Reclamo (d. proc. civ.) (Complaint)

È il rimedio apprestato contro i provvedimenti del giudice (consistenti in ordinanze e decreti) emessi sia nel processo di cognizione che in quello di esecuzione nonché nel procedimento di volontaria giurisdizione.
I provvedimenti adottati in base al (—) generalmente non sono impugnabili in Cassazione dato che non sono suscettibili di acquisire l’efficacia di cosa giudicata.
(—) contro i provvedimenti cautelari
Il reclamo va proposto ad un giudice diverso da quello che ha emesso il provvedimento (art. 669terdecies c.p.c.) e costituisce una vera e propria impugnazione dell’ordinanza con cui viene concesso o negato il provvedimento. La previsione che possa essere oggetto di reclamo non solo il provvedimento di accoglimento ma anche di rigetto è stato introdotto dal cd. decreto competitività (D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005), che è intervenuto altresì sul termine entro il quale il (—) è proposto: infatti dall’entrata in vigore della nuova disposizione (12-9-2005) è previsto un ampliamento a 15 giorni (finora era previsto un termine di 10 giorni dalla notificazione dell’ordinanza).
Il relativo procedimento si svolge in camera di consiglio (artt. 737, 738 e 739 c.p.c.).
Il (—) si propone:
— al Collegio, contro i provvedimenti del giudice singolo del Tribunale, del quale Collegio non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento;
— ad altra