Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige – Sede di Trento N. 54/2009

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 212 del 2008 proposto dai signori Ferrari Fulgida, Ferrari Walter, Crivelli Giovanni, Stocco Rina, Ferrari Ferdinando, Bonazza Marina, Bonazza Maura e dalla società Albergo Carlone S.r.l., rappresentati e difesi dall’avv. Flavio Maria Bonazza ed elettivamente domiciliati nello studio dello stesso in Trento, piazza Mosna, 8

CONTRO

il Comune di Breguzzo (Trento), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Maria Valorzi ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in Trento, via Calepina, 65

per l’annullamento

– del “provvedimento deliberativo del Consiglio Comunale di Breguzzo n. 21 di data 22.5.2008, pubblicato all’albo pretorio comunale dal 23.5.2008 al 2.6.2008, successivamente conosciuto, con il quale il Consiglio comunale di Breguzzo ha deliberato di non autorizzare il progetto di lottizzazione, relativo alle pp.ff. 281, 282, 279/1, 278/1, 261/1, 262, 266, 265, 264/2, 232, 231, 263, 261/3, 260, 261/2, 244, 258 e pp.ed. 301 e 296 in C.C. Breguzzo I Parte, località Mor, presentato dai ricorrenti ai fini della relativa approvazione”.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione comunale intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi alla pubblica udienza del 29 gennaio 2009 – relatore il consigliere Alma Chiettini – l’avv. Flavio Maria Bonazza per i ricorrenti e l’avv. Andrea Maria Valorzi per l’Amministrazione comunale resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

F A T T O

1. I ricorrenti espongono in fatto di essere i proprietari degli appezzamenti di terreno in località Mor nel Comune di Breguzzo, situata a monte dell’abitato, un’area che dal vigente strumento urbanistico è classificata B1 – PL e dunque quale zona residenziale di completamento, parzialmente edificata, semiestensiva, sottoposta a piano di lottizzazione.

Per l’area in questione il Consiglio comunale il 27.12.2007, con deliberazione n. 39, ha approvato un piano guida, sulla base della versione progettuale predisposta dal tecnico di fiducia dei ricorrenti e datata settembre 2007, la quale aveva previsto la suddivisione della zona in due ambiti d’intervento e l’utilizzo edificatorio di ciascun ambito, previa formazione di un piano di lottizzazione parziale. Il piano guida ha altresì subordinato l’ulteriore seguito della procedura alla previa acquisizione da parte del Comune della p.f. 272/8 in quanto, diversamente, l’area sarebbe stata interclusa.

Successivamente, i proprietari hanno formalizzato la domanda di approvazione dei piani di lottizzazione relativi ai due distinti comparti. Sulle due istanze la Commissione edilizia comunale nella seduta del 15.4.2008 ha espresso parere favorevole all’unanimità.

Il Consiglio comunale di Breguzzo nella seduta del 22 maggio 2008, con deliberazione n. 21 – assunta con 4 voti favorevoli e 8 voti contrari, dopo una dichiarazione di voto dei consiglieri della maggioranza consiliare che hanno assunto come fosse prioritario realizzare lo svincolo di accesso presso la chiesa del paese – non ha autorizzato il progetto di lottizzazione de quo.

2. Con ricorso notificato in data 21.7.2008 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il successivo 13 agosto, gli istanti hanno impugnato detta delibera, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi di censura:

I – “eccesso di potere per travisamento della realtà, contraddittorietà rispetto a precedenti provvedimenti (deliberazione consiliare n. 39 del 2007), illogicità manifesta, lesione delle legittime aspettative all’edificazione dei co-lottizzanti e perplessità, illogicità, contraddittorietà e/o, comunque, carenza della motivazione”, in quanto il diniego si presenterebbe contraddittorio rispetto a quanto contenuto nel precedente piano guida, il quale non prevedeva l’allacciamento tra la zona in questione e la strada che si diparte dalla chiesa di Breguzzo;

II – “eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica e straripamento”, posto che il provvedimento avrebbe finalità “sanzionatorie – ritorsive” nei confronti di un consigliere comunale di minoranza proprietario di talune particelle all’interno della lottizzazione.

3. Con il ricorso è stata altresì presentata la domanda affinché il Tribunale accerti gli effetti concretamente lesivi della sfera giuridica degli interessati, per il ristoro dei quali è stata riservata ogni ulteriore azione in sede giurisdizionale.

4. Il Comune di Breguzzo si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso perché infondato nel merito.

5. In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno presentato memorie illustrative delle rispettive posizioni.

6. Alla pubblica udienza del 29 gennaio 2009 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

D I R I T T O

1. Con il ricorso in esame i proprietari delle particelle fondiarie ed edificiali situate in località Mor nel Comune di Breguzzo, una zona che il vigente piano regolatore ha classificato come residenziale di completamento, parzialmente edificata, semiestensiva e soggetta a piano di lottizzazione, hanno impugnato la deliberazione con la quale il Consiglio comunale nel mese di maggio 2008 non ha approvato il loro progetto di lottizzazione, che suddivideva la zona negli ambiti di intervento n. 1 e n. 2.

2. Al fine di chiarire la complessa vicenda in relazione al petitum dedotto è necessaria una preliminare ricostruzione dei fatti che hanno dato luogo alla vicenda litigiosa.

2a. Risulta dagli atti di causa che il 27 dicembre 2007 il Consiglio comunale di Breguzzo con la deliberazione n. 39 aveva approvato, su proposta dei ricorrenti, il piano guida della zona in questione, che prevedeva la suddivisione della stessa in due ambiti d’intervento, specificando che l’utilizzo edificatorio di ciascun ambito dovesse essere assoggettato alla formazione di un piano di lottizzazione parziale e subordinando l’ulteriore seguito della procedura alla previa acquisizione al Comune della p.f. 272/8 affinché l’area in questione non rimanesse interclusa.

Nella relazione che accompagnava il piano guida si legge che il tracciato della nuova strada interna era stato studiato in modo da consentire un andamento regolare di essa, la suddivisione dell’area in due distinti comparti e la minima interferenza con la ivi esistente condotta forzata. Per detta strada, larga 5 metri ed affiancata da un marciapiede largo 1,50 metri, era previsto:

– verso sud, il raccordo con la viabilità comunale esistente, “in attesa dell’eventuale futuro potenziamento”, attraverso la p.f. 272/8 che individua un tratto di strada privata esistente, ossia la particella della quale, nella deliberazione di approvazione del piano guida, era prevista l’acquisizione al Comune affinché la stessa area non rimanesse interclusa;

– verso nord, nella parte terminale, era stata progettata “un’ampia rotatoria in modo da consentire una più agevole inversione di marcia al termine della strada”. La relazione prosegue poi attestando che la strada era stata “disegnata in modo da permettere, in futuro, un agevole raccordo tra i due tronconi … vista la cartografia del PRG in fase di elaborazione, che prevede la realizzazione di una strada comunale di potenziamento che si attesta sul lato nord della lottizzazione”.

