Cons. Stato Sez. VI, Sent., 20-05-2011, n. 3020 Incompatibilità

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

con ricorso al Tribunale amministrativo della Toscana, rubricato al n. 458/2010, la prof.ssa L. A., professore associato presso la Facoltà di economia dell’Università di Pisa, impugnava il decreto n. 3485 in data 10 marzo 2010, con il quale il Rettore di quella Università l’aveva diffidata a cessare dalla carica di Presidente del Consorzio di bonifica "Ufficio dei fiumi e dei fossi di Pisa" entro quindici giorni dal suo ricevimento, pena collocamento in aspettativa senza assegni, ed il provvedimento n. 3587 in data 11 marzo 2010, con il quale il Dirigente dell’area reclutamento e personale della stessa Università aveva disposto il recupero delle somme percepite per lo svolgimento delle funzioni di Presidente del Consorzio dalla data della nomina fino alla cessazione della situazione di incompatibilità o fino al collocamento in aspettativa obbligatoria;

Vista la sentenza n. 6766 in data 16 dicembre 2010, con la quale il Tribunale amministrativo della Toscana, Sezione I, ha respinto il suddetto ricorso;

Visto l’appello, rubricato al n. 2729/10;

Ritenuto che la controversia riguardi in primo luogo la natura del Consorzio di bonifica "Ufficio dei fiumi e dei fossi di Pisa", avendo l’Amministrazione ritenuto che lo stesso debba essere qualificato ente pubblico economico, e conseguentemente ritenuto applicabile l’art. 13, primo comma, n. 10, del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, il quale impone il collocamento obbligatorio in aspettativa del docente universitario il quale sia stato nominato presidente o amministratore delegato (fra gli altri) di un ente pubblico economico;

Rilevato che l’appellante trae argomento per escludere la natura di enti pubblici economici dei consorzi di bonifica della Regione Toscana dalla legge regionale della Toscana 5 maggio 1994, n. 34, ed in particolare dall’art. 12;

Ritenuto che la suddetta normativa regionale non configura affatto i consorzi di bonifica di quella Regione in termini diversi da quelli previsti dalla corrispondente normativa nazionale;

Ritenuto che la qualificazione dei consorzi di bonifica come enti pubblici economici è stata più volte riconosciuta da questo Consiglio di Stato (Sezione VI, 28 marzo 2000, n. 1796), dalla Corte di Cassazione (da ultimo Sez. lav., 12 maggio 2009, n. 10866; 5 maggio 2008, n. 10992) e dalla Corte dei Conti (Sez. giurisd. Regione Basilicata, 8 settembre 2009, n. 239) ed è stata rilevata anche dalla Corte costituzionale (14 luglio 2006, n. 289), che si è espressa con specifico riferimento alla legge regionale della Toscana 5 maggio 1994, n. 34;

Rilevato che il sito istituzionale del Consorzio di bonifica "Ufficio dei fiumi e dei fossi di Pisa", alla voce "chi siamo", qualifica lo stesso Consorzio come ente pubblico economico;

Ritenuto, pertanto, che l’argomentazione debba essere disattesa;

Ritenuto che l’appellante contesta inoltre l’impugnato provvedimento di recupero lamentando la violazione dell’art. 53 del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, in quanto la norma riguarderebbe esclusivamente il conferimento di incarichi professionali, non l’assunzione di funzioni elettive;

Ritenuto che la norma non ponga la limitazione affermata dall’appellante, soprattutto con riferimento alla sua applicazione nel caso di assunzione di incarichi non autorizzati;

Ritenuto, in conclusione, che l’appello debba essere respinto;

Rilevato che, in difetto di costituzione delle parti appellate, non vi è luogo a pronuncia sulle spese
P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in appello n. 2729/10, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese del secondo grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cons. Stato Sez. IV, Sent., 06-06-2011, n. 3391 Trasferimenti

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dello Stato G. Palatiello;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con provvedimento del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri n.377752/T32 notificato il 3/9/2008, il Carabiniere L. I. veniva trasferito d’autorità per incompatibilità ambientale dal 1^ Reggimento paracadutisti "Tuscania " di Livorno, sua sede di servizio, al 4^ BTg Veneto quale addetto senza alloggio di servizio.

