individui. L’ingiustizia e la disuguaglianza hanno avuto origine dalla proprietà privata la quale, favorendo la separazione tra gli uomini e la creazione di due classi sociali (quella dei ricchi e quella dei poveri), ha allontanato l’uomo dalla condizione originaria e di fatto ha creato bisogni artificiali. Tuttavia, il rimedio che il filosofo ginevrino propone non consiste nella demolizione semplicistica della società civile e nel ritorno allo stato di natura. L’uomo, anche se libero per natura, ha bisogno di un governo che regolamenti e organizzi la sua vita in comune con i propri simili. Attraverso un contratto stipulato fra tutti i membri del corpo politico e col quale ognuno si obbliga verso tutti, l’individuo compie un salto di qualità e si trasforma in cittadino.
Nel contratto sociale l’individuo naturale si realizza nella pienezza della propria essenza. Il fatto non priva l’uomo della propria libertà ma, anzi, accresce il valore della sua dimensione sociale. Nella società che sorge dalla volontà generale degli individui la sovranità risiede nell’unità del corpo sociale, che esprime la propria volontà attraverso la funzione legislativa.
Secondo (—), quindi, il migliore metodo di governo non poteva essere che la democrazia diretta, ossia una comunità piccola in grado di governarsi da sola e in cui l’alienazione totale dei diritti individuali a favore della comunità trovasse il proprio fondamento nel consenso generale, nella volontà promanante dal corpo sociale nel suo insieme. La volontà generale non è data dalla mera somma delle volontà individuali (che finirebbero con l’elidersi a vicenda, a causa dell’inevitabile prevalere degli interessi particolari), ma è un’unica volontà superiore e scaturisce dall’intrinseca essenza dell’uomo. Solo una scelta a favore della democrazia diretta è in grado di ricreare le stesse condizioni di uguaglianza originaria, in cui tutti hanno pari diritti e doveri.
Ne Il contratto sociale, inoltre, (—) affermò la necessità di credere nell’esistenza di un Dio, che punisce i reprobi e premia i buoni. Questa convinzione era necessaria in ogni uomo, al fine di rinvenire la motivazione atta ad elevarsi dallo stato di natura a quello sociale. Per ogni altro aspetto della vita sociale, comunque, il filosofo ginevrino ritenne irrilevante qualsiasi altra credenza religiosa, sostenendo che ogni Stato avrebbe dovuto improntare la propria condotta alla tolleranza.
In tale concezione organicistica, il popolo che possiede la sovranità non è più un ente formale, ma è la sovranità stessa: è evidente qui l’implicazione democratica, nel senso più letterale del termine, di tale tesi.
La sovranità è inalienabile e indivisibile, essa non deve dare alcuna garanzia ai propri membri poiché, essendo formata da essi, non può avere alcun interesse contrario al loro stesso interesse.
La legge, in quanto volontà del corpo politico, viene concepita come lo strumento di conservazione del corpo politico stesso. Per questo motivo la legge deve essere stabilita da tutto il popolo per tutto il popolo, cioè deve essere generale e astratta e non riferirsi ad alcun caso concreto.

Ross, Alf (1899-1979)

Grande giurista e filosofo del diritto.
Esponente del realismo giuridico.
Il sul pensiero è presente nell’opera più famosa, Diritto e giustizia dove vi è un’ottima sintesi tra normativismo e realismo giuridico, nell’ambito di una scienza giuridica rigorosamente neo-empiristica.
Altra importante opera fu La definizione, dove egli affermò che i concetti giuridici sistematici sono privi di valore significante, essendo meri strumenti di espressione delle relazioni presenti tra più norme giuridiche.
In Imperativi e logica egli appoggiò la possibilità di sottoporre la logica ad un’interpretazione psicologica e infine nell’opera in Direttive e norme valutò l’applicabilità della logica agli enunciati normativi e giuridici in particolare.

Rivoluzione giuridica (Legal Revolution)

Espressione che indica l’abbattimento di un ordinamento giuridico e l’instaurazione di un ordinamento nuovo attraverso procedure o da parte di autorità illegittime rispetto al primo ordinamento, in quanto da quest’ultimo non contemplate o talvolta considerate addirittura delittuose).
A differenza di una rivoluzione politica o sociale, la (—) non si accompagna necessariamente all’uso della violenza o a sconvolgimenti politico-sociali. Essa non compie distinzioni in base alla motivazione (economica, religiosa ecc.), al soggetto attivo ( elites, masse), allo scopo (predominio di una classe, mutamento della forma di governo ecc.) e alle modalità (uso della violenza, manifestazioni pacifiche ecc.). Affinché si possa parlare di (—) è necessario e sufficiente che il mutamento dell’ordinamento in vigore si verifichi in base a modalità che quel medesimo ordinamento non contempli come proprie.
L’ordinamento che si origina dal processo rivoluzionario è «nuovo» non necessariamente nel contenuto delle norme ma nel senso che esso si impone come ufficialmente effettivo [vedi Effettività] nella società. Il nuovo ordinamento, dunque, non deve limitarsi a venire proclamato ma deve richiedere e ottenere osservanza generalizzata.
La norma fondamentale [vedi Grundnorm] su cui il nuovo ordinamento fonderà la propria validità sarà quella che la nuova autorità o le nuove procedure rivoluzionarie avranno dettato in materia di forme e modi di produrre diritto.