Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
La E. s.r.l., aggiudicataria di 7 lotti (attraverso ribassi ricompresi tra il 46% e quasi il 92%) nella gara n. 7/2009 indetta da L. I. s.p.a. per la fornitura di antisettici e disinfettanti destinati agli enti sanitari lombardi, mediante sottoscrizione di convenzioni ai sensi dell’art. 26, comma 1, L. n. 488/99, impugnava dinanzi al TAR per la Lombardia il provvedimento del 2 marzo 2010 con cui la Stazione appaltante le aveva comunicato l’esclusione dalla procedura (recte: la decadenza dall’aggiudicazione) per mancata prestazione della cauzione definitiva ai sensi del paragrafo VI.1 del disciplinare di gara.
Veniva congiuntamente impugnato il bando di gara, nonché l’eventuale – e pur non nota- nuova aggiudicazione a terzi, con richiesta di annullamento e/o dichiarazione di invalidità, nullità e/o inefficacia dei contratti eventualmente conclusi per le stesse forniture di cui al ricorso con soggetti diversi da E. s.r.l..
La ricorrente domandava, infine, la condanna di L. I. s.p.a. al risarcimento dei danni derivanti dalla mancata stipula del contratto di fornitura e, in ogni caso, al versamento dell’indennizzo previsto dall’art. 21quinquies della L. 7 agosto 1990, n. 241, eventualmente anche ai sensi dell’art. 1226 Cod. Civ., con interessi e rivalutazione monetaria.
A fondamento del gravame venivano dedotti, in sintesi, i seguenti motivi:
1) violazione della L. n. 241/1990 per mancata comunicazione di avvio del procedimento; 2) violazione del principio di tipicità dei provvedimenti, essendo stata adottata un’esclusione quando ormai la gara si era già conclusa; 3) violazione dell’art. 113 D.Lgs. n. 163/2006, per avere l’Amministrazione preteso di ancorare l’importo della cauzione definitiva da prestare al valore contrattuale posto a base di gara, piuttosto che all’effettivo valore contrattuale risultante dal prezzo di aggiudicazione; 4), 5) e 6) eccesso di potere e contraddittorietà tra le clausole del bando per l’eccessiva rilevanza attribuita al valore posto a base d’asta del singolo lotto, senza tener conto delle quantità presunte dall’Amministrazione, né comunque di quelle effettivamente acquistabili dagli enti sanitari.
La Stazione appaltante si costituiva in giudizio eccependo l’infondatezza delle doglianze avversarie e chiedendo la reiezione del ricorso.
Il T.A.R. adito respingeva il gravame con la sentenza in forma semplificata n. 1576 del 2010.
Avverso tale pronuncia veniva indi proposto il presente appello, con il quale la società in epigrafe riproponeva le proprie censure, argomentazioni e richieste, e criticava la sentenza appellata per averle disattese.
Resisteva all’impugnativa anche in questo grado la L. I., che eccepiva l’inammissibilità dell’appello per omessa impugnativa delle successive aggiudicazioni disposte per i lotti in questione e per altri profili, e ne deduceva comunque l’infondatezza nel merito.
La società ricorrente illustrava ulteriormente le proprie doglianze e deduzioni con una successiva memoria, con la quale insisteva per l’accoglimento dell’appello.
Entrambe le parti depositavano, infine, degli scritti di replica.
Alla pubblica udienza del 7 giugno 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
La sicura infondatezza dell’appello esime la Sezione dall’intrattenersi su profili di rito, suggerendo di concentrare subito l’attenzione sul merito della controversia.
La gara intorno alle cui sorti si controverte, indetta da un’amministrazione che agisce come centrale di committenza, prevedeva l’aggiudicazione dei vari lotti con il criterio del massimo ribasso sull’importo pari alla base d’asta di ciascun lotto.
La non condivisibilità dei rilievi di ordine giuridicoformale svolti dall’appellante si rivela con particolare immediatezza.
1 E’ il caso della censura circa la omessa comunicazione di avvio del procedimento, atteso che, come ha già osservato il primo Giudice, gli atti di causa comprovano che la ricorrente ha avuto ampio modo di esporre le proprie ragioni in sede procedimentale.
Invero, alla richiesta del 20/11/2009 da parte di L. I. della consegna di una fideiussione a norma di bando, a pena di decadenza dall’aggiudicazione, E. ha potuto replicare già con la propria nota del seguente giorno 23, anticipando con completezza il proprio punto di vista sull’argomento.