L’interessato impugnava con ricorso introduttivo innanzi al Tar per la Toscana tale provvedimento nonché a mezzo di successivi "motivi aggiunti" gli altri atti e documenti prodotti in giudizio dall’Amministrazione, denunciandone la illegittimità sotto vari profili.

L’adito Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana con sentenza n.200/09 accoglieva il proposto gravame ritenendo fondato il dedotto vizio procedimentale costituito dalla violazione dell’art.7 e ss. della legge n.241/90.

Avverso tale sentenza ha interposto appello il Ministero della Difesa – Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri,ritenendola errata oltreché ingiusta.

Si è costituito in giudizio il sig. L. che ha contestato la fondatezza dell’appello e ha riproposto i mezzi di impugnazione dichiarati assorbiti in primo grado.

Con ordinanza n.2307 dell’8 maggio 2009 questa Sezione, in accoglimento della relativa istanza cautelare, ha disposto la sospensione dell’esecutività dell’impugnata sentenza.

Tanto premesso, nelle more del giudizio, con nota difensiva non notificata alla parte resistente e depositata il 18 marzo 2011 il patrocinio del Ministero della Difesa ha dichiarato di rinunciare all’appello.

Tale rinuncia viene giustificata con il fatto che i difensori del sig. L. hanno fatto presente, con nota del 12 gennaio 2010 (allegata in copia) che il loro assistito non ha più interesse all’esecuzione della sentenza qui impugnata.

Sulla scorta di quanto rappresentato e dichiarato dall’Avvocatura dello Stato va dato atto della sostanziale sopravvenuta carenza di interesse del Ministero della Difesa. alla decisione di merito del proposto gravame, sicché non resta al Collegio che dichiarare, appunto, l’improcedibilità dell’appello.

Sussistono, peraltro, in ragione degli esiti della controversia de qua, giusti motivi per compensare tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Spese e competenze del presente grado del giudizio compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 16-06-2011) 17-06-2011, n. 24404 Misure cautelari

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Svolgimento del processo

Risulta agli atti che i Carabinieri della Stazione di Monte Compatri, alle ore 20.45 del 19 marzo 2011, hanno proceduto all’arresto provvisorio ai fini della consegna di I.N., cittadino romeno, in quanto colpito da mandato di arresto europeo n. 16/2008, emesso in data 22.07.2008 dal Tribunale di Onesti (Romania), in relazione all’ordine di carcerazione n. 721 del 03.09.2007 dello stesso Tribunale.

Lo I. è stato condannato con sentenza penale, definitiva, n. 721 del 3 settembre 2007, alla pena di anni tre di reclusione per il reato di furto aggravato (previsto e punito dagli artt. 208 e 209 c.p. rumeno), che ha avuto oggetto macchinari per la produzione del pane, custoditi in un magazzino, nel quale l’imputato è entrato passando da una finestra ed aprendo l’ingresso a due correi. Il materiale sottratto è stato scomposto e i pezzi venduti ad un centro di raccolta di rifiuti metallici.
Motivi della decisione

I.N., nel proporre personalmente ricorso per cassazione, avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, che ne ha disposto la sua consegna allo Stato della Romania, in quanto colpito da mandato di arresto europeo n. 16/2008, emesso in data 22.07.2008 dal Tribunale di Onesti (Romania), ha dichiarato testualmente di riservare la redazione dei relativi motivi all’avv. Mario Cappelletti del foro di Roma, nulla pertanto deducendo circa i vizi della decisione impugnata.

L’impugnazione pertanto, pur proposta da soggetto legittimato, è inammissibile ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c) in quanto non sono state osservate le disposizioni dell’art. 581 cod. proc. pen. ed in particolare la previsione della lett. c) della stessa norma la quale prevede che nell’atto scritto dell’impugnazione siano enunciati i motivi con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono la richiesta.

Il ricorso quindi, nella palese verificata assenza dei requisiti formali richiesti, va dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. civ. Sez. I, Sent., 21-11-2011, n. 24439

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Svolgimento del processo

Con citazione notificata il 13 ottobre 1997, C.C., conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Bari, l’Azienda USL BA (OMISSIS), chiedendone la condanna a pagargli L. 70.194.754 e accessori a titolo di arricchimento senza causa per la esecuzione del servizio di smaltimento dei rifiuti speciali ospedalieri, eseguito dall’attore oltre il termine finale del 31 dicembre 1996 fissato nell’appalto con la convenuta all’esito di licitazione privata indetta da questa.

