Cassazione sez V tributaria n. 29146 dell’11.12.2008 Spese di giudizio, compensazione, soccombenza, giurisprudenza successiva, tributario (2009-06-18)

Ritenuto in fatto

che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stato riconosciuto a Gian Paolo T., consulente fiscale, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998/2001;

che il contribuente non si è costituito.

Considerato in diritto

che il ricorso – con i cui due motivi si censura la sentenza impugnata per violazione della normativa istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo e per vizio di motivazione – è manifestamente fondato, in quanto la ratio decidendi della sentenza impugnata (che ha negato la sussistenza di struttura organizzativa pur avendo accertato che il contribuente esercitava la professione “con l’ausilio di un solo collaboratore”) non è conforme al consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte, in base al quale, a norma del combinato disposto degli artt. 2, comma 1, primo periodo, e 3, comma 1, lett. c), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui all’art. 49, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986 è escluso dall’applicazione dell’IRAP solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata; il requisito della “autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (ex plurimis, cfr. Cass. nn. 3673, 3676, 3678, 3680 e 5011 del 2007);

che, in conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;

che sussistono giusti motivi, in considerazione della circostanza che la giurisprudenza richiamata si è formata in epoca successiva alla proposizione del ricorso introduttivo, per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Cassazione civile, sez. I, sentenza 15.05.2009 n. 11291 Separazione, assegno divorzile, criteri di quantificazione (2009-06-22)

La Sezione I Civile

Fatto

Con sentenza n. 637 del 16.12.2004 – 26.02.2005, il Tribunale di Verona pronunciava la separazione personale dei coniugi P. E. G. e B. B., ricorrente, addebitandola alla G., cui affidava il figlio minore, nato il omissis, ed assegnava la casa coniugale; imponeva, inoltre, al B. di corrispondere alla moglie euro 1.500,00 mensili quale contributo per il minore, oltre al pagamento del 100% delle spese della retta scolastica presso la scuola privata e del 50% delle spese straordinarie (scolastiche, mediche e sportive), compensando per giusti motivi, le spese processuali.

Con sentenza del 20.06 – 19.07.2005, la Corte di appello di Venezia respingeva l’appello principale della G. e, in parziale accoglimento del gravame incidentale del B., compensava nella misura del 50% le spese di entrambi i gradi di giudizio, ponendo la residua parte a carico della prima.

La Corte osservava e riteneva tra l’altro ed in sintesi:

a) quanto all’appello principale della G., che doveva essere confermata la statuizione di addebito della separazione personale all’appellante e, conseguentemente, escluso il suo diritto all’assegno di mantenimento, dal momento che:

1. le produzioni documentali e l’istruttoria svolta dimostravano che la medesima G. aveva intrattenuto una relazione extraconiugale, con modalità esteriori tali pure da arrecare danno al prestigio e, comunque, alla sensibilità del marito, come evidenziato dalla documentazione anche fotografica e cinematografica prodotta dal B. e confermata dai testi assunti

2. dalla corrispondenza inviata dalla moglie al marito emergeva che, dopo che questi aveva scoperto la sua relazione affettiva, ella gli aveva univocamente espresso la precisa volontà di non intendere, per sua autonoma scelta, proseguire oltre nella convivenza e tanto meno interrompere la relazione sentimentale, nel contempo spiegando al consorte che quella scelta era stata l’unica per lei, che ella non lo voleva più e che anche il suo denaro non la interessava

3. le prove emerse avevano permesso di accertare che il nuovo rapporto sentimentale della G. era iniziato prima della separazione personale dal marito e per converso di escludere che fossero stati gli asseriti pregressi – ma non comprovati – comportamenti del B., di maltrattamento o d’infedeltà, la causa che aveva determinato l’iniziativa della moglie, risoltasi nell’allontanamento dal coniuge.

b) quanto all’appello incidentale del B., che dovevano essere confermati l’entità del contributo di mantenimento del figlio minorenne della coppia, affidato alla madre, ed il concorso paterno nelle spese straordinarie, nella ritenuta misura, considerando le necessità del minore, il fatto che poteva godere appieno dell’abitazione familiare e che, data la situazione economica e la capacità professionale e reddituale di ciascuno dei genitori, la G., fruendo di introiti mensili non superiori ad euro 1.500,00, poteva e doveva anche dare un apporto economico ed il B. fare fronte alle spese straordinarie del figlio.

