Collegio (teoria gen.) (College)

È un insieme di persone fisiche, cui sono attribuiti poteri uguali, e che svolge le sue funzioni unitariamente, decidendo o deliberando insieme.
La riunione del (—) avviene su convocazione del Presidente, e relativamente ad un ordine del giorno prefissato e preventivamente comunicato a tutti i membri.
Per l’adozione di delibere legittime, è richiesto un quorum, cioè la presenza di un certo numero, variabile a seconda dei casi, di componenti del (—).
(—) elettorale (d. pubbl.)
[Sistemi (elettorali)].
(—) giudicante (d. proc. civ.; d. proc. pen.)
Organo che esercita la funzione giudicante; la sua composizione varia a seconda dei casi (es.: il Tribunale e la Corte d’appello, sia in sede civile che in sede penale, giudicano col numero invariabile di tre votanti; la Corte d’Assise col numero invariabile di otto votanti; ciascuna sezione della Corte di Cassazione giudica col numero invariabile di cinque votanti, mentre le Sezioni Unite giudicano col numero di nove votanti). Uno dei componenti del (—) svolge le funzioni di presidente.
Occorre segnalare che, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 19-2-1998, n. 51, con la soppressione della Pretura, il Tribunale giudica col numero invariabile di tre votanti solo in alcuni casi tassativamente determinati; fuori dai casi riservati alla decisione collegiale, il Tribunale è costituito da un magistrato in funzione di giudice unico, con tutti i poteri del (—) [Giudice (unico)].
(—) sindacale (d. comm.)
È l’organo, necessariamente collegiale, di controllo interno delle società per azioni che abbiano optato per il sistema di amministrazione tradizionale. Ad esso è affidata sostanzialmente la funzione di vigilanza della gestione sociale al fine di assicurare il rispetto della legge e dell’atto costitutivo.
Esso è composto da tre o cinque membri effettivi e due supplenti, nominati tra i soci o tra persone estranee. I componenti del (—) per il primo periodo sono nominati nell’atto costitutivo; quelli successivi dall’assemblea ordinaria.
Almeno un membro effettivo e uno supplente devono essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili. Gli altri membri saranno scelti tra professori universitari di ruolo in materie giuridiche ed economiche e iscritti ad albi professionali.
Una particolare disciplina è prevista per le società a responsabilità limitata dove, ex art. 2477 c.c., la nomina del (—) è obbligatoria soltanto se il capitale non è inferiore a 120.000 euro. La nomina del (—) nelle s.r.l. è altresì obbligatoria se per due esercizi consecutivi siano stati superati due dei limiti indicati nel primo comma dell’art. 2435bis c.c. o se comunque è prevista nell’atto costitutivo.
Il (—), in particolare, controlla l’attività degli amministratori, assistendo alle riunioni del consiglio di amministrazione e chiedendo eventualmente agli amministratori informazioni circa il loro operato. Controlla, inoltre, l’attività dell’assemblea, assistendo alle adunanze ed avendo ogni sindaco la facoltà di impugnare le deliberazioni prese in difformità della legge o dell’atto costitutivo (art. 2377 c.c.). Più in generale, spettano al collegio sindacale funzioni di vigilanza:
— sull’osservanza della legge e dello statuto;
— sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società.
Il legislatore del 2003 ha invece sottratto al (—) la funzione di controllo contabile tradizionalmente ad esso spettante, rimettendola ad un revisore esterno o ad una società di revisione.
Il D.Lgs. 88/92, con l’inserimento dell’art. 2403bis c.c., ha istituito la figura del collaboratore del sindaco che svolge specifiche operazioni attinenti al controllo della regolare tenuta della contabilità e della corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili, a spese e sotto la responsabilità dei sindaci.
La peculiarità delle società con azioni quotate fa sì che al (—) di tali società non si applichino gran parte delle norme civilistiche sul funzionamento e le competenze dell’organo negli ordinari enti societari e che esso riceva la più rigorosa disciplina di cui agli artt. 148-154 T.U. finanziario (D.Lgs. 58/98, c.d. legge Draghi).

Collazione (d. civ.) (Breakfast)

È l’istituto secondo il quale i figli legittimi e naturali, i loro discendenti legittimi e naturali e il coniuge, che concorrono alla successione, devono conferire alla massa attiva del patrimonio ereditario tutti i beni che sono stati loro donati [Donazione] in vita dal defunto, in modo da dividerli con gli altri coeredi, in proporzione delle rispettive quote ereditarie (artt. 737 ss. c.c.).
Non sono soggette a (—) le spese di mantenimento, educazione, malattia, nozze, precedentemente corrisposte dal defunto.
La (—), dunque, svolge la funzione di mantenere tra i coeredi del de cuius, anche riguardo ai beni donati, la proporzionalità di quote stabilita dal testamento o dalla legge.
La (—) può realizzarsi in natura, rendendo materialmente alla massa ereditaria il bene ricevuto in donazione, ovvero per imputazione, addebitando alla propria quota ereditaria il valore del bene già ricevuto.
La (—) per imputazione costituisce regola costante per i beni mobili ed il danaro; per gli immobili, invece, il conferente può scegliere tra (—) in natura o per imputazione.
I soggetti tenuti alla (—) possono essere dispensati dall’attuarla dal defunto, nello stesso atto di donazione, nel testamento, in un altro contratto o atto unilaterale inter vivos. Tale dispensa ha effetto solo nei limiti della quota disponibile (art. 737 c.c.) [Dispensa dalla collazione].

