T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 21-01-2011, n. 613 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

che nella specie il presente giudizio può essere definito con decisione in forma semplificata, ai sensi del menzionato art. 60, comma 1, del D.Lgs. n. 104/2010, stante la completezza del contraddittorio e della documentazione di causa;

che sono state espletate le formalità stabilite dal citato art. 60 del D.Lgs. n. 104/2010;

Rilevato:

che con il presente ricorso si impugna l’ordinanza, con cui si ingiunge la demolizione di un manufatto in legno, identificato in modo inequivocabile, avente la superficie di 9 mq e l’altezza di 2,5 m, realizzato in zona vincolata, su terreno di proprietà del ricorrente, ubicato in Fiumicino;

che la parte ricorrente sostiene che nella specie si sarebbero eseguiti lavori di manutenzione straordinaria su un manufatto preesistente;

Considerato:

che tale circostanza è solo dedotta e non provata;

che in ogni caso, anche per il preesistente manufatto manca il titolo edilizio (permesso di costruire, già concessione edilizia);

che è evidente che la tipologia, l’ubicazione e l’entità dell’abuso emergono chiaramente (intervento di nuova costruzione eseguito in assenza di permesso di costruire);

che, infatti, la realizzazione di un manufatto integra un intervento di nuova costruzione e richiede, pertanto, quale titolo legittimante, il permesso di costruire, nella specie mancante;

che, ai fini della qualificazione dell’intervento, sono indifferenti il rilevato tipo di materiale impiegato per la sua costruzione e la dedotta circostanza che esso sarebbe agevolmente amovibile;

che deve, in proposito, richiamarsi l’art. 3, comma 1, lett. e.5), del d.P.R. n. 380/2001, secondo cui per "interventi di nuova costruzione" si intendono "l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, (…) utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili";

che l’unico elemento rilevante per far venir meno detta qualificazione è il carattere precario dell’opera, vale a dire il fatto che esso sia diretto "a soddisfare esigenze meramente temporanee", il che si rinviene soltanto quando l’utilizzo è circoscritto nel tempo, circostanza che non ricorre nel caso in esame;

Ritenuto:

che, perciò, senz’altro nella specie per la realizzazione del manufatto fosse necessario il permesso di costruire, il quale, anche ove si volesse sostenere che su di esso di recente sarebbero stati eseguiti solo lavori di straordinaria manutenzione, non è stato acquisito neppure in passato;

che conseguentemente l’Amministrazione fosse tenuta a comminare la sanzione demolitoria, nell’esercizio dell’attività vincolata;

che, a fronte di quanto sopra evidenziato, pure ove sussistesse l’asserita sanabilità del manufatto, il Comune non dovesse in alcun modo sottrarsi all’irrogazione della sanzione demolitoria, potendo, invece, soltanto l’interessato proporre una domanda di accertamento di conformità, in tal modo introducendo un autonomo procedimento, il che, peraltro, allo stato non risulta essere stato fatto;

che in conclusione il provvedimento impugnato sia legittimo ed il ricorso sia infondato e debba essere rigettato;

che, in ordine alle spese, ai diritti ed agli onorari, essi seguano la soccombenza, ponendosi a carico del ricorrente, e debbano quantificarsi come in dispositivo;
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – sezione I quater, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso in epigrafe.

Condanna il ricorrente alle spese di giudizio in favore del Comune di Fiumicino, forfetariamente quantificate in Euro 1.000,00 (mille/00).

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, Sent., 08-02-2011, n. 1236 Scuole e personale di sostegno

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

risultano soddisfatte le condizioni processuali di cui all’art. 60 e 74 c.p.a. in ordine alla possibilità di definire il giudizio cautelare con sentenza in forma semplificata, atteso che nel caso all’esame il collegio ravvisa la manifesta fondatezza del ricorso;

Premesso, invero, che con il ricorso si chiede l’adozione di un provvedimento idoneo a garantire al figlio del ricorrente, in relazione alla documentata situazione di handicap grave di cui il minore risulta affetto, un apporto completo di ore di insegnamento di sostegno con deroga massima in rapporto 1:1 per l’intero orario scolastico di frequenza;

Considerato che del provvedimento impugnato viene dedotta l’illegittimità per violazione di legge, sotto plurimi profili;

Considerato che la fattispecie dedotta nel presente giudizio presenta, in fatto e in diritto, elementi di sostanziale identità con altra già sottoposta all’esame della Sezione che ha accolto il ricorso con sentenza in forma semplificata n. 3298 in data 25 luglio 2010;

Visto il precitato art. 74 c.p.c. il quale dispone che la motivazione della sentenza in forma semplificata "può consistere…,se del caso, ad un precedente conforme";

Considerato che, in applicazione del disposto normativo che precede, può farsi rinvio alle motivazioni e alle statuizioni contenute nella precitata sentenza n. 3298/2010;

Ritenuto che, sebbene il mero richiamo ai menzionati precedenti è già sufficiente ad assolvere l’onere della motivazione della decisione, le difese dell’Avvocatura richiedono, per completezza, una necessaria precisazione, utile anche in considerazione della particolare delicatezza degli interessi coinvolti che l’Ordinamento, coerentemente con la più matura coscienza sociale, così fortemente tutela;

Ritenuto, a tale proposito, che l’orientamento della Sezione trova ulteriori conferme nella giurisprudenza successiva e più recente, la quale è univoca nell’affermare che, alla luce di quanto statuito dalla C.Cost. n. 80 del 26 febbraio 2010 (che ha dichiarato "l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007 n. 244, nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno; nonché l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 414, della l. n. 244 del 2007, nella parte in cui esclude la possibilità di assumere insegnanti di sostegno con contratto a tempo determinato, in deroga al rapporto docenti ed alunni indicato dall’art. 40, comma 3, della l. n. 449 del 1997, in presenza di disabilità particolarmente gravi"), è illegittimo l’operato dell’Amministrazione scolastica, che ha ridotto al minore, portatore di handicap in situazione di gravità, il numero delle ore di insegnante di sostegno (T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 30 ottobre 2010, n. 2442) affermando altresì il principio secondo cui non può in ogni caso costituire impedimento all’assegnazione, in favore dell’allievo disabile, delle ore di sostegno necessarie a realizzare il proprio diritto, il vincolo di un’apposita dotazione organica di docenti specializzati di sostegno, giacché la legge n. 449 del 27.12.1997, all’art. 40, assicura comunque l’integrazione scolastica "degli alunni handicappati con interventi adeguati al tipo e alla gravità dell’handicap, compreso il ricorso all’ampia flessibilità organizzativa e funzionale delle classi prevista dall’art. 21, commi 8 e 9, della legge 15.3.1997, n. 59 (in materia di attribuzione dell’autonomia didattica), nonché la possibilità di assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno in deroga al rapporto docentialunni indicato al comma 3 (secondo cui gli organici sono stabiliti in rapporto alle esigenze e alla varietà delle situazioni locali e alla tipologia dei settori di istruzione compresi nell’istituzione scolastica), in presenza di handicap particolarmente gravi", consentendosi così di garantire in ogni caso all’alunno bisognevole l’integrazione scolastica attraverso il miglioramento delle sue possibilità nell’apprendere, comunicare e socializzare (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 17 novembre 2010, n. 25101);

Ritenuto che, in tal senso, è stato anche affermato che la possibilità di stabilire ore aggiuntive di sostegno ai disabili che si trovino in condizione di particolare gravità, prevista dall’art. 9, comma 15, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 (a mente del quale "Per l’anno scolastico 2010/2011 e" assicurato un contingente di docenti di sostegno pari a quello in attivita" di servizio d’insegnamento nell’organico di fatto dell’anno scolastico 2009/2010, fatta salva l’autorizzazione di posti di sostegno in deroga al predetto contingente da attivarsi esclusivamente nelle situazioni di particolare gravita’, di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104"), appresta una specifica forma di tutela che l’Istruzione Scolastica è tenuta a soddisfare, non potendo pregiudicare il diritto all’istruzione del disabile grave in ragione dell’esiguità dell’organico (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 09 novembre 2010, n. 33314);

Ritenuto pertanto di confermare quanto già statuito dalla Sezione nella sentenza nr. 3298 del 25 luglio 2010, anche alla luce dell’ulteriore elaborazione giurisprudenziale successiva, facendo applicazione dell’art. 34, lett. c), c.p.a. – il quale prevede che, "in caso di accoglimento del ricorso, il giudice, nei limiti della domanda… condanna (l’amministrazione)… all’adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio" – ha disposto che le amministrazioni scolastiche intimate "avviino e perfezionino con ogni tempestività, in base alla previsione di cui all’ art. 9 del decreto legge 78/2010 che contempla la possibilità di procedere ad assunzione in deroga su posti di sostegno, le iniziative necessarie per assicurare l’adeguata integrazione dell’organico del personale di cui trattasi in relazione al concreto fabbisogno della Istituzione scolastica";

Considerato pertanto di accogliere il ricorso ordinando all’Amministrazione resistente di assicurare alla minore il sostegno scolastico nella misura richiesta;

Ritenuto che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, l’accoglie, riconoscendo il diritto del minore al sostegno scolastico nei sensi e agli effetti di cui in motivazione, ordinando alle amministrazioni soccombenti la tempestiva adozione dei provvedimenti ivi indicati.