Avverso questa sentenza notificatale il 6.10.2005, la G. ha proposto ricorso per Cassazione notificato il 5.12.2005, fondato su tre articolati motivi ed illustrato da memoria. Il B. ha resistito con controricorso notificato il 5.01.2006.

Motivi della decisione

Con il ricorso la G. denunzia:

I. “Insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa alcuni punti fondamentali della controversia ed in particolare

1.1 Sulla responsabilità delle parti circa la crisi coniugale.

Sostiene che la pronuncia di addebito a sé della separazione è affetta da vizi motivazionali e segnatamente da carenza di motivazione, dato

– che non trovano riscontri probatori oggettivi e certi la sua infedeltà e la relativa durata, sul punto essendo a suo parere insufficienti gli elementi meramente indiziari allegati in causa, dai quali nel periodo compreso tra il omissis ed il omissis, non emergerebbero che alcuni incontri amicali con l’altro uomo, dei quali solo due in casa del medesimo

– che dal contenuto della deposizione resa dal teste B. L. M. risultava che il loro rapporto di amicizia si era evoluto in relazione sentimentale solo dopo che la G. si era separata dal marito

– che in ogni caso si sarebbe trattato solo d’infedeltà episodica, inidonea a minare il rapporto coniugale

– che le risultanze istruttorie dimostravano, invece, i contegni infedeli e vessatori tenuti dal marito in suo danno, dei quali non si era tenuto immotivatamente conto.

1.2 Sulla negazione, in linea di principio, del diritto della ricorrente al mantenimento.

Sostiene che anche il diniego di assegno in suo favore è immotivato e pregiudica pure il figlio, visto che i suoi modesti introiti sono a mala pena sufficienti al proprio mantenimento minimale.

1.3 Sulla determinazione dell’ammontare dell’assegno di mantenimento e delle contribuzioni accessorie in favore del figlio.

Sottolineato pure che l’entità dell’assegno di mantenimento per il figlio è stata determinata dai giudici di merito in mensili euro 1.500 e non in euro 1.600, come citato nella sentenza impugnata, sostiene che in ordine a tale contributo la pronuncia è affetta da omessa e/o contraddittoria motivazione, dal momento che il suo reddito non le consente alcun apporto economico per il figlio né di concorrere nel 50% delle sue spese straordinarie, con ricadute pregiudizievoli per il minore, al quale non è in condizione di assicurare il pregresso tenore di vita, che tra lei ed il marito sussiste un clamoroso divario reddituale, non verificato eventualmente a mezzo di indagine patrimoniale e che non sono state apprezzate le risultanze istruttorie relative al pregresso elevato tenore di vita.

2. “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto

2.1 Con riferimento agli artt. 147,148 e 155 c.c., in relazione all’esiguità del contributo paterno ed all’omessa valutazione del proprio apporto personale.

2.2 Con riferimento agli artt. 151, 156 e 2697 c.c., relativamente ai presupposti per la separazione, all’addebito, al diniego di assegno in suo favore ed alla quantificazione del contributo per il figlio

3. Omessa pronuncia (ed omessa motivazione) su punti fondamentali della controversia”.

Si duole che la Corte non abbia esaminato o chiarito le ragioni che la avevano indotta a non conglobare le spese straordinarie nel contributo in denaro e, comunque a disattendere, le sue istanze istruttorie ribadite in appello (CTU sui redditi del marito e, ad abundantiam, accertamento fiscale per mezzo della G.d.F.).

Il primo ed il secondo motivo di ricorso, che essendo connessi consentono esame unitario, sono fondati limitatamente alle censure concernenti la quantificazione del contributo imposto al B. per il mantenimento del figlio minorenne affidato alla madre.

