Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 30-06-2011, n. 14421 Insegnanti elementari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La parte qui ricorrente, insegnante di ruolo di scuola elementare presso un istituto del secondo circolo didattico di Trani, ha convenuto in giudizio il Ministero della Pubblica istruzione chiedendone la condanna al pagamento in proprio favore di una determinata somma a titolo risarcitorio.

Ha esposto che il circolo didattico di appartenenza, individuato come scuola situata in zona a rischio, era stato coinvolto dal Provveditorato agli studi di Bari nella relativa attività progettuale; che essa, pertanto, a richiesta del Ministero aveva assunto il formale impegno di rimanere in servizio presso il circolo anzidetto per tutta la durata del progetto e comunque per non meno di tre anni; che nel corso dell’anno scolastico 2001-2002 il Ministero aveva tuttavia comunicato che il progetto, come originariamente presentato e successivamente integrato secondo le indicazioni dello stesso Ministero, doveva ritenersi non confermato.

Su tali premesse, deducendo di aver subito un grave danno professionale ed economico dalla mancata approvazione al progetto, essendole stati negati il diritto alla mobilità, visto l’impegno a permanere nella medesima sede, ed il compenso accessorio annuo spettante sulla base dell’art. 4 del contratto collettivo nazionale di lavoro integrativo del 31 agosto 1999 ha chiesto che la somma corrispondente al compenso perduto le fosse riconosciuta a titolo di risarcimento del danno.

La domanda, accolta in primo grado è stata rigettata dalla Corte d’appello di Bari sulla base di considerazioni così riassumibili.

Il comportamento del Ministero, essendo riconducibile alle determinazioni assunte dagli organi preposti alla gestione del rapporto di lavoro con le capacità e i poteri del datore di lavoro, deve essere valutato secondo le norme civilistiche.

In base all’art. 4, comma 13, del contratto collettivo nazionale di lavoro il collegio dei docenti entro il mese di giugno di ogni anno valuta lo stato di attuazione del progetto e il raggiungimento, ancorchè parziale, degli obiettivi fissati. La valutazione viene inviata al Ministero della pubblica istruzione per la certificazione da effettuarsi ogni anno, anche per mezzo della consulenza CEDE, al fine della conferma o meno del progetto.

L’articolo 14 del contratto (recte: l’art. 13, comma 14 del contratto) prevede che i progetti possano essere confermati ovvero integrati e modificati in relazione alle risultanze emerse nel corso della loro applicazione, alla disponibilità complessiva di risorse, alla certificazione CEDE ed al numero delle scuole sulle quali intervenire.

Secondo il contratto collettivo, quindi, dopo il primo anno, il Ministero ha il potere di confermare o no il progetto in relazione alle risorse disponibili e a seconda dello stato di realizzazione del medesimo.

Perciò, il diritto all’indennità, mentre per il primo anno sorge senz’altro in favore dell’insegnante, per gli anni successivi matura solo se il progetto, confermato dal Ministero, viene ulteriormente realizzato.

D’altra parte, nel confermare o no il progetto il Ministero non esercita un potere assoluto ma deve tenere conto delle condizioni dettate dall’articolo sopra richiamato.

Occorre quindi verificare la conformità dell’operato del Ministero alle norme contrattuali ed al dovere di buona fede e correttezza, invocati dalla parte appellante.

In proposito, la nota 21 settembre 2001 n. 279 del Ministero contiene doglianze circa il livello di informazione in alcune sezioni della cosiddetta "griglia strutturata".

Esse riguardano le informazioni sulla scuola e gli elementi indicativi del grado di dispersione scolastica da contenere, la situazione di disagio sociale del territorio nel quale si trova la scuola, la rete di collaborazione con l’ente locale, le istituzioni e le associazioni; l’assenza di indicazioni sui profili di apprendimento e sul comportamento degli alunni; l’assenza di flessibilità didattica e organizzativa per il biennio trascorso e/o di indicazioni previsionali di diversa articolazione didattica per l’ultimo anno del progetto; l’assenza di riscontro di un qualsivoglia intervento sulle modalità di verifica e valutazione dei processi di insegnamento-apprendimento e di monitoraggio dell’intero processo a fronte del dato costante di assenza di abbandoni; il carattere meramente formale del rapporto con le famiglie.

