Cass. civ. Sez. V, Sent., 23-03-2011, n. 6614 Accertamento

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Svolgimento del processo

La controversia origina dall’impugnazione di un avviso di accertamento di maggior valore, ai fini dell’imposta di registro ed INVIM, del terreno assegnato con atto del 18 gennaio 1996 dall’Azienda Agricola Campo di Fortuna s.r.l. in liquidazione ai sig.ri A. e G., rispettivamente, liquidatore e socia della medesima società. L’accertamento era fondato sulla natura edificabile del terreno in questione – parte in fascia di rispetto stradale e parte in zona industriale D2 – come risultante dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune di Cerignola in data 27 dicembre 1995 e allegato all’atto di compravendita.

La Commissione adita accoglieva il ricorso e la decisione era confermata con la sentenza in epigrafe, che riteneva applicabile nella specie la valutazione automatica D.P.R. n. 131 del 1986 ex art. 52. Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione con unico motivo.

Resistono i contribuenti con controricorso, illustrato anche con memoria, proponendo con lo stesso atto ricorso incidentale condizionato con due motivi.

MOTIVAZIONE
Motivi della decisione

Prima di procedere all’esame dell’impugnazione occorre disporre la riunione del ricorso principale con il ricorso incidentale ai sensi dell’art. 335 c.p.c.. Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, proposta dai controricorrenti, in quanto l’impugnazione sarebbe stata notificata in unica copia al procuratore dei contribuenti. Infatti le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che "la notificazione dell’atto d’impugnazione eseguita presso il procuratore costituito per più parti, mediante consegna di una sola copia (o di un numero inferiore), è valida ed efficace sia nel processo ordinario che in quello tributario, in virtù della generale applicazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, alla luce del quale deve ritenersi che non solo in ordine alle notificazioni endoprocessuali, regolate dall’art. 170 cod. proc. civ., ma anche per quelle disciplinate dall’art. 330 cod. proc. civ., comma 1, il procuratore costituito non è un mero consegnatario dell’atto di impugnazione ma ne è il destinatario, analogamente a quanto si verifica in ordine alla notificazione della sentenza a fini della decorrenza del termine d’impugnazione ex ari. 285 cod. proc. civ., in quanto investito dell’inderogabile obbligo di fornire, anche in virtù dello sviluppo degli strumenti tecnici di riproduzione degli atti, ai propri rappresentati tutte le informazioni relative allo svolgimento e all’esito del processo" (Cass. S.U. n. 29290 del 2008). Altrettanto infondata è l’eccezione di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., in quanto il principio di diritto è sufficientemente specifico.

Con l’unico motivo di ricorso, l’amministrazione contesta la ritenuta applicabilità del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4, stante l’edificabilità del terreno, rispetto alla quale è determinate la previsione dello strumento urbanistico al momento della cessione, anche se non perfezionato. Il motivo è fondato. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che: "l’edificabilità di un’area, ai fini dell’inapplicabilità del sistema di valutazione automatica previsto dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4, dev’essere desunta dalla qualificazione ad esso attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, senza che assumano alcun rilievo eventuali vicende successive incidenti sulla sua edificabilità, quali la mancata approvazione o la modificazione dello strumento urbanistico, in quanto la valutazione del bene dev’essere compiuta in riferimento al momento del suo trasferimento, che costituisce il fatto imponibile, avente carattere istantaneo. L’impossibilità di distinguere, ai fini dell’inibizione del potere di accertamento, tra zone già urbanizzate e zone in cui l’edificabilità è condizionata all’adozione dei piani particolareggiati o dei piani di lottizzazione non impedisce peraltro di tener conto, nella determinazione del valore venale dell’immobile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonchè della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione- (Cass. S.U. n. 25505 del 2006). Più recentemente è stato ribadito questo orientamento, precisando ulteriormente che "l’inapplicabilità, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4, del criterio di valutazione automatica "per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria", non è esclusa dall’esistenza di vincoli di piano che incidono sulla edificabilità (nella specie, area "verde" destinata a parchi urbani esistenti e progettati), atteso che tali vincoli non sottraggono i terreni al regime fiscale proprio dei suoli edificabili ma incidono soltanto sulla concreta determinazione del valore venale dei terreni stessi" (Cass. n. 12256 del 2010).

