T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 26-07-2011, n. 636

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Il ricorso deve essere dichiarato manifestamente inammissibile siccome notificato direttamente alla Questura di Frosinone, anziché all’avvocatura di Stato domiciliataria ex lege delle Amministrazioni dello Stato.

Nulla sulle spese.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile. Nulla spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-06-2011) 01-08-2011, n. 30426

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Svolgimento del processo

Con il provvedimento impugnato veniva confermata l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Palermo in data 9.12.2010, con la quale veniva applicata nei confronti di B.M. la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., commesso partecipando all’associazione mafiosa Cosa Nostra ed in particolare mantenendo rapporti con i latitanti L.P.S. e L.P. S., dirigenti del mandamento di T.N. e San Lorenzo, nella proposta di iniziative economiche, e con altri mandamenti nella gestione delle attività estorsive, ed altresì sollecitando azioni intimidatorie nei confronti dell’agenzia di scommesse Sportnetbet.

La sussistenza dei gravi indizi era ritenuta in base al contenuto di due messaggi scritti rinvenuti nel rifugio dei L.P..

Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, lamentando la mancata valutazione dell’equivocità dei messaggi anche con riferimento all’identificazione del loro autore nel B. ed all’acquisizione di elementi testimoniali di segno contrario a quello accusatorio, della genericità delle dichiarazioni del collaboratore T.M. e dell’assenza di riferimenti al B. nelle dichiarazioni degli altri collaboratori.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

L’attribuzione all’indagato della paternità dei messaggi era invero motivata congruamente e senza manifeste illogicità nel provvedimento impugnato con riguardo a precisi dati identificati quali l’uso dello pseudonimo Camion, rispetto all’essere l’indagato titolare con il fratello di una ditta di autotrasporti, ed i riferimenti ad uno stabilimento della Coca Cola di (OMISSIS) per cui tale ditta aveva lavorato e ad un negozio di parrucchiere effettivamente aperto dalla moglie del B.; ed altrettanto deve dirsi per la significatività del contenuto dei messaggi rispetto all’ipotesi accusatola, desunta dalle richieste rivolte a Lo.Pi.Sa. di intercedere per far ottenere al B. un contratto di distribuzione, di autorizzare l’apertura di un’attività economica, di esercitare azioni intimidatorie sull’agenzia Sportnetbet e di sistemare tale M. presentandolo a persone di (OMISSIS).

Analoga coerenza motivazionale si rinviene rispetto alla valutazione della decisività di tali elementi, nel denotare i legami associativi evidenziati dai diretti rapporti con i L.P.. Sostanzialmente irrilevanti risultavano le dichiarazioni del collaboratore T. nello stesso percorso motivazionale del provvedimento, che evidenziava come da dette dichiarazioni potesse anche prescindersi in considerazione del peso degli elementi appena evidenziati; ed a fronte di questi ultimi devono ritenersi implicitamente disattesi, senza che da ciò derivino manifeste illogicità, le dichiarazioni dei testi A. e Q. in ordine all’esclusione delle pressioni estorsive menzionate nei messaggi, evidentemente ritenute reticenti.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 11-01-2012, n. 161 Licenziamento

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Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 85 del 1989 il Tribunale di Marsala, quale giudice di appello, dichiarava l’illegittimità del licenziamento intimato a M.G. dalla COPREIN S.p.A., con condanna della società datrice di lavoro alla reintegrazione e al risarcimento del danno. In pendenza del giudizio di cassazione le parti addivennero ad una transazione, con la quale il M. rinunciò agli effetti della sentenza impugnata verso il pagamento della somma di L. 55.000.000, con abbandono del giudizio.

2. Con sentenza n. 787/2002 – passata in giudicato – il Tribunale di Marsala respingeva la domanda del M. intesa ad ottenere la condanna della COPREIN al versamento dei contributi connessi alla reintegrazione nel posto di lavoro, e ciò in accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata dall’INPS. 3. Con altro ricorso del 1.12.2004 il M., premesso che con provvedimento del 30.03.2004 l’INPS aveva accolto la richiesta di costituzione della riserva matematica determinandone l’importo in Euro 24.799,64, conveniva in giudizio la COPREIN chiedendone la condanna al pagamento della predetta somma, a titolo di risarcimento dei danni per l’omesso versamento dei contributi.

Il Tribunale di Marsala con sentenza n. 785/2005 respingeva la domanda.

Tale ultima decisione, appellata dal M., è stata confermata dalla Corte di Appello di Palermo con sentenza n. 370 del 2008.