Con la successiva nota del 4 dicembre 2001 n. 793 il Ministero ha poi comunicato che, nonostante l’integrazione del progetto, predisposta dal collegio dei docenti, a seguito dell’esame del gruppo tecnico istituito con decreto del direttore generale 19 luglio 2001, sulla prosecuzione dell’attività nell’anno scolastico 2001/2002 è stato espresso parere sfavorevole.

Il Ministero evidenzia in tale nota le ragioni di detto parere, pur dopo le modifiche e le integrazioni al progetto, e si esprime in senso negativo sul permanere delle condizioni che negli anni scolastici precedenti avevano fatto indicare nel secondo circolo didattico di Trani la struttura idonea all’attivazione del progetto medesimo.

Non vi sono ragioni per ritenere che tale parere sia illogico, erroneo o incongruo, nè d’altra parte sono state allegate le specifiche inadempienze dell’amministrazione o il modo con cui in concreto sarebbe stato violato il dovere di correttezza, non essendo sufficiente a tal fine la circostanza che le verifiche effettuate nell’aprile 2001 dagli ispettori circa l’esecuzione del progetto si fossero concluse positivamente. Del resto, secondo il contratto collettivo la valutazione dei progetti deve esser fatta entro il mese di giugno da parte del collegio dei docenti e per mezzo di una griglia strutturata predisposta dal Ministero, sicchè il parere reso dagli ispettori, anteriormente alla anzidetto scadenza e con modalità diverse da quelle fissate dalla contrattazione collettiva, non assume rilievo come elemento indicativo di violazione del dovere di correttezza.

Il docente propone ricorso sulla base di due motivi. Il Ministero resiste con controricorso.
Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, dei contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro.

La parte ricorrente si duole dell’interpretazione data dalla sentenza impugnata all’art. 4 del contratto collettivo nazionale integrativo comparto scuola del 31 agosto 1999, sostenendo che nel ritenere che, in base a tale disposizione, l’insegnante abbia diritto solo all’indennità stabilita per il primo anno, mentre per gli anni successivi il compenso dipenderebbe dalla conferma del progetto da parte del Ministero e dalla esecuzione dello stesso, il giudice di merito avrebbe trascurato la formulazione testuale della norma che conferisce al Ministero il potere di confermare il progetto dopo il primo anno senza nulla disporre per gli anni successivi, assegnando in ogni caso all’amministrazione solo il potere di certificare la correttezza della valutazione espressa dal collegio dei docenti, unico organo legittimato a valutare lo stato di attuazione del progetto pluriennale ed il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Il secondo motivo di ricorso denunzia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso il decisivo per il giudizio.

La parte ricorrente critica la sentenza per aver omesso di motivare adeguatamente sulla dedotta correttezza dell’operato del Ministero, trascurando di considerare i profili risarcitori collegati alla circostanza che i docenti avevano mantenuto l’impegno assunto per il triennio ed avevano saputo solo nel corso del terzo ed ultimo anno che l’attività svolta non sarebbe stata riconosciuta.

La parte ricorrente critica, inoltre, come illogica l’affermazione della sentenza secondo cui non erano stati addotti dalle parti attrici elementi tali da far ritenere che il parere negativo espresso dall’amministrazione fosse affetto da errore o travisamento dei fatti o inesatta applicazione dei criteri tecnici di valutazione, non considerando che non era compito del singolo insegnante denunziare tali vizi, essendo sufficiente considerare che ai docenti non era stata contestata alcuna inadempienza e che essi, ove l’amministrazione avesse ritenuto di non proseguire nel progetto, avevano comunque diritto di essere compensati per il lavoro espletato ed indennizzati per il vincolo triennale assunto, con perdita di diverse alternative.