Le relazioni tecnico – illustrative ai due progetti di lottizzazione n. 1 e n. 2, presentate all’Amministrazione comunale in data 15.1.2008 (cfr. documenti n. 5 in atti di parte resistente), per quanto riguarda la strada confermano la riportata impostazione.

Sui detti progetti la Commissione edilizia comunale ha espresso il proprio parere favorevole all’unanimità nella seduta del 15 aprile 2008.

2b. Il Consiglio comunale nella seduta del 28.4.2008, con 7 voti favorevoli e 7 voti contrari espressi dalle forze di minoranza (alle quali appartiene il proprietario di alcune delle particelle interessate dalla lottizzazione in esame), non ha approvato il progetto relativo ai lavori di realizzazione del nuovo svincolo stradale presso la chiesa parrocchiale.

2c. In data 14.5.2008 il Commissario ad acta ha approvato, in prima adozione, la Variante generale al P.R.G. Nella relazione di accompagnamento, nel capitolo si legge che “all’intermo del centro abitato vengono decisi il potenziamento e la razionalizzazione della viabilità esistente, mentre per le malagevoli lottizzazioni viene introdotto un nuovo tracciato viario a monte”. L’art. 83 delle N.T.A. stabilisce che il PRG individui la viabilità sia principale che locale suddividendola in strade esistenti, da potenziare e di progetto. La cartografia allegata ha quindi previsto:

– il potenziamento della viabilità esistente collegata alla strada statale, tramite l’allargamento di due svincoli posti l’uno presso la chiesa del paese e l’altro presso l’albergo Trento (quest’ultimo collegato con la progettata uscita a sud della strada della lottizzazione de quo),

– il progetto di una futura strada che si collegherà con lo svincolo presso la chiesa e che proseguirà verso sud, passando a monte della lottizzazione in questione, anche raccordandosi a nord con la strada progettata dai ricorrenti.

2d. Il Consiglio comunale in data 22 maggio 2008, con la deliberazione n. 21, non ha peraltro approvato il progetto presentato dagli istanti. Le motivazioni del diniego sono contenute in un documento allegato e parte integrante della stessa delibera, formalmente costituente la dichiarazione di voto degli otto consiglieri della maggioranza consiliare. In esso si legge che “entrambi i gruppi di minoranza, con il loro voto contrario hanno confermato con i fatti che non vogliono assolutamente la realizzazione … dello svincolo presso la chiesa … importante opera necessaria per tutta la comunità .. fondamentale per l’accesso alle lottizzazioni in località …Mor” e che è “assolutamente prioritario prima realizzare lo svincolo di accesso e successivamente approvare il progetto di lottizzazione in località Mor”.

3. Così riassunti i prolegomeni della vicenda, il Collegio può darsi ora carico del merito del ricorso, che è fondato alla stregua delle plurime censure di eccesso di potere dedotte.

3a. I deducenti richiamano innanzitutto il vincolo viario imposto con l’approvazione del piano guida, il quale ha previsto un unico accesso alla lottizzazione, verso sud, precisando che a tal fine si era convenuta la cessione all’Amministrazione comunale di un tratto di strada privata. In quella sede, solo pochi mesi prima all’opposto diniego, l’Amministrazione non aveva sollevato alcuna obiezione né allegato ulteriori necessità viabilistiche della zona, che appaiono soltanto ora invocate in sede di difesa processuale per giustificare il diniego al piano di lottizzazione, che sarebbe all’opposto fondato su inconsistenti argomentazioni, aventi invece “fini sanzionatorio – ritorsivi”.

Da parte dell’Amministrazione si enuncia, a tal proposito, che il piano guida sarebbe stato approvato su esclusiva iniziativa di parte al fine di tracciare una prima suddivisione dell’area da lottizzare, assolvendo principalmente esigenze di regolazione dei rapporti interni fra i vari proprietari; che con l’adozione di una variante generale al piano regolatore, poco prima dell’esame della deliberazione impugnata, sarebbe stato previsto un nuovo sistema della viabilità, sia esistente che da potenziare, a servizio di tre distinte lottizzazioni, del quale il Consiglio comunale avrebbe tenuto conto.

Venendo alle considerazioni del Collegio, va premesso che la funzione che il comma 7 dell’articolo 53 della legge urbanistica provinciale 5.9.1991, n. 22, assegna al piano guida è quella di “orientare le iniziative private di lottizzazione e di consentire, all’interno di ciascuna zona, l’adozione di piani di lottizzazione parziali, nel quadro di previsioni di massima estese a tutta la zona. Il piano guida può essere approvato anche qualora sia necessario orientare l’utilizzo edificatorio diretto di aree per le quali non risulti utile o sia eccessivamente difficoltoso ricorrere all’obbligo di lottizzazione.” Circa i contenuti, ai sensi del comma 8 dell’articolo 53, esso “determina, nel rispetto dei parametri stabiliti dagli strumenti di pianificazione, le indicazioni di massima che devono essere osservate per la buona sistemazione urbanistica della zona e il suo inserimento nel territorio circostante, con particolare riferimento alla destinazione delle singole aree, alla tipologia edilizia ed alle opere di urbanizzazione primaria e, ove occorra, secondaria. Il piano guida può determinare all’interno di ciascuna zona ambiti di intervento distinti; in tal caso il piano di lottizzazione, anche se previsto come necessario dallo strumento di pianificazione, può riguardare anche un singolo ambito di intervento a condizione che rimanga sempre assicurata la contestuale realizzazione delle corrispondenti opere di urbanizzazione primaria.”

Occorre poi rilevare che, per risalente orientamento della giurisprudenza amministrativa, la scelta delle modalità di attuazione del piano regolatore generale e dunque, nel caso di specie, la valutazione di approvare un piano guida o se, all’opposto, approvare direttamente un piano di lottizzazione, è rimessa all’Amministrazione comunale, cui soltanto compete decidere quale strumentazione sia capace di maggiormente soddisfare l’interesse pubblico (cfr., ex multis, C.d.S., sez. IV, 3.12.1998, n. 1412 e 16.3.1999, n. 286; T.R.G.A. 27.9.2005, n. 268). Consegue coerentemente da ciò che il piano guida, una volta approvato, si dissocia dall’iniziativa di colui che l’abbia proposto, diventando ad ogni giuridico effetto uno strumento proprio dell’Amministrazione.

Vale, tuttavia, precisare che, con l’adozione del piano guida, l’Amministrazione non ha consumato il proprio potere discrezionale di disciplina del territorio e di regolamentazione urbanistica.

Per chiarire detta affermazione deve essere vagliato il rapporto tra piano guida e successivo piano di lottizzazione, alla luce dell’affermazione dei ricorrenti secondo la quale l’approvazione del primo costituirebbe il giuridico obbligo di darvi ulteriore corso in una fase di mera attuazione dello stesso.