La Corte ha osservato che, venuti meno, per concorde determinazione delle parti, gli effetti della sentenza dichiarativa del licenziamento, dal momento dell’adozione de provvedimento espulsivo il rapporto doveva considerarsi estinto, sicchè il lavoratore non aveva più maturato alcun credito retributivo e quindi non esisteva alcun obbligo contributivo a carico del datore del lavoro. Il M. ricorre per cassazione con due motivi. La COPREIN resiste con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato.

Motivi della decisione

1. In via preliminare va disposta la riunione dei ricorsi ex art. 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni contro la stessa sentenza.

2. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, della L. n. 153 del 1969, art. 12, dell’art. 2115 c.c., comma 3, art. 2116 c.c., comma 2, artt. 1965 e 1966 c.c.. Al riguardo deduce erroneità dell’impugnata decisione, per avere interpretato la clausola della transazione circa la "rinuncia a tutte le pretese derivanti dalla sentenza n. 85/1989" nel senso che esso ricorrente avrebbe rinunciato anche ai contributi.

In tal senso è formulato il relativo quesito di diritto a pag. 18 del ricorso.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., nonchè vizio di motivazione, sostenendo che il giudice di appello non ha fatto corretta interpretazione dell’atto do transazione, facendo discendere dalla rinuncia "a tutte le pretese derivanti dalla sentenza resa dal Tribunale di Marsala n. 85/1989", anche la rinuncia alla connessa obbligazione contributiva, facente carico al datore di lavoro. A pag.

25 e 26 sono formulati i relativi quesito di diritto. Gli esposti motivi, che possono essere esaminati congiuntamente perchè connessi, sono privi di pregio e vanno disattesi.

Secondo la statuizione di Cass. Sez. Un. 5 luglio 2007 n. 15413 il licenziamento illegittimo comporta a carico del datore di lavoro ed in applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18 l’obbligo di risarcire il danno derivato dall’inattività del dipendente, forzosa perchè determinata dallo stesso licenziamento, nella misura dell’ammontare delle retribuzioni relative al periodo compreso fra l’espulsione e la reintegrazione, nonchè l’obbligo di versare i contributi previdenziali. Tali debiti tuttavia non gravano sul datore, nel caso in cui la prestazione lavorativa sia mancata per fatto imputabile al dipendente o per sospensione concordata.

Ciò si è verificato nel caso di specie, in cui la Corte di Appello ha incensurabilmente interpretato la transazione in questione nei senso che il lavoratore avesse rinunciato a riprendere le proprie mansioni.

Esattamente perciò la Corte stessa ha escluso l’obbligo contributivo a carco dell’impresa oggi ricorrente, nonchè il conseguente obbligo di costituzione della rendita vitalizia.

Va aggiunto che il giudice di appello ha proceduto ad un attenta disamina ed interpretazione dell’atto transattivo intercorso tra le parti, cui il ricorrente oppone una diversa interpretazione senza indicare i criteri ermeneutici legali violati, il che non è ammissibile in sede di legittimità. 3. In conclusione il ricorso principale è destituito di fondamento e va rigettato, mentre va assorbito l’incidentale proposto dalla società COPREIN. Le spese di giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale, condanna il ricorrente principale alle spese, che liquida in Euro 50,00, oltre Euro 3000/00 per onorari ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 24-10-2011, n. 1471

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso all’esame il cittadino extracomunitario J.B. impugna il provvedimento della Prefettura- S.U.I. con cui è stata rigettata l’istanza di emersione presentata dal datore di lavoro M.V. ai sensi dell’art. 1 ter del D.L. 1.7.2009 n. 78 conv. in L. 3.8.2009 n. 102, essendo stato rilevato che l’odierno ricorrente era gravato da un precedente penale ostativo, consistente in una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Brescia in data 3.5.2008 per il reato di violazione all’ordine di espulsione previsto dall’art. 14, co. 5 ter, d.lgs. 286/98.

Il ricorrente contesta che tale condanna rientri fra quelle che impediscono il conseguimento della sanatoria.

Il ricorso risulta fondato.

Al riguardo va ricordato che

– il legislatore italiano, nell’esercizio di una facoltà espressamente stabilita dalla Direttiva n. 115 del 2008 (art. 4, comma 3, in tema di disposizioni più favorevoli), ha previsto il beneficio della emersione del lavoro irregolare, con effetto estintivo di ogni illecito penale e amministrativo (art. 1ter, comma 11, l. n. 102 del 2009), a favore di una limitata cerchia di lavoratori, ma anche dei rispettivi datori di lavoro, che li impiegano per esigenze di assistenza propria o di familiari non pienamente autosufficienti o per lavoro domestico;

– l’art. 1ter, comma 13, lett. c), della legge n. 102 del 2009 inibisce la regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per uno dei reati previsti dagli articoli 380 (arresto obbligatorio in flagranza) e 381 (arresto facoltativo in flagranza) del medesimo codice;

– l’Amministrazione dell’interno ritiene che, tra i detti reati, vada ricompreso il delitto di violazione dell’ordine del questore di lasciare il territorio nello Stato, previsto dall’art. 14, comma 5ter, del d.lgs. n. 286 del 1998, punito con una pena edittale fino a quattro anni di reclusione e per il quale è previsto l’arresto obbligatorio.