Condanna l’Amministrazione resistente alle spese di lite che liquida in euro 1.530,00 di cui euro 480,00 per diritti ed euro 1.050,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali come per legge;

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-04-2011, n. 9042 Assegni di accompagnamento

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Svolgimento del processo

La sentenza di cui si domanda la cassazione – in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Catania in data 9 maggio 2006, contro la quale O.B.U. aveva proposto appello nei confronti dell’INPS e del Ministero dell’Economia e delle Finanze – nel dispositivo ha fissato "la decorrenza del riconosciuto diritto all’indennità di accompagnamento al 1 novembre 2004".

Nella motivazione la Corte d’appello di Catania precisa che, avendo la ricorrente lamentato il mancato riconoscimento da parte della Commissione medica del proprio diritto alla pensione di inabilità e dell’indennità di accompagnamento e non essendovi ragioni per disattendere il giudizio medico-legale del c.t.u. di primo grado, "la decorrenza del riconosciuto di diritto va retrodatata", rispetto a quanto stabilito nella sentenza di primo grado.

Il ricorso dell’INPS domanda la cassazione della sentenza per un unico articolato motivo; O.B.U. e il Ministero dell’Economia e delle Finanze non si sono costituiti.
Motivi della decisione

1.- Con l’unico motivo di ricorso si denuncia – in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, – violazione degli artt. 112, 324, 342, 346 e 434 cod. proc. civ..

sottolinea che la Corte d’appello, con la sentenza impugnata, ha riconosciuto un diritto non richiesto. Infatti, a fronte dell’originaria domanda della ricorrente del riconoscimento del proprio diritto alla pensione di inabilità civile e all’indennità di accompagnamento, il Tribunale ha riconosciuto il solo diritto alla percezione della pensione di inabilità civile, con decorrenza dicembre 2005. In appello la signora O. si è limitala a chiedere la retrodatazione della pensione di inabilità e la stessa difesa dell’INPS ha concluso nel senso dell’insussistenza di prove in merito ad uno stato invalidante con diritto alla pensione di inabilità civile antecedentemente il dicembre 2005.

Ne consegue che la statuizione della Corte di appello secondo cui si fissa "la decorrenza del riconosciuto diritto all’indennità di accompagnamento al 1 novembre 2004", ad avviso del ricorrente, è viziata da ultrapetizione perchè riguarda l’attribuzione del diritto ad una prestazione non più richiesta dall’appellante e in ordine alla quale si era formato il giudicato interno.

Pertanto, il mancato rispetto della necessaria corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e del principio tantum devolutum quantum appellatum si traduce in un errar in procedendo, in relazione al quale – soggiunge il ricorrente – questa Corte ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti del giudizio per acquisire i necessari elementi di valutazione.

2.- Il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati.

Va osservato, in particolare, che la Corte d’appello di Catania, pur avendo precisato nell’epigrafe della sentenza impugnata che il relativo oggetto era la "retrodatazione decorrenza della pensione di inabilità" e pur essendosi integralmente riportata al giudizio medico-legale espresso dal c.t.u. in primo grado per giungere alla conclusione del carattere totalmente inabilitante delle infermità riscontrate dall’appellante fin dal mese di ottobre 2004, nel corpo della motivazione non ha mai indicato la prestazione alla quale intendeva riferire la disposta retrodatazione, fra le due (pensione di inabilità civile e indennità di accompagnamento) originariamente richieste. Viceversa, si è limitata a fare riferimento al "riconosciuto diritto", senza neppure specificare che il giudice di primo grado aveva riconosciuto il solo diritto alla pensione di inabilità e, poi, nel dispositivo, ha espressamente specificato di fissare "la decorrenza del riconosciuto di diritto all’indennità di accompagnamento al 1 novembre 2004".

In questa situazione risulta evidente l’insanabile contrasto tra la motivazione e il dispositivo della sentenza impugnata.

Al riguardo deve ribadirsi che, secondo un condiviso orientamento di questa Corte (vedi Cass. 18 giugno 2004, n. 11432; Cass. 4 dicembre 2005, n. 27591; Cass. 14 maggio 2007, n. 11020; Cass. 29 ottobre 2007, n. 22661; Cass. 21 marzo 2008, n. 7698), nel rito del lavoro il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione determina la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., comma 2,. Inoltre, in tale rito, il dispositivo letto in udienza e depositato in cancelleria ha una rilevanza autonoma poichè racchiude gli elementi del comando giudiziale che non possono essere mutati in sede di redazione della motivazione e non è suscettibile di interpretazione per mezzo della motivazione medesima, sicchè le proposizioni contenute in quest’ultima e contrastanti col dispositivo devono considerarsi come non apposte (Cass. 15 gennaio 1996, n. 279;

Cass. 7 settembre 1999, n. 9435; Cass. 21 marzo 2008, n. 7698 e Cass. 26 ottobre 2010, n. 21885).