La parte ricorrente critica, infine, la sentenza come contraddittoria nella parte in cui, dato atto del carattere privatistico delle reciproche obbligazioni delle parti, addebita al docente "una (inesistente) responsabilità processuale come se la singola insegnante avesse avuto la possibilità formale e materiale di conoscere le effettive ragioni della decisione del MIUR", in palese contrasto con la situazione reale e considerando comunque le scelte strategiche del Ministero come condizione essenziale per il diniego di diritti già riconosciuti.

I due motivi, fra loro connessi, possono essere esaminati congiuntamente. La Corte li giudica infondati.

Preliminarmente occorre mettere in evidenza che il Contratto Collettivo Nazionale Integrativo Comparto scuola per gli anni 1998- 2001, firmato il 31 agosto 1999 (e pubblicato nel Supplemento ordinario alla GU 9 settembre 1999, n. 212) è contratto collettivo nazionale integrativo del contratto di comparto e non è quindi contratto decentrato, sicchè esso rientra fra quelli la cui violazione e falsa applicazione può esser direttamente denunziata a questa Corte (v. art. 63, comma 5, in relazione al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40).

L’art. 4 del citato contratto collettivo, sotto la rubrica "Scuole situate nelle zone a rischio" dispone testualmente quanto segue:

"1. Le norme contenute nel presente articolo intendono incentivare, sostenere e retribuire lo specifico impegno del personale disponibile ad operare nelle scuole collocate in aree a rischio di devianza sociale e criminalità minorile, caratterizzate da dispersione scolastica sensibilmente superiore alla media nazionale, e a permanervi per la durata prevista dal progetto e, comunque, per non meno di tre anni, al fine di sperimentare, attraverso specifici progetti da ampliare successivamente in relazione a ulteriori risorse, interventi mirati al contenimento e alla prevenzione dei fenomeni descritti. Le aree a rischio sono individuate nell’Intesa allegata al presente contratto integrativo intervenuta tra il Ministero della pubblica istruzione e le OO.SS. firmatarie del C.C.N.L..

2. Il Ministero della Pubblica Istruzione sulla base delle risorse disponibili invita, per il tramite dei competenti Provveditori agli studi, che a tal fine sottoscrivono intese con i rappresentanti provinciali delle 00.SS. firmatarie del C.C.N.L., un numero limitato di scuole appartenenti ai vari ordini e gradi situate nelle predette zone a rischio a presentare uno specifico progetto di durata pluriennale, finalizzato a sostenere e ad ampliare nelle situazioni individuate la scolarizzazione, la socializzazione, la formazione personale degli alunni e conseguentemente il successo scolastico.

3. Le risorse ammontano, in ragione d’anno, a 93 miliardi disponibili sulla base del C.C.N.L., a partire dall’anno scolastico 1999-2000 più eventuali ulteriori finanziamenti e risorse messi a disposizione dei progetti da parte degli Enti Locali, dalle autorità sanitarie, dagli uffici dei giudici dei minori, dalle associazioni di assistenza sociale, dagli altri soggetti interistituzionali interessati e dall’Unione Europea.

4. I progetti delle scuole invitate devono essere presentati entro il 30 settembre 1999 per l’a.s. 1999-2000 ed entro il 31 dicembre per l’anno scolastico successivo.

5. Il progetto da presentare entro il 31 dicembre 1999 per l’anno scolastico 2000-2001, può confermare, con eventuali modifiche ed integrazioni, il progetto elaborato nel precedente mese di settembre.

6. Il numero delle scuole invitate a presentare il progetto di cui al comma precedente, ad eccezione delle situazioni disciplinate dall’art.3 della citata Intesa allegata al presente accordo, può essere superiore del 30% rispetto al numero massimo delle scuole tra le quali è possibile ripartire, secondo le modalità fissate nell’art. 2 dell’Intesa allegata, le risorse previste dal presente contratto, al fine di indirizzare le scelte verso progetti ritenuti particolarmente idonei. Ciò consentirà di predisporre una mappa delle istituzioni scolastiche nelle aree individuate, in modo tale da poter coinvolgere ulteriormente nel programma di interventi contro la dispersione scolastica gli Enti locali e gli altri soggetti menzionati nel precedente comma 3. In relazione alla disponibilità manifestata dagli altri Enti e soggetti interessati saranno posti in essere accordi di programma per l’assegnazione e la migliore utilizzazione di ulteriori risorse professionali, finanziarie, strumentali e logistiche.