Osta peraltro all’accoglimento di siffatta argomentazione il testuale disposto dell’art. 53, comma 7 della richiamata L.p., ove si afferma che la funzione del piano guida è quella di “orientare” le iniziative di lottizzazione, prefissando “le indicazioni di massima” per la destinazione delle singole aree, per la tipologia edilizia e per le opere di urbanizzazione primaria. La portata latamente indicativa delle previsioni del piano guida trova conferma nel comma 6 dello stesso art. 53, ove si prescrive che il singolo progetto di lottizzazione non possa essere autorizzato se non sia conforme alle prescrizioni dei piani urbanistici, anche se soltanto adottati. Dal che si desume che l’obiettivo del corretto assetto del territorio può essere perseguito unicamente sulla base della considerazione complessiva della vigente trama urbanistica sulla quale i singoli interventi sono destinati ad incidere.

In altri termini, il fatto che il piano di lottizzazione sia coerente con le previsioni del piano guida non esclude la successiva possibilità del Consiglio comunale di vagliare le soluzioni in concreto adottate che non siano rigidamente imposte dalle linee tracciate dal secondo, non configurandosi in ragione della menzionata disciplina legislativa provinciale alcun rapporto di diretta consequenzialità tra il contenuto del piano guida e quello del piano di lottizzazione: nel quadro di prescrizioni meramente orientative da parte del primo non restano quindi insondabili le soluzioni poi in concreto proposte.

A questo proposito occorre richiamare la giurisprudenza amministrativa che, con indirizzo oramai pacifico, ha affermato che “l’approvazione da parte dell’Autorità del piano di lottizzazione pur se conforme al piano regolatore generale o al programma di fabbricazione non è atto dovuto ma rappresenta espressione del potere discrezionale della stessa circa l’opportunità di dare attuazione alle previsioni dello strumento urbanistico generale; per evidenti motivi di opportunità, infatti, l’attuazione del p.r.g. può essere articolata per tempi e modalità in relazione alle mutevoli esigenze che, di fatto, si possono manifestare nel periodo di vigenza dello strumento generale” (cfr., ex multis, C.d.S. sez. IV, 2.3.2004, n. 957).

Su tali conclusioni occorre quindi ribadire che spetta al Consiglio comunale, cui compete il potere di pianificare il territorio, accertare di volta in volta la conformità urbanistica di un piano di lottizzazione operando una compiuta analisi di conformità tra i contenuti di esso ed i superiori strumenti di pianificazione, anche sopravvenuti. In tal senso il Collegio condivide la giurisprudenza che ha sostenuto come “la conformità urbanistica di un piano di lottizzazione non esclude la possibilità di una piena valutazione dei contenuti di quest’ultimo, senza che ciò implichi incisione delle previsioni dello strumento superiore, almeno tutte le volte in cui non vi sia un rapporto di necessaria consequenzialità tra i contenuti dell’uno e quelli dell’altro”, in quanto “la conformità allo strumento di livello superiore non comporta necessariamente la condivisione delle scelte operate dallo strumento attuativo”; pertanto “va affermato che al Consiglio comunale va riconosciuto ampio potere discrezionale nella valutazione delle soluzioni proposte” (cfr., T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 6.6.2008, n. 624).

Deve allora aggiungersi che l’esercizio di tale potere discrezionale deve essere accompagnato da una congrua motivazione che espliciti l’iter logico seguito nell’assumere la decisione, nonché le ragioni che abbiano determinato l’Amministrazione a non approvare il piano di lottizzazione nell’ambito territoriale di riferimento in dipendenza della coerenza o meno delle soluzioni proposte con i criteri tecnico – urbanistici generali che informano la pianificazione sovraordinata. Una specifica e logica motivazione si impone, involgendo la statuizione adottata un’area sulla quale, a seguito della previa approvazione del piano guida, i soggetti richiedenti vantano una fondata aspettativa all’edificazione.

3b. Nel caso in esame, si osserva che l’impugnata deliberazione 22.5.2008, n. 21 richiama correttamente i presupposti di fatto, quali le richieste presentate dai privati interessati, il progetto di lottizzazione redatto dal tecnico dei ricorrenti con la copiosa documentazione allegata, la precedente deliberazione n. 9 che aveva approvato il piano guida con la clausola a favore del Comune per l’acquisizione della p.f. 272/8; menziona le dichiarazioni rilasciate da coloro che non si sono associati all’iniziativa lottizzatoria; cita la normativa di riferimento, il Piano urbanistico provinciale ed il vigente piano regolatore generale approvato il 12.6.1997; richiama il parere favorevole della Commissione urbanistica. In altri termini, l’adottata delibera appare costruita su di una griglia giustificativa che, in base alle risultanze istruttorie, parrebbe comportare la successiva, coerente approvazione del progetto in esame.

E’ stato dunque unicamente in sede di dichiarazione di voto, con un documento predisposto dai consiglieri di maggioranza, depositato e quindi divenuto parte integrante della successiva delibera, che si riscontrano le argomentazioni che hanno condotto all’inatteso diniego.

Dal detto documento emerge che, nella seduta del Consiglio comunale del 28 aprile, “entrambi i gruppi di minoranza, con il loro voto contrario hanno confermato con i fatti che non vogliono assolutamente la realizzazione … dello svincolo presso la chiesa … importante opera necessaria per tutta la comunità”; che gli stessi “se ne fregano altamente della pericolosità di questo svincolo” e che avrebbero tenuto un “comportamento irresponsabile”. L’assessore all’urbanistica riferisce poi del disappunto e delle lamentele dei residenti in quella zona, come delle persone che vi accedono, per la mancata messa in sicurezza dello svincolo, oltre allo stupore in quanto i consiglieri di minoranza avrebbero “ignorato le inderogabili esigenze di chi vi abita”. Il documento definisce poi quello svincolo “fondamentale per l’accesso alle lottizzazioni in località …Mor” e che è “assolutamente prioritario prima realizzare lo svincolo di accesso e successivamente approvare il progetto di lottizzazione in località Mor”. La conclusione esprime, infine, la “contrarietà all’approvazione del progetto alla lottizzazione in località Mor fin tanto che non sarà effettuato lo svincolo presso la chiesa”.