Per tutti gli ulteriori e residui profili, relativi alla separazione, all’addebito ed al conseguente diniego di assegno di mantenimento in favore della G., le censure, si rivelano, invece, prive di pregio. In primo luogo, non risultando impugnato in appello il capo sentenza di primo grado relativo alla separazione, il giudicato (Cass. SU 200115279) che sul punto si è formato preclude l’esame della dedotta censura sui presupposti della statuizione.

Inoltre, in aderenza al dettato normativo ed alla relativa elaborazione giurisprudenziale (tra le altre, Cass. 200725618), i giudici di merito, con puntuali e logiche argomentazioni, avversate da inammissibili, generiche critiche e censure in fatto, hanno ineccepibilmente ritenuto dimostrata l’esistenza di contegni della G., tali da integrare la violazione da parte sua dell’obbligo coniugale di fedeltà e da costituire, date anche le modalità di conduzione, causa di addebito alla stessa della separazione dal coniuge (art. 143, comma secondo, e 151, comma secondo, c.p.c.), non senza pure rilevare che erano rimaste indimostrate le prospettate condotte reprensibili del B. nei confronti della moglie e verificare l’effettiva incidenza della violazione sulla compromissione dell’unione coniugale.

Poiché, poi, l’art. 156 cod. civ., che disciplina gli effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi, prevede al primo comma, la possibilità per il giudice di stabilire il diritto all’assegno di mantenimento a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, irreprensibilmente alla G. è stato negato tale diritto in ragione e con il solo richiamo del dato normativo ostativo.

Invece, i giudici di merito hanno argomentato la quantificazione del contributo di mantenimento del figlio minorenne della coppia con ragioni che, seppur non affette da illogicità, di tal che non si verte in ipotesi di mancanza o di mera apparenza della motivazione, tuttavia risultano mute in ordine al modo di vivere della famiglia e, dunque, non sono aderenti al dettato normativo, che impone di determinare tale contribuzione considerando le esigenze della prole pure in rapporto al tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori (cfr. Cass. 200506197; 200709915).

In particolare, a seguito della separazione personale tra coniugi, la prole ha diritto ad un mantenimento tale da garantirle un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo, per quanto possibile, a quello goduto in precedenza, continuando a trovare applicazione l’art. 147 cod. civ. che, imponendo il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, obbliga i genitori a far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, culturale, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione – fin quando l’età dei figli lo richieda – di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione, mentre il parametro di riferimento, ai fini della determinazione del concorso negli oneri finanziari, è costituito, secondo il disposto dell’art. 148 cod. civ., non soltanto dalle sostanze, ma anche dalla capacità di lavoro, professionale o casalingo, di ciascun coniuge, ciò che implica una valorizzazione anche delle accertate potenzialità reddituali (cfr. tra le altre, Cass. 200203974).

Tale conclusione assorbe il terzo motivo di ricorso.

Pertanto si deve cassare la sentenza impugnata relativamente ai profili di censura accolti, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie per quanto di ragione il ricorso, cassa in parte qua la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione.

Cassazione – Sezione terza – sentenza 2 marzo – 20 maggio 2009, n. 11701 Risarcimento danni, danni non patrimoniali, danno biologico, inabilità temporanea, assicurativo, civile (2009-06-25)

Presidente Varrone – Relatore Petti

Svolgimento del processo

Il omissisR. S., mentre era alla guida di una … Lupo, sulla statale omissis in territorio di omissis, era violentemente tamponata dalla Ford condotta da G. P. (proprietà S. M., assicurata la Fondiaria); con citazione dinanzi al giudice di pace di Fermo la S. chiedeva la condanna in solido del conducente della Ford, del proprietario e della assicuratrice al risarcimento dei danni. I convenuti si costituivano, non contestando il fatto dannoso, ma deducevano che la R. non indossava le cinture di sicurezza. La Compagnia offriva banco iudicis la somma di Euro 2.800,00, era espletata consulenza medico legale che accertava micropermanente del 2%.