7. I progetti devono indicare gli obiettivi che si intendono perseguire e contenere la previsione di attività d’insegnamento da svolgere in modo flessibile con arricchimento delle modalità e dei tempi di funzionamento delle scuole interessate sia sulla base dell’orario antimeridiano sia su orario prolungato pomeridiano e in collegamento con specifiche iniziative poste in essere parallelamente e congiuntamente dagli enti locali e dagli altri soggetti citati nel comma 3, che nel loro insieme concretizzino un sostanziale arricchimento dell’offerta formativa e l’individuazione di specifiche strategie. L’orario prolungato pomeridiano deve essere utilizzato per l’arricchimento delle attività destinate agli alunni, evitando l’appesantimento dei loro impegni e cercando di favorire il coinvolgimento delle famiglie nelle finalità del progetto. Nei progetti devono essere indicate, inoltre, le unità di personale docente ed a.t.a. chiamate a svolgere – ai vari livelli di responsabilità e funzione – le attività previste e le connesse prestazioni esigibili. Tutto il personale in servizio nell’istituzione può essere coinvolto nel progetto.

8. I progetti devono contenere proposte di specifiche attività formative modulari, da finanziare con le risorse iscritte nel bilancio di previsione del Ministero della pubblica istruzione e da far svolgere con le modalità previste dall’art. 18 del presente accordo, rivolte a tutto il personale coinvolto nel progetto e con precedenza a quello di nuova nomina o al primo anno di trasferimento.

9. Entro 30 giorni dalla loro presentazione, il Ministero sceglie i progetti da finanziare nel limite delle disponibilità finanziare previste dal comma 3 e sulla base dei criteri generali stabiliti nel precedente comma 7 e comunica alle scuole che li hanno predisposti le risorse assegnate. Una parte delle risorse disponibili fino al 10 percento è destinata a finanziare i progetti eventualmente presentati dalle scuole di cui all’art. 3 dell’Intesa.

10. In relazione alle finalità del contenimento della dispersione scolastica e alla necessità di una azione volta soprattutto alla prevenzione dei fenomeni descritti, saranno prioritariamente finanziati con le specifiche risorse contrattuali progetti redatti da scuole dell’infanzia e da scuole della fascia dell’obbligo in continuità e, in genere, progetti che prevedano il coinvolgimento dell’intera istituzione scolastica e di tutto il personale in servizio.

11. Il personale impegnato nelle attività di progetto deve dichiararsi disponibile a permanere in servizio nella scuola, anche a seguito di assunzione a tempo indeterminato o di provvedimento di mobilità territoriale e professionale, per la durata del progetto medesimo e, comunque, per non meno di tre anni. In caso di esubero, con la contrattazione decentrata e nell’ambito della diffusione dell’organico funzionale, saranno disciplinate forme di permanenza del personale in servizio impegnato nel progetto e per la durata del progetto medesimo.

12. Entro il mese di giugno, in sede di verifica delle attività del Piano Offerta Formativa (P.O.F), il collegio dei docenti valuta sulla base di una relazione redatta dal Capo d’istituto con la collaborazione degli insegnanti titolari delle funzioni obiettivo di cui all’art. 37 del presente contratto, lo stato di attuazione del progetto e il raggiungimento, anche se parziale, degli obiettivi fissati. Le valutazioni sono espresse per mezzo di una griglia strutturata, predisposta dal Ministero della pubblica istruzione entro il 30 gennaio del 2000, nella quale sono illustrati gli elementi posti alla base della valutazione medesima ed altri indicatori quali il numero degli alunni iscritti nelle varie classi, le attività svolte anche nel settore degli interventi didattici educativi integrativi, le unità di personale coinvolto nel progetto, le ore di servizio anche in eccedenza al normale orario prestato da ciascuna di esse, la percentuale di riduzione degli abbandoni rispetto alla media degli anni scolastici precedenti.