Collaudo (d. amm.) (Testing)

Nell’appalto di lavori pubblici, il (—) ha lo scopo di verificare che l’opera in appalto sia stata eseguita a regola d’arte secondo le prescrizioni tecniche ed in conformità del contratto, e che i prezzi ed i compensi stabiliti nel contratto siano congrui per l’opera eseguita.
A decorrere dal 1 luglio 2006 il collaudo di lavori pubblici rientra tra i servizi soggetti alla disciplina del nuovo Codice dei contratti pubblici approvato con il D.lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici). Ciò è confermato dall’art. 91 co. 8 del predetto Codice che vieta l’affidamento di attività di progettazione, direzione lavori, collaudo, etc. con procedure diverse da quelle previste dal codice stesso.
La materia del collaudo è trattata dall’art. 120 del Codice, che opera un ampio rinvio alle norme attuative circa il collaudo di lavori, servizi e forniture, nonché dal successivo art. 141, che si occupa del solo collaudo in tema di lavori pubblici. Al co. 4 dell’art. 141 è previsto che, per le operazioni di collaudo, le stazioni appaltanti nominano da uno a tre tecnici di elevata e specifica qualificazione con riferimento alle caratteristiche dei lavori.
È altresì stabilito che per le stazioni appaltanti che sono amministrazioni aggiudicatrici, i tecnici siano nominati nell’ambito delle strutture interne dell’amministrazione, salvo che nell’ipotesi di carenza di organico accertata e certificata dal responsabile del procedimento.
La norma in questione, tuttavia, non fornisce più precise indicazioni sulle modalità di affidamento all’esterno del collaudo nella predetta ipotesi di indisponibilità del personale interno.
Si osserva, a questo riguardo, che sono state abrogate (ex L. 62/2005) le disposizioni del regolamento 554/99 (art. 188, co. da 8 a 11) che prevedevano la selezione dei collaudatori entro elenchi di professionisti abilitati. L’abrogazione degli elenchi conferma dunque la regola secondo cui gli incarichi di collaudo rientrano nel novero dei servizi tecnici.
Nell’ottica della semplificazione del procedimento amministrativo, l’art. 141, co. 3 D.Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture) prevede la facoltà da parte della stazione appaltante di sostituire il certificato di collaudo con il certificato di regolare esecuzione per tutti i lavori di importo superiore a 500.000,00 euro e fino a 1.000.000,00 euro. Tale fattispecie non è applicabile, per ragioni di opportunità, al caso in cui siano state apposte delle riserve sui documenti contabili, nel qual caso occorre procedere con l’atto formale del collaudo.

Collaborazione coordinata e continuativa (d. lav.) (Co-coordinated and continuous)

Fattispecie di rapporto di lavoro atipica (ora sostituita dal lavoro a progetto dal D.Lgs. 276/03, c.d. legge Biagi: caratterizzata dalla continuità, dalla coordinazione con l’organizzazione lavorativa del committente, dalla collaborazione all’attività di questi e dalla prevalenza del lavoro personale.
Le prestazioni di lavoro svolte nella forma della (—) sono state individuate dalla dottrina nella parasubordinazione, termine che indica la natura ibrida di tali rapporti di lavoro, di natura autonoma dal punto di vista tecnicogiuridico, ma molto vicina al lavoro subordinato dal punto di vista socio-economico (si riscontra frequentemente una forte dipendenza del lavoratore parasubordinato dal committente).
A far data dall’entrata in vigore del D.Lgs. 276/2003 (24 ottobre 2003), i rapporti di (—) possono essere instaurati solo nella forma del lavoro a progetto con l’obbligo di ricondurre l’attività lavorativa che il collaboratore deve svolgere ad uno specifico progetto o programma di lavoro: esiste quindi un divieto di (—) generiche (mancata individuazione di un progetto) e indeterminate nei tratti essenziali (durata del rapporto, pause, diritto del collaboratore etc.).
Qualora si dovesse contravvenire a tale divieto, scatterebbe una presunzione di subordinazione sì che il rapporto di lavoro sarebbe considerato come di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto, salvo prova contraria fornita in giudizio dal committente.
Non tutti i rapporti di (—) devono essere ricondotti però alla forma del lavoro a progetto in quanto non esiste una coincidenza assoluta tra questo e parasubordinazione. Infatti l’art. 61 D.Lgs. 276/2003 esclude tale tipo contrattuale in alcuni casi specifici.