In relazione a tale questione si sono manifestati contrasti in giurisprudenza:

a) secondo un indirizzo, tale delitto, oltre a non essere espressamente menzionato nelle due disposizioni di rinvio ( artt. 380 e 381 c.p.p.), non potrebbe pacificamente ascriversi tra quelli di cui all’art. 380 c.p.p., per difetto della previsione di una pena edittale non inferiore nel minimo a cinque anni, e neppure tra quelli di cui all’art. 381, in quanto comportante l’arresto obbligatorio.

b) altro indirizzo, invece, ha condiviso la tesi dell’Amministrazione, nel senso che l’ipotesi delittuosa in questione può legittimamente farsi rientrare tra i delitti di cui all’art. 381 c.p.p., in ragione della previsione di una pena superiore nel massimo ai tre anni.

La questione è stata ora risolta dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato – con le sentenze n. 7 e 8 del 10.5.2011 – chiamata a risolvere il contrasto interpretativo al riguardo insorto nell’ambito delle sezioni semplici del Consiglio.

Con le predette decisioni è stato affermato che:

a) in conformità a quanto rilevato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza 28 aprile 2011 in causa C61/11, deve ritenersi che sia immediatamente applicabile anche nel territorio italiano la Direttiva 2008/115, posto che è inutilmente decorso il termine fissato per il recepimento da parte dello Stato Italiano e che le disposizioni di cui agli artt. 15 e 16 si presentano sufficientemente precise ed incondizionate;

b) la Direttiva 2008/115 deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno Stato membro, che preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo;

c) la Direttiva 2008/115 ha prodotto l’abolizione del delitto di violazione dell’ordine del questore di lasciare il territorio nello Stato, previsto dall’art. 14, comma 5ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 (punito con una pena edittale fino a quattro anni di reclusione e per il quale era previsto l’arresto obbligatorio) e ciò, a norma dell’art. 2 del codice penale, ha effetto retroattivo, facendo cessare l’esecuzione della condanna e i relativi effetti penali;

d) tale retroattività non può non riverberare i propri effetti sui provvedimenti amministrativi negativi dell’emersione del lavoro irregolare, adottati sul presupposto della condanna per un fatto che non è più previsto come reato;

e) è illegittimo il provvedimento, adottato ai sensi dell’art. 1ter, comma 13, lett. c), della legge n. 102 del 2009, che ha rigettato la istanza di regolarizzazione di un lavoratore extracomunitario condannato per il delitto di violazione dell’ordine del questore di lasciare il territorio nello Stato, previsto dall’art. 14, comma 5ter, del d.lgs. n. 286 del 1998, atteso che tale reato, a seguito della Direttiva n. 115 del 2008, è da ritenere abolito.

f) il principio generale secondo cui "tempus regit actum" esplica la propria efficacia allorché il rapporto cui l’atto inerisce sia irretrattabilmente definito e, conseguentemente, diventi insensibile ai successivi mutamenti della normativa di riferimento, ma tale circostanza non si verifica ove siano stati esperiti rimedi giudiziari volti a contestare l’assetto prodotto dall’atto impugnato.

Alla stregua di tale insegnamento, al quale il Collegio intende prestare adesione il ricorso va accolto con annullamento dell’atto di diniego qui impugnato, senza che possa riconoscersi alla nota in data 3.8.2011 della Prefettura di Brescia – di comunicazione di avvio del procedimento di riapertura, in autotutela – l’effetto di determinare la cessazione della materia del contendere. Invero, tale effetto può discendere solo dall’adozione di un provvedimento di rimozione, in via di autotutela, dell’atto di rigetto qui impugnato, mentre la mera comunicazione di avvio di tale procedimento (che, a distanza di oltre due mesi dall’avvio, non si è concretizzata nell’atto di autoannullamento) non è per nulla idonea a far venir meno l’interesse alla decisione del ricorso.

In conseguenza dell’accoglimento, l’Amministrazione è tenuta a riprendere in esame la domanda di emersione e procedere alla verifica della sussistenza o meno dei requisiti richiesti dalla norma in capo al datore di lavoro e del lavoratore onde consentire la regolarizzazione del rapporto di lavoro.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono determinate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Condanna l’intimata Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio a favore del ricorrente, che liquida in Euro 500, oltre ad accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.