13. La valutazione del progetto è comunicata dal capo di istituto al Provveditore agli studi entro il 30 giugno di ogni anno e da questo inviata al Ministero della pubblica istruzione per la certificazione che sarà ogni anno effettuata anche per mezzo della consulenza del CEDE, al fine della conferma o meno del progetto medesimo.

14. Il capo d’istituto dispone entro il 30 giugno di ogni anno e, comunque, non oltre il 31 agosto il pagamento in unica soluzione del compenso accessorio annuo al personale coinvolto nel progetto, purchè esso sia stato effettivamente in servizio a scuola per almeno 180 giorni nel corso dell’anno scolastico di riferimento. Il compenso è pari a:

L. 5.000.000 per i capi d’istituto;

L. 4.500.000 per i docenti impegnati nel progetto per l’intero orario settimanale di insegnamento;

L. 2.500.000 per il responsabile amministrativo;

L. 1.200.000 per il restante personale.

Lo svolgimento delle attività aggiuntive da parte del personale impegnato nella realizzazione del progetto è retribuito con le risorse del fondo di istituto, in aggiunta ai predetti compensi accessori specifici, purchè in relazione al particolare impegno orario aggiuntivo ciò sia previsto dal P.O.F. e dal progetto medesimo.

In relazione alla disponibilità complessiva di risorse, della certificazione del CEDE di cui al comma 13 e del numero delle scuole sulle quali intervenire, i progetti possono essere confermati. Essi possono anche essere integrati e modificati in relazione alle risultante emerse nel corso della sua applicazione".

Il carattere non automatico della prosecuzione dei progetti per le aree a rischio dopo il primo anno risulta palese dalla considerazione dei commi 13 e 14, ultima parte, del testo sopra riportato. La prima disposizione è esplicita nel prevedere che la valutazione del progetto sia comunicata al fine della sua "conferma o meno", l’art.15 prevede la possibilità di conferma indicando in proposito i parametri da tenere in considerazione.

D’altra parte, che l’unità temporale di riferimento del progetto sia l’anno emerge altrettanto chiaramente dall’art. 4, comma 3 letto in relazione al comma 9, nonchè dal riferimento del comma 15 alla misura annuale del compenso accessorio.

Secondo le parti qui ricorrenti tuttavia la norma contrattuale da un lato conferirebbe al Ministero il potere di confermare il progetto dopo il primo anno senza nulla disporre per gli anni successivi, e dall’altro, assegnerebbe in ogni caso all’amministrazione solo il potere di certificare la correttezza della valutazione espressa dal collegio dei docenti, unico organo legittimato a valutare lo stato di attuazione del progetto pluriennale ed il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Tali affermazioni non sono condivisibili.

Quanto alla prima, essa trascura il testo dell’art. 4, comma 13 del contratto, laddove esso prevede che il Provveditore deve inviare al Ministero "entro il 30 giugno di ogni anno" la valutazione del progetto da parte del collegio dei docenti, al fine della conferma o meno, il che mostra che il potere di conferma riguarda tutto il triennio e non il solo primo anno.

Quanto alla seconda, essa priva di contenuto l’attribuzione al Ministero del suddetto potere di conferma, attribuitogli per contro esplicitamente dal contratto, riducendolo ad una insignificante "presa d’atto" di quanto deciso dall’anzidetto collegio, in palese contrasto con l’evidenza testuale del comma 14 che indicando la "disponibilità complessiva di risorse", la "certificazione del CEDE di cui al comma 13" ed il "numero delle scuole sulle quali intervenire" ancora la decisione di conferma del progetto a parametri che vanno complessivamente valutati ad un livello più elevato di quello del ripetuto collegio.

Così stando le cose, non è dato comprendere quale fondamento normativo possa avere la pretesa di vedersi assicurato anche per gli anni successivi al primo, in assenza di progetto da eseguire, il compenso previsto per l’anno in cui il progetto ha avuto esecuzione.

