Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 02-03-2011) 11-04-2011, n. 14510

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

B.L. è stato condannato in primo grado, previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate, per il delitto di tentato furto pluriaggravato di una automobile.

La Corte di Appello ha confermato la decisione del primo giudice rigettando una eccezione di intervenuta prescrizione intermedia, sul presupposto che, pur essendo decorsi più di cinque anni tra la pronuncia della sentenza di primo grado – 8 settembre 2003 -, che costituisce atto interruttivo della prescrizione, e quella della emissione del decreto di citazione in appello – 4.1.2010 – ultimo atto interruttivo prima della pronuncia della sentenza di appello, la impugnazione concerneva soltanto il profilo sanzionatorio e, quindi, si sarebbe formato il giudicato sulla affermazione di responsabilità, non impugnata.

Con il ricorso per cassazione B.L. deduceva l’avvenuta estinzione del reato per intervenuta prescrizione e rilevava che errato era il richiamo al principio del tantum devolutimi, quantum appellatimi perchè la prescrizione era maturata dopo la presentazione dell’appello e, quindi, non la avrebbe potuta eccepire con tale atto.

I motivi posti a sostegno del ricorso proposto dal B. sono fondati.

In effetti la Suprema Corte, nel risolvere un contrasto della giurisprudenza di legittimità in un caso del tutto analogo a quello in discussione, ha affermato che nel caso di impugnazione dell’imputato su punti della decisione diversi da quello concernente l’affermazione di responsabilità non si forma, con riferimento a quest’ultimo, il giudicato, a differenza di quanto avviene, invece, nel caso di annullamento con rinvio sul solo trattamento sanzionatorio della Corte di Cassazione; conseguentemente, pur se l’impugnazione ha per oggetto soltanto il trattamento sanzionatorio, come è avvenuto nel caso di specie, può essere applicata la prescrizione del reato verificatasi nelle more (così SS.UU. 19 gennaio – 26 giugno 2000, n. 1, Ruzzolino).

L’indirizzo, che è fondato su una corretta interpretazione dell’art. 648 c.p.p. e sul fatto che il cosi detto giudicato progressivo o parziale si forma sui capi della sentenza non impugnati, è stato seguito dalla Corte di legittimità anche in decisioni successive (vedi, tra le altre, Cass., Sez. 1, 18 febbraio – 25 marzo 2003 n. 13628, CED 223796).

Il Collegio condivide l’indirizzo giurisprudenziale segnalato e le osservazioni sul punto della sentenza impugnata, che, comunque, non tiene conto di tale indirizzo, non appaiono tali da imporre una rivisitazione della questione.

Orbene, essendo trascorsi più di cinque anni tra l’atto interruttivo costituito dalla sentenza di primo grado e quello successivo costituito dalla emissione del decreto di citazione al giudizio di appello, non vi è alcun dubbio che nel caso di specie si sia maturata la così detta prescrizione intermedia ancor prima della pronuncia di secondo grado, come riconosciuto dalla stessa Corte di merito. E’ appena il caso di rilevare che il B. non avrebbe potuto eccepire la prescrizione con l’atto di appello, essendo essa maturata successivamente. Infine non vi è dubbio che nel caso di specie sia ammissibile il ricorso anche se l’unico motivo è costituito dalla intervenuta prescrizione perchè la questione era stata correttamente sollevata dinanzi alla Corte di merito, che la aveva rigettata perchè ritenuta infondata.

Per le ragioni indicate la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.
P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 27-07-2011, n. 16466 Legittimazione a ricorrere ed a resistere

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Svolgimento del processo

Il pretore del lavoro di Chieti, con sentenza del 1990, aveva condannato la USL (OMISSIS) a pagare all’odierno ricorrente, medico convenzionato per il servizio di guardia medica, le quote mensili di caro vita pari al valore in atto nel semestre novembre 1985/aprile 1986 per il settore industriale. Il medico aveva riscosso le somme di cui sopra con rivalutazione monetaria ed interessi, ma la statuizione di primo grado veniva riformata dal Tribunale di Chieti che, con sentenza del 1993, aveva rigettato la domanda.

