La Sezione I Civile
Fatto
Con sentenza n. 637 del 16.12.2004 – 26.02.2005, il Tribunale di Verona pronunciava la separazione personale dei coniugi P. E. G. e B. B., ricorrente, addebitandola alla G., cui affidava il figlio minore, nato il omissis, ed assegnava la casa coniugale; imponeva, inoltre, al B. di corrispondere alla moglie euro 1.500,00 mensili quale contributo per il minore, oltre al pagamento del 100% delle spese della retta scolastica presso la scuola privata e del 50% delle spese straordinarie (scolastiche, mediche e sportive), compensando per giusti motivi, le spese processuali.
Con sentenza del 20.06 – 19.07.2005, la Corte di appello di Venezia respingeva l’appello principale della G. e, in parziale accoglimento del gravame incidentale del B., compensava nella misura del 50% le spese di entrambi i gradi di giudizio, ponendo la residua parte a carico della prima.
La Corte osservava e riteneva tra l’altro ed in sintesi:
a) quanto all’appello principale della G., che doveva essere confermata la statuizione di addebito della separazione personale all’appellante e, conseguentemente, escluso il suo diritto all’assegno di mantenimento, dal momento che:
1. le produzioni documentali e l’istruttoria svolta dimostravano che la medesima G. aveva intrattenuto una relazione extraconiugale, con modalità esteriori tali pure da arrecare danno al prestigio e, comunque, alla sensibilità del marito, come evidenziato dalla documentazione anche fotografica e cinematografica prodotta dal B. e confermata dai testi assunti
2. dalla corrispondenza inviata dalla moglie al marito emergeva che, dopo che questi aveva scoperto la sua relazione affettiva, ella gli aveva univocamente espresso la precisa volontà di non intendere, per sua autonoma scelta, proseguire oltre nella convivenza e tanto meno interrompere la relazione sentimentale, nel contempo spiegando al consorte che quella scelta era stata l’unica per lei, che ella non lo voleva più e che anche il suo denaro non la interessava
3. le prove emerse avevano permesso di accertare che il nuovo rapporto sentimentale della G. era iniziato prima della separazione personale dal marito e per converso di escludere che fossero stati gli asseriti pregressi – ma non comprovati – comportamenti del B., di maltrattamento o d’infedeltà, la causa che aveva determinato l’iniziativa della moglie, risoltasi nell’allontanamento dal coniuge.
b) quanto all’appello incidentale del B., che dovevano essere confermati l’entità del contributo di mantenimento del figlio minorenne della coppia, affidato alla madre, ed il concorso paterno nelle spese straordinarie, nella ritenuta misura, considerando le necessità del minore, il fatto che poteva godere appieno dell’abitazione familiare e che, data la situazione economica e la capacità professionale e reddituale di ciascuno dei genitori, la G., fruendo di introiti mensili non superiori ad euro 1.500,00, poteva e doveva anche dare un apporto economico ed il B. fare fronte alle spese straordinarie del figlio.
Avverso questa sentenza notificatale il 6.10.2005, la G. ha proposto ricorso per Cassazione notificato il 5.12.2005, fondato su tre articolati motivi ed illustrato da memoria. Il B. ha resistito con controricorso notificato il 5.01.2006.
Motivi della decisione
Con il ricorso la G. denunzia:
I. “Insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa alcuni punti fondamentali della controversia ed in particolare
1.1 Sulla responsabilità delle parti circa la crisi coniugale.
Sostiene che la pronuncia di addebito a sé della separazione è affetta da vizi motivazionali e segnatamente da carenza di motivazione, dato
– che non trovano riscontri probatori oggettivi e certi la sua infedeltà e la relativa durata, sul punto essendo a suo parere insufficienti gli elementi meramente indiziari allegati in causa, dai quali nel periodo compreso tra il omissis ed il omissis, non emergerebbero che alcuni incontri amicali con l’altro uomo, dei quali solo due in casa del medesimo
– che dal contenuto della deposizione resa dal teste B. L. M. risultava che il loro rapporto di amicizia si era evoluto in relazione sentimentale solo dopo che la G. si era separata dal marito
– che in ogni caso si sarebbe trattato solo d’infedeltà episodica, inidonea a minare il rapporto coniugale
– che le risultanze istruttorie dimostravano, invece, i contegni infedeli e vessatori tenuti dal marito in suo danno, dei quali non si era tenuto immotivatamente conto.
1.2 Sulla negazione, in linea di principio, del diritto della ricorrente al mantenimento.
Sostiene che anche il diniego di assegno in suo favore è immotivato e pregiudica pure il figlio, visto che i suoi modesti introiti sono a mala pena sufficienti al proprio mantenimento minimale.
1.3 Sulla determinazione dell’ammontare dell’assegno di mantenimento e delle contribuzioni accessorie in favore del figlio.