Poichè a tale pretesa le parti qui ricorrenti hanno dato un fondamento risarcitorio, la Corte di merito indagando su tale tema ha correttamente messo in luce che la previsione contrattuale non poteva risolversi in una sorta di clausola meramente potestativa in favore dell’Amministrazione ma ha anche verificato che la correttezza dell’operato di quest’ultima in sostanza non era messa in discussione dalle parti attrici.

Questa affermazione però non riceve adeguata censura nel ricorso in esame, visto che, come emerge dai due motivi sinteticamente riferiti, le parti qui ricorrenti ritengono che il loro diritto al compenso, e quindi il diritto al risarcimento del danno per non averlo conseguito, prescinda dalla verifica della condotta dell’Amministrazione, che in sostanza costituirebbe un fatto meramente interno alla medesima, irrilevante rispetto alla sua relazione contrattuale con i docenti.

Poichè, per contro, questa relazione deve esser valutata in riferimento alle previsioni del contratto collettivo e poichè queste ultime da un lato non consentono di configurare un diritto soggettivo al rinnovo del progetto e dall’altro prevedono per tale rinnovo un procedimento articolato, è del tutto condivisibile, anche sotto il profilo metodologico, l’approccio della Corte territoriale che ha verificato la correttezza del modo di agire dell’amministrazione, ed ha conseguentemente rigettato la domanda.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con compensazione delle spese del giudizio, stante la novità e complessità della questione.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso; compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 26-07-2011, n. 16251 Estinzione del processo

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte di Appello di Torino, confermando la sentenza di primo grado, respingeva la domanda di T.D., proposta nei confronti della Fondazione Italiana per la Fotografia, avente ad oggetto: il riconoscimento della natura subordinata dell’attività lavorativa svolta in favore di detta Fondazione dall’11 dicembre 1992 al 31 maggio 2006 con mansioni di responsabile mostre ed inquadramento nel livello Q1; la nullità del contratto a progetto stipulato, sempre, con la nominata Fondazione, in data 1 febbraio 2006; l’illegittimità del recesso intimato alla scadenza del contratto a progetto con tutte le conseguenze economiche e giuridiche di cui alla tutela reale o obbligatoria; la condanna della convenuta al pagamento delle differenze retributive pari ad Euro 148.521,40.

La predetta Corte riteneva, innanzitutto, che l’atto sottoscritto in data 6 giugno 2006 integrava gli estremi di vera e propria rinuncia, non impugnata nei termini di cui all’art. 2113 c.c., limitatamente al contratto a progetto e tanto perchè la lettura dell’atto nonchè le dichiarazioni rese davanti al primo giudice non consentivano di definirlo quale quietanza a saldo.

Assumeva, poi, la Corte territoriale che l’attività svolta dalla ricorrente in favore della Fondazione nel periodo dall’11 dicembre 1992 al 31 maggio 2006 non era qualificabile di natura subordinata, in quanto, ancorchè il contenuto particolare ed altamente qualificato della prestazione stessa presupponeva un attenuazione del potere gerarchico, la compenetrazione organica derivante dalla sua qualità di componente del consiglio di Amministrazione della Fondazione escludeva un vincolo di tal genere.

Avverso questa sentenza la T. ricorre in cassazione sulla base di sei censure.

Resiste con controricorso la Fondazione.

Successivamente parte ricorrente ha depositato dichiarazione, ai sensi dell’art. 390 c.p.c., comma 2, con la quale ha rinunciato al ricorso nei confronti della resistente che ha vistato la rinuncia.

Il processo deve essere pertanto dichiarato estinto ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ..

Nulla deve disporsi per le spese a norma dell’ultimo comma del richiamato art. 391 cod. proc. civ..
P.Q.M.

La Corte dichiara estinto il processo. Nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-03-2011) 11-05-2011, n. 18599 Reato continuato e concorso formale

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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 10 febbraio 2010 il Tribunale di Roma, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta, formulata da M.M., intesa ad ottenere in fase esecutiva, ex artt. 666 e 671 c.p.p., l’applicazione della continuazione fra i fatti giudicati da più sentenze, non meglio specificate.