Successivamente la Azienda Sanitaria Locale di (OMISSIS) in persona del direttore generale, assumendo di essere subentrata alla disciolta ULSS di (OMISSIS), chiedeva ed otteneva, nel 1997, decreto ingiuntivo nei confronti del predetto sanitario, per la restituzione di quanto pagato in forza della citata sentenza del pretore di Ortona e non più dovuto a seguito della sentenza d’appello. Avverso detta ingiunzione l’odierno ricorrente proponeva opposizione al pretore di Chieti, che veniva rigettata e la statuizione veniva confermata dalla sentenza impugnata emessa dalla Corte d’appello di L’Aquila.

La Corte territoriale, premesso che la questione della legittimazione attiva della ASL era stata dedotta solo in appello, affermava che la gestione liquidatoria della soppressa USL era solo una struttura costituita all’interno della ASL che era l’unico soggetto dotato di personalità giuridica, anche in forza della L.R. n. 146 del 1996 per cui tutti i crediti, i debiti ed il fondo cassa risultanti dalla chiusura dell’esercizio finanziario 1994, facenti capo alle preesistenti Unità Locali Socio Sanitarie poste in liquidazione, sono trasferiti alla azienda di nuova costituzione e vanno ricompresi in una apposita contabilità a stralcio. Nel merito la Corte adita rilevava che il credito emergeva dalla sentenza di secondo grado che aveva rigettato la pretesa alle quote mensili di carovita e dalla documentazione attestante l’avvenuto pagamento della somma di cui alla sentenza di primo grado. Escludevano altresì i Giudici di merito che vigesse il principio di irripetibilità del compensi indebiti, perchè questo opera solo nell’ambito del lavoro dipendente. Nè vi era stato un errore della ULSS che aveva pagato spontaneamente ma a seguito di esecuzione forzata.

Avverso detta sentenza il soccombente propone ricorso con due motivi.

Resiste la ASL con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione

Con il primo mezzo censura la sentenza per violazione dell’art. 81 cod. proc. civ., della L. n. 724 del 1994, art. 6, della L. n. 549 del 1995, art. 2, della L.R. n. 146 del 1996, art. 41 e della L.R. n. 123 del 1999, art. 1, nonchè dell’art. 12 preleggi e difetto di motivazione. Sostiene il ricorrente che la eccezione concernente il difetto di legittimazione passiva della AUSL di (OMISSIS), che ben poteva essere sollevata in appello, avrebbe dovuto essere accolta sulla base del disposto della L. n. 549 del 1995, art. 2, comma 14 e sulla base della giurisprudenza di legittimità che afferma che il soggetto legittimato era la Regione in quanto successore ex lege nei rapporti obbligatori di pertinenza delle soppresse USL, nè il quadro era cambiato a seguito della emanazione della L.R. n. 146 del 1996 e L.R. n. 123 del 1999.

Con il secondo motivo si ripropongono le questioni di merito disattese dalla sentenza impugnata sulla mancanza di titolo ad ottenere l’ingiunzione e sulla ripetibilità delle somme percepite.

Rileva il Collegio che, nella specie l’ingiunzione si riferisce a crediti facenti capo sicuramente alla soppressa USL, concernendo il periodo da novembre 1985 ad aprile 1986.

Il primo motivo di ricorso va accolto.

In punto legittimazione passiva nelle cause relative ai debiti e crediti delle soppresse USL la giurisprudenza ormai consolidata, tranne un unico precedente di cui più oltre si dirà, afferma la legittimazione della regione.

1. E’ noto che la L. n. 549 del 1995, art. 2, comma 14, prevede che "Per l’accertamento della situazione debitoria delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere al 31 dicembre 1994, le regioni attribuiscono ai direttori generali delle istituende aziende unità sanitarie locali le funzioni di commissari liquidatori delle soppresse unità sanitarie locali ricomprese nell’ambito territoriale delle rispettive aziende. Le gestioni a stralcio di cui alla L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 6, comma 1, sono trasformate in gestioni liquidatori. Le sopravvenienze attive e passive relative a dette gestioni, accertate successivamente al 31 dicembre 994, sono registrate nella contabilità delle citate gestioni liquidatorie. I commissari entro il termine di tre mesi provvedono all’accertamento delle situazioni debitorie e presentano le risultanze ai competenti organi regionali.

"La L.R. Abruzzo n. 146 del 1996, prevede, all’art. 41" Rapporti di debito e credito per l’esercizio finanziario 1994" che "Tutti i debiti, i crediti ed il fondo di cassa, risultanti alla chiusura dell’esercizio finanziario 1994, facenti capo alle preesistenti Unità locali socio-sanitarie poste in liquidazione, sono trasferiti all’Azienda di nuova costituzione e vanno ricompresi in apposita contabilità stralcio che dovrà essere allegata ai Bilanci dell’Azienda.