L’attore deduceva che l’art. 15 del bando di gara prevedeva che il servizio dovesse cessare il 31.12.1996, "salva tacita proroga per un altro anno" e di avere comunicato, con raccomandata del 6 novembre 1996, la sua volontà di cessare le prestazioni alla data prevista in contratto a causa dell’aumento dei costi di esse rispetto al prezzo concordato tra le parti di L. 129/litro.

Avendo l’Azienda committente invitato il G. a continuare le prestazioni fino alla nuova gara, l’appaltatore del servizio aveva comunicato di poter proseguire nell’esecuzione del rapporto, con un aumento del 15% del prezzo contrattuale. Essendo andata deserta la gara fissata il 24 febbraio 1997, la committente chiedeva alla appaltatrice di proseguire le prestazioni, non accettando la proposta di aumento ulteriore del prezzo a L. 290/litro, trattandosi di dare esecuzione alla proroga contrattuale alle medesime condizioni previste in contratto cui le parti erano vincolate.

L’attore, che a giugno 1997 era divenuto aggiudicatario del nuovo appalto di smaltimento dei rifiuti speciali al prezzo di L. 436/litro, avendo la Azienda USL BA/(OMISSIS) ricevuto un ingiustificato arricchimento dalle sue prestazione per il periodo da gennaio a maggio 1997, chiedeva, ai sensi dell’art. 2041 c.c., la somma indicata pari a quanto da lui domandato per proseguire nelle prestazioni (15% in aumento per gennaio e febbraio, pari a L. 19,36/litro e L. 161/litro per i tre mesi successivi) cioè, in complesso, L. 58.495.628, con rivalutazione e interessi.

Il Tribunale di Bari, dopo la costituzione in giudizio dell’Azienda convenuta, rigettava la domanda e condannava il G. alle spese, affermando che la proroga del pregresso contratto impediva l’azione subordinata di ingiustificato arricchimento, proposta ai sensi dell’art. 2041 c.c..

Contro tale sentenza proponeva appello l’appaltatore, per il quale il primo giudice aveva solo rilevato che egli aveva continuato le prestazioni contrattuali e inviato le fatture con i prezzi di contratto per i quali era stato pagato, affermando che la proroga di un anno solare del rapporto, di cui all’art. 15 del bando di gara, era il titolo di tali pagamenti per i quali era da negare la mancanza di una giusta causa delle prestazioni eseguite dal G..

Nessun rilievo si era dato alla disdetta contrattuale e alle nuove condizioni cui l’imprenditore aveva subordinato le prestazioni dal gennaio 1997 oltre che alla richiesta di conferma dell’esigenza di proseguire il servizio che la committente aveva dato, in contrasto con la tesi della c.d. proroga tacita, che quindi non si era avuta.

In ogni caso, il Tribunale aveva ignorato che la P.A. non può obbligarsi senza forma scritta, per cui i comportamenti descritti non potevano che dar luogo all’azione ex art. 2041 c.c., in concreto esercitata dal G..

La corte d’appello, con sentenza del 30 giugno 2005, ha negato l’errore del Tribunale nel valutare i comportamenti delle parti dell’appalto, perchè il primo giudice, in base a quanto emergeva dallo stesso gravame, aveva esattamente rilevato che l’Azienda USL BA/(OMISSIS) non aveva mai accettato l’aumento dei prezzi proposto dall’attore, chiedendo la mera prosecuzione – sia pure temporanea – del rapporto, con prestazioni che dovevano ritenersi quindi eseguite in attuazione della proroga di cui al bando di gara.

In quanto aggiudicataria della nuova gara del 1997, la ditta non aveva sospeso il servizio, avendo però diritto ai nuovi prezzi da gennaio 1997, data di decorrenza del nuovo appalto; in diritto, la irrilevanza dei comportamenti concludenti nei contratti ad evidenza pubblica conferma che nessun aumento per il prelievo dei rifiuti speciali rispetto ai prezzi contrattuali, poteva riconoscersi all’impresa del G. per il periodo gennaio-maggio 1997, con la conseguenza che ogni domanda dell’appellante doveva rigettarsi, dovendo lo stesso rispondere anche delle spese del grado.