Quanto al ricorso incidentale, il primo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo riportati i passi dell’appello dell’amministrazione dai quali è possibile evincere i vizi denunciati, e in ogni caso infondato, perchè non di omessa pronuncia si tratta, ma semmai di pronuncia di implicito rigetto dell’eccezione di inammissibilità dell’appello che non risulta censurata sotto questo aspetto, il secondo motivo è inammissibile perchè concerne questione che, essendo rimasta assorbita, deve essere riproposta in sede di giudizio di rinvio.

Pertanto, deve essere accolto il ricorso principale, rigettato il ricorso incidentale; la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Puglia.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale, rigettala il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Puglia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-02-2011) 28-02-2011, n. 7604 Sentenza contumaciale

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Svolgimento del processo

La CdA di Milano, con il provvedimento di cui in epigrafe, ha rigettato l’istanza di restituzione in termine avanzala da B. L. per impugnare sentenza del Tribunale di Milano in data 18.10.2007, che lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia riconoscendolo colpevole del delitto ex art. 496 c.p..

Ricorre per cassazione il difensore e deduce erronea applicazione degli artt. 666 e 670 c.p.p. in relazione alla mancata fissazione di udienza camerale per l’esame della esistenza di un valido titolo esecutivo, nonchè erronea applicazione dell’art. 175 c.p.p. in quanto il ricorrente non avrebbe indicato la data di effettiva conoscenza del provvedimento.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato e non merita accoglimento.

Il ricorrente propose al Tribunale incidente di esecuzione e, contestualmente, istanza di remissione in termine.

Il Tribunale, per quanto è dato comprendere, nulla ha deciso in ordine all’incidente e ha trasmesso gli atti alla CdA, perchè decidesse sull’istanza ex art. 175 c.p.p..

La Corte territoriale, correttamente, ha "risposto" solo in ordine a tale istanza, sia perchè solo di essa era stata investita, sia perchè, sempre a quanto è dato comprendere, non era giudice dell’esecuzione (tale essendo, evidentemente, il Tribunale).

Ebbene è noto che la restituzione nel termine per impugnare una sentenza contumaciale opera, ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 2, solo quando risulti dagli atti la mancata conoscenza del procedimento da parte dell’imputato. Ma proprio sull’imputato, ovviamente, grava l’onere di allegare almeno le ragioni per le quali, pur essendo avvenute le notifiche con modalità formalmente regolari, ciò nondimeno egli non ne abbia avuto notizia (ASN 200619907-RV 233868).

Ma, in tale onere, non può che essere implicito quello, quantomeno, di indicare il dies a quo con riferimento al momento in cui il provvedimento che si intende impugnare è divenuto noto all’interessato.

E’ pur vero che il giudice investito della richiesta ha l’obbligo di compiere ogni necessaria verifica in relazione all’effettiva conoscenza del provvedimento (ASN 200613215-RV 233640), ma ciò non toglie che chi avanza una istanza ha l’onere di documentarla e di circostanziarla, segnalando all’Organo destinatario della stessa,quantomeno la ipotesi da verificare.

La decisione assunta dalla CdA, dunque, fu corretta e conseguente.

Naturalmente nulla impedisce al B. di coltivare, innanzi all’organo competente, l’incidente di esecuzione, se è vero che, in merito, nessuno ha provveduto.

Consegue condanna alle spese del procedimento.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 02-12-2010) 14-03-2011, n. 10140 Danno

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 12 gennaio 2009 la Corte d’Appello di Venezia, in ciò confermando la decisione assunta dal Tribunale di Verona (invece rifermata in ordine ad altre imputazioni), ha riconosciuto B.F. responsabile dei delitti di lesione, minaccia e violenza privata in danno di D.V.L. e R. D., unificati dal vincolo della continuazione; ha quindi tenuto ferma la sua condanna alla pena di legge e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili.

La prova di colpevolezza è stata ravvisata, malgrado l’inattendibilità della persona offesa D.V., nelle ammissioni di responsabilità provenienti dallo stesso imputato.

Ha proposto ricorso per cassazione il B., per il tramite del difensore, affidandolo a due motivi.

Col primo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione osservando che la confessione dell’imputato, se assunta a prova della sua colpevolezza, avrebbe dovuto essere valutata entro i precisi limiti della sua estensione, che non dava conto delle reiterate violenze e del profilo vessatorio addotti a motivazione del diniego delle attenuanti generiche; deduce, al contempo, carenza di motivazione sull’entità della pena.