In questo tempestoso quadro il Collegio rileva innanzitutto che in alcuna parte della delibera e del suo allegato si riscontrano considerazioni attinenti alla compatibilità urbanistica del piano di lottizzazione con il piano guida e con il piano regolatore, né si accenna alla variante che era stata adottata pochi giorni prima, ossia il 14 maggio. Peraltro, per quanto riguarda detta variante, si osserva che per la lottizzazione di interesse dei ricorrenti si prevede:

* il potenziamento della strada di accesso a sud; in tal senso, coerentemente, nel piano guida era già prevista la cessione al Comune di un tratto di proprietà privata “in attesa dell’eventuale futuro potenziamento”;
* una strada di progetto nuova rispetto al piano vigente per l’accesso a nord, strada che prosegue poi a monte verso sud. Peraltro, anche tale nuovo percorso viario era stato tenuto in considerazione nel piano guida, tanto che nella relativa relazione di accompagnamento si prevede che la strada interna alla lottizzazione termini con un’ampia rotatoria per consentire l’agevole inversione di marcia, ma si specifica che la stessa era stata disegnata in modo da “permettere, in futuro, … vista la cartografia del PRG in fase di elaborazione che prevede la realizzazione di una strada comunale di potenziamento che si attesta sul lato nord … un agevole raccordo tra i due tronconi”.

Infine, nella variante adottata è stato previsto il potenziamento dello svincolo presso la chiesa e della strada che conduce alla località Capelina che, girando verso nord, dovrà poi raccordarsi con la nuova strada di progetto.

Dalle viste previsioni si deduce che l’ampliamento dello svincolo costituisce un primo intervento di una complessa e articolata revisione dell’assetto viario del paese che si realizzerà per fasi: dapprima con l’allargamento delle strade da potenziare e, poi, con la realizzazione delle nuove strade progettate.

Si deve pertanto concludere che la mancata approvazione del progetto di lottizzazione dei ricorrenti fondata sull’esclusiva motivazione che in precedenza le minoranze consiliari non avevano approvato l’ampliamento dello svincolo presso la chiesa, essendo quello svincolo fondamentale per l’accesso alla lottizzazione, appare platealmente insufficiente a sorreggere l’adottato diniego, in difetto di puntuali e specifiche ragioni in fatto che lo giustifichino.

L’Amministrazione non ha dunque rettamente esercitato la propria potestà nel quadro della riserva che le spetta, avendo ispirato la propria determinazione a fini esclusivamente ritorsivi rispetto a quanto avvenuto nella precedente seduta del Consiglio comunale, il che la connota di un’evidente arbitrarietà quale velenoso frutto dello scontro politico in atto.

4. Residua ora da definire la domanda di accertamento preventivo dell’idoneità della delibera impugnata a produrre danni patrimoniali ai ricorrenti connessi alla ritardata esecuzione degli interventi edificatori progettati, con ciò mirando i ricorrenti a conoscere anticipatamente se sia risarcibile il danno da ritardo, ossia il danno da loro subito a causa della violazione da parte dell’Amministrazione degli obblighi di correttezza, di buona fede, oltre che di rispetto dei tempi procedurali per l’approvazione delle due lottizzazioni.

In merito, la giurisprudenza prevalente ritiene che una tale vicenda sia fonte di pregiudizio e dunque risarcibile solo se il privato abbia titolo al rilascio del provvedimento finale, se cioè gli spetti “il bene della vita” (cfr., Ad. Pl. 15.9.2005, n. 7). Di conseguenza compete al giudice l’effettuazione di un giudizio prognostico sulla certa, o statisticamente probabile, spettanza del titolo ai soli fini del risarcimento. E tale giudizio si gradua a seconda che il soddisfacimento della pretesa sia correlato ad un’attività vincolata, tecnico -discrezionale o discrezionale pura.

Sul punto va ribadito che l’approvazione del piano di lottizzazione, pur se conforme al piano regolatore e al piano guida, non è un mero atto dovuto, ma costituisce sempre l’esercizio di un potere discrezionale dell’Amministrazione, “chiamata a valutare l’opportunità di dare attuazione – in un certo momento ed in certe condizioni – alle previsioni dello strumento urbanistico generale, essendovi fra quest’ultimo e gli strumenti attuativi un rapporto di necessaria compatibilità, ma non di formale coincidenza; pertanto, per evidenti motivi di opportunità, l’attuazione dello strumento generale può essere articolata per tempi, o per modalità, in relazione alle esigenze dinamiche che si manifestano” (cfr., C.d.S., sez. IV, 29.1.2008, n. 248).

In concreto, pertanto, pur apparendo la discrezionalità del Consiglio comunale sussistente, seppure variamente astretta nei termini che si sono più sopra illustrati, il Collegio, chiamato a statuire in merito al ritardo quale fonte di danno risarcibile, deve far proprio quanto recentemente affermato dal Consiglio di Stato, quando ha sottolineato nella decisione da ultimo citata che, quando “l’attività amministrativa sia connotata da margini di discrezionalità pura”, si prospetta “il rischio di un’ingerenza del giudice – chiamato a formulare il giudizio prognostico sulla spettanza del bene non ottenuto con la determinazione illegittima ed annullata – nella sfera davvero esclusiva dell’amministrazione, quella afferente il merito amministrativo”; che “in questi casi, connotati dalla persistenza in capo all’amministrazione di significativi spazi di discrezionalità amministrativa pura, si esclude che il giudice possa indagare sulla spettanza del bene della vita, ammettendo il risarcimento solo dopo e a condizione che l’Amministrazione, riesercitato il proprio potere, abbia riconosciuto all’istante il bene stesso: nel qual caso, il danno ristorabile non potrà che ridursi al solo pregiudizio determinato dal ritardo nel conseguimento di quel bene”.

In definitiva, rientrando la valutazione dell’approvazione del piano di lottizzazione dei ricorrenti nella sfera esclusiva dell’Amministrazione, che potrebbe dunque negarla per fondate ragioni, alcun giudizio prognostico può essere in questa fase pronunciato.

Da quanto precede consegue l’insussistenza allo stato dei presupposti per accogliere la richiesta di invio della sentenza e degli atti processuali alla locale Procura della Corte dei Conti; egualmente deve dirsi quanto alla concorrente domanda di trasmissione degli stessi atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Trento, in difetto di ogni elemento che accrediti, oltre all’accertata illegittimità della delibera consiliare impugnata, gli estremi di eventuali reati.

5. Conclusivamente il ricorso, previo assorbimento delle questioni non espressamente esaminate, deve essere accolto per le argomentazioni sopra esposte, con il conseguente annullamento della delibera consiliare impugnata.

Le spese del giudizio, in applicazione del principio della soccombenza, sono poste a carico dell’Amministrazione comunale di Breguzzo e sono quantificate in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 212 del 2008, lo accoglie.

Condanna il Comune di Breguzzo al pagamento delle spese del giudizio che liquida in complessivi € 4.800,00 (quattromilaottocento) (di cui € 4.000 per onorari ed € 800 per diritti), oltre a I.V.A. e C.P.A. ed al 12,5% sull’importo degli onorari a titolo di spese generali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Trento, nella camera di consiglio del 29 gennaio 2009, con l’intervento dei Magistrati:

dott. Francesco Mariuzzo – Presidente

dott. Lorenzo Stevanato – Consigliere

dott.ssa Alma Chiettini – Consigliere estensore

Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno. 18 febbraio 2009

Il Segretario Generale

dott. Giovanni Tanel
N. 54/2009 Reg. Sent.