Per la cassazione di tale sentenza, mar notificata a cura delle parti, il G. propone ricorso notificato il 19 settembre 2006 di quattro motivi, cui resiste l’Azienda USL BA/(OMISSIS), con controricorso notificato il 30 ottobre 2006 e illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1.1. Il primo motivo di ricorso del G. denuncia violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, anche per carenze motivazionali sul punto decisivo della corretta interpretazione delle domande proposte.

La Corte ha sostenuto che la mancata accettazione dalla committente dell’aumento del prezzo delle prestazioni eseguite chiesto dall’appaltatore con la prosecuzione della esecuzione del contratto, comportava il rigetto della domanda, essendo titolo dell’azione la proroga del contratto. Ad avviso del ricorrente, invece, l’assenza del rapporto di appalto per la cessazione degli effetti del contratto, la mancanza di tale titolo a base della domanda rende ammissibile quella di arricchimento senza causa, proposta dal G. e rigettata solo per esservi un titolo giuridico della richiesta di pagamento.

Il rifiuto dell’aumento dei prezzi contrattuali ha imposto l’azione subordinata e residuale ai sensi dell’art. 2041 c.c., con domanda proposta dal G. entro limiti minori dell’ arricchimento fruito dalla controricorrente dalla prosecuzione dello smaltimento dei rifiuti speciali.

La modifica della domanda di pagamento di prestazioni contrattuali in richiesta di indebito arricchimento ha comportato il rigetto di essa, in quanto fondata sulla assenza di ogni rapporto di appalto.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso principale, i ricorrenti deducono violazione degli artt. 1321, 1373, 1370 c.c. e art. 1362 c.c., comma 2, anche per omessa motivazione, in rapporto alla disapplicazione delle norme del capitolato d’appalto che, con la scadenza del rapporto al 31 dicembre 1996, prevedevano la facoltà di recesso di entrambe le parti, esercitata dal G. con la lettera del 26 novembre 1996.

Non s’è tenuto conto che la proroga era prevista nel bando di gara solo se tacita e in difetto di espresso recesso, sui cui effetti, per la lettera del 6 novembre 1996 che evidenziava l’intenzione del G. di cessare le prestazioni al 31.12.1996, nulla risulta rilevato dalla sentenza impugnata su tale punto, neppure considerando la indizione della nuova gara dalla committente per essere scaduto il pregresso rapporto alla data fissata con la gara e il contratto.

1.3. Si lamenta in terzo luogo la violazione del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16 e 17, dell’art. 97 Cost., degli artt. 1350 e 1373 c.c., oltre che dell’art. 115 c.p.c., per avere la Corte d’appello negato la facoltà di recesso regolata in contratto per il G., a causa della prevista proroga tacita del bando-capitolato, che avrebbe comunque comportato la prosecuzione del pregresso rapporto e il mantenimento dei prezzi nello stesso praticati, così affermando che un contratto ad evidenza pubblica, cessato in base al bando e al capitolato, continui a disciplinare, nonostante il recesso, le prestazioni eseguite.

1.4. Si censura infine la disapplicazione dell’art. 2041 c.c., dalla Corte di merito, che ha trascurato di rilevare la fine del rapporto contrattuale per il recesso del G. e la conseguente ammissibilità dell’azione ai sensi della norma sopra richiamata, per esservi un titolo o giusta causa delle prestazioni del ricorrente.

2. Il ricorso è infondato per la parte in cui non è precluso.

2.1. Il primo motivo di ricorso è infondato in ordine alla pretesa violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto la Corte d’appello, pur avendo chiara l’azione esercitata dal G. di ingiustificato arricchimento, ha ritenuto che il rapporto non potesse ritenersi di mero fatto e senza titolo per le prestazioni di prelievo dei rifiuti speciali successive al 31 dicembre 1996, dovendosi considerare "prorogato" l’appalto e costituendo la proroga di cui al bando unico titolo o giusta causa delle prestazioni fornite ai prezzi contrattuali.

Va quindi negata la esistenza dei presupposti della domanda di cui all’art. 2041 c.c., esattamente letta e respinta dalla Corte territoriale.

Invero il recesso espresso dal G. con la lettera del novembre 1996, a decorrere dal 31 dicembre successivo che era la data finale dell’appalto, che per il bando era prorogato di un altro anno alla scadenza, non era stato accettato dalla committente in ordine ai nuovi prezzi chiesti dall’appaltatore (nota Azienda n. 988/A3 del 15/4/1997 a pag. 2 del ricorso) per il periodo di proroga, nel quale i prezzi di contratto non potevano modificarsi.