"2. Le gestioni a stralcio di cui al comma precedente sono trasformate in gestioni liquidatore ai sensi della L. 29 dicembre 1995, n. 549, art. 2. 3. L’Ufficio Bilancio e Ragioneria delle nuove Aziende è individuato quale Ufficio responsabile della contabilità delle gestioni liquidatorie di cui al comma precedente nell’ambito delle competenze attribuite ai Direttori Generali quali Commissari Liquidatori delle soppresse Unità Sanitarie Locali ricomprese nell’ambito territoriale di ciascuna Azienda." Infine la L.R. 29 novembre 1999, n. 123, "Interpretazione autentica e integrazione della L.R. 24 dicembre 1996, n. 146, art. 41." Dispone all’art. 1. Interpretazione ed integrazione che "La L.R. 24 dicembre 1996, n. 146, art. 41 è da intendere nel senso che tutti i debiti, i crediti ed il fondo di cassa risultanti alla chiusura dell’esercizio finanziario 1994, facenti capo alle preesistenti Unità Locali socio sanitarie sono imputati esclusivamente alle gestioni liquidatorie, costituenti contabilità speciali delle aziende unità sanitarie locali.

2. La responsabilità della contabilità delle gestioni liquidatorie, nell’ambito delle funzioni attribuite ai direttori generali delle aziende unità sanitarie locali, quali commissari liquidatori delle soppresse unità locali socio – sanitarie ricomprese nel territorio di ciascuna azienda, è attribuita agli Uffici bilancio e ragioneria.

La gestione liquidatoria di cui al precedente comma 1 è dotata di autonomia rappresentativa anche in sede processuale, attraverso il suo rappresentante legale nella figura del commissario liquidatore.

3. L’insorgere di sopravvenienze passive rispetto a quelle oggetto di ricognizione ai sensi ed ai fini della L. 11 febbraio 1997, n. 27, ivi compresi eventuali interessi passivi, sia per le spese diparte corrente che in conto capitale, riconducibilì alle gestioni liquidatorie di cui al comma 1, devono essere finanziate prioritariamente con sopravvenienze attive delle medesime gestioni, o con i fondi messi a disposizione dallo Stato, ovvero ai sensi della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 7, comma 35, con le disponibilità dei fondi derivanti da eventuali avanzi di gestione degli esercizi 1995 e successivi.

4. Le liquidità disponibili dopo la chiusura delle gestioni liquidatorie facenti capo ad un’azienda unità sanitaria locale, sono versate al bilancio regionale per essere destinate alla copertura dei debiti di altre gestioni liquidatorie con priorità per quelle che possono essere chiuse.

5. Le disponibilità finanziarie risultanti dagli avanzi di gestione o dai risparmi d’esercizio possono essere utilizzate, sentito il direttore generale interessato dalla Giunta regionale per il perseguimento dell’equilibrio del sistema sanitario regionale, anche in deroga alla L.R. 24 dicembre 1996, n. 146, art. 23, comma 4. 6. In caso di impossibilità accertata e dichiarata dall’azienda unità sanitaria locale di procedere secondo quanto disposto ai precedenti commi, le eventuali sopravvenienze passive fanno carico al bilancio regionale; in tale caso trova applicazione la L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 28, comma 11. 7. E’ esclusa ogni legittimazione passiva – sostanziale e processuale della regione – stante la diretta ed esclusiva responsabilità contabile delle passività delle gestioni liquidatorie a tutto il 31.12.1994. 8. I commissari liquidatori sono tenuti a realizzare i crediti delle gestioni liquidatorie, attivandosi, ove necessario, anche processualmente.

