Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-09-2011) 07-10-2011, n. 36444

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.E., tramite il suo difensore, ha impugnato l’ordinanza del 5 novembre 2000, con al quale la corte di appello di L’Aquila aveva dichiarato inammissibile per aspecificità il suo appello avverso la sentenza del tribunale di Teramo n. 144/2009, per sostanziale mancanza della motivazione.

Il motivo di ricorso non è fondato.

Se è vero che la corte di merito si è limitata ad affermare la aspecificità dei motivi di appello, e se è vero che l’ordinanza avrebbe potuto essere motivata con maggiore precisione, è pure vero che la lettura dell’atto di appello, atto che questa corte può conoscere, rende evidente che la decisione impugnata è corretta.

Infatti con l’atto di appello ci si è doluti genericamente e con frasi di stile della correttezza della decisione di primo grado senza indicare precisi e specifici errori di diritto o di valutazione che sarebbero stati commessi.

In siffatta situazione correttamente la corte di merito ha dichiarato inammissibile l’impugnazione.

Ne consegue che è inammissibile anche il ricorso per cassazione.

Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento di una somma, liquidata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del procedimento ed a versare la somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-10-2011) 25-10-2011, n. 38553

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Svolgimento del processo

Con sentenza in data 29/4/2011, il Gup del Tribunale di Brescia applicava, ex art. 444 c.p.p., a E.A.M. la pena di anni due e mesi due di reclusione ed Euro 400,00 di multa, per il reato di rapina aggravata e resistenza, riconosciuta l’attenuante del danno patrimoniale di lieve entità equivalente rispetto alla recidiva.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato personalmente, deducendo violazione di legge in relazione all’applicazione dell’art. 444 c.p.p. per violazione del diritto di difesa. Rappresenta che il difensore di fiducia, munito di procura speciale aveva formulato proposta di applicazione della pena finale di anni due, mesi due di reclusione ed Euro 400,00 di multa, senza applicazione di alcuna attenuante ed escludendo l’applicazione della recidiva. In sede di udienza, assente il difensore di fiducia, veniva nominato un sostituto processuale e si addiveniva ad una riformulazione della richiesta, che mantenendo ferma la pena finale, prevedeva la concessione dell’attenuante del danno patrimoniale di lieve entità con giudizio di equivalenza rispetto alla recidiva. Tanto premesso, si duole che tale variazione appare pregiudizievole in quanto l’interessato non potrà usufruire del beneficio della sospensione della pena in sede di esecuzione, ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 5, ed eccepisce che il consenso prestato dall’imputato non può essere considerato valido ed efficace. Eccepisce, inoltre, l’illegittimità delle determinazione della pena, assumendo che la pena pecuniaria non poteva essere aumentata a titolo di continuazione, non essendo prevista la pena pecuniaria dal reato ritenuto in continuazione ( l’art. 337 c.p.).

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Le parti, una volta intervenuto l’accordo e la ratifica del giudice non possono più recedere dal patteggiamento e non possono proporre eccezioni o censure in ordine al merito delle valutazioni sottese al prestato consenso, o ad eventuali nullità verificatesi nella fase procedimentale, alla sussistenza ed alla soggettiva attribuzione del fatto, all’applicazione e comparazione delle circostanze, all’entità e modalità di applicazione della pena (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6898/1997 e n. 6545/1998).

L’applicazione concordata della pena presuppone la rinuncia a fare valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato (Cass. 5, 1.4.99 n. 7262). Le parti che sono pervenute all’applicazione della pena su loro richiesta non possono proporre in sede di legittimità questioni incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato e per la qualificazione giuridica risultante dalla contestazione; l’accusa, come giuridicamente qualificata, non può essere rimessa in discussione (Cass. 6, 2.3.99 n. 2815, ud. 21.1.99, rv. 213471).

Nel caso di specie l’imputato ricorrente riconosce di essere stato presente all’udienza e – pertanto – ha necessariamente conosciuto ed accettato la nuova formulazione della richiesta di "patteggiamento".

Nè è configurabile un vizio nella difesa tecnica dal momento che l’imputato è stato comunque assistito dal sostituto processuale del difensore di fiducia.

Occorre, poi, rilevare che l’obbligo di motivazione da parte del giudice è assolto con la semplice affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo intervenuto tra le parti (Cass. 28.2.00, P.M. in proc. Cricchi) e quindi dell’effettuato controllo degli elementi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. conformemente ai criteri di legge. Inoltre è pacifico che: "in tema di patteggiamento, qualora sia concordata la misura finale di una pena, oggetto del controllo affidato al giudice è la pena finale così concordata, in quanto esprimente la sostanziale volontà delle parti, indipendentemente da eventuali errori nei calcoli intermedi." (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5054 del 21/10/1999 Cc. (dep. 11/11/1999) Rv. 216373; Sez. 6, Sentenza n. 1705 del 06/05/1999 Cc. (dep. 16/06/1999) Rv. 214742).

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro millecinquecento alla Cassa delle ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-10-2011) 11-11-2011, n. 41372

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza dell’I ottobre 2010 la Corte d’appello di Perugia dichiarava la sussistenza delle condizioni necessarie per concedere l’estradizione verso la Repubblica di Romania di H.G. S., ricercato per l’espiazione della pena di un anno di reclusione inflittagli con sentenza definitiva della Corte d’appello di Suceava del 18.10.2004 per il delitto di rapina commesso il 7.8.1998.

Contro la sentenza ricorre l’estradando, che denuncia la violazione della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r). Sostiene che, avendo l’autorità giudiziaria romena emesso mandato di arresto europeo, la procedura doveva seguire la disciplina dettata dalla L. n. 69 del 2005 e, quindi, posto che egli ha la residenza in Italia, la consegna doveva essere negata.

2. Il ricorso è inammissibile perchè proposto dopo la scadenza del termine di quindici giorni previsto dall’art. 585 c.p.p., comma 1, lett. a), "per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio" (Cass., Sez. 6, 14.6.2006 n. 26273, Henn, rv 235032).

Infatti l’avviso di deposito della sentenza è stato notificato all’estradando il 22.4.2011 e al difensore il 21.4.2011 e, pertanto, il termine per impugnare è venuto a scadere il 7 maggio 2011, mentre il ricorso è stato depositato in cancelleria il 6 giugno 2011 e, quindi, tardivamente.

E’ superfluo aggiungere che alla fattispecie non si applica il termine per impugnare di 45 giorni previsto nel caso si verifichi l’ipotesi di cui all’art. 544 c.p.p., comma 3, perchè detta ipotesi riguarda la sentenza emessa all’esito di giudizio ordinario e non quella pronunciata con il rito della camera di consiglio (Cass., Sez. 5, 28.4.1995, Chiurazzi, rv 202250).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 05-01-2012, n. 32 Procedimento

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Svolgimento del processo

L’appello è proposto contro la decisione n. 4331/10 del TAR per la Sicilia – sezione staccata di Catania con la quale sono stati accolti – previa riunione – i ricorsi proposti dal signor Al.Ru. contro i provvedimenti del Genio Civile di Catania (di denegata autorizzazione del progetto strutturale di un edificio da edificare) e di approvazione regionale del nuovo piano regolatore generale del Comune di San Gregorio di Catania, nel quale la zona di interesse del ricorrente è stata campita come "B0" di completamento, ma con la sovrapposizione di una fascia denominata DS1, che, secondo le norme di attuazione, prescrive la inedificabilità quale che sia la destinazione d’uso indicata nelle tavole di piano.

Il Giudice ha ritenuto infatti i provvedimenti in oggetto carenti di adeguata motivazione ed ha perciò statuito, da un lato, "l’espresso obbligo dell’Amministrazione regionale competente di doversi ripronunciare, entro centottanta giorni dalla notifica della presente decisione, con adeguata motivazione sulle osservazioni presentate"; dall’altro che l’accoglimento del ricorso contro il provvedimento del Genio Civile, "in quanto ormai dipendente dal ripronunciamento dell’Amministrazione regionale in tema di edificabilità della zona, cui il provvedimento impugnato espressamente si riferisce, non comporta la possibilità di immediata realizzazione dell’opera cui il ricorrente aspira, dovendosi il Genio civile anch’esso ripronunciarsi sulla concreta fattibilità della stessa, anche ove la zona dovesse esser ritenuta edificabile con provvedimento regionale".

Nei confronti della decisione ha proposto appello incidentale il Ru. "al fine di devolvere al Collegio la cognizione dell’intera vicenda".

Per la migliore comprensione della questione, appare utile una sintetica ricostruzione dei fatti di causa.

L’appellato signor Al.Ru. è proprietario di un terreno, nel centro abitato di San Gregorio di Catania, relativamente al quale egli ha presentato un progetto edilizio. Ritenendo che sullo stesso si fosse formato il silenzio assenso e che ne fosse dunque conseguita la necessaria concessione edilizia, il Ru. ha presentato al Genio Civile di Catania il progetto strutturale dell’edificio da edificare, per il rilascio del richiesto parere.

Successivamente a tali fatti è stato adottato il nuovo piano regolatore generale del Comune. Nei confronti di esso, il Ru. ha presentato rituali osservazioni in quanto l’area di sua proprietà, prima edificabile, è stata campita come zona "B0" di completamento, ma con la sovrapposizione di una fascia denominata DS1 che, secondo le norme di attuazione, prescrive la inedificabilità quale che sia la destinazione d’uso indicata nelle tavole di piano.