Il giudice di pace con sentenza dell’11 luglio 2003 liquidava i danni per Euro 3007,78 oltre rivalutazione e interessi e poneva a carico dei convenuti le spese di lite. Contro la decisione proponeva appello la R., in punto di ridotta liquidazione delle varie voci di danno e di sottovalutazione delle spese di lite; resistevano le contro parti chiedendo il rigetto del gravame. Il Tribunale di Fermo con sentenza del 12 gennaio 2004 rigettava l’appello e condannava l’appellante alle spese del grado. Contro la decisione ricorre la R. deducendo sei motivi di censura; non resistono le controparti pur ritualmente citate.

Motivi della decisione

Il ricorso merita accoglimento con esclusione del primo motivo.

Nel primo motivo del ricorso si assume l’error in iudicando per la violazione dell’art. 5 comma secondo della legge n. 57 del 2001 come aggiornato dall’art. 1 del DM 20 luglio 2002 e dell’art. 113 c.p.c.

Il motivo è infondato, posto che l’incidente è del omissise le tabelle ministeriali predisposte per decreto ministeriale 3 luglio 2003, quale atto amministrativo di natura regolamentare, sono entrate in vigore dal giorno 11 settembre 2003, data della sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica. L’art. 5 della legge n. 57 non ha previsto alcuna applicazione retroattiva delle tabelle ed ha introdotto, come rileva la dottrina che ha commentato la norma, un regime speciale per il danno biologico da circolazione dei veicoli e natanti in deroga ai criteri ordinari di cui all’art. 2056 del codice civile. L’art. 139 del codice delle assicurazioni, nel confermare la predisposizione di una tabella unica nazionale, ha tuttavia previsto la diversa e corretta forma del decreto del presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Ne segue che le attuali tabelle ministeriali micropermanenti, in vigore, dovranno essere sostituite con un regolamento per decreto presidenziale, che tenga conto delle quattro componenti del danno biologico per lesioni di lieve entità, come definito dal secondo comma dell’art. 139 del nuovo codice, norma che non ha previsto la retroattività del nuovo regime, che si prevede sarà correttivo del primo per la migliore valutazione del danno biologico come danno complesso (cfr. in tal senso il punto 2.13 del preambolo sistematico delle Sezioni Unite 11 novembre 2009 n. 26973 e 26974).

La valutazione compiuta dal giudice di pace appare conforme al regime ordinario vigente al tempo del fatto lesivo, ed è equitativa nel senso di cui all’art. 2056 del codice civile che richiama l’art. 1226 c.c. (come criterio di valutazione di legge, temperato dalla scelta ponderale del giudice).

Non sussiste pertanto alcun error in iudicando sul punto e la motivazione è adeguata.

Meritano invece accoglimento gli altri motivi per le seguenti considerazioni:

1. nel secondo motivo si deduce error in iudicando e vizio della motivazione in punto di liquidazione del danno morale.

Il motivo è fondato, ed in vero nella parametrazione di tale danno, che si pone in relazione ad un fatto reato di lesioni colpose, il giudice adotta un parametro in automatico pari ad un terzo del danno biologico, senza però considerare il lungo periodo di inabilità temporanea, così violando il combinato disposto degli art. 2043, 2059 e 2056 del codice civile, secondo il regime vigente al tempo del fatto (omissis), senza considerare il divieto del criterio automatico, più volte ribadito da questa Corte (e vedi ora Cass. SS Unite, punto 3.4.1 per la valutazione del danno morale in presenza di reato; e punto 4.8 per il risarcimento integrale del danno e punto 4.9 per il divieto di duplicazioni).

Il periodo di invalidità temporanea totale o parziale è in vero espressamente considerato dalla definizione del danno biologico da micropermanente, come componente fisica, nel testo dell’art. 139 secondo comma del codice delle assicurazioni; definizione che le sezioni unite menzionate considerano come generale e valida, essendo espressione di una interpretazione giurisprudenziale consolidata, oltre che di una interpretazione autentica ma ricognitiva del codice delle assicurazioni (cfr. ancora punto 2.13 delle sezioni unite citate).