Col secondo motivo il B. denuncia omessa motivazione in ordine alla liquidazione del danno.

Il ricorso è fondato nel primo motivo, con efficacia assorbente nei confronti del secondo.

Pur escludendo l’attendibilità intrinseca della persona offesa D.V.L. e pur riconoscendo l’opacità della lettura della vicenda desumibile dalle deposizioni dei testi Bo., L. e C., la Corte d’Appello ha raggiunto il convincimento circa la colpevolezza dell’imputato in base all’ammissione, da lui stesso resa, di aver "messo le mani addosso alla moglie" in due occasioni, e cioè il 12 agosto 1995 e il 3 marzo 2004.

Orbene, l’aver ravvisato in tale dichiarazione confessoria la prova del fatto-reato di cui al capo c) è, indubbiamente, operazione logica non censurabile: tant’è che nel ricorso non si muovono contestazioni sul punto; ma il discorso giustificativo si rende poi vistosamente carente là dove, sulla base della stessa ammissione (nel cui tenore, così come riferito nella sentenza, non si coglie alcun’altra connotazione riferibile alle modalità di esecuzione del reato), il giudice di appello sviluppa un apprezzamento della condotta di così penetrante negatività da definirla esplosiva e violenta, fino a ravvisarvi un profilo vessatorio incompatibile con l’applicazione delle attenuanti generiche e con l’invocata moderazione della pena: il tutto in assenza di qualsiasi elemento descrittivo dal quale possa trarsi un collegamento logico col giudizio così formulato.

Il vizio motivazionale che ne deriva impone l’annullamento della sentenza.

Il giudice di rinvio, che si designa in altra sezione della Corte d’Appello di Venezia, sottoporrà a rinnovata disamina le richieste di applicazione delle attenuanti generiche e di rideterminazione della pena, in piena libertà decisionale e col solo obbligo di dare adeguata motivazione al deliberato.

La liquidazione del danno sarà consequenziale.
P.Q.M.

la Corte annulla la sentenza impugnata, limitatamente all’entità della pena e del risarcimento del danno, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. civ. Sez. I, Sent., 20-06-2011, n. 13449 Effetti del fallimento per i creditori

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Svolgimento del processo

Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 10.4.2000, in parziale accoglimento della domanda L. Fall., ex art. 67, comma 2, proposta dal Fallimento dell’Ombrellificio Pascal s.r.l. (dichiarato il 5.7.95) nei confronti della Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. (in seguito, per brevità, BNL), ritenuto che la scientia decoctionis della banca fosse provata a partire dal 2.8.94, data in cui era stato chiesto alla correntista il rientro dalle posizioni debitorie, dichiarò l’inefficacia dei versamenti solutori, per complessive L. 148.722.415, affluiti successivamente a tale data sui conti correnti intrattenuti dalla società poi fallita presso l’istituto di credito convenuto e condannò quest’ultimo a restituire al Fallimento la somma predetta, maggiorata degli interessi legali.

Il gravame proposto dal Fallimento dell’Ombrellificio Pascal contro la decisione fu accolto parzialmente dalla Corte d’Appello di Napoli che, con sentenza del 26.5.05, dichiarò l’inefficacia di tutte le ulteriori rimesse, per complessivi Euro 48.101,34, accreditate sul conto corrente ordinario nell’anno anteriore alla dichiarazione di insolvenza.

La Corte territoriale affermò: che la decisione di revocare gli affidamenti, spettante al direttore della filiale di Napoli della BNL e non oggetto di delega al responsabile dell’agenzia di Frattamaggiore presso cui l’Ombrellificio Pascal intratteneva i conti, comunicata il 2.8.94, trovava il suo necessario fondamento in accertamenti e decisioni anteriori; che, inoltre, l’anomalo andamento del conto corrente, sul quale, nel solo mese di gennaio 94, si rilevava un incremento dell’indebitamento di circa mezzo miliardo delle vecchie lire e che nel maggio successivo presentava uno scoperto di oltre 900 milioni, nonostante gli accrediti per circa 1 miliardo e mezzo rinvenienti da operazioni di giroconto, la consapevolezza in capo alla BNL dell’avvenuta emissione nei confronti della propria correntista di decreti ingiuntivi richiesti dal Banco di Roma, la ridotta dimensione del centro nel quale l’Ombrellificio e l’agenzia operavano, costituivano circostanze obiettive, indicative della concreta conoscibilità da parte della banca della situazione di insolvenza della società poi fallita, anche prima del 5.7.94; che pertanto tutte le rimesse affluite sul conto corrente ordinario nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, pacificamente intervenute allorchè il conto era scoperto, andavano revocate; che la revocabilità non era esclusa dal fatto che alcune di tali rimesse derivavano da operazioni di giroconto dai c.d. conti anticipi, in quanto era evidente "dalla documentazione prodotta" che i vari rapporti negoziali tendevano a realizzare il fine pratico unitario dell’estinzione dei debiti risultanti dal predetto conto corrente;

che ugualmente irrilevante era la circostanza che i conti anticipi risultassero "a debito" all’atto dei giroconti, posto che ciò che rilevava era che le somme oggetto di anticipazione fossero state utilizzate per ridurre od estinguere lo scoperto; che in tali sensi l’appello andava accolto, mentre andava respinta la domanda di revoca delle operazioni annotate a credito sui conti anticipi, prive di funzione solutoria, e indicative dell’avvenuta anticipazione, confluita sul conto corrente ordinario.

La BNL ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a due motivi e illustrato da memoria.

Il Fallimento dell’Ombrellificio Pascal s.r.l. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale, sulla base di un unico motivo, cui la BNL ha a sua volta resistito con controricorso.
Motivi della decisione

Va preliminarmente disposta la riunione, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., del ricorso principale e di quello incidentale.

1) Con il primo motivo di ricorso la BNL, denunciando violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 67 e art. 2697 c.c., nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, contesta la logicità e la coerenza del ragionamento probatorio in base al quale la Corte territoriale ha ritenuto provata la sua scientia decoctionis sin dal 5.7.94.

Rileva, in particolare: 1) che non è neppure ipotizzabile che la decisione di revocare i fidi possa essere assunta dopo una valutazione durata un mese e che, comunque, la Corte d’Appello avrebbe dovuto precisare quali tempi erano effettivamente occorsi per operare gli accertamenti "anteriori al 2.8.94" ed in cosa gli stessi fossero consistiti, così chiarendo perchè li aveva fatti risalire ad un mese prima della comunicazione della revoca, anzichè ad una qualsiasi delle date intermedie; 2) che, analogamente, il fatto che il direttore dell’agenzia di Frattamaggiore fosse venuto a conoscenza dell’ottenimento da parte del Banco di Roma di decreti ingiuntivi contro la società, emergeva da una lettera del 4.8.94, successiva alla revoca dei fidi, sicchè non era dato comprendere perchè dal documento in questione – che non indicava nè quando i decreti erano stati emessi nè quando il direttore avesse appreso della loro esistenza potesse tirarsi prova presuntiva della ricorrenza del presupposto soggettivo dell’azione sin dal 5.7.94; 3) che il conto corrente ordinario era stato normalmente operativo sino al 2.8.94 ed aveva sempre avuto un incremento negativo, pur nell’oscillazione delle rimesse attive e passive, con la conseguenza che la circostanza non poteva essere di per sè indicativa dell’insolvenza della correntista; 4) che, in assenza di segnali esteriori e percepibili del dissesto, era priva di rilevanza anche la circostanza che l’Ombrellificio Pascal operasse in un piccolo centro, dove aveva sede l’agenzia presso la quale intratteneva il rapporto di conto corrente;

5) che, infine, non erano stati considerati i sintomi di inscientia decoctionis desumibili dal conto corrente, costituiti dall’annotazione di addebiti per l’avvenuto pagamento degli assegni per decine di milioni emessi dall’Ombrellificio Pascal nel corso del luglio del 94.

Il motivo è inammissibile.

La Corte di merito ha tratto il proprio convincimento da un’unitaria valutazione delle circostanze di fatto acquisite in via documentale agli atti del giudizio, la quale non richiede la discussione di ogni singolo elemento o la confutazione di tutte le contrarie argomentazioni difensive (Cass. n. 5235/01), ed ha ritenuto sussistente la prova della scientia decoctionis della BNL per l’intero anno anteriore alla dichiarazione di fallimento dell’Ombrellificio Pascal in base ad un percorso logico complessivo, prevalentemente fondato sull’anomalo andamento del conto corrente, in cui non sono riscontrabili contraddittorietà o deficienze aventi rilevanza causale decisiva sulle conclusioni raggiunte. Ebbene, attraverso la censura, la banca ricorrente, pur lamentando la violazione di norme di diritto e pur prospettando vizi di motivazione su punti decisivi della controversia, mira in realtà a contrapporre a tale valutazione la propria personale interpretazione delle medesime circostanze, che, anzichè considerare globalmente, esamina singolarmente, cercando di enucleare da ciascuna di esse quegli elementi che avrebbero potuto condurre ad un loro diverso apprezzamento.