N. 212/2008 Reg. Ric.

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige – Sede di Trento N. 37/2009

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 102 del 2008 proposto dal COLLEGIO DEI PERITI INDUSTRIALI E DEI PERITI INDUSTRIALI LAUREATI DELLA PROVINCIA DI TRENTO, rappresentato e difeso dall’avv. Alfredo Ferrari ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Trento, Via Manzoni, n. 16;

c o n t r o

il COMUNE DI TAIO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Roberta de Pretis ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Trento, via SS. Trinità, n. 14

per l’annullamento

– delle deliberazioni della Giunta comunale di Taio n. 22 di data 12.2.2008 e della successiva determinazione n. 22 di data 28.2.2008, rese note con nota prot. n. 1938 di data 1.3.2008, aventi ad oggetto “Bando di gara procedura aperta con aggiudicazione mediante il criterio del prezzo più basso (ai sensi dell’art. 82, d.lgs. 12.4.2006, n. 163 e s.m. per l’affidamento del servizio: “Incarico professionale redazione progetto definitivo ed esecutivo per la realizzazione di un edificio scuola media di Taio previa demolizione della esistente scuola in p.ed. 362 C.C. Taio. Contestuale incarico di redigere il piano di sicurezza e di coordinamento in sede di progettazione dell’opera, ai sensi del decreto legislativo 14.8.1996, n. 494 e s.m.”, nella parte in cui prevede, quale requisito necessario alla partecipazione alla gara, il possesso della laurea in ingegneria o architettura;

– di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale, ivi compreso, in particolare, il provvedimento di aggiudicazione, ove nel frattempo eventualmente assunto,

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione resistente;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi alla pubblica udienza del 15 gennaio 2009 – relatore il consigliere Fiorenzo Tomaselli – i difensori delle parti costituite come specificato nel verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O e D I R I T T O

Con ricorso notificato in data 28 aprile 2008 e depositato il successivo 29 aprile, il ricorrente Collegio dei periti industriali ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, chiedendone l’annullamento.

Con atto di rinuncia depositato l’8 gennaio 2009 e con l’adesione della controparte, il difensore di parte ricorrente – a ciò abilitato in forza del mandato speciale a margine dell’atto introduttivo del giudizio – ha dichiarato di rinunciare al ricorso con richiesta di compensazione delle spese.

Ciò stante, non resta al Collegio che dare dunque atto della suddetta rinuncia ad ogni effetto di legge.

Le spese possono essere compensate in presenza di accordo tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 102/2008, dà atto della rinuncia al ricorso.

Spese del giudizio compensate.

Così deciso in Trento, nella camera di consiglio del 15 gennaio 2009, con l’intervento dei Magistrati:

dott. Francesco Mariuzzo – Presidente

dott. Lorenzo Stevanato – Consigliere

dott. Fiorenzo Tomaselli – Consigliere estensore

Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 28 gennaio 2009

Il Segretario Generale

dott. Giovanni Tanel
N. 37/2009 Reg. Sent.

N. 102/2008 Reg. Ric.

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige – Sede di Trento N. 34/2009

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 28 del 2008 proposto dalla signora Iachelini Cecilia, rappresentata e difesa dall’avv. Flavio Maria Bonazza ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Trento, piazza Mosna, 8

CONTRO

– il Comune di Rabbi (Trento), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Dalla Fior e Andrea Lorenzi ed elettivamente domiciliato presso lo studio degli stessi in Trento, via Paradisi, 15/5

per l’annullamento

– “dell’ingiunzione di riduzione in pristino prot. n. 49/2007, di data 9.7.2007, notificata in data 12.7.2007, avente ad oggetto la riduzione in pristino di opere pretesemente abusive, interessanti la p.ed 765, C.C. Rabbi – loc. Valorz”.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione comunale intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi alla pubblica udienza di data 15 gennaio 2009 – relatore il consigliere Alma Chiettini – l’avv. Flavio Maria Bonazza per la ricorrente e gli avv.ti Marco Dalla Fior e Andrea Lorenzi per l’Amministrazione comunale resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

F A T T O

1. La ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe con ricorso straordinario al Capo dello Stato notificato in data 9.11.2007 e depositato lo stesso giorno presso la sede del Comune di Rabbi. L’Amministrazione comunale, con atto datato 29.12.2007 e notificato il 5.1.2008, ha però chiesto la trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale.

La ricorrente si è quindi costituita in giudizio, ai sensi dell’articolo 10 del D.P.R. 24.11.1971, n. 1199, con atto notificato in data 18 gennaio 2008 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il successivo 1 febbraio.

2. L’istante espone in fatto essere proprietaria della p.ed. 675 nel C.C. Rabbi. Con concessione edilizia n. 24 di data 19.9.2005 il Comune ha autorizzato i lavori di “ricostruzione e trasformazione di ruderi esistenti” – secondo l’allegato progetto che prevedeva la ristrutturazione dell’edificio rustico e la realizzazione di tre appartamenti da destinarsi ad usi turistici – con alcune prescrizioni, fra le quali quella che imponeva che i locali situati al piano seminterrato avrebbero dovuto essere utilizzati come deposito e quella che non ammetteva alcun genere di ampliamento, né laterale né con sopraelevazione, anche da richiedersi successivamente con eventuali varianti in corso d’opera.

3. In data 31.7.2006 la ricorrente ha presentato una richiesta di variante in corso d’opera relativa ad alcune opere e modifiche esterne, alla realizzazione di un’intercapedine sul lato sud, oltre alla modifica della destinazione d’uso di alcuni locali interni già previsti come deposito a servizio dei tre appartamenti e successivamente realizzati come stanze.

In occasione del sopralluogo, disposto dall’Amministrazione comunale in data 31.5.2007, si è accertato che tutte le opere descritte con la richiesta di variante erano già state realizzate e che altre opere, non richieste con la menzionata domanda di variante, erano state eseguite in difformità rispetto a quanto assentito. In particolare, si trattava della realizzazione di una sala comune e di un locale cucina al piano seminterrato in luogo dei prescritti locali ad uso deposito.

Con l’ingiunzione n. 49/2007, citata in epigrafe, il Sindaco di Rabbi ha quindi ordinato il ripristino dei locali seminterrati secondo quanto prescritto in sede di rilascio della concessione edilizia.