Sottolineato pure che l’entità dell’assegno di mantenimento per il figlio è stata determinata dai giudici di merito in mensili euro 1.500 e non in euro 1.600, come citato nella sentenza impugnata, sostiene che in ordine a tale contributo la pronuncia è affetta da omessa e/o contraddittoria motivazione, dal momento che il suo reddito non le consente alcun apporto economico per il figlio né di concorrere nel 50% delle sue spese straordinarie, con ricadute pregiudizievoli per il minore, al quale non è in condizione di assicurare il pregresso tenore di vita, che tra lei ed il marito sussiste un clamoroso divario reddituale, non verificato eventualmente a mezzo di indagine patrimoniale e che non sono state apprezzate le risultanze istruttorie relative al pregresso elevato tenore di vita.
2. “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto
2.1 Con riferimento agli artt. 147,148 e 155 c.c., in relazione all’esiguità del contributo paterno ed all’omessa valutazione del proprio apporto personale.
2.2 Con riferimento agli artt. 151, 156 e 2697 c.c., relativamente ai presupposti per la separazione, all’addebito, al diniego di assegno in suo favore ed alla quantificazione del contributo per il figlio
3. Omessa pronuncia (ed omessa motivazione) su punti fondamentali della controversia”.
Si duole che la Corte non abbia esaminato o chiarito le ragioni che la avevano indotta a non conglobare le spese straordinarie nel contributo in denaro e, comunque a disattendere, le sue istanze istruttorie ribadite in appello (CTU sui redditi del marito e, ad abundantiam, accertamento fiscale per mezzo della G.d.F.).
Il primo ed il secondo motivo di ricorso, che essendo connessi consentono esame unitario, sono fondati limitatamente alle censure concernenti la quantificazione del contributo imposto al B. per il mantenimento del figlio minorenne affidato alla madre.
Per tutti gli ulteriori e residui profili, relativi alla separazione, all’addebito ed al conseguente diniego di assegno di mantenimento in favore della G., le censure, si rivelano, invece, prive di pregio. In primo luogo, non risultando impugnato in appello il capo sentenza di primo grado relativo alla separazione, il giudicato (Cass. SU 200115279) che sul punto si è formato preclude l’esame della dedotta censura sui presupposti della statuizione.
Inoltre, in aderenza al dettato normativo ed alla relativa elaborazione giurisprudenziale (tra le altre, Cass. 200725618), i giudici di merito, con puntuali e logiche argomentazioni, avversate da inammissibili, generiche critiche e censure in fatto, hanno ineccepibilmente ritenuto dimostrata l’esistenza di contegni della G., tali da integrare la violazione da parte sua dell’obbligo coniugale di fedeltà e da costituire, date anche le modalità di conduzione, causa di addebito alla stessa della separazione dal coniuge (art. 143, comma secondo, e 151, comma secondo, c.p.c.), non senza pure rilevare che erano rimaste indimostrate le prospettate condotte reprensibili del B. nei confronti della moglie e verificare l’effettiva incidenza della violazione sulla compromissione dell’unione coniugale.
Poiché, poi, l’art. 156 cod. civ., che disciplina gli effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi, prevede al primo comma, la possibilità per il giudice di stabilire il diritto all’assegno di mantenimento a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, irreprensibilmente alla G. è stato negato tale diritto in ragione e con il solo richiamo del dato normativo ostativo.
Invece, i giudici di merito hanno argomentato la quantificazione del contributo di mantenimento del figlio minorenne della coppia con ragioni che, seppur non affette da illogicità, di tal che non si verte in ipotesi di mancanza o di mera apparenza della motivazione, tuttavia risultano mute in ordine al modo di vivere della famiglia e, dunque, non sono aderenti al dettato normativo, che impone di determinare tale contribuzione considerando le esigenze della prole pure in rapporto al tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori (cfr. Cass. 200506197; 200709915).
In particolare, a seguito della separazione personale tra coniugi, la prole ha diritto ad un mantenimento tale da garantirle un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo, per quanto possibile, a quello goduto in precedenza, continuando a trovare applicazione l’art. 147 cod. civ. che, imponendo il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, obbliga i genitori a far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, culturale, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione – fin quando l’età dei figli lo richieda – di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione, mentre il parametro di riferimento, ai fini della determinazione del concorso negli oneri finanziari, è costituito, secondo il disposto dell’art. 148 cod. civ., non soltanto dalle sostanze, ma anche dalla capacità di lavoro, professionale o casalingo, di ciascun coniuge, ciò che implica una valorizzazione anche delle accertate potenzialità reddituali (cfr. tra le altre, Cass. 200203974).
Tale conclusione assorbe il terzo motivo di ricorso.
Pertanto si deve cassare la sentenza impugnata relativamente ai profili di censura accolti, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il ricorso, cassa in parte qua la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione.