Cons. Stato Sez. V, Sent., 13-05-2011, n. 2892 Errore scusabile Giustizia amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ell’avvocato Saturno;
Svolgimento del processo

Il dott. F. ha impugnato dinanzi al T.a.r. Campania gli atti della procedura concorsuale interna per titoli ed esami bandita dalla Regione Campania per la copertura di 9 posti di dirigente ed il provvedimento con il quale è stato escluso dal concorso in quanto non in possesso della laurea quadriennale prescritta dal bando, chiedendone la sospensione in via interinale.

Il Tribunale ha accordato la misura cautelare ed il ricorrente è stato ammesso con riserva alle prove concorsuali, con inserimento nella graduatoria finale in decima posizione (primo dei non vincitori).

Con motivi aggiunti, il F. ha impugnato detta graduatoria lamentando l’illegittimità dell’ammissione di alcuni candidati e, con successivo ricorso, il diniego opposto alla sua richiesta di scorrimento, sostenendo che l’inserimento avvenuto senza riserva nella graduatoria finale dimostrerebbe il riconoscimento implicito da parte dell’amministrazione dell’illegittimità dell’esclusione.

Il T.a.r., riuniti i ricorsi, ha dichiarato il primo inammissibile ed il secondo infondato, giudicando tardiva l’impugnazione della clausola di bando relativa al possesso di laurea quadriennale, in quanto immediatamente lesiva, e legittimi sia l’esclusione per mancanza del requisito – essendo il ricorrente in possesso di laurea triennale – sia il diniego di scorrimento della graduatoria, configurandosi l’ammissione come effetto del provvedimento cautelare destinato ad essere assorbito e superato dalla pronuncia di merito.

Propone appello l’interessato per i seguenti motivi:

– error in iudicando, irragionevolezza della motivazione, travisamento dei fatti riportati nel ricorso di primo grado: non esistendo, al momento della pubblicazione del bando, la laurea quadriennale, la clausola avrebbe dovuto essere considerata nulla o inesistente ed integrata secondo quanto disposto dall’art. 28 d.lgs. n. 165/2001, come precisato dalla circolare del Ministero della Funzione pubblica n. 6350/4.7 del 27.12.2000 e nella direttiva del Dipartimento della Funzione pubblica n.3/2005, secondo cui l’accesso alla qualifica dirigenziale per i dipendenti di ruolo richiederebbe il diploma di laurea di primo livello;

– error in iudicando, irragionevolezza della motivazione, richiesta di rimessione in termini per errore scusabile, essendo il ritardo dell’impugnazione del bando dovuto al comportamento della Regione Campania, che notificava a distanza di un anno dalla scadenza del termine per la presentazione della domanda il provvedimento di esclusione;

– error in iudicando, omesso esame delle difese con cui si era sostenuto il consolidamento della posizione del dott. F. a seguito dell’inserimento in graduatoria senza riserva;

– irragionevolezza della reiezione del ricorso avverso il diniego di scorrimento della graduatoria, attesa la pendenza di procedure per la realizzazione dello scorrimento;

– eccesso di potere per violazione del principio di ragionevolezza, travisamento dei fatti, errata applicazione del parere dell’Avvocatura regionale, violazione dell’art. 3 L. n. 241/1990;

– violazione dell’art. 28 d. lgs. n. 165/2001 del D.P.C.M. n. 118/2004, del D.M. n. 270/2004, del D.M. n. 509/1999;

– violazione degli artt. 6, 7 e 8 L. n. 241/1990;

– violazione e falsa applicazione del bando di concorso, eccesso di potere per irragionevolezza, violazione del principio del favor partecipationis; difetto di motivazione;

– riproposizione di tutti i motivi non esaminati dal giudice di primo grado in quanto ritenuti assorbiti.

Si è costituita la Regione Campania resistendo ai motivi di appello.

Con ordinanza n. 205/2010 del 25 giugno 2010, la Sezione ha ordinato alla Regione di depositare documentati chiarimenti in ordine alla formulazione, in data 14 aprile 2009, di un parere da parte dell’Avvocatura regionale in base al quale sarebbe accoglibile l’istanza dell’interessato di riesame della propria ammissione al concorso solo previo accertamento dell’insussistenza di posizioni di controinteresse di altri soggetti.

La Regione, con nota pervenuta in data 5 agosto 2010, ha confermato la propria condotta volta ad escludere il ricorrente dalla graduatoria del concorso interno. Detta nota è stata impugnata dinanzi a questo Consiglio di Stato con motivi aggiunti.

All’udienza del 1° marzo 2011, in vista della quale le parti hanno depositato memorie, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Vanno, preliminarmente, dichiarati inammissibili i motivi aggiunti presentati per l’annullamento della nota 30 luglio 2010 prot. N. 852633, con cui la Regione ha confermato l’esclusione dalla graduatoria del dott. F..

2. Invero, nel giudizio amministrativo la previsione della proponibilità di motivi aggiunti, anche per l’impugnazione di nuovi provvedimenti emessi in corso di giudizio connessi con l’oggetto del ricorso e concernenti le stesse parti, deve essere interpretata nel senso di riferirsi al solo giudizio di primo grado, atteso che una diversa interpretazione finirebbe per ammettere l’impugnazione "per saltum", con ampliamento dell’oggetto del giudizio, in violazione delle regole che governano il processo nel grado di appello e ponendosi in contrasto con il disposto dell’art. 104, comma 3, d.lgs. n. 104/2010, che ammette la proponibilità, in tassative ipotesi, di motivi aggiunti in appello esclusivamente ai fini della deduzione di "vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati" e che dunque costituiscano oggetto del giudizio sin dal primo grado(Cons. Stato Sez. IV, 14012011, n. 185).

3. Il primo, il secondo ed il sesto motivo, da trattarsi congiuntamente ponendo questioni strettamente collegate, sono infondati.

4. L’appellante sostiene l’insussistenza dell’onere di immediata impugnazione della clausola del bando, che richiedeva il possesso di laurea quadriennale, sul rilievo della nullità della previsione, facente riferimento ad un titolo non più esistente dopo la riforma della disciplina universitaria.

In merito, va considerato che la laurea quadriennale, sebbene non più rilasciata dalle Università (che, ai sensi del D.M. n. 509/1999 e del D.M.n. 270/2004, rilasciano, per quanto qui interessa, la laurea di durata triennale e la laurea magistrale, ex laurea specialistica, di ulteriore durata biennale), non può certamente ritenersi un titolo inesistente, in quanto posseduto, con pieno valore ad ogni effetto, da tutte le persone laureate anteriormente all’entrata in vigore della nuova disciplina.

5. Diverso è il problema circa l’equiparazione dei diplomi di laurea del vecchio ordinamento rispetto alle nuove lauree specialistiche/magistrali, che ha dato luogo a problemi interpretativi sia rispetto ai bandi di concorso che prevedessero il possesso della semplice "laurea", sia rispetto all’ammissione di candidati in possesso del vecchio titolo ai concorsi per i quali era espressamente richiesta la laurea specialistica.

6. Non può quindi accedersi alla tesi dell’appellante per la quale il bando sarebbe, per la parte relativa all’indicazione del titolo, inesistente e abbisognevole di integrazione eteronoma sulla base del disposto dell’art. 28 del d. lgs. n. 165/2001.

7. Conseguentemente, occorre valutare la correttezza della sentenza di primo grado per la parte in cui ha giudicato tardivamente proposto il primo ricorso per la parte impugnativa del bando.

In base a piani principi, dai quali il Collegio non intende discostarsi, l’onere di immediata impugnazione del bando di concorso sussiste quando l’interessato intenda censurare clausole che gli impediscano la stessa partecipazione alla procedura concorsuale. Invero, deve rinvenirsi l’immediata lesività della previsione del bando che implichi un diretto effetto preclusivo della partecipazione, risultando la prescrizione univoca nel richiedere un requisito del quale l’interessato sia sprovvisto, così radicando una sicura prognosi espulsiva anche in caso di presentazione della domanda di partecipazione (Cons. Stato Sez. V, 04032011, n. 1398, 10082010, n. 5558, Sez. VI, 08092009, n. 5260).

Nella specie, il bando prescriveva il possesso di laurea quadriennale.

Rispetto a tale titolo, era da considerarsi non equivalente la laurea di durata inferiore, con la conseguenza che il ricorrente, volendo contestare la previsione, aveva l’onere di impugnare tempestivamente il bando.

8. Né si ritiene che le circostanze dedotte dal ricorrente potessero giustificare il beneficio della rimessione in termini. Il riconoscimento dell’errore scusabile e la conseguente rimessione in termini presuppongono uno stato di incertezza per la oggettiva difficoltà di interpretazione di una norma, per la particolare complessità della fattispecie concreta, per contrasti giurisprudenziale esistenti o per il comportamento non lineare dell’Amministrazione, idoneo a ingenerare convincimenti non esatti o comunque errore non imputabile al ricorrente (Cons. Stato Sez. IV Sent., 27112008, n. 5860). Nel caso che occupa, nessuna equivocità può essere rinvenuta nel bando- e ciò esclude anche di poter invocare il favor admissionis – che era chiaro nel richiedere il possesso di diploma di laurea quadriennale, non posseduto dal ricorrente, nè la mancata immediata esclusione – intervenuta a molti mesi di distanza dalla scadenza del termine di presentazione delle domande – può ritenersi, in carenza di dimostrazione circa comportamenti univoci dell’amministrazione precedenti alla scadenza del termine di impugnazione, volti ad indurre in errore l’interessato sull’equivalenza del titolo di studio posseduto rispetto a quello prescritto, di per sé indicativa di errore scusabile.

9. Privo di pregio è anche l’argomento con cui si sostiene l’ammissibilità alla procedura del ricorrente ai sensi dell’art. 28 d. lgs. n. 165/2001,come modificato dalla legge n. 145 del 2002, in base al quale per l’accesso alla dirigenza del personale interno di ruolo è sufficiente il possesso del diploma di laurea di primo livello (triennale).

Attraverso tale doglianza il ricorrente tenta di riproporre una censura diretta contro il bando che, come visto, deve considerarsi intangibile nello stabilire il requisito del titolo di laurea quadriennale. Le circolari invocate dall’appellante (Circolare Ministro Funzione Pubblica 27.12.2000, Direttiva Ministro Funzione Pubblica n. 6350/4.7; 3.11.2005, n.3; 8.11.2005, n.4) hanno chiarito quali titoli di studio le amministrazioni dovessero richiedere nei bandi in relazione alla specifica figura professionale che intendessero reclutare e, data l’evoluzione normativa sul punto, hanno proceduto all’interpretazione dell’art. 28, comma 3 nel senso che, data l’equipollenza tra diplomi di laurea (quadriennale) del vecchio ordinamento e diplomi di laurea specialistica/magistrale del nuovo ordinamento, i laureati del vecchio ordinamento possono essere ammessi alle selezioni per le quali è richiesto il possesso di laurea specialistica/magistrale, mentre per le procedure relative a qualifiche e profili professionali per i quali è richiesto il solo "diploma di laurea" possono essere ammessi i soggetti muniti di laurea di primo livello (triennale).

Nessuna di tali indicazioni è, tuttavia, utile nei sensi auspicati dal ricorrente, poiché la previsione del bando richiede espressamente il possesso di laurea quadriennale (ossia del vecchio ordinamento) che, in base al D.M. 5.5.2004, è equiparata esclusivamente alla laurea specialistica/magistrale del nuovo ordinamento ("I diplomi di laurea (DL) di cui agli ordinamenti non ancora riformulati ai sensi del decreto ministeriale n. 509/1999, conferiti dalle università statali e da quelle non statali riconosciute per rilasciare titoli aventi valore legale, sono equiparati alle nuove classi delle lauree specialistiche (LS) di cui al D.M. 28 novembre 2000 e al D.M. 12 aprile 2001 ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi secondo la seguente tabella").Pertanto, è da escludere che i soggetti in possesso di laurea di primo livello potessero essere ammessi alla procedura concorsuale.