Il Genio Civile di Catania – nonostante l’asserita preesistente concessione – ha negato il rilascio dell’autorizzazione richiesta, in quanto "dall’art. 4 delle Prescrizioni Esecutive del citato P.R.G., si deduce infatti che "è vietata ogni forma di nuova edificazione in aree totalmente o parzialmente edificate"". Il provvedimento è stato impugnato dall’interessato (ricorso 3749/02), che ne ha lamentato la illegittimità sotto diversi profili (incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere per incongruenza della motivazione).

Da parte sua, l’Assessorato regionale, adottando il Decreto dirigenziale regionale di approvazione del piano regolatore generale (nel quale si prescrive la inedificabilità per la zona di interesse del ricorrente), ha mostrato di far propria la deduzione formulata dai progettisti del piano in ordine alla opposizione presentata dall’odierno ricorrente e ha ritenuto perciò di rigettare la stessa.

Poiché ciò sarebbe avvenuto – a giudizio del Ru. – con una formula generica e tautologica, tale da non consentire alcun vaglio critico dell’iter tecnico giuridico che ha condotto al rigetto delle perplessità avanzate con l’intervento di opposizione proposto, il Ru. ha impugnato, con un nuovo ricorso (3893/04), anche tale provvedimento dirigenziale, che ha ritenuto viziato di illegittimità sotto diversi profili (violazione di legge ed eccesso di potere per sviamento).

Il Giudice, riuniti i due ricorsi ed esaminati, per economia di giudizio, gli stessi nell’ordine logico (dunque con precedenza di quello contro il PRG) ha statuito il loro accoglimento nei limiti prima riferiti (necessaria nuova motivazione regionale sulle osservazioni proposte dal ricorrente Ru. e necessaria conseguente nuova rivalutazione del Genio Civile del progetto strutturale presentato).

La decisione è stata impugnata sia dal Genio Civile di Catania che dall’Assessorato regionale, che ne chiedono la riforma e, nei limiti prima ricordati, anche dal Ru., che propone, a sua volta, appello incidentale.

Motivi della decisione

L’appello non è fondato.

Le argomentazioni del Giudice di prime cure in ordine alle carenze di motivazione dei provvedimenti impugnati appaiono infatti pienamente da condividere.

Il punto centrale della questione è costituito dalla considerazione nella quale la Amministrazione regionale ha tenuto conto delle osservazioni dell’interessato.

Il rigetto dell’osservazione n. 26 presentata dal Ru. odierno appellato (e la conseguente conferma di inedificabilità dell’area) è stato motivato con riferimento al parere prot. n. 18748 del 22.10.1999 reso dal Genio Civile di Catania. Dal parere n. 240 del 25.9.2003 reso dal C.R.U. emerge infatti – come già osservato dal Giudice di prime cure – che è stato condiviso "quanto prescritto nello studio geologico eseguito a corredo del P.R.G. e delle P.E. che definisce inedificabili le aree interessate da dislocazioni tettoniche e da fenomeni di "Creep asismico", conformemente a quanto contenuto nel parere dell’Ufficio del Genio Civile di Catania prot. n. 18748 Pos. 348 del 22.10.1999". E anche il parere n. 34 dell’11.7.2003 del D.R.U., in ordine all’esame dell’osservazione n. 26 di parte ricorrente, si limita a sua volta ad un nuovo rinvio (ora al parere del C.R.U., che rinviava già al parere dell’Ufficio del Genio Civile): "l’osservazione non è stata esaminata dal progettista né dal geologo incaricato, poiché la stessa ha contenuto esclusivamente geologico si rinvia al parere del C.R.U.".

Ma non è tutto.

Anche il parere del Genio Civile del 22.10.1999, cui gli Organi regionali fanno rinvio, non esprime un autonomo giudizio, ma uno correlato, a sua volta, alla relazione geologica del dr. Ba. allegata al P.R.G.: "così come prescritto dal consulente Geologo le zone interessate da dislocazioni tettoniche e da fenomeni di "Creep asismico" vengono considerate dal progettista come inedificabili". E lo stesso deve dirsi per la nota controdeduttiva in ordine alle osservazioni poste da cittadini del progettista del P.R.G. (allegato al prot. n. 12745 del 2.8.2002), acquisita agli atti a seguito della istruttoria disposta dal Giudice di prime cure. In essa, il progettista, rispetto all’osservazione n. 26, afferma invero: "si precisa che si è venuti a conoscenza del documento redatto dal dott. Ba…. alla data odierna. Inoltre non si ritiene di dover entrare merito a delle considerazioni di tipo specialistico in quanto di competenza del geologo incaricato come consulente al P.R.G. Inoltre si ricorda che il Genio civile di Catania ha espresso parere favorevole al P.R.G. prima dell’adozione dello stesso da parte del commissario ad acta".

