Insieme delle collezioni ufficiali di decretali pontificie, emanate dal Decretum magistri Gratiani in poi. Esso risulta costituito dalle Decretali di Gregorio IX (1234), dal Libro VI di Bonifacio VIII (1298), dalle Clementinae di Clemente V, a cui si aggiunsero tre raccolte private: il decreto di Graziano (1140), le Extravagantes di Giovanni XXII e le Extravagantes communes.
Il testo definitivo del (—) fu approntato da una commissione istituita da Pio V e venne promulgato da Gregorio XIII nel 1582.
Il (—) rimase in vigore fino al 1917, quando venne emanato il Codice di diritto canonico.
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Conversione dei beni ecclesiastici L. 7-7-1866, n. 3036; punto 3/a Prot. Addiz. Nuovo Concordato (Conversion of ecclesiastical property)
A seguito delle leggi eversive [vedi Leggi ecclesiastiche], il diritto statuale riconobbe agli enti ecclesiastici conservati (cioè non soppressi dalle leggi stesse) la capacità di possedere solo beni mobili sancendo per gli immobili presenti e futuri appartenenti a detti enti, salvo poche eccezioni (art. 11, L. 3036/1866), la devoluzione al demanio e la cd. (—) cioè l’obbligo di iscrivere nel gran libro del debito pubblico, una rendita del 5% a favore degli enti stessi.
L’obbligo della (—) è stato soppresso dal Concordato del 1929 [vedi Patti lateranensi] che ha riconosciuto agli enti ecclesiastici il diritto di possedere liberamente beni immobili (il cui acquisto è però subordinato ad autorizzazione governativa). La soppressione in linea di massima è stata confermata dal Nuovo Concordato.
Convalidazione del matrimonio can. 1156-1165 c.j.c. (Validation of marriage)
Convalida del matrimonio canonico originariamente invalido (cioè nullo), in applicazione del principio del favor matrimonii.
Si distinguono due forme di (—) la convalidazione semplice e la sanazione in radice. Queste due forme di (—) sono, ovviamente, possibili sempre che non si tratti di nullità derivante da un impedimento dirimente [vedi Impedimenti al matrimonio] non dispensabile.
La convalida semplice, che agisce ex nunc, può aversi in tre casi:
— nullità a causa di un impedimento dirimente; è necessario che l’impedimento cessi o venga dispensato e che venga rinnovato il consenso almeno dalla parte che è consapevole dell’impedimento;
— nullità a causa di un vizio di consenso: il matrimonio si convalida se dà il consenso la parte che non lo aveva dato, purché perseveri il consenso dell’altra parte;
— nullità a causa di un vizio di forma: il matrimonio, per diventare valido, deve essere nuovamente contratto secondo la forma canonica.
Nei casi in cui il consenso sia stato validamente prestato e perseveri (cioè non sia stato revocato) e si tratti di nullità derivante solo da impedimento dirimente o da difetto di forma, il matrimonio può essere sanato in radice, e con effetti ex tunc, con provvedimento della autorità ecclesiastica e senza rinnovazione del consenso stesso.
Consuetudine can. 23-28 c.j.c. (Custom)
In diritto canonico, diviene norma giuridica non in base al consenso dei sudditi bensì solo ed unicamente se riceve l’approvazione dell’autorità competente.
Tale approvazione può aversi se ricorrono le seguenti circostanze:
— che la (—) sorga in una comunità capace almeno di ricevere una legge, cioè una società perfetta (provincia ecclesiastica, diocesi, Capitolo, ordine religioso [vedi Religiosi]);
— che consti di un ripetuto e costante esercizio di atti liberamente compiuti, accompagnati dall’opinio iuris ac necessitatis cioè dal convincimento di compiere atti giuridicamente obbligatori;
— che non sia contraria al diritto divino;
— che sia, invece, razionale, abbia, cioè, un oggetto idoneo;
— che esista una diuturnitas cioè una protrazione per un certo periodo di tempo, di regola non inferiore ai trenta anni.
La (—) può essere: universale, se è in vigore in tutta la Chiesa; particolare, se è in vigore solo in determinati territori. In riferimento alla legge (scritta) può essere secundum legem (cioè conforme alla legge); contra legem (cioè contraria alla legge) e præter legem (letteralmente «al di fuori della legge»: se cioè stabilisce qualcosa di non esistente nella legge scritta).
La (—), sia contra che præter legem, può essere revocata con legge o a mezzo di una consuetudine contraria; se, però, non se ne fa espressa menzione, la legge non revoca le (—) centenarie o immemorabili, né la legge universale revoca le (—) particolari.