In senso assolutamente conforme e che non si presta ad equivoci, peraltro, l’Avvocatura regionale aveva reso il proprio parere al Dirigente del Settore Personale affermando che solo ove il bando richiedesse, genericamente, il possesso di "laurea", in applicazione dell’art. 28, comma 3 potessero essere ammessi anche i dipendenti di ruolo in possesso di laurea triennale, mentre il bando de quo prevedeva la laurea quadriennale, equipollente alla laurea specialistica/magistrale.

Con il secondo parere del 14.4.2009, la stessa Avvocatura ha prospettato l’ipotesi di riesame della prescrizione del bando che prevede il possesso della laurea quadriennale con il limite dell’affidamento di altri soggetti collocati in graduatoria o che comunque aspirino, anche ad altro titolo, alla copertura del posto in questione. La Regione ha tuttavia escluso un riesame, confermando l’esclusione del ricorrente.

Pertanto anche il quarto motivo è da respingere.

10. Parimenti da rigettare sono i motivi volti ad affermare il consolidamento della posizione in graduatoria del dott. F. e l’illegittimità del diniego di scorrimento della graduatoria.

Quanto alla posizione in graduatoria del ricorrente (10°), è pacifico che il dott. F. è stato ammesso con riserva alla selezione a seguito della concessione della misura cautelare.

La circostanza che in occasione dell’approvazione finale della graduatoria non sia stata fatta espressa menzione della riserva non dimostra, come vorrebbe l’appellante, una volontà dell’amministrazione tesa a superare la precedente esclusione, mancando un comportamento chiaro, univoco e concludente diretto all’annullamento della precedente esclusione.L’approvazione della graduatoria, all’esito del concorso cui il ricorrente è stato ammesso con riserva, si configura come mera esecuzione di ordinanza cautelare di tipo propulsivo, non costituisce attività di autotutela e non può comportare il venir meno della res litigiosa (Cons. St. Sez. IV, 14.2.2005, n. 438). La ammissione con riserva non può infatti che produrre l’effetto tipico di assicurare per la durata del processo le condizioni che consentano – in caso di esito favorevole della lite e senza alcun consolidamento, in caso contrario, delle posizioni acquisite- il conseguimento del bene della vita attraverso la partecipazione dell’escluso alla procedura concorsuale e l’inserimento in graduatoria. Ma detto inserimento non costituisce – né potrebbe costituire, data la vincolatività dei requisiti stabiliti dal bando – una nuova valutazione volta ad assorbire quella precedente.

Diversamente dall’inserimento in graduatoria, è principio consolidato quello secondo cui l’ammissione con riserva ad un concorso non ha come ulteriore conseguenza la nomina nel posto messo a concorso nel caso di utile collocazione del candidato nella graduatoria, nomina che può essere conseguita solo per effetto della sentenza di merito dichiarativa dell’illegittimità dell’esclusione (ex multis, Cons. Stato Sez. IV, 30012006, n. 296). Al pari, correttamente è stato negato, in attesa della decisione, lo scorrimento della graduatoria, con il quale il ricorrente avrebbe preteso la propria nomina in pendenza del ricorso. Anche sotto questo profilo, quindi, l’appello è infondato.

11. Infondato è altresì il motivo relativo a vizi procedimentali, dal momento che l’esclusione dalla procedura non costituisce procedimento autonomo rispetto a quello, iniziato su domanda dell’interessato, di partecipazione al concorso e non necessita, quindi, di alcuna comunicazione.

12. Infondata è anche la censura relativa alla violazione dell’art. 35 d.lgs. 165/2001 e ss. mm. per avere l’amministrazione indetto la procedura in carenza di autorizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri. In merito, deve ritenersi inapplicabile alle procedure di reclutamento di personale da parte della Regione il procedimento previsto per le amministrazioni statali, attesa l’autonomia organizzativa dell’ente.

13. Quanto alla composizione della Commissione di concorso, che non comprenderebbe componenti di sesso femminile, va ribadito l’orientamento per il quale la mera circostanza che la commissione di concorso non sia composta almeno per un terzo da donne (così come prescritto dall’art. 9, comma 2, D.P.R. n. 487/1994) non esplica di per sé effetti vizianti delle operazioni concorsuali ad eccezione del caso in cui vi siano indizi di una condotta discriminatoria ai danni del candidato da parte del collegio (Cons. Stato Sez. VI, 27122006, n. 7962). Nella specie, non può ipotizzarsi che l’esclusione, dipendendo da un dato tipico ed obiettivo, possa ricondursi ad un atteggiamento discriminatorio della Commissione.