Trova dunque applicazione il principio, ripetutamente enunciato da questa Corte, secondo cui i vizi della sentenza posti a base del ricorso per cassazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice del merito o che siano attinenti alla difforme valutazione delle prove da questi operata, rispetto a quella pretesa dalla parte (Cass. nn. 17901/010, 10657/010, 7992/07, 12467/03).

Il controllo di legittimità sulla motivazione della sentenza non può infatti spingersi fino alla rielaborazione del giudizio di fatto espresso dal giudice del merito, alla ricerca di una soluzione alternativa rispetto a quella ragionevolmente raggiunta, solo perchè ritenuta la migliore possibile (Cass. n. 21153/010), non essendo in discussione la giustizia o meno della decisione, ma la presenza di difetti sintomatici di una possibile decisione ingiusta, che tali possono ritenersi solo se l’errore oggetto di possibile rilievo in cassazione abbia avuto adeguata incidenza causale sulla stessa (Cass. nn. 12468/03, 7635/03, 5235/01).

2) Con il secondo motivo di ricorso, la BNL, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1241, 1248, 1271 e 1853 c.c. e L. Fall., art. 67, nonchè vizio di motivazione su di un punto decisivo della controversia, deduce, in subordine, che la Corte di merito ha errato nel ritenere revocabili le rimesse derivanti da giroconti disposti dai c.d. "conti anticipi" al conto corrente ordinario.

Rileva che, allorchè i giroconti vennero effettuati, i conti anticipi presentavano un saldo passivo, al pari di quello ordinario, con la conseguenza che le operazioni non erano indicative di un effettivo rientro per essa banca e non avevano leso la par condicio;

osserva, peraltro, che anche se i conti anticipi fossero stati in attivo, le operazioni di giroconto sarebbero state irrevocabili ai sensi dell’art. 1853 c.c., stante il diritto della banca di operare la compensazione; assume, infine, che la revocabilità delle rimesse conseguenti a giroconto è stata ammessa dalla giurisprudenza solo nell’ipotesi, non ricorrente nel caso di specie, di c.d.

"congelamento del conto scoperto" e di contestuale creazione da parte della banca di un altro conto, fungente da schermo, sul quale far confluire in via esclusiva gli accrediti da riversare poi sull’altro conto, in modo da evitare rimesse dirette, senz’altro revocabili.

Il motivo è, nella sua prima parte, infondato.

2.1) Come già osservato dalla Corte di merito, la questione attinente al saldo dei c.d. conti anticipi è priva di rilievo ai fini della revocabilità dei pagamenti solutori eseguiti dal correntista poi fallito in favore di un istituto di credito.

I conti in questione, infatti, non sono normalmente operativi, ma rappresentano una mera evidenza contabile dei finanziamenti per anticipazioni su crediti concessi dalla banca al cliente. Su di essi, in sostanza, l’istituto annota in "dare" al correntista l’importo di dette anticipazioni, di volta in volta erogate in occasione della presentazione di effetti o della c.d. carta commerciale, e glielo riannota in "avere" una volta che abbia provveduto a riscuotere il credito sottostante (in virtù del mandato all’incasso usualmente conferitogli): attraverso l’annotazione del rientro delle somme anticipate, il cliente può dunque tornare ad usufruire di nuove anticipazioni, sino al limite dell’affidamento concessogli.

Ne consegue che (quantomeno sino alla data di definitiva chiusura, ove questa intervenga prima della dichiarazione di fallimento) il saldo passivo di tali conti non è indicativo di uno scoperto e che gli accrediti in essi annotati non costituiscono rimesse solutorie.

Il rapporto di debito/credito fra la banca e il correntista è invece rappresentato, in ogni momento, dal saldo del conto corrente ordinario, sul quale le anticipazioni affluiscono, mediante "giroconto", ed al s.b.f., alla stregua di ogni altro versamento eseguito da terzi e, nel momento in cui vengono definitivamente accreditate al correntista, rappresentano anch’esse rimesse revocabili nei limiti in cui hanno contribuito a ridurre od eliminare lo scoperto.