2. Con la sentenza della sezione lavoro n. 18285 del 15/09/2005 si è ritenuto che "In relazione alle disposizioni della L. 23 dicembre 1994, n. 724 art. 6, comma 1, e della L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 2, comma 14, che hanno individuato nelle Regioni i soggetti giuridici obbligati ad assumere a proprio carico i debiti degli organismi soppressi mediante apposite gestioni a stralcio (di pertinenza delle Regioni anche dopo la trasformazione in gestioni liquidatorie affidate ai direttori generali delle nuove aziende), spetta alle Regioni la legittimazione processuale e sostanziale per domande concernenti i crediti relativi a compensi per prestazioni lavorative espletate nell’ambito della attività della gestione liquidatoria per la ricognizione dei debiti e crediti delle soppresse unità sanitarie locali. In quel caso riguardante la regione Campania, la controversia era sottratta "ratione temporis" alla disciplina della L.R. 26 luglio 2002, n. 15, art. 13, che prevede la legittimazione esclusiva dei direttori generali delle ASL nell’esercizio delle funzioni di commissari liquidatori delle USL." 3. Per quanto riguarda il contenzioso concernente le soppresse USL della Regione Abruzzo la giurisprudenza è di segno analogo (Cass. n. 5858 del 09/05/2000, n. 18449 del 31/8/2007 e n. 10060 del 27/04/2010). Con la prima si è deciso che "La L.R. Abruzzo n. 146 del 1996, art. 41, va interpretato, in conformità con quanto disposto dalla Legge Nazionale n. 724 del 1994 (e giusta disposto dell’art. 117 Cost.), nel senso che, nelle controversie relative ai debiti delle soppresse unità sanitarie locali, ente passivamente legittimato è la Regione, quale titolare delle singole gestioni liquidatorie, e non la ASL.". Con la seconda e terza si è affermato che "In tema di debiti delle soppresse unità sanitarie locali, la L.R. Abruzzo 29 novembre 1999 n. 123, art. 1, comma 7, nell’escludere la legittimazione passiva – sostanziale e processuale – della regione, assume, nonostante sia norma di dichiarata interpretazione autentica della L.R. Abruzzo 24 dicembre 1996, n. 146, art. 41, carattere innovativo rispetto a quest’ultima norma, secondo cui, nelle controversie relative ai debiti delle soppresse unità sanitarie locali, legittimato passivo è la Regione, quale titolare delle singole gestioni liquidatorie, e non l’ASL. Ne consegue che la norma regionale, che si pretende interpretativa, non può trovare applicazione a fattispecie sostanziali verificatesi anteriormente alla sua entrata in vigore. "Nello stesso senso, e cioè che la legittimazione competa alla Regione Abruzzo si è espressa da ultimo anche la sezione lavoro con la recente sentenza n. 11771 del 27 maggio 2011.

E’ stato quindi così superato il diverso orientamento di cui alla sentenza n. 4869 del 03/04/2001, la quale aveva affermato che "A norma della L.R. Abruzzo 24 dicembre 1996, n. 146, art. 41 – il quale dispone che tutti i debiti e i crediti, facenti capo alle preesistenti unità locali socio – sanitarie poste in liquidazione, sono trasferiti all’azienda di nuova costituzione e vanno ricompresi in apposita contabilità stralcio e che le gestioni a stralcio sono trasformate in gestioni liquidatorie – e della L.R. 29 novembre 1999, n. 123, art. 1 – che ha interpretato autenticamente l’art. 41 nel senso che i debiti sono imputati esclusivamente alle gestioni liquidatorie e che, in sede processuale la rappresentanza legale è attribuita al commissario liquidatore -, nel giudizio di cassazione avverso la sentenza resa nei confronti di una ULSS, la legittimazione processuale spetta non alla Regione, ma al direttore generale dell’AUSL che, dunque, legittimamente propone il ricorso.". 4. Si consideri ancora, a sostegno dell’ormai consolidato orientamento, che con sentenza n. 108 del 2010 la Corte Costituzionale ha dichiarato che "E’ costituzionalmente illegittimo La L.R. Friuli-Venezia Giulia 26 ottobre 2006, n. 19, art. 15, comma 2, nella parte in cui non assicura la separazione tra la gestione liquidatoria delle passività anteriori al 31 dicembre 1994, risalenti alle USL, e le attività poste in essere direttamente dalle ASL, conseguentemente non sottraendo le Aziende al peso delle passività precedenti la loro istituzione. La L.R. Friuli-Venezia Giulia n. 19 del 2006, art. 15, comma 2, non realizza quella impermeabilità fra patrimonio della ASL e situazione debitoria della pregressa USL tale da rispettare il vincolo normativo per il quale in nessun caso i debiti delle USL debbono gravare sulle nuove ASL, nèil legislatore regionale ha previsto strumenti normativi idonei "rispetto ai pregressi rapporti di credito e di debito delle soppresse unità sanitarie locali", tali da consentire "ad uno stesso soggetto – che pure subentrava nella loro posizione giuridica – ossia alle nuove aziende sanitarie locali, di evitare ogni confusione tra le diverse masse patrimoniali, in modo da tutelare i creditori, ma, nello stesso tempo, da escludere ogni responsabilità delle stesse aziende sanitarie in ordine ai predetti debiti".