14. La conferma del giudizio di legittimità dell’esclusione rende improcedibili i motivi riproposti in secondo grado inerenti lo svolgimento della procedura.

15. Conclusivamente, l’appello va respinto.

La peculiarità della fattispecie giustifica, tuttavia, la compensazione delle spese.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13-05-2011) 27-05-2011, n. 21412

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 14 ottobre 2010, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale della medesima città il 4 giugno 2009, con la quale M.R. è stato condannato alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione ed Euro 2.800,00 di multa quale imputato di ricettazione di due titoli di credito compendio di furto.

Propone ricorso per cassazione personalmente l’imputato, il quale deduce, nel primo motivo, la nullità della sentenza di primo grado, in quanto il suo difensore di fiducia non si sarebbe mai presentato in udienza, tant’è che venne nominato un difensore di ufficio, e non sarebbe stato informato del giudizio di primo grado dal proprio difensore presso il quale aveva eletto domicilio. Nel secondo motivo si ribadisce la innocenza dell’imputato sulla base degli stessi rilievi già dedotti in appello e disattesi da quei giudici.

Si lamenta, poi, che la recidiva sarebbe stata ritenuta anche in forza di una sentenza poi revocata e si contestano i rilievi svolti dalla Corte territoriale per suffragare la sussistenza della aggravante di cui all’art. 62 c.p., n. 4. Reiterandosi, poi, censure già dedotte e disattese in appello, si lamenta la mancata applicazione della attenuante di cui all’art. 648 c.p., comma 2, e delle attenuanti generiche.

Il primo motivo è del tutto inconsistente, in quanto la scelta del difensore di fiducia di non comparire alla udienza è ovviamente del tutto insindacabile e non può certo integrare la prospettata nullità assoluta; così come insindacabili sono i rapporti interni tra difensore domiciliatario e imputato, specie laddove i diritti di impugnazione siano stati, come nel caso in esame, concretamente esercitati. Quanto ai restanti motivi, gli stessi risultano nella sostanza meramente reiterativi di questioni tutte già devolute e motivatamente disattese dai giudici del gravame, con sviluppo argomentativo puntuale e logico, e rispetto al quale il ricorrente non frappone una effettiva ed autonoma critica impugnatoria. La giurisprudenza di questa Corte è infatti ormai da tempo consolidata nell’affermare che deve essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), alla inammissibilità della impugnazione (Cass., Sez. 1, 30 settembre 2004, Burzotta;

Cass., Sez. 6, 8 ottobre 2002, Notaristefano; Cass., Sez. 4, 11 aprile 2001 Cass., Sez. 4, 29 marzo 2000, Barone; Cass., Sez. 4, 18 settembre 1997, Ahmetovic).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro Mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 13-06-2011, n. 5232 Esclusioni dal concorso

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso in esame l’odierno ricorrente ha impugnato il provvedimento del Comando Corso Allievi della Guardia di Finanza del 4 ottobre 2002 con il quale il medesimo veniva giudicato non idoneo alla frequenza del 74° corso allievi marescialli – anno scolastico 200272003 ed ella determinazione del Comandante della Scuola Ispettori e Sovrintendenti della Guardia di Finanza n. 516 del 17 ottobre 2002 con cui veniva escluso dal concorso in quanto affetto da "postumi di interventi di meniscectomia artoscopica ginocchio sinistro, con ipotonia dei muscoli della coscia omolaterale".

Deduce al riguardo violazione e falsa applicazione del bando di concorso in ragione del fatto che gli esiti dell’intervento subito dal ricorrente sono stati solo temporanei e limitati al breve periodi di riabilitazione. Ha lamentato inoltre violazione e falsa applicazione del decreto 17 maggio 2000 n. 155, per non essere gli esiti della summenzionata operazione sussimibili nell’ambito di applicazione del punto 20 dell’elenco delle imperfezioni ed infermità che sono causa di non idoneità. Rilevava,, da ultimo, ingiustizia ed illogicità manifesta nonché contraddittorietà dei provvedimenti impuganti per ingiustificato contrasto con le precedente attestazioni della stessa Guardia di Finanza, che ne avevano riscontrato la piena idoneità fisica e con le successive attestazione di altre strutture sanitarie dalle quali il ricorrente risultava poter riprendere qualsivoglia attività motoria senza limitazioni.