La Corte ha ritenuto che la ricostruzione dei fatti operata dallo stesso appellante concorresse ad evidenziare un suo recesso dal rapporto, condizionato a nuovi prezzi e come tale non accettato dalla committente ASL, per cui era possibile solo un’azione contrattuale di condanna della appellata a pagare quanto dovuto a titolo contrattuale, titolo ostativo alla domanda residuale di arricchimento senza causa (sul diritto di recesso e il suo legittimo esercizio, cfr. Cass. 6 aprile 2011 n. 7878).

2.2. Anche il secondo motivo di ricorso va rigettato per la parte in cui non è inammissibile, non evidenziando con chiarezza le ragione che avrebbero reso legittimo il recesso dal contratto per il tempo di proroga tacita dello stesso, nonostante la espressa previsione di questa nel bando.

La committente, come era nei suoi poteri, pur accettando e pagando le prestazioni del servizio di cui al contratto eseguite dall’appaltatore, ha corrisposto solo il prezzo contrattuale e la Corte di merito ha negato che tali forniture di servizi dovessero considerarsi extra contratto. Si è infatti ritenuto che lo smaltimento dei rifiuti successivo al 31 dicembre 1996 dovesse essere regolato dall’appalto relativo all’anno precedente in proroga per il 1997, affermando che tale appalto era il titolo dell’azione del G., ostativo alla ammissibilità dell’azione di ingiustificato arricchimento.

Il motivo di ricorso contraddice il profilo di impugnazione di cui al n. 1.1. perchè la lettura delle norme contrattuali chiesta con esso per censurare quanto su di esse deciso dalla Corte d’appello non riporta nè allega le clausole che indurrebbero ad una diversa ermeneutica dell’atto, anche alla luce dei comportamenti successivi delle parti dell’appalto.

Se è vero che nei rapporti regolati da contratti ad evidenza pubblica la disdetta esclude che gli stessi possano considerarsi tacitamente prorogati, non potendosi avere rinnovo tacito di essi (Cass. 22 febbraio 2008 n. 4532), nel caso nessun rifiuto vi è stato di un nuovo contratto che poi verrà concluso tra le stesse parti all’esito di altra gara, ma la missiva del novembre 2006 costituisce mero recesso unilaterale per l’aumento dei prezzi del contratto, recesso e aumento che, nell’appalto pubblico, non possono considerarsi giustificati senza accettazione del committente, nel caso mancata, per cui il rapporto in corso nel 1996 deve presumersi proseguito anche in diritto alle stesse condizioni di quello in corso nel 1996, ostando come tale alla domanda ai sensi dell’art. 2041 c.c..

Il secondo motivo di ricorso, in quanto non deduce violazione di norme che consentano di qualificare di mero fatto le prestazioni successive al 31 dicembre 1996, è infondato.

2.3. Il terzo motivo di ricorso, per la parte in cui non è assorbito dal rigetto dei primi due motivi, è infondato, invocando la irrilevanza dei comportamenti di fatto in ordine ai contratti della P.A., in base alle norme di cui si denunzia la violazione nel motivo di ricorso.

Ad avviso della Corte di merito, non sono in contestazione comportamenti di fatto ma solo la esecuzione di prestazioni nell’ambito del periodo di proroga tacita del contratto, regolate in questo ultimo.

Dal contratto l’appaltatore non poteva recedere, potendo eventualmente chiedere solo la risoluzione per sopravvenuta eccessiva onerosità del contratto di durata da lui concluso, con esclusione di ogni spazio "giuridico" per la proposizione dell’azione di ingiustificato arricchimento.

2.4. Quanto detto esclude la pretesa irrilevanza, che si sarebbe data dai giudici di merito, alla domanda di pagamento per arricchimento senza causa, avendo la Corte territoriale ritenuto il pagamento del prezzo stabilito in contratto nella fase di proroga, unico legittimo effetto di un obbligo giuridico, incompatibile con quello connesso alla circostanza di fatto dell’arricchimento della committente.

3. In conclusione, il ricorso è infondato anche se in ragione dell’indiscusso aumento dei prezzi delle prestazioni fornite, emergente pure dalla successiva aggiudicazione della gara, è giustificabile, in deroga eccezionale al principio della soccombenza, la compensazione totale delle spese del giudizio di cassazione tra le parti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.