In detta pronunzia la Corte ha richiamato altresì le precedenti statuizioni nello stesso senso n. 134/2006, n. 89/2000. 5. Conformemente alla ultima sentenza citata n. 11771/2011, va quindi riaffermato che nessuna rilevanza può assumere il semplice richiamo al conferimento di un "nuovo mandato alla fine di esperire razione di recupero" relativa allo specifico contenzioso della ex USL di (OMISSIS), contenuto nella Delib. 8 giugno 1995, in esecuzione della quale era stata conferita la procura all’avv. Antonio La Pace, in calce al ricorso monitorio, giacchè quest’ultima comunque risultava chiaramente rilasciata dal Direttore generale quale legale rappresentante della Azienda Unità Sanitaria Locale di (OMISSIS), senza riferimento alcuno ad una qualifica di commissario liquidatore o ad una gestione liquidatoria.

Va quindi accolto il primo motivo di ricorso e dichiarato assorbito il secondo. La sentenza impugnata, che ha confermato il rigetto della opposizione al decreto ingiuntivo, va cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., comma 3, in quanto la causa non poteva essere proposta dalla Azienda Sanitaria Locale di (OMISSIS), con conseguente perdita di efficacia dell’ingiunzione opposta. Le spese dei giudizi di merito e di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo e cassa senza rinvio la sentenza impugnata; condanna la Asl di (OMISSIS) alle spese dei giudizi di merito, liquidate per ciascun grado in complessivi Euro novecentotrenta, di cui trenta per esborsi, trecentocinquanta per diritti e quattrocentocinquanta per onorari, e di legittimità determinate in Euro 40,00 oltre duemila Euro per onorari, oltre, per ciascuna liquidazione, spese generali, Iva e CPA. Così deciso in Roma, il 12 maggio – 23 giugno 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, Sent., 12-05-2011, n. 1171 Avanzamento

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Svolgimento del processo

Con il ricorso introduttivo, il ricorrente, Capitano di Corvetta la in servizio presso il Nucleo Supporto Sommergibili di Augusta dal settembre 2007, impugnava la scheda valutativa n.23, relativa al periodo compreso dal 26 agosto 2006 al 15 marzo 2007, nella quale si attestava una valutazione complessiva per il ricorrente "superiore alla media" anziché "eccellente", deducendone vari profili di illegittimità.

Successivamente alla proposizione del ricorso, l’Amm.ne annullava in autotutela detta scheda, sostituendola con un nuovo documento caratteristico, compilato il 12 ottobre 2007, consegnato al ricorrente 25 ottobre 2007, ma il ricorrente, ritenendo lo stesso affetto da numerosi vizi, lo impugnava con primo ricorso per motivi aggiunti.

Con il secondo ricorso per motivi aggiunti, il ricorrente ricorreva avverso la nota del 20 dicembre 2007 di esclusione dalla valutazione per la selezione per l’undicesimo corso ISSMI (Corso Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze); l’esclusione veniva motivata dal mancato possesso dei requisiti di cui all’articolo 3, comma 1 del F.O.M. n.24 del 13 giugno 2007, con riferimento alla scheda valutativa relativa al periodo compreso dal 26 agosto 2006 al 15 marzo 2007, nella quale il ricorrente era stato valuto "superiore alla media" anziché "eccellente".

Con un terzo ricorso per motivi aggiunti, il ricorrente impugnava il verbale del 27 novembre 2007 di esclusione dalla valutazione per la selezione per l’undicesimo corso ISSMI, "ai sensi dell’articolo 2.1 della direttiva applicativa".

L’ Amm.ne si costituiva in giudizio, producendo documenti e memoria.

Le parti hanno poi prodotto memorie e documenti in vista dell’Udienza di merito.

Quindi, all’Udienza del giorno 19 aprile 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

I. Come riportato nelle premesse, il ricorso introduttivo è volto all’annullamento della scheda valutativa n.23 afferente al periodo dal 26 agosto 2006 al 15 marzo 2007, nella parte in cui riconosce al ricorrente una qualifica superiore alla media e del relativo giudizio finale, nonché degli atti presupposti e connessi.

Come già esposto sopra, successivamente alla proposizione del ricorso, l’Amm.ne annullava in autotutela detta scheda, sostituendola con un nuovo documento caratteristico, compilato il 12 ottobre 2007: pertanto, il ricorso introduttivo è divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

II. Il ricorrente, ritenendo il documento caratteristico compilato il 12 ottobre 2007 affetto dai medesimi vizi già dedotti con il ricorso introduttivo, lo ha impugnato con il primo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 5 dicembre 2007 e depositato il 12 dicembre 2007.

Il ricorrente lamenta, con unica articolata censura, violazione del d.p.r. n. 213/2002 ed eccesso di potere sotto svariati profili.

Il Collegio ritiene infondati tutti i profili di censura sollevati.

Quanto alla doglianza secondo la quale nessun giudizio avrebbe potuto essere espresso in quanto al ricorrente nel periodo in questione non era stato assegnato alcun incarico specifico e comunque adeguato alla sua professionalità, con conseguente obbligo di astensione in capo al compilatore, il Collegio ritiene irrilevante la circostanza dell’assegnazione o meno di specifici compiti al fine dell’ottemperanza all’obbligo di redazione dei documenti caratteristici, i cui presupposti sono chiaramente indicati negli artt. 4 e 5 del d.p.r. citato.

Com’è noto, i militari sono sottoposti a valutazione mediante la compilazione di documenti caratteristici i quali hanno lo scopo di registrare tempestivamente il giudizio personale diretto ed obiettivo dei superiori sui servizi prestati e sul rendimento fornito dal militare, rilevando le capacità e attitudini dimostrate ed i risultati conseguiti. I documenti caratteristici sono costituiti dalla scheda valutativa, dal rapporto informativo e dal foglio di comunicazione per gli ufficiali ed i sottufficiali; dal foglio matricolare, dallo specchio valutativo e dal rapporto informativo per i militari di truppa. I giudizi espressi nella scheda valutativa si concludono con l’attribuzione di una delle seguenti qualifiche: eccellente, superiore alla media, nella media, inferiore alla media, insufficiente.

Il modello dei documenti caratteristici, gli elementi in base ai quali compilarli, i periodi di tempo e gli altri casi in cui vanno compilati, le autorità competenti alla compilazione e alla revisione degli stessi sono stabiliti (per l’Esercito, la Marina, l’Aeronautica e l’Arma dei carabinieri) dal D.P.R. 8 agosto 2002 n. 213 ("Regolamento recante disciplina per la redazione dei documenti caratteristici del personale appartenente all’Esercito, alla Marina, all’Aeronautica e all’Arma dei carabinieri"che ha abrogato e sostituito il d.P.R. 15 giugno 1965 n. 1431), le cui disposizioni si applicano a decorrere dal 1 novembre 2002 (e che oggi risultano trasfuse nel D.Lgs. 1532010 n. 66, recante il "Codice dell’ordinamento militare; cfr. artt. 1025 e segg.).

Venendo agli ulteriori profili di censura articolati dal ricorrente, occorre premettere che la Giurisprudenza ha precisato che i documenti caratteristici contengono apprezzamenti che, pur fondandosi sulla totalità della condotta del militare, necessariamente prescindono dai singoli accadimenti, in quanto l’esigenza di circostanziare le mancanze riscontrate trova un limite nella natura delle schede valutative, che non sono cronache di avvenimenti, né costituiscono un articolato rendiconto delle attività del dipendente nel periodo considerato (T.A.R. Emilia Romagna Parma, sez. I, 09 aprile 2008, n. 215).

Le schede valutative e gli altri documenti periodici, basati ex lege su moduli, aggettivazioni e voci valutative precostituite, hanno, tra l’altro, il compito di illustrare le valutazioni dei compilatori in ordine alla personalità del militare ed alle sue qualità morali, culturali e professionali, caratteristiche che emergono dai comportamenti e dal complesso del servizio svolto nel periodo considerato ai fini valutativi, senza, quindi, che sia necessario un elenco analitico di fatti o circostanze relative alla carriera del militare, e nemmeno l’assegnazione di specifici compiti, ben potendo essere sufficiente l’osservazione del militare il quale rimanga "a disposizione" dei superiori.

Ciò detto, appare altresì infondato il richiamo all’istituto dell’astensione.

L’art. 9 comma 1, lett. d), d.P.R. 15 giugno 1965 n. 1431 (poi sostituito con identica formulazione dall’art. 3 comma 1, lett. d, d.P.R. 8 agosto 2002 n. 213), non esaurisce l’intera disciplina dell’obbligo di astensione di compilatori e revisori, giacché essa costituisce espressione di un principio generale di trasparenza ed imparzialità,onde assicurare che il giudizio espresso sia sereno e non influenzato da circostanze che nulla hanno a che fare con il rendimento e le caratteristiche personali del valutato (tra le più recenti, T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 25 gennaio 2010, n. 153).

Ma nel caso in questione, nessuna violazione di detto principio generale viene dedotta dal ricorrente, il quale erroneamente ritiene che, nel suo caso, l’obbligo di astensione scaturirebbe dalla mancanza di elementi sui quali basare il giudizio.

Ne consegue l’infondatezza di tale ricostruzione.

Infine, infondato si appalesa pure l’ultimo profilo di censura, relativo alla pretesa illegittimità della redazione del documento di valutazione da parte di un ufficiale di pari grado e pari decorrenza amministrativa del ricorrente.

In disparte la circostanza che il profilo è stato irritualmente evidenziato in memoria, e non introdotto tempestivamente in sede di ricorso, in ogni caso lo stesso risulta infondato in punto di fatto, atteso che, come riporta lo stesso ricorrente, il divieto della compilazione dei documenti caratteristici previsto dall’articolo 3 comma 1 del d.p.r. 213/2002 riguarda il militare che rispetto al giudicando, a parità di grado, abbia minore anzianità assoluta o relativa, viceversa l’ufficiale compilatore, secondo quanto ammesso dallo stesso ricorrente, è in possesso della medesima anzianità assoluta.

Quanto alla doglianza relativa al peggioramento dei giudizi rispetto alle precedenti e più favorevoli valutazioni, il Collegio ritiene di richiamarsi sul punto agli orientamenti giurisprudenziali anche della Sezione, ed in particolare, anzitutto, alla Giurisprudenza della Sezione secondo la quale "la valutazione costante degli appartenenti alle Forze dell’Ordine è basata sulla compilazione… di schede nelle quali, attraverso l’analisi di singole componenti, si giunge ad un giudizio complessivo sull’attività lavorativa prestata nel periodo di riferimento e nelle predette schede di valutazione i presupposti di fatto e le risultanze dell’istruttoria legittimamente non vengono evidenziate attraverso la compilazione di una motivazione di tipo discorsivo, bensì tramite l’attribuzione di giudizi a specifici profili della personalità e dell’attività lavorativa svolta dal dipendente, nonché con l’indicazione finale di un giudizio complessivo, sindacabile entro i limiti ristretti della manifesta abnormità, discriminatorietà o travisamento dei presupposti di fatto, attesa l’ampia discrezionalità di cui gode l’amministrazione (in termini T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 04 dicembre 2007, n. 1960).

L’orientamento della Sezione si pone nel solco della costante giurisprudenza, secondo la quale i giudizi, formulati sugli ufficiali, sottufficiali e militari di truppa delle forze armate dai superiori gerarchici con le schede valutative, sono caratterizzati da discrezionalità tecnica, comportando un attento apprezzamento delle capacità e delle attitudini proprie della vita militare dimostrate in concreto; pertanto, impingendo direttamente nel merito dell’azione amministrativa, sono soggetti al sindacato di legittimità del giudice amministrativo solo entro i limiti ristretti della manifesta abnormità, discriminatorietà o travisamento dei presupposti di fatto (tra le più recenti, Consiglio Stato, sez. IV, 09 marzo 2011, n. 1519).

Il giudizio complessivo espresso dal compilatore e dal revisore può essere estremamente sintetico, trovando una puntuale corrispondenza nelle aggettivazioni che descrivono i singoli elementi analiticamente elencati nelle parti delle scheda afferenti alle qualità fisiche, morali, professionali, culturali e specifiche (cfr., Cons. St., sez. IV, 20 dicembre 2005 n. 7217). Per costante giurisprudenza, inoltre, i giudizi possono variare, senza che sia configurabile, per ciò solo, il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà tra il giudizio successivo e quelli espressi nel periodo precedente e senza che sussista, a riguardo, alcun obbligo di motivazione specifica (cfr., Cons. St., sez. IV, 9 ottobre 2002 n. 5353; id., 22 febbraio 2002 n. 991; TAR Lombardia, Milano, sez. I, 15 novembre 2002 n. 4420; TAR Toscana, sez. I, 1° febbraio 2005 n. 496).

Ancora più decisamente, la Giurisprudenza ha ritenuto "inammissibili le argomentazioni dirette a censurare il merito delle valutazioni, assolutamente discrezionali, operate dai redattori dei contestati documenti caratteristici (T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. I, 22 aprile 2008, n. 1528) ".

Ciò posto, il collegio ritiene l’operato dell’Amministrazione, nel caso specifico, immune da rilievi.

In primo luogo, come detto, nessuna comparazione può esser fatta tra giudizi relativi a rapporti informativi che riguardino periodi di servizio diversi e tra loro autonomi (Cons Stato, IV, 10/12/2007 n. 6330).

In secondo luogo, richiamati i principi giurisprudenziali sopra riportati, dai quali il Collegio non ritiene discostarsi, non si ravvisa nell’operato dell’Amm.ne il vizio di eccesso di potere, atteso che l’interessato non comprova la sussistenza di profili caratteriali, personali o professionali tali da far emergere "ictu oculi" (ossia nei limiti del sindacato di pura legittimità) l’inadeguatezza della valutazione attribuitagli.

In definitiva, alla luce del costante orientamento giurisprudenziale, secondo il quale i giudizi formulati dai superiori gerarchici con le schede valutative sono espressione di discrezionalità tecnica, comportando una attenta valutazione delle capacità e delle attitudini proprie della vita militare, dimostrate concretamente dal Militare, che come tali impingono direttamente nel merito dell’azione amministrativa e quindi sfuggono alle censure di legittimità, salvo che non siano arbitrari, irrazionali, illogici ovvero basati su un evidente travisamento di fatti, le censure risultano infondate.

IV. Il secondo e terzo ricorso per motivi aggiunti risultano infondati.

Con il secondo ricorso per motivi aggiunti il ricorrente ha impugnato la nota del 20 dicembre 2007 di esclusione dalla valutazione per la selezione per l’undicesimo corso ISSMI (Corso Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze), per mancato possesso dei requisiti di cui all’articolo 3, comma 1 del F.O.M. n.24 del 13 giugno 2007.

Con il terzo ricorso per motivi aggiunti il ricorrente ha impugnato il verbale del 27 novembre 2007 di esclusione dalla valutazione per la selezione per l’undicesimo corso ISSMI, "ai sensi dell’articolo 2.1 della direttiva applicativa", atto conosciuto successivamente la proposizione della secondo ricorso per motivi aggiunti.

Entrambi i gravami sostengono l’illegittimità dell’esclusione, avvenuta in esecuzione della disposizione generale (Foglio d’ordine della Marina Militare numero 24/2007, articolo 3, comma 1), la quale, ai fini dell’ammissione al corso in questione, richiede l’aver conseguito la qualifica di "eccellente" negli ultimi tre anni di servizio documentati.

Ma il rigetto del primo ricorso per motivi aggiunti avverso il documento caratteristico impugnato determina l’infondatezza degli ulteriori motivi aggiunti avverso l’esclusione in questione, avvenuta in coerenza con quanto prescrive la disposizione di carattere generale avuto riguardo ai requisiti di ammissione.

V. Conclusivamente, il ricorso introduttivo viene dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, i motivi aggiunti vengono respinti.

Ragioni di equità, avuto riguardo alla natura della controversia ed alla oggettiva complessità della fattispecie, inducono il Collegio a disporre l’integrale compensazione di spese ed onorari di giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui connessi motivi aggiunti, dichiara improcedibile il ricorso introduttivo e rigetta i ricorsi per motivi aggiunti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-02-2011) 26-05-2011, n. 21012

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenuto che il motivo di ricorso è inammissibile, in quanto le parti con la ratifica dell’accordo da parte del giudice che ne ha accertato la correttezza, hanno rinunciato a far valere le proprie eccezioni e difese e non sono legittimate, in sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità della pena, in contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali sono addivenute:

Considerato che alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati 1 profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso, al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro 1500,00 a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1500,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.