2. Il Tribunale di Roma ha rilevato la carenza della prova dell’unitarietà del disegno criminoso, trattandosi di reati diversi e commessi a rilevante distanza temporale gli uni dagli altri, si che non era emerso alcun elemento, dal quale poter desumere che fossero stati preventivamente deliberati nell’esecuzione di un medesimo disegno criminoso.

3. Avverso detto provvedimento del Tribunale di Roma propone ricorso per cassazione M.M. per il tramite del suo difensore, il quale, oltre al ricorso principale, ha altresì depositato in data 23 febbraio 2011 memoria integrativa, deducendo in entrambi i casi inosservanza ed erronea applicazione della normativa in tema di reato continuato, nonchè difetto di motivazione. Contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, la gran parte dei reati per i quali era stato condannato erano riferiti allo spaccio di modiche quantità di sostanze stupefacenti ed i fatti erano stati commessi a distanza di poche settimane l’una dall’altra, avendo come loro precipuo collante la circostanza che esso ricorrente fosse un extracomunitario privo di permesso di soggiorno; inoltre il Tribunale aveva omesso di applicare il chiesto beneficio della continuazione a gruppi di reati, come da lui chiesto in via subordinata; ed al riguardo il ricorrente, nell’ambito delle 10 sentenze emesse nei suoi confronti, ha indicato quali gruppi di condanne potessero essere riferite a reati commessi nell’esecuzione di un medesimo disegno criminoso.
Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto da M.M. è fondato.

2. Con esso il ricorrente lamenta la mancata concessione, in suo favore, del beneficio della continuazione fra i reati, giudicati dalle dieci sentenze, descritte in ricorso.

3. Il Tribunale di Roma ha ritenuto che non sussistesse nella specie l’unicità del disegno criminoso, necessaria per l’applicazione della continuazione nella fase esecutiva, non essendo emerso che le singole violazioni costituissero parte integrante di un unico programma in precedenza deliberato.

4. La motivazione addotta dal Tribunale di Roma per respingere l’istanza proposta dal ricorrente è generica e solo apparente, non avendo il Tribunale valutato in concreto tutte le circostanze delle fattispecie sottoposte al suo esame ed avendo anzi omesso di specificare il numero ed il contenuto delle sentenze, in ordine alle quali era stata chiesta l’applicazione della continuazione.

Il Tribunale non ha adeguatamente esaminato le singole motivazioni addotte dalle sentenze, che hanno giudicato i reati per i quali è stata chiesta la continuazione, onde accertare in concreto la sussistenza degli elementi che, alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte, costituiscono validi indici della sussistenza di un unico disegno criminoso, quali, principalmente, la distanza cronologica fra i fatti, elemento in ordine al quale il provvedimento impugnato si è espresso in termini del tutto generici;

le singole modalità di condotta; le tipologie dei reati giudicati;

la natura dei beni tutelati nei singoli casi; l’eventuale omogeneità delle violazioni commesse; le singole causali dei reati; le condizioni di tempo e di luogo in cui i reati risultano essere stati commessi (cfr., in termini, Cass. 1, 5.11.2008 n. 44862, rv. 242098).

5. Da quanto sopra consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio degli atti al Tribunale di Roma in diversa composizione (cfr. art. 34 c.p.p.), affinchè, in piena autonomia di giudizio, esamini nuovamente l’istanza proposta dal M., colmando le lacune motivazionali sopra riscontrate.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale ordinario di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. civ. Sez. I, Sent., 30-09-2011, n. 20070 Sospensione del processo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il giudizio civile originariamente introdotto innanzi al Tribunale di Padova da N.C. nei confronti della società La Residenziale s.r.l. è stato sospeso con ordinanza del 4.12.1990 in attesa della definizione del processo instaurato innanzi al TAR dalla convenuta, avente ad oggetto questione ritenuta pregiudiziale.