Ne segue che risulta evidente la valutazione riduttiva e illogica compiuta dai giudici dell’appello, sia in relazione alla valutazione del danno morale soggettivo, come sofferenza e dolore, considerando il fatto reato ed il tempo della inabilità, restando fermo il divieto dell’automatismo anche per la liquidazione delle micropermanenti e dei danni morali consequenziali che restano estranei alla definizione complessa del danno biologico, che vincola anche i giudici tenuti ad applicarla per tutte le sue componenti a prova scientifica e personalizzanti.

2. Nel terzo motivo si deduce omessa pronuncia e vizio della motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle spese mediche e di assistenza sostenute dalla infortunata ante causam ed in diretta conseguenza del sinistro; spese che lo stesso CTU aveva ritenuto congrue.

Il motivo è fondato, le spese sono documentate e costituiscono danno emergente, che deve essere integralmente risarcito con rivalutazione ed interessi compensativi.

3. Nel quarto motivo si deduce l’error in iudicando per avere il giudice rigettato l’appello sul rilievo che l’appellante ha dedotto comunque di essere creditrice di 200,00 Euro, rispetto alle minor somme offerte dalla debitrice. Su tale punto sussiste violazione di legge e motivazione illogica, avendo la parte lesa il diritto al risarcimento integrale del danno e non ad approssimazioni in difetto offerte dal debitore.

4. Nel quinto motivo si deduce error in iudicando in relazione alla sottovalutazione delle spese processuali, allorché il giudice di appello ha confermato la liquidazione delle spese legali di primo grado, ponendo quelle di secondo grado a carico dell’appellante. Il motivo è fondato in ordine alla sottovalutazione evidente delle voci liquidate in prime cure ed è assorbito in ordine alla cassazione con rinvio al giudice di appello che dovrà tener conto della soccombenza sostanziale delle controparti solidali.

5. Nel sesto motivo si deduce error in procedendo per omessa pronuncia in tema di rifusione in favore dell’infortunata, delle spese medico legali di CTU che devono far carico, come danno emergente, ai soggetti solidali in ordine alla provocazione delle lesioni ed alla necessità dell’accertamento medico legale.

All’accoglimento del ricorso nei sensi fin qui riferiti segue la cassazione con rinvio al Tribunale di Fermo in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione, attenendosi ai principi di diritto come sopra riferiti anche con riferimento alla nomofilachia delle recenti sezioni unite sulla materia.

P.Q.M.

Rigetta il primo motivo del ricorso, accoglie i restanti motivi, cassa in relazione e rinvia anche per le spese di questo giudizio di cassazione, al tribunale di Fermo in diversa composizione.

Giudice di Pace di Napoli, sent. 81598 del 2008 Raccomandata consegnata tardi, ammissione concorso, danno da perdita di chance, condanna al costo della raccomandata, consumerismo, civile, onere della prova (2009-06-26)

Sentenza n. 81598 / 2008

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Ufficio del Giudice di Pace

X Sezione Civile di Napoli

nella persona della Dr.ssa XXXXXXXXXXX ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa iscritta al n. 50248 Ruolo Generale degli affari contenziosi dell’anno 2008, avente ad oggetto – risarcimento danni.

TRA

XXXXXXXXXXX Raffaela rappresentata e difesa dall’avv.to Giuseppe Billi, presso il cui studio elettivamente domiciliata in Casoria, Napoli, Via A. De Gasperi n. 69, giusto mandato a margine dell’atto di citazione

ATTORE

E

Poste Italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv.to XXXXXXXXXXX, domiciliata presso la Direzione Affari Legali in Napoli, Piazza Matteotti, giusta procura alle liti in atti

CONVENUTO

CONCLUSIONI

Come da verbali di causa e comparsa depositata.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 29 marzo 2008 a Poste Italiane S.p.A., XXXXXXXXXXX Raffaela, esponeva –

– che con Bando del 20.02.08 il Dipartimento di Diritto Romano e Storia della Scienza Umanistica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II indiceva