4. Con il ricorso in esame la signora Iachelini ha impugnato detta ingiunzione deducendo:

I – “eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, insussistenza dei presupposti per l’attivazione dei procedimenti sanzionatori di sorta, carenza di motivazione ed erronea applicazione di legge (articolo 122, comma 1, della legge provinciale 5.9.1991, n. 22)”; l’istante contesta la situazione di fatto considerata ai fini dell’ingiunzione ripristinatoria, ossia che vi sia stato un mutamento della destinazione d’uso dei locali in questione, ai quali non sarebbero state apportate modifiche strutturali;

II – “erronea applicazione di legge (articolo 122, comma 1, in relazione agli articoli 86 e 128, comma 6, della legge provinciale 5.9.1991, n. 22) ed ancora eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento della realtà e carenza di motivazione”, posto che il contestato mutamento di destinazione d’uso avrebbe potuto essere legittimato mediante una procedura di variante in corso d’opera: l’impugnata ingiunzione sarebbe stata peraltro adottata prima che la proprietà depositasse la relativa richiesta e la dichiarazione di fine lavori;

III – “erronea applicazione di legge (articolo 122, comma 1, della legge provinciale 5.9.1991, n. 22) ed ancora eccesso di potere per carenza di motivazione”, poiché il provvedimento impugnato non avrebbe indicato il tipo di abuso e precisato il correlato trattamento sanzionatorio.

5. Con il ricorso è stata presentata istanza di sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato.

6. Nei termini di legge si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale intimata, controdeducendo e chiedendo la reiezione del ricorso perché infondato nel merito.

7. Alla camera di consiglio del 14 febbraio 2008, con ordinanza n. 19, la domanda incidentale di misura cautelare è stata respinta.

8. Alla camera di consiglio di data 15 gennaio 2009 la causa è stata trattenuta per la decisione.

D I R I T T O

1. La signora Cecilia Iachelini è proprietaria di un edificio a tre piani situato nella Valle di Valorz, una zona di pregio ambientale nel Comune di Rabbi, già adibito a stalla e quindi oggetto di un intervento di “ristrutturazione e trasformazione ruderi esistenti” per ricavarne appartamenti da destinare ad uso turistico.

A tale proposito, nella relazione che accompagna il progetto di ristrutturazione dell’edificio si allegava che “l’obiettivo è quello di realizzare una struttura con quattro appartamentini”, prevedendo, in particolare, la realizzazione nel seminterrato di locali con la destinazione “cucina, bagno, disbrigo e sala comune per la prima colazione”, al primo piano di due appartamenti indipendenti e di un ulteriore appartamento nel sottotetto con scala esterna.

La concessione edilizia rilasciata dal Sindaco del Comune di Rabbi ha però prescritto, previo parere della Commissione edilizia, che i locali al piano seminterrato per i quali era stata richiesta la destinazione di “cucina e sala comune per la prima colazione” dovessero invece essere adibiti ad uso “deposito”. La ricorrente ha pertanto presentato le nuove tavole riguardanti il piano interrato, sostitutive delle precedenti, con indicata la destinazione autorizzata.

Sul punto, la difesa dell’Amministrazione precisa che la zona in cui è ubicato l’immobile non è servita da alcuna infrastruttura pubblica, che non esiste un sistema comunale di smaltimento fognario e che essa è raggiungibile da una strada forestale: pertanto si sarebbe voluto incentivare, a suo avviso, il solo uso residenziale dell’immobile che si intendeva ristrutturare, ma non quei diversi interventi che potessero prospettare l’uso ricettivo di esso.

Nel corso dei lavori per la realizzazione dell’edificio sono state eseguite alcune opere in difformità rispetto al titolo concessorio per le quali l’istante ha presentato una richiesta di variante in corso d’opera, di cui alla pratica edilizia n. 21/06. Rilevate alcune difformità nelle tavole progettuali allegate a detta richiesta di variante rispetto alle stesse tavole come assentite, l’Amministrazione comunale ha disposto una verifica presso la proprietà della ricorrente.

In occasione del sopralluogo, avvenuto il 31 maggio 2007, è stato accertato che la destinazione dei locali al piano seminterrato non era quella assentita, ossia a mero “deposito”, e che la relativa richiesta di variazione non era ricompresa fra quelle oggetto della richiesta di variante in corso d’opera in fase istruttoria.

2. Con il primo motivo la ricorrente lamenta che il Comune avrebbe travisato le caratteristiche dei due locali e deduce che l’asserzione, contenuta nell’atto sub iudice, che in uno di essi vi sarebbe stato “depositato di tutto” ne confermerebbe la destinazione a deposito.

Il motivo è privo di pregio: nel provvedimento impugnato la situazione riscontrata è chiaramente individuata, ivi descrivendosi “un locale completamente foderato in legno con panche e tavole”, e “ancorchè oggi vi fosse depositato di tutto”, puntualmente “predisposto quale sala comune”; un secondo locale è stato, poi, indicato come “attrezzato per … uso cucina”.

Il Collegio osserva che le fotografie che accompagnano sia il verbale di sopralluogo che il successivo provvedimento con l’ordine di ripristino confermano pacificamente la contestata conclusione, posto che vi si riscontra:

* da un lato, un locale controsoffittato in legno a cassettoni, con pareti anch’esse completamente foderate in legno lavorato, dotato di impianto di illuminazione costituito da applique a muro, con alcuni tavoli, panche e numerose sedie accatastate, il tutto in legno chiaro e in stile tirolese;
* da altro lato, un locale palesemente attrezzato ad uso cucina, dotato delle relative attrezzature per quanto non ancora completamente installate e piastrellato nello spazio murario visibile tra le basi ed i pensili.

In sede di loro apprestamento, nei due locali sono state pertanto eseguiti interventi e rifiniture civili che, “considerati nel loro insieme coordinato” (cfr. C.d.S., sez. V, 12.10.2000, n. 5428), li configurano tipologicamente diversi rispetto al mero deposito assentito e chiaramente idonei ad una diversa destinazione d’uso.

La chiara esorbitanza degli allestimenti per una fruizione non residenziale testimonia poi la chiara l’intenzione di utilizzare gli stessi ad uso cucina e ristoro da parte dei futuri conduttori, come era del resto nelle originarie intenzioni della ricorrente, cui ella aveva receduto al solo scopo di favorire il sollecito rilascio della concessione edilizia.

In tal senso la giurisprudenza, sia pura datata, di questo Tribunale ha avuto occasione di affermare “che nell’ipotesi in cui sia stato realizzato un mutamento di destinazione d’uso in difformità da quanto previsto dalla concessione edilizia, devono considerarsi come opere abusive non solo le opere di costruzione vere e proprie, ma anche tutti quei lavori interni che, per quanto modesti siano, appaiono obiettivamente necessari a rendere possibile la nuova destinazione, rilevando inequivocabilmente la volontà tesa a tale scopo” (cfr. 16.3.1991, n. 94).

3. Con il secondo motivo si afferma, in via gradata, che il cambio di destinazione d’uso avrebbe potuto essere legittimato attivando la proceduta della variante in corso d’opera e che, in tal senso, l’Amministrazione comunale, avrebbe dovuto attendere la presentazione della relativa richiesta prima di dar corso alla repressione dell’illecito edilizio.