Anteriormente al deposito della sentenza di definizione di questo processo, con istanza formulata il 15.12.2000 ai sensi dell’art. 297 c.p.c., l’attore ha chiesto al Tribunale adito la prosecuzione del giudizio civile ed il giudice istruttore ha fissato l’udienza per il prosieguo nella data del 26.4.2001 con termine per la notifica a controparte cui l’istante non ha tuttavia provveduto.

Comparso all’anzidetta udienza, il difensore dell’attore ha dichiarato l’intervenuta perenzione del processo amministrativo, facendo altresì presente che la società convenuta era stata cancellata dal R.I. in data 18.5.1992. Il giudizio per l’effetto è stato dichiarato interrotto, e quindi è stato riassunto dall’attore nei confronti del liquidatore della società, sia in proprio che nella qualità rivestita per la carica. Esaurita la trattazione, il Tribunale con sentenza non definitiva ha risolto le questioni di rito confermando precedente ordinanza dell’11.2.2002,che aveva revocato la declaratoria d’interruzione del processo, siccome pronunciata in assenza dei presupposti di legge, su rilievo dell’attore e non a seguito di dichiarazione del difensore della stessa parte cui si riferiva l’evento interruttivo, ed ha rigettato l’eccezione d’estinzione ex art. 307 c.p.c. sollevata dalla convenuta.

Indi con sentenza definitiva f ha accolto la domanda nel merito, disponendo condanna della società convenuta (in persona del liquidatore alla restituzione della somma di Euro 18.592,45 oltre accessori.

La società soccombente ha impugnato entrambe le statuizioni innanzi alla Corte d’appello di Venezia per chiedere l’estinzione del giudizio e, nel merito , il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti.

La Corte territoriale, con sentenza n. 463 depositata il 25 marzo 2008, ha dichiarato estinto il giudizio. Ha sostenuto che la nullità del decreto, rectius dell’ordinanza d’interruzione del processo, pronunciata sulla base della dichiarazione del difensore dell’attore, non legittimato a renderla, ha travolto tutti gli atti successivi, dunque anche le sentenze impugnate.

Avverso questa statuizione N.C. ha proposto ricorso per cassazione in base ad unico mezzo. L’intimata non ha spiegato difese.

Il P.G. ha rassegnato le sue conclusioni chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

Il collegio ha disposto farsi luogo a motivazione semplificata.

Il ricorrente denuncia violazione degli artt. 176 e 177 c.p.c. nonchè degli artt. 156, 159 e 307 c.p.c. Ascrive alla Corte del merito errore di diritto consistito nell’aver dichiarato la nullità dell’ordinanza d’interruzione sebbene, in quanto già revocata, non producesse effetti. Il processo a quella data era ancora sospeso, dunque non potevano essere compiuti atti.

Comunque la notifica dell’atto di riassunzione ex art. 303 produce effetto sanante ai fini dell’art. 297 c.p.c..

Il conclusivo quesito chiede se la mancata notifica dell’atto di prosecuzione determini l’estinzione anche se non è decorso il termine semestrale dalla cessazione della causa di sospensione.

Il ricorso esprime censura priva di pregio.

Prescindendo dalla verifica circa la validità ovvero l’inefficacia dell’istanza di prosecuzione del processo ex art. 297 cod. proc. civ. proposta dal ricorrente prima che avesse avuto conoscenza della definizione della causa pregiudiziale che ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ. aveva provocato la sospensione del processo, dunque in fase di quiescenza del giudizio sospeso, occorre rilevare che – in ogni caso – l’omessa notifica del decreto del giudice di fissazione di quell’udienza comporta l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 307 c.p.c., comma 3, ritualmente eccepita.

Il nucleo della questione esposta nel motivo e riassunto nel quesito di diritto attiene a questo solo profilo, il cui carattere assorbente travolge, alla stregua dell’indicata soluzione, gli ulteriori profili d’indagine prospettati.

Tutto ciò premesso, il ricorso deve essere rigettato senza farsi luogo alla pronuncia sulle spese del presente giudizio, stante l’assenza d’attività difensiva dell’intimata.
P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso.

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