Come esattamente osservato perciò dal Giudice di prime cure, "in buona sostanza, quindi, rispetto alla circostanziata osservazione n. 26, che impinge su dati tecnici, la risposta complessiva delle Amministrazioni coinvolte, ivi compreso il Genio civile, rinvia alla relazione geologica".

Una eventuale motivazione per relationem potrebbe dunque essere riferita solo, in ultima analisi, alla relazione geologica in oggetto. Ma questa non appare idonea a sorreggere la determinazione della amministrazione. In essa, infatti, come ancora una volta il Giudice di prime cure ha osservato, si pone al paragrafo 9.2.1 ("aree di rispetto a cavallo delle linee di faglia sia certe che presunte") una distinzione (all’interno della quale non emerge la collocazione specifica dell’area in questione) tra zone nelle quali è stato possibile un preciso accertamento ed altre dove la dislocazione tettonica, causa della necessità di una zona di rispetto e di edificabilità, "è stata rilevata come presunta in quanto non era emersa alcuna evidenza tale da poter definire la stessa con maggiore precisione. In tali settori … a supporto della progettazione esecutiva si dovrà prevedere l’esecuzione di indagini finalizzate alla corretta individuazione dell’accidente tettonico, per individuare la migliore posizione edificatoria nei confronti del disturbo tettonico". E va ancora aggiunto che il professionista redattore della relazione ha avuto modo anche di precisare – proprio con riferimento alla osservazione dell’odierno appellato – che "lo studio geologico a supporto del P.R.G. costituisce uno studio di carattere generale ed in quanto tale basato su modeste ed indicative indagini sparse sul territorio comunale, su elementi bibliografici esistenti, su difficili e talora complessi riscontri macroscopici di campagna in relazione alla presenza o meno di strutture tettoniche che talora vanno valutate per interpolazione di singoli punti accertati sia macroscopicamente in campagna che attraverso le modeste e puntuali indagini effettuate nel territorio, e pertanto la tale studio non risulta certamente mirato in particolare alla fattibilità di singoli progetti in singoli e circoscritti lotti" e che "la zona interessata dal progetto delle due palazzine, inserita certamente in una più ampia area interessata da disturbi tettonici, non risulta secondo le indicazione dei geologi Ra. e Ba." (consulenti dell’appellato) "interessata nelle rispettive impronte fondazionali da dislocazioni attive che pur tuttavia si posizionano a breve distanza da esse, …. non potendosi certamente lo scrivente pronunciarsi per i motivi anzidetti, sulla sicura o meno edificabilità del singolo lotto, nel contesto generale testé esaminato". Sicché ha concluso consigliando all’Amministrazione "di demandare per ogni autorevole decisione e per competenza tecnica sul territorio, la questione al Genio Civile di Catania".

E’ di ogni evidenza dunque la giustificata conclusione del Giudice che le affermazioni in oggetto "completano un iter istruttorio con rinvio alla competenza del Genio civile, il quale, a sua volta, come chiarito, si è affidato alla relazione geologica". E come dunque tutto ciò deponga "per una carenza istruttoria, invero non rilevata in ricorso, ma anche, così come ivi sostenuto, da un difetto di motivazione, posto che una giustificazione concreta a fronte delle precise osservazioni di parte ricorrente effettivamente non sussiste".

Ne consegue la ineccepibilità della decisione assunta. Il provvedimento dirigenziale impugnato non può considerarsi appropriatamente motivato in quanto "all’osservazione, per altro avente natura tecnica e, quindi, non meramente rivolta a censurare una scelta discrezionale, ma una condizionata da contestati presupposti di ordine scientifico", non è stata fornita una plausibile risposta, ma solo "un rinvio a pareri che si giustificano l’uno per mezzo dell’altro senza una conclusione precisa".

Corretta e pienamente condivisibile appare la conseguenza che questa conclusione comporta sulla adeguatezza della motivazione del provvedimento con il Genio Civile di Catania ha denegato l’autorizzazione al progetto strutturale a suo tempo presentato dall’appellato. Anche su di esso appare indispensabile un nuovo pronunciamento dopo il ripronunciamento dell’Amministrazione regionale in tema di edificabilità della zona.

Per le esposte ragioni, l’appello deve essere respinto e la decisione del Giudice del prime cure integralmente confermata.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Sussistono tuttavia giustificate ragioni per compensare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, dichiara irricevibile l’appello incidentale, respinge l’appello principale e conferma la impugnata decisione del Tribunale.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Palermo, il 19 ottobre 2011 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Antonino Anastasi, Guido Salemi, Pietro Ciani, Alessandro Corbino, estensore, Componenti.

Depositata in Segreteria il 5 gennaio 2012.

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