Anche detta prospettazione deve essere disattesa.

Nella vicenda in esame, infatti, l’ipotesi formulata dalla ricorrente è rimasta totalmente priva di dimostrazione, restando comunque in disparte il fatto che le opere che rientrano in detta categoria sono esclusivamente quelle di lieve entità apportate in corso d’opera al progetto assentito e che esse, se effettuate su immobili che si trovano in aree tutelate ai fini paesaggistico – ambientali, devono essere valutate con particolare rigore.

All’opposto, risulta agli atti che una denuncia di variante in corso d’opera era stata depositata, ma che in essa non era stata evidenziata la modifica della destinazione d’uso dei locali al piano seminterrato, riscontrata dall’Amministrazione solo in occasione del sopralluogo disposto per verificare altre difformità rispetto al progetto in origine assentito.

4. Infine, con l’ultimo motivo, si censura l’ingiunzione di ripristino in quanto essa sarebbe carente dell’indicazione delle ragioni per le quali le opere de quo sarebbero illegittime, dell’esatta individuazione del tipo di abuso accertato e della specificazione del trattamento sanzionatorio previsto dalla legge.

Osserva il Collegio che il provvedimento impugnato è l’ingiunzione di riduzione in pristino prevista dall’art. 122, comma 1, della legge provinciale 5 settembre 1991, n. 22, la quale, sul piano sostanziale, integra una mera diffida rivolta alla parte privata per renderle noto il perpetrato abuso. Essa assolve dunque una principale funzione garantista, permettendo all’interessato di esercitare le proprie difese, di eliminare l’abuso (sottraendosi così alle ulteriori sanzioni), o di chiedere, se del caso, il rilascio di un provvedimento in sanatoria. L’ingiunzione non contiene né irroga sanzioni. Un siffatto provvedimento di repressione di interventi effettuati sine titulo, pacificamente classificato sia dalla giurisprudenza che dalla dottrina tra gli atti vincolati, richiede necessariamente la descrizione analitica delle opere e l’attestazione di accertamento dell’assenza di ogni atto autorizzativo per la loro realizzazione.

In tal senso, il provvedimento impugnato si presenta completo, posto che precisa cronologicamente i dati dell’iter procedimentale ed i termini della concessione edilizia a suo tempo rilasciata, nonché fornisce una completa descrizione, anche con strumenti iconografici, delle opere eseguite in difformità della concessione stessa, di cui non era stata fatta dall’istante in precedenza alcuna menzione e, cioè, del cambio di destinazione d’uso ai due locali siti al piano seminterrato.

L’ordinanza prosegue poi qualificando espressamente le opere come “eseguite in difformità dalla concessione” e fissando il termine per provvedere al ripristino dei locali con la destinazione “depositi”.

Infine, come evidenzia la difesa della ricorrente, essa presenta un evidente errore nell’individuazione della norma della legge provinciale di riferimento.

Deve però rilevarsi che ciò si risolve in una mera irregolarità del documento, posto che tale elemento non ha obiettivamente precluso alla parte privata né l’ottemperanza all’ingiunzione né la possibilità di richiedere il rilascio di un eventuale provvedimento in sanatoria.

5. In definitiva, per tutte le suesposte motivazioni, il ricorso deve essere respinto.

Le spese del giudizio sono poste a carico della parte soccombente e sono quantificate in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 28 del 2008, lo respinge.

Le spese del giudizio, liquidate nella complessiva somma di € 3.000 (tremila), oltre ad I.V.A. e C.P.A., sono poste a carico della ricorrente.

Così deciso in Trento, nella camera di consiglio di data 15 gennaio 2009, con l’intervento dei Magistrati:

dott. Francesco Mariuzzo – Presidente

dott. Lorenzo Stevanato – Consigliere

dott.ssa Alma Chiettini – Consigliere estensore

Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 23 gennaio 2009

Il Segretario Generale

dott. Giovanni Tanel
N. 34/2009 Reg. Sent.

N. 28/2008 Reg. Ric.

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige – Sede di Trento N. 33/2009

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 37 del 2008 proposto da Valdadige Tre S.r.l., in persona del legale rappresentante sig.ra Sabrina Secchi, rappresentata e difesa dall’avv. Alessio Pezcoller ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Trento, Via San Francesco d’Assisi, 8

CONTRO

– il Comune di Calliano (Trento), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Flavio Dalbosco ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in Trento, via Paradisi, 15/1

E NEI CONFRONTI

– dei signori Goller Franco e Pedrotti Anna, non costituiti in giudizio

per l’annullamento

– “dell’ordinanza ingiunzione di rimessa in pristino (ristrutturazione ed ampliamento – demolizione di parte dei muri verso ovest in difformità a quanto concessionato e prescritto nella conc. n. 8/2007 di data 25.07.2007) n. 29/2007 a firma del Sindaco del Comune di Calliano di data 10.09.2007, prot. n. 3054, notificata in data 16.11.2007”.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione comunale intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi alla pubblica udienza del 15 gennaio 2009 – relatore il consigliere Alma Chiettini – l’avv. Alessio Pezcoller per la Società ricorrente e l’avv. Flavio Dalbosco per l’Amministrazione resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

F A T T O E D I R I T T O

1. La società Valdadige è proprietaria della p.ed. 196 e della p.f. 581/4 situate in via Brennero, una zona urbanisticamente classificata “area consolidata”, nel C.C. di Calliano. Con concessione ad edificare n. 8/2007 di data 25.7.2007 l’Amministrazione comunale ha autorizzato i lavori di “ristrutturazione ad ampliamento” dell’immobile, secondo l’allegato progetto e nel rispetto di alcune prescrizioni fra cui quella che “come indicato nella tavola n. R 1.0 i muri verso ovest che saranno inglobati nella nuova costruzione non dovranno essere demoliti, ma solamente ristrutturati”.

In occasione di un sopralluogo effettuato il 5.9.2007 dagli agenti della polizia municipale, l’Amministrazione ha redatto il verbale di accertamento del 7.9.2007 nel quale si è evidenziato che “parte dei muri verso ovest, che in base alle tavole di progetto dovrebbero essere inglobati nella nuova costruzione, sono stati demoliti”. Conseguentemente, il Sindaco ha emesso dapprima l’ordinanza di sospensione lavori prot. n. 3054 del 10.9.2007 e, successivamente, l’ingiunzione di rimessa in pristino n. 29, prot. n. 3914 del 9.11.2007, che la quale ha prescritto che la rimessa in pristino non avrebbe dovuto consistere nella ricostruzione della parte di edificio demolita ma nella “sistemazione dell’area e trasporto del materiale in discarica autorizzata”.

