Cittadinanza (d. internaz.) (Citizenship)

È la condizione giuridica di chi appartiene ad un determinato Stato; più propriamente è l’insieme dei diritti e dei doveri che l’ordinamento riconosce al cittadino.
(—) europea (d. com.)
È la condizione giuridica, costituita da un complesso di diritti e doveri, propria di ogni cittadino appartenente ad uno degli Stati della Comunità europea. Secondo quanto stabilito dall’art. 17 del Trattato istitutivo della Comunità europea, la cittadinanza dell’Unione costituisce un completamento della cittadinanza nazionale e non sostituisce quest’ultima.
Il Trattato istitutivo della Comunità europea ha enucleato una prima serie di posizioni soggettive costituita dai seguenti diritti:
— libertà di circolazione e soggiorno nel territorio di ciascuno degli Stati membri dell’Unione Europea;
— diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali nello Stato di residenza;
— diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni europee nello Stato di residenza;
— protezione diplomatica e consolare nei paesi terzi da parte delle autorità competenti degli Stati membri diversi da quello di appartenenza;
— facoltà di rivolgere una petizione al Parlamento europeo;
— facoltà di rivolgersi al Mediatore europeo;
— diritto di accesso ai documenti delle istituzioni e degli organi e degli organismi dell’Unione.
Tali diritti non costituiscono un numerus clausus ma sono suscettibili di integrazione grazie ad una clausola evolutiva che consente al Consiglio dei Ministri dell’Unione europea di adottare all’unanimità disposizioni intese a completare i diritti predetti, di cui raccomanderà l’adozione da parte degli Stati membri in conformità delle rispettive norme nazionali. I diritti connessi alla (—) sono stati richiamati anche nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Città metropolitana (d. amm.) (Metro City)

Ente territoriale previsto dall’art. 114 Cost., come modificato dalla L. Cost. 3/2001. Già disciplinato dalla legislazione ordinaria (D.Lgs. 267/2000), ha ottenuto nel 2001 una investitura costituzionale.
I Comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri Comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali, costituiscono le aree metropolitane. Tali Comuni possono costituirsi in (—) ad ordinamento differenziato. La (—) acquisisce le funzioni della Provincia.
Con la nuova articolazione territoriale della Repubblica disegnata dalla riforma costituzionale del 2001, le (—) sono enti autonomi costituzionalmente riconosciuti, che compongono la Repubblica al pari di Comuni, Province, Regioni e Stato (art. 114 Cost.). Ai sensi dell’art. 119 Cost., così come novellato dalla L. Cost. 3/2001, essa gode di autonomia finanziaria di entrata e di spesa, stabilisce ed applica tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione.

Citazione (d. proc. civ.) (Quote)