Quest’ultima è proprio la situazione che si riscontra nel presente giudizio e che porta ad escludere P applicabilità del principio dell’integrazione del dispositivo con la motivazione nonchè del procedimento di correzione degli errori materiali, il cui ambito è limitato alle ipotesi di contrasto solo apparente tra dispositivo e motivazione e non riguarda certamente le ipotesi in cui il suddetto contrasto renda impossibile individuare la statuizione del giudice, attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nelle diverse parti della decisione (Cass. 17 dicembre 2008. n. 29490; 14 aprile 2010, n. 8894).

3.- Ne consegue che il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa, per un nuovo esame, alla stessa Corte di appello di Catania che provvederà – tenendo presente l’esito finale della lite (vedi Cass. 7 febbraio 2007, n. 2634; Cass. 17 giugno 2010. n. 14619) – anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese dei presente giudizio, alla Corte d’appello di Catania.

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Cass. civ. Sez. III, Sent., 19-05-2011, n. 11003 Trattamento economico

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Svolgimento del processo

L’Università degli Studi del Molise propose opposizione avverso due distinti decreti ingiuntivi emessi (per L. 20 milioni) a favore dei professori B. e P., le cui somme concernevano i compensi dagli stessi pretesi per corsi di insegnamento tenuti nell’anno accademico 1989/1990. Il Tribunale di Campobasso revocò i decreti ingiuntivi (già dichiarati esecutivi) e condannò gli opposti a restituire all’Università la somma di L. 8 milioni ciascuno. La Corte d’appello di Campobasso respinse l’appello principale dei docenti ed accolse quello incidentale dell’Università, condannando i primi a restituire alla seconda la somma di L. 20 milioni ciascuno.

Propone ricorso per cassazione l’Università a mezzo di un solo motivo. Rispondono con controricorso il B. ed il P., i quali propongono ricorso incidentale attraverso tre motivi.

L’Università risponde con controricorso.
Motivi della decisione

I ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., siccome proposti contro la medesima sentenza. Preliminare è la trattazione del ricorso incidentale. Infondati sono i primi due motivi del ricorso. Quanto al primo, i professori pongono questioni di inammissibilità dell’appello incidentale dell’Ateneo senza neppure censurare la sentenza per vizio del procedimento ( art. 360 c.p.c., n. 4) e senza specificamente porre in evidenza l’eventuale omessa pronunzia sul punto da parte della sentenza impugnata.

Quanto al secondo motivo, i ricorrenti non articolano argomentazioni valide a sostegno della denunciata violazione del D.P.R. n. 382 del 1980, art. 25. Sul punto la sentenza correttamente rileva il tenore testuale della disposizione, dalla quale si ricava che contratti del genere del quale si discute possono essere stipulati soltanto dal Rettore, quale legale rappresentante dell’Università.

Infondato è anche il terzo motivo, siccome nella giurisprudenza di legittimità è consolidata l’individuazione della peculiarità, per petitum e per causa petendi, dell’azione ex art. 2041 c.c., con conseguente sua inammissibilità se proposta (come nella specie) per la prima volta in appello (tra le più recenti, cfr. Cass. SU n. 19448/09). Nel ricorso principale l’Università fa presente che: la prima sentenza aveva condannato i professori a restituirle ciascuno la somma di L. 8 milioni, pari alla differenza tra quanto percepito e quanto a loro effettivamente dovuto sulla scorta del provvedimento ministeriale; sul punto ella propose appello incidentale per ottenere la restituzione degli interi importi versati ai docenti a seguito della provvisoria esecuzione dei decreti opposti, ossia L. 30.806.544, quanto al prof. P., e L. 31. 569.255, quanto al prof. B.; ciononostante, la sentenza impugnata condannò gli opposti a restituire solo L. 20 milioni ciascuno, evidentemente ripetendo in maniera pedissequa gli importi indicati nella sentenza del Tribunale. Chiede, pertanto, la cassazione sul punto della sentenza impugnata, riproducendo brani degli atti di causa nei quali erano formulate tali richieste e facendo presente che erano stati depositati in giudizio i mandati di pagamento. Il ricorso incorre in un duplice profilo d’inammissibilità: per un verso, propone un’istanza di tipo revocatorio e non cassatorio, posto che adombra un errore di fatto nel quale sarebbe incorso il giudice del merito; per altro verso, anche a prescindere dalla precedente ragione, il ricorso si prospetta privo d’autosufficienza, siccome fa mero riferimento a documenti e ad atti non riprodotti nell’atto d’impugnazione.

In conclusione, i ricorsi devono essere respinti, con conseguente, totale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

LA CORTE riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

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