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione affermando la infondatezza del proposto ricorso e concludendo perché lo stesso venga respinto.

Con ordinanza 12 dicembre 2002 n. 6990 questo Tribunale ha accolto la domanda cautelare di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati.

Con comunicazione in data 25 marzo 2003 l’amministrazione ha disposto che il ricorrente sarebbe stato convocato con riserva, in attesa della definizione del giudizio, per la frequenza del corso 2003/2004.

Con ordinanza n. 2020 del 20 maggio 2003 il Consiglio di Stato ha confermato l’ordinanza cautelare di questo Tribunale e l’odierno ricorrente è stato infine arruolato il 6 ottobre 2003.

Alla pubblica udienza del 21 aprile 2011 il ricorso viene ritenuto per la decisione in esito alla discussione orale.

Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.

Com’è noto, il giudizio espresso dalla commissione medica militare sulla idoneità fisica dell’aspirante all’arruolamento nel Corpo della Guardia di finanza costituisce espressione tipica di discrezionalità tecnica, sindacabile in sede giurisdizionale esclusivamente per quanto concerne la sussistenza dei presupposti di fatto assunti ad oggetto della valutazione, la logicità di questa e la congruenza delle conclusioni (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 03 marzo 2009, n. 1198). Orbene, il segnalato principio generale secondo cui il giudizio della commissione medica militare sulla idoneità fisica dei candidati al reclutamento nella Guardia di finanza costituisce tipica espressione della discrezionalità tecnica non esclude che l’interessato possa contestare la sussistenza della patologia da essa riscontrata con la conseguenza che, verificandosi detta evenienza, deve ritenersi consentito al giudice amministrativo l’accertamento della sussistenza dei presupposti di fatto (che può essere sindacata come erronea per difetto di istruttoria e/o di motivazione) posti a fondamento del giudizio di inidoneità (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 26 settembre 2008, n. 4631).

Ciò premesso, devono ritenersi sussistenti nella specie i vizi dedotti, per come invero già rilevato in sede cautelare sia in primo grado che in appello. In altri termini, non poteva ravvisarsi nella patologia riscontrata al ricorrente, trattandosi di esiti temporanei di intervento chirurgico, quelle rilevanti limitazioni funzionali il cui effettivo riscontro avrebbe legittimamente condotto alla esclusione del ricorrente medesimo dal corso per inidoneità.

Ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va dunque accolto e, per l’effetto, vanno annullati gli atti impugnati.

Sussistono giuste ragioni per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli impugnati provvedimenti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 30-06-2011, n. 577

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

l’atto notificato a mezzo servizio postale in data 4 aprile 2011 e previamente depositato il giorno 1, con cui la società C.N.P.S. s.r.l. – titolare in Formia loc. Largo Marina di un cantiere navale per la costruzione e riparazione di imbarcazioni da pesca – ha proposto ricorso ai sensi degli articoli. 117 e 31 D.L.vo 104/10 per l’accertamento dell’obbligo del Comune di Formia di provvedere sul progetto di ampliamento e riqualificazione dell’area del cantiere ripresentato in data 25.5.2009 ai sensi della L.R. 22/97, a seguito delle indicazioni scaturite dalla conferenza di servizi del 10.7.2008;

Visto, l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Formia depositato il 9 giugno 2011, con allegata copia del provvedimento datato 19.5.2011 di rigetto dell’istanza della ricorrente;

Considerato, che alla camera di consiglio del 9.6.2011 la ricorrente ha dichiarato cessata la materia del contendere e chiesto la condanna alle spese;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso R.G. 330/11, dichiara la cessazione della materia del contendere.

Condanna il Comune di Formia alle spese e competenze del giudizio, che liquida in complessivi Euro 1.500 (millecinquecento).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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