Carlo III di Borbone

(Madrid, 1718-1788)

Duca di Parma e Piacenza (1731-1734) con il nome di Carlo I, re di Napoli e Sicilia (1734-1759) col nome di Carlo VII e re di Spagna (1759-1788) col nome di Carlo III.
Figlio primogenito di Filippo V e di Elisabetta Farnese, fu un sovrano illuminato.
Avvalendosi della collaborazione di abili ministri quali il Tanucci [vedi Tanucci Bernardo] ed il marchese di Squillace, armò una serie di riforme volte a limitare l’ingerenza della Chiesa di Roma e a razionalizzare le strutture amministrative e finanziarie del Regno. Coadiuvato dal Tanucci introdusse un nuovo sistema fiscale imperniato sul catasto onciario.
Continuò l’attività di riforme anche in Spagna, quando alla morte di Ferdinando VI ne cinse la corona dopo aver rinunciato al trono di Napoli in favore del figlio minorenne Ferdinando IV [vedi Ferdinando I di Borbone].
Alleato con i Borbone di Francia col patto di famiglia [vedi Famiglia (patto di)] pose in atto una politica antinglese che lo vide partecipe della guerra dei sette anni (1756-63) e a quella d’indipendenza americana (1775-82).
In campo religioso assunse un atteggiamento regalista, controllando l’Inquisizione [vedi] e deliberando l’espulsione dei Gesuiti [vedi] nel 1767

Catapano

(o catepano) (dal greco katà “sopra” e pán “tutto”, cioè in termini moderni soprintendente)

Nome che nei secoli X e XI veniva dato al funzionario dell’amministrazione civile e militare bizantina nelle Puglie, con sede a Bari.
Veniva nominato per un breve periodo, solitamente due o tre anni, dall’imperatore bizantino ed era investito di amplissimi poteri, quali il comando delle forze armate di terra e di mare, l’amministrazione della giustizia tra laici e tra laici ed ecclesiastici (solitamente giudicava in grado di appello, ma eccezionalmente anche in prima ed ultima istanza) ed aveva competenza esclusiva per i reati di lesa maestà.
Come capo dell’amministrazione civile provvedeva a sovrintendere a lavori di straordinaria amministrazione, quali ad esempio il restauro o la fondazione di mura cittadine e la difesa dei privilegi del clero. Provvedeva ad imporre e a far riscuotere tributi (stratia o militia) e decideva sulle esenzioni e sui privilegi fiscali.
Il (—) era coadiuvato da fedeli collaboratori, che non erano titolari di uffici determinati, ma si rendevano disponibili ad espletare gli incarichi suggeriti dalle necessità del momento o richiesti dal (—).
Caduto il dominio bizantino, il (—) divenne un magistrato con funzioni analoghe, prima in Sicilia e poi nel Napoletano.

Chartularium langobardicum

Raccolta di formule, risalenti al secolo XI e destinata ad uso pratico. Essa contiene l’indicazione delle formalità necessarie al compimento di negozi giuridici di diritto privato, ossia delle formalità richieste per la redazione del documento o charta [vedi].
Nel (—) il diritto romano viene ricordato dopo quello longobardo ed è annoverato assieme agli altri diritti allora vigenti (legge salica [vedi], ripuaria, alamanna [vedi Lex Alamannorum], burgundica [vedi Lex Burgundionum], gotica [vedi Lex Wisigothorum]) come mero diritto personale.
L’autore del (—) è ignoto ma l’ambiente nel quale esso fu elaborato viene ascritto alla Scuola di Pavia [vedi].
L’importanza delle formule contenute nel (—) è dovuta alla circostanza che in esso è contenuta, tra l’altro, l’indicazione delle istruzioni relative ad alcuni istituti considerati da alcuni tipicamente originari di Pavia, elaborati dal suo tribunale supremo e dalla sua giurisprudenza.

Codex Gai veronensis

Manoscritto pergamenaceo che ci ha conservato il testo quasi integrale delle Istituzioni di Gaio [vedi Gaio]; il testo del manuale gaiano fu scoperto, per caso, dal Niebuhr nel 1816 su un palinsesto rinvenuto nella Biblioteca di Verona.
Il manuale gaianio era stato ricoperto dalla riproduzione di un’opera minore (le Epistulae di S. Girolamo): cancellando la seconda scrittura, emersero i resti dell’opera gaiana, riconosciuta anche grazie alla collaborazione di F.C. von Savigny [vedi Savigny Friedrich Carl von]