Invero, poichè in presenza di un affidamento per anticipi al s.b.f., il soggetto finanziato conferisce alla banca finanziatrice l’incarico di riscuotere i suoi crediti e di destinarne il ricavo all’estinzione dei suoi debiti, l’effetto (eventualmente) solutorio si realizza attraverso l’accredito delle somme portate dai titoli, dalle ricevute bancarie o dalla carta commerciale presentati per l’incasso, che la banca in un primo momento anticipa e successivamente (una volta che le abbia effettivamente incassate) pone nella definitiva disponibilità del correntista. Contestualmente all’incasso, si realizza poi, la compensazione fra il credito del cliente derivante dalla riscossione ed il credito della banca derivante dall’anticipazione, secondo uno schema perfettamente lecito e sottratto alla revocatoria ai sensi della L. Fall., art. 56, che trova evidenza contabile sul c.d. conto anticipi.

Correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha rilevato che le somme oggetto di anticipazione, essendo state poste nella disponibilità dell’Ombrellificio Pascal attraverso il loro giroconto sul c/c ordinario, allorchè questo presentava uno scoperto, avevano avuto finalità solutoria. La BNL ha contrastato l’affermazione del giudice d’appello limitandosi a rilevare che i versamenti girocontati, provenendo da un conto passivo, lasciavano inalterato il debito complessivo dell’Ombrellificio Pascal nei suoi confronti. La ricorrente non ha però contestato l’assunto del giudice del merito, secondo cui le somme derivanti dalle anticipazioni erano state poste nell’effettiva disponibilità della società poi fallita, nè ha dedotto che tali somme erano state successivamente stornale dal conto corrente ordinario: essa ha dunque implicitamente riconosciuto che all’anticipazione era seguita l’effettiva riscossione dei crediti anticipati, che, essendo stata annotata, in base al meccanismo appena illustrato, in "avere" della correntista sul c.d. conto anticipi, ha necessariamente ridotto il saldo passivo di tale conto del corrispondente ammontare.

La circostanza trova, d’altro canto, conferma nell’ulteriore argomento difensivo della Banca, secondo cui "sarebbero stati revocabili i soli accrediti effettuati sui conti speciali che sono serviti a ridurre lo scoperto di detti conti", che costituisce ammissione dell’avvenuto suo rientro dalle anticipazioni di cui si discute.

2.2) Per il resto, il motivo va dichiarato inammissibile, siccome volto ad illustrare argomenti privi di attinenza con la decisione e, comunque, relativi a questioni (il congelamento dei conti, la compensabilita dei loro saldi ai sensi dell’art. 1853 c.c.) che non risultano essere mai state dedotte nei precedenti gradi di merito. 3) Con l’unico motivo di ricorso incidentale, il Fallimento dell’Ombrellificio Pascal, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., art. 2697 c.c. e L. Fall., art. 67, contesta l’assunto della Corte territoriale secondo cui le appostazioni "a credito" annotate sui conti diversi da quello ordinario di corrispondenza sono indicative di mere anticipazioni, prive di funzione solutoria e quindi non revocabili.

Deduce a riguardo che il giudice del merito è pervenuto a tale conclusione senza alcun supporto probatorio, non avendo la BNL, onerata della prova sul punto, mai documentato una simile qualificazione dei rapporti, e che, in difetto di tale prova, "anche le rimesse effettuate su un conto attivo devono essere considerate revocabili quando realizzino l’effetto di ridurre, nell’ambito dell’unico rapporto economico con la banca, l’esposizione del debitore poi fallito".

Il motivo (prima ancora che infondato per le ragioni già illustrate sub. 2.1) è inammissibile, in quanto non contiene alcuna censura all’accertamento della Corte territoriale – sul quale si fonda l’effettiva ratio decidendi della statuizione di rigetto, sul punto, dell’appello incidentale proposto dal Fallimento – secondo cui gli importi annotati "a credito" sul conto anticipi erano in precedenza affluiti sul conto corrente ordinario (con l’implicita, ma ovvia conseguenza, che non poteva richiedersi per la seconda volta la revoca di rimesse oggetto di operazioni di giroconto già revocate).

La reciproca soccombenza delle parti giustifica la declaratoria di integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte: riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale; dichiara interamente compensate fra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.