È l’atto processuale con il quale un soggetto (attore) propone una domanda nei confronti di un altro soggetto (convenuto). L’atto ha la funzione duplice di convenire in giudizio il convenuto (vocatio in ius) e di chiedere al giudice la tutela di una determinata posizione giuridica (editio actionis).
Con esso si propone la domanda giudiziale nel processo di cognizione di 1 grado: a questo fine è un atto sempre necessario, salvo le eccezioni di legge (art. 316 c.p.c.). Può, però, trovare luogo anche al di fuori del processo di 1 grado, come, per esempio, per proporre appello in via principale (art. 342 c.p.c.), per la revocazione (art. 398 c.p.c.) e per l’opposizione di terzo (art. 405 c.p.c.).
La (—) è atto formale, che deve essere sottoscritto dalla parte personalmente o dal suo difensore (al quale deve aver conferito procura ad litem); nonché atto recettizio in quanto per produrre i suoi effetti deve essere notificato al destinatario ed inoltre si rivolge anche al giudice al quale si chiede una pronuncia sulla controversia.
Nullità della (—)
È disciplinata dall’art. 164 c.p.c. che prende in considerazione due tipologie di vizi relativi alla:
1) vocatio in ius, che incidono cioè sulla capacità dell’atto a rendere nota alla controparte che vi è un’udienza fissata e che egli ha l’onere di costituirsi con determinate modalità ed entro precisi termini. Determinano tale nullità la mancanza, od assoluta incertezza, dell’indicazione del giudice innanzi a cui comparire o delle generalità delle parti; l’omissione dell’indicazione della data dell’udienza di comparizione; l’assegnazione di un termine per comparire inferiore a quello previsto (60 giorni, ex art. 163bis c.p.c.); l’omissione dell’avvertimento al convenuto che la costituzione oltre i termini comporta le decadenze di cui all’art. 167 c.p.c.;
2) editio actionis, che incidono cioè sulla capacità dell’atto a rendere nota al convenuto la pretesa attorea. Determinano tale nullità l’omissione o l’assoluta incertezza dell’oggetto della domanda (petitum) o dell’esposizione dei fatti posti a suo fondamento (causa petendi).
A fronte di una citazione nulla, si possono verificare tre situazioni:
a) il convenuto si costituisce egualmente, senza nulla eccepire; ne consegue che l’atto è sanato;
b) il convenuto si costituisce, ma eccepisce la nullità. In tal caso il giudice deve rinviare la causa, fissando una nuova udienza nel rispetto dei termini per comparire (nel caso di vizio della vocatio in ius), altresì ordinando l’integrazione della domanda, in caso di vizio dell’editio actionis;
c) il convenuto non si costituisce; in tal caso il giudice deve ordinare la rinnovazione della citazione, corretta dai vizi, fissando una nuova udienza.
La sanatoria della citazione nulla non produce però gli stessi effetti. Infatti per i vizi relativi alla vocatio, essi si sanano retroattivamente (ex tunc) e gli effetti processuali e sostanziali della domanda (es. interruzione della prescrizione) si producono a decorrere dalla prima citazione. Per i vizi relativi alla editio, la sanatoria non ha effetto retroattivo (opera ex nunc), sicché se, ad esempio, tra la prima citazione e la sua rinnovazione si è maturata una prescrizione o una decadenza, esse rimangono ferme.

Circostanze (del reato) (d. pen.) (Circumstances (the offender))

Sono elementi accidentali od accessori del reato, non necessari per la sua esistenza, ma che o incidono sulla sua gravità ovvero vengono assunti come indici della capacità a delinquere del soggetto, acquistando rilievo, quindi, ai fini della determinazione della pena.
La loro presenza trasforma il reato da semplice in circostanziato.
La ratio essendi delle (—) va individuata nell’esigenza di adeguare la pena al reale disvalore del fatto, attribuendo rilevanza a situazioni o fattori, diversi dagli elementi costitutivi, la cui presenza giustifica un aggravamento o un’attenuazione della pena.
In omaggio al principio di legalità, il legislatore ha provveduto a tipizzare non solo gli elementi costitutivi dell’illecito penale, ma anche gli elementi accessori: in particolare, il Codice Rocco, ispirandosi al principio di tassatività, ha dettato una disciplina dettagliata delle circostanze, con alcuni temperamenti.
Infatti, accanto ad un vasto sistema di (—) tipiche o definite, che sono espressamente individuate dalla legge nei loro elementi costitutivi (artt. 61 e 62 c.p.), sono previste anche (—) indefinite o innominate, la cui individuazione è rimessa alla discrezionalità del giudice. Tali sono, ad esempio, le cd. attenuanti generiche (art. 62bis c.p.), e quelle previste da singole norme che dispongono una diminuzione di pena ove il fatto sia di lieve entità, ovvero un aggravamento nei casi più gravi, o di particolare gravità.
È opportuno distinguere il concorso di (—) omogenee dal concorso di (—) eterogenee.
Nel caso di concorso tra più (—) omogenee (cioè tutte aggravanti o attenuanti) si fa luogo a tanti aumenti o diminuzioni di pena, quante sono le (—) concorrenti. Tale cumulo materiale è, però, escluso nel caso di (—) specifica e complessa.
Qualora nel medesimo reato concorrano insieme (—) aggravanti ed attenuanti, si procede ad un giudizio di prevalenza rimesso al giudice di merito, che vi provvede con apprezzamento insindacabile. Nel caso, invece, vi sia equivalenza tra aggravanti ed attenuanti si applica la pena che sarebbe stata inflitta senza il concorso di alcuna (—).
In diritto processuale l’esistenza di circostanze talvolta è rilevante per stabilire la competenza (es. art. 4), la facoltà di arresto e fermo e di applicazione delle misure cautelari (es. art. 278 c.p.p.).