2. Il 10.12.2007 la ricorrente ha presentato al Comune di Calliano una domanda di concessione ad edificare in sanatoria per “demolizioni difformi e sistemazione area” alla quale l’Amministrazione ha corrisposto positivamente ancora in data 11.1.2008 (e, previa esazione della sanzione pecuniaria di euro 1032,91, con il provvedimento n. 24 di data 8.2.2008), con la precisazione che la relativa istanza non poteva peraltro essere considerata come variante al progetto autorizzato, per la quale occorreva invece predisporre “un nuovo progetto di ampliamento del corpo attualmente esistente”.

3. Con ricorso notificato in data 12 gennaio 2008 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il 12 febbraio successivo, la società Valdadige ha impugnato la menzionata ordinanza di rimessa in pristino, come indicata in epigrafe, deducendo il seguente articolato motivo di diritto:

– “violazione ed errata applicazione delle norme di cui agli articoli 82, 121 e 122 della legge provinciale 5.9.1991, n. 22, nonché dell’articolo 31 della legge 5.8.1978, n. 457; violazione delle norme del P.R.G. del Comune di Calliano e del Regolamento edilizio comunale, ed eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di motivazione ex articolo 3 della legge 7.8.1990, n. 241”. Ha evidenziato la ricorrente sia la limitata opera di abbattimento eseguita dall’impresa sul muro ad ovest, il quale sarebbe stato rimosso solo in minima parte (mantenendo la struttura di base compresa la soletta), sia il fatto che l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto dell’imminente ricostruzione della parte rimossa senza alcuna alterazione del manufatto originario.

Con il ricorso è stata presentata istanza di sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato.

4. Nei termini di legge si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale intimata, eccependo l’asserita improcedibilità, inammissibilità ed irricevibilità del ricorso e chiedendone comunque la reiezione nel merito.

5. Alla camera di consiglio del 28.2.2008 il Collegio ha ritenuto di verificare quale esito, nel frattempo, avrebbe avuto la domanda presentata dall’istante il 30.1.2008 di rilascio di una nuova concessione ad edificare per i lavori di ristrutturazione ed ampliamento sulle p.ed. 196 e p.f. 581/4; e ciò al fine di verificare la persistenza o meno dell’interesse ad agire in capo alla ricorrente in relazione alla determinazione che il Comune avrebbe assunto in esito alla detta richiesta. Con ordinanza collegiale n. 10/08 è stato quindi ordinato al Sindaco di trasmettere alla Segreteria del Tribunale copia del provvedimento di concessione.

6. L’Amministrazione comunale in data 7.4.2008 ha depositato copia del verbale della Commissione edilizia n. 3 del 5.3.2008 nel quale si era espresso parere favorevole al rilascio della nuova concessione con la prescrizione che “il muro a confine con la p.ed. 197 venga consolidato e non ricostruito ex novo”. Ha inoltre informato che a quella data la nuova concessione non era stata ancora rilasciata in attesa che la ricorrente producesse la documentazione integrativa richiesta.

7. Alla camera di consiglio del 10.4.2008, con ordinanza n. 40, si è dichiarato il non luogo a procedere sulla menzionata domanda incidentale di misura cautelare.

8. Con la memoria depositata in data 5.1.2009 la difesa dell’Amministrazione ha comunicato che il Comune di Calliano ha rilasciato alla società ricorrente la concessione ad edificare n. 1 in data 11.4.2008, prot. n. 1470, depositandone copia agli atti, corredata dalla sopra riportata prescrizione tecnica stabilita dalla Commissione edilizia comunale.

9. Alla pubblica udienza del 15 gennaio 2009 la causa è stata trattenuta per la decisione.

10. Rileva il Collegio che la società ricorrente ha dunque chiesto ed ottenuto dapprima la sanatoria dell’abuso edilizio e, successivamente, una nuova concessione per procedere alla ristrutturazione e all’ampliamento della parte dell’edificio di cui trattasi. Da ciò consegue, sulla scorta di un consolidato indirizzo giurisprudenziale, l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, posto che la favorevole conclusione di entrambe le istanze (di sanatoria e di nuova ristrutturazione e ampliamento) inoltrate dalla ricorrente all’Amministrazione comunale ha comportato il rilascio di una nuova concessione che ha privato di ogni persistente effetto l’ingiunzione di ripristino oggetto dell’impugnativa (cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 15.7.2008, n. 8811 e T.A.R. Veneto, sez. II, 12.1.2006, n. 36 e la giurisprudenza richiamata).

11. I difensori delle parti, come da dichiarazione resa a verbale in udienza, hanno concordemente dato atto della sopravvenuta carenza d’interesse alla definizione del merito della causa da parte del Tribunale, dissentendo peraltro in ordine al carico delle spese di lite, avendo il Comune richiesto una condanna a proprio favore ed insistito il difensore della ricorrente per la loro integrale compensazione.

12. Al riguardo, deve essere fatta conseguentemente applicazione del principio della soccombenza virtuale e dette spese, liquidate come da dispositivo, vanno poste a carico della società ricorrente. E’, infatti, incontroversa agli atti di causa l’avvenuta demolizione, sia pur parziale, dei “muri verso ovest”, circa i quali nella previa concessione edilizia era stato espressamente prescritto che dovessero essere inglobati nella nuova costruzione. Trattandosi di un titolo abilitativo che oltre alla ristrutturazione prevedeva anche l’ampliamento del precedente manufatto edilizio la conservazione di quella muratura autorizzava, infatti, l’istante alla realizzazione della nuova volumetria.

Quanto alla liquidazione delle dette spese, ivi compresi i diritti e gli onorari di difesa, rileva il Collegio che il valore della causa è indefinibile, ma che la semplicità delle questioni edilizie introdotte ben giustifica che esse siano computate nella relativa soglia inferiore. Tenuto conto, poi, dell’impegno difensivo dei difensori, agevolato dal fatto che il Comune ha poi rilasciato una nuova concessione con totale soddisfazione della pretesa della ricorrente, nonché del fatto che non è stata presentata una finale memoria, l’importo finale di esse va liquidato come nel dispositivo.

P. Q. M.

il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 37 del 2008, dichiara improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che, tenuto conto del valore della causa e dell’entità dell’attività difensiva svolta, liquida in complessivi € 3.800,00 (tremilaottocento) (di cui € 3.000 per onorari ed € 800 per diritti), oltre a I.V.A. e C.P.A. ed al 12,5% sull’importo degli onorari a titolo di spese generali.

Così deciso in Trento, nella camera di consiglio del 15 gennaio 2009, con l’intervento dei Magistrati:

dott. Francesco Mariuzzo – Presidente

dott. Lorenzo Stevanato – Consigliere

dott.ssa Alma Chiettini – Consigliere estensore

Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 23 gennaio 2009

Il Segretario Generale

dott. Giovanni Tanel
N. 33/2009 Reg. Sent.

N. 37/2008 Reg. Ric.

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it