A tanto la Stazione appaltante ha poi fatto seguire il proprio atto di riscontro del 9/2/2010, che, nel tenere ferma l’interpretazione della centrale di committenza, insisteva nella richiesta della garanzia dalle caratteristiche indicate, sempre con l’avvertenza che in difetto sarebbe stata applicata la misura della decadenza. Ma anche a tale nota la E. ha potuto replicare, il 18/2/2010, sempre prima della conclusione del procedimento.
La ricorrente non può quindi in alcun modo lamentare una carenza di preventivo contraddittorio, stante anche (al di là del carattere sostanzialmente vincolato della misura avversata, che già di per sé sarebbe decisivo) il pacifico principio giurisprudenziale secondo il quale l’eventuale omissione dell’adempimento prescritto dall’art. 7 della legge n. 241/1990 non è causa di illegittimità del provvedimento finale allorché il suo destinatario sia stato posto comunque in condizione di partecipare al procedimento (cfr., tra le tante, C.d.S., IV, 3/3/2009, n. 1207; VI, 20/1/2009, n. 258).
2 E’ parimenti evidente l’inconsistenza del rilievo con il quale, invocato il principio di tipicità degli atti amministrativi, si osserva che nessuna "esclusione" sarebbe stata in realtà possibile, dal momento che la gara in questione si era già conclusa con l’aggiudicazione definitiva.
Come ha bene osservato il T.A.R. lombardo, non può essere considerato alla stregua di un motivo di illegittimità dell’atto l’avere la Stazione appaltante adoperato la parola "esclusione" in luogo di quella, di "decadenza", conforme alla misura già preannunciata, e poi sostanzialmente assunta, in coerenza con le previsioni della lex specialis e dell’art. 113, comma 4, del D. Lgs. n. 163/2006.
Sotto questo profilo viene infatti in rilievo un chiaro -quanto ininfluente- errore materiale, che non mette in discussione la natura decadenziale del provvedimento che in concreto è stato assunto proprio nei termini che alla E. erano stati ampiamente anticipati.
Del resto, l’atto dà conto della precisa ragione che ne aveva giustificato l’adozione. Ed è noto che la qualificazione dei provvedimenti amministrativi non procede secondo criteri di pura interpretazione nominalistica e letterale, bensì alla stregua del potere che oggettivamente può reputarsi esercitato nel caso concreto.
3a Pure prive di pregio sono le critiche di contraddittorietà e di irragionevolezza svolte con il secondo e terzo motivo dell’originario ricorso, le quali introducono nel vivo della presente controversia.
La E. deduce che, mentre i documenti di gara evidenziano il fabbisogno stimato dalla Stazione appaltante per il periodo contrattuale per ciascun lotto, all’art. 1.1 del disciplinare, invece, il riferimento alle quantità presunte viene obliterato e sostituito da un criterio diverso, riflettente le quantità risultanti dall’applicazione alla base d’asta del valore di aggiudicazione.
La ricorrente assume, inoltre, con il mezzo successivo, l’irragionevolezza della differente disciplina delle quantità "presunte" e delle quantità "contrattuali".
Non si comprenderebbe, in particolare, il senso logico di una quantità dedotta solo per differenza tra i valori a base d’asta ed i valori di aggiudicazione; né si comprenderebbe la razionalità della scelta di rapportare l’impegno dell’aggiudicatario a siffatto valore, del tutto casuale e avulso dalle effettive esigenze regionali e, dunque, svincolato dalla realtà.
Viene altresì richiamata, con il primo mezzo, la inderogabilità della previsione dell’art. 113 del Codice degli Appalti, che esige che la cauzione definitiva sia rapportata all’importo contrattuale. La ricorrente ritiene errato pretendere la cauzione sulla base dell’importo indicato a base di gara, in quanto per "importo contrattuale" deve intendersi quello di aggiudicazione. Il prezzo unitario da essa offerto avrebbe dovuto pertanto essere moltiplicato per i quantitativi presunti di fornitura.
3b Osserva la Sezione, muovendo da quest’ultimo aspetto, che effettivamente l’art. 113 cit. àncora la cauzione definitiva all’importo del singolo contratto (cfr. anche l’art. 123 del d.P.R. n. 207/2010, che prevede che la garanzia venga "calcolata sull’importo di contratto"). E si può trovare ragionevole anche la tesi della non modificabilità, da parte delle Amministrazioni, dell’entità della garanzia da prestare, così come essa discende dai precisi criteri matematici dettati dalla norma del Codice (cfr., del resto, C.d.S., II, n. 2222 del 19 febbraio 2003 a margine dell’art. 30 della legge n. 109/1994).
Il punto da mettere a fuoco, però, è quello della corretta applicazione della suddetta disciplina a fattispecie di contratto come quella per cui è causa.
3c Nella normalità dei casi, l’importo contrattuale che rileva ai fini dell’applicazione dell’art. 113 cit. corrisponde effettivamente alla base d’asta, così come diminuita dallo sconto proposto dall’aggiudicatario.
La Stazione appaltante ha però posto in giusta evidenza che la gara in discussione era destinata a portare alla sottoscrizione di convenzioni ex art. 26, comma 1, legge n. 488 del 1999, le quali hanno delle peculiarità rispetto ai comuni contratti delle PP.AA. che non siano centrali di committenza.
Qui l’impresa prescelta si impegna ad accettare gli ordinativi di fornitura deliberati dagli enti che si avvalgono della convenzione, alle condizioni da questa previste, sino a concorrenza di una quantità massima complessiva. L’effettivo importo contrattuale non è quindi rigidamente predeterminato: ciò che il fornitore fatturerà non è un dato noto a priori, ma dipende dagli ordinativi che saranno emessi dalle Amministrazioni legittimate a fruire della convenzione.
Per sottrarre simili accordi contrattuali alla patologia dell’indeterminatezza, occorre naturalmente che una soglia massima funga da tetto all’espansione degli ordinativi.
Tale soglia non deve però identificarsi forzosamente con il fabbisogno preventivabile nel periodo di vita del contratto: questo sia perché la prevedibilità di un simile fabbisogno è spesso del tutto indicativa e sommamente incerta, sia perché la Stazione appaltante che pure disponga di previsioni (ed è interprete quanto mai qualificata del loro grado di attendibilità) ha tutto il diritto di dimensionare l’impegno contrattuale da richiedere ai futuri contraenti parametrandolo su scenari di massimo bisogno, al fine di assicurare il soddisfacimento delle esigenze pubbliche anche in presenza di dinamiche al di là dell’ordinario prevedibile.
Da qui la possibile presenza di un importo massimo contrattuale complessivo diverso dalla mera proiezione del fabbisogno realmente atteso.
3d La convenzione delineata dalla lex specialis del caso concreto rientra puntualmente in questa cornice.
Il paragr. 1,1 del disciplinare stabiliva: "… con l’aggiudicatario di ciascun lotto L. I. S.p.A. stipulerà una Convenzione… con la quale l’aggiudicatario medesimo si obbliga ad accettare… gli ordinativi di fornitura emessi… sino a concorrenza dell’importo massimo contrattuale della Convenzione (di seguito anche solo "importo massimo contrattuale") pari alla base d’asta complessiva indicata per ciascun lotto…. Tuttavia, tale importo massimo contrattuale non è garantito al fornitore… ".
Alla convenzione si assegnava una durata di 18 mesi, peraltro prorogabile per ulteriori 9 mesi, dietro comunicazione di L. I. S.p.A., "qualora alla scadenza del termine non sia esaurito l’importo massimo contrattuale" (paragr. 1.2 del disciplinare).
Nel paragr. 4.1, inoltre, si puntualizzava che le quantità stimate (c.d. Qi) sono "stime del fabbisogno di prodotti nell’ambito dell’intera durata della Convenzione, effettuate al meglio delle possibilità e conoscenze attuali sui presunti profili di uso da parte degli Enti; tali quantità vengono pertanto fornite a titolo puramente indicativo sulla base di una stima effettuata allo stato delle informazioni rese… dai predetti Enti e sono determinate ai soli fini della valutazione delle offerte e non sono vincolanti ai fini contrattuali, atteso che, in caso di aggiudicazione, il Fornitore si impegna… sino a concorrenza dell’importo massimo contrattuale stabilito per ciascun lotto".
Nel paragr. 6.1, infine, si precisava che "Ai fini della stipula della Convenzione, l’aggiudicatario di ciascun lotto dovrà prestare, ai sensi dell’art. 113 del D.lgs. n. 163/2006, una garanzia fideiussoria pari al 10 % dell’importo massimo contrattuale della Convenzione".
3e Da queste univoche previsioni si desume, pertanto, che l’unico possibile "importo di contratto" cui parametrare l’ammontare della cauzione definitiva era, giusta il paragr. 6.1 del capitolato, il c.d. importo massimo contrattuale. Proprio a tale dato era difatti commisurato l’impegno obbligatorio del fornitore, mentre le "quantità stimate" erano state esposte quale mero indice ai fini della formulazione delle offerte (per dare ai concorrenti un ordine di grandezza dei prevedibili volumi della fornitura) e della loro successiva valutazione comparativa, ma erano prive di valenza contrattuale.
Ne consegue l’inconsistenza sia dell’asserto che la Stazione appaltante avrebbe determinato l’entità della cauzione "a proprio piacimento", sia dell’addebito di violazione, da parte sua, del disposto dell’art. 113 del Codice.
3f La Sezione non rinviene nemmeno la contraddizione che pure viene denunziata.
Una cosa è la stima di un fabbisogno, esercizio cui era sottesa (mai come in questo caso, in cui la Stazione appaltante era chiamata a preventivare le presumibili esigenze dell’intera sanità regionale) una considerevole incertezza; ed altro è la definizione del valoresoglia da assegnare al contratto quale limite massimo dell’impegno richiesto al fornitore, ai sensi dell’art. 1.1 del disciplinare.
Tra quantità "presunte" e quantità "contrattuali" non si rinviene, perciò, contraddizione alcuna, avendo le due grandezze nell’economia della lex specialis funzioni notevolmente diverse, e possedendo solo la seconda di esse valenza contrattuale.
3g Né è persuasiva la critica di irragionevolezza riproposta con il presente appello.
Al di là delle previsioni disponibili sui futuri fabbisogni, normalmente del tutto indicative ed incerte, ed in ogni caso rinvenienti l’interprete migliore del loro grado di attendibilità proprio nella centrale di committenza, a quest’ultima deve riconoscersi un’ampia discrezionalità nel dimensionare l’impegno contrattuale da richiedere ai futuri contraenti. E questa discrezionalità viene esercitata in modo non irrazionale parametrando tale impegno su scenari di massimo bisogno, come è avvenuto nella fattispecie, al fine di assicurare comunque il soddisfacimento delle esigenze pubbliche, anche in presenza di dinamiche esorbitanti dall’ordinario prevedibile.
Una volta maturato l’orientamento di impegnare i concorrenti oltre il livello delle "quantità presunte", d’altra parte, non si presenta manifestamente irrazionale la scelta di ancorare la relativa soglia all’ammontare della base d’asta di ciascun lotto, piuttosto che individuare un apposito dato ulteriore per la bisogna. E nemmeno può addursi, per quanto è stato già esposto, che una simile scelta abbia condotto a valori avulsi dalle esigenze regionali.
3h La E. lamenta, infine, che l’applicazione dei criteri previsti da L. I. determini uno stravolgimento dell’equilibrio che si imporrebbe fra la misura della prestazione contrattuale dovuta dall’aggiudicatario e l’entità della fideiussione presso questi esigibile. In particolare, per il lotto n. 20, la garanzia sarebbe stata chiesta per un importo pari a circa venti volte quello del valore presunto di aggiudicazione.
Vale però notare, a tale riguardo, che i partecipanti alla procedura, grazie alla chiarezza della disciplina di gara, ben conoscevano l’entità dell’esborso cui sarebbero andati incontro gli aggiudicatari per la prestazione della cauzione definitiva, ed avevano l’onere di tenerne adeguato conto nel formulare i loro ribassi.
Va poi ricordato ancora una volta che i "valori del contratto, realisticamente desumibili dai valori stimati", sui quali l’appellante pur comprensibilmente insiste, avevano solo una valenza meramente orientativa, mentre ciò che connotava e dimensionava l’impegno obbligatorio dell’aggiudicatario era, a norma di lex specialis e di contratto, unicamente la soglia costituita dall’importo massimo contrattuale.
Va infine condivisa l’osservazione del Tribunale che l’apparente irragionevolezza dell’importo della garanzia che si ricava è imputabile almeno per buona parte all’elevata percentuale (nell’esempio, il 92%) dei ribassi offerti.
4 Essendo state disattese le critiche svolte dall’appellante sulla legittimità degli atti gravati in prime cure, la loro emersa conformità a diritto non può non incidere inesorabilmente sulla fondatezza della richiesta risarcitoria pure esperita dalla E.. La presenza di un provvedimento amministrativo rivelatosi immune da vizi impedisce, infatti, la qualificazione come ingiusti dei pregiudizi ad esso astrattamente ricollegabili.
Né la ricorrente potrebbe ottenere l’indennizzo previsto dall’art. 21quinquies della L. 7 agosto 1990, n. 241, venendo qui in esame non già una discrezionale revoca di provvedimento amministrativo, bensì un atto dovuto di decadenza.
5 Le considerazioni svolte conducono, in conclusione, alla integrale reiezione dell’appello.
Le spese processuali del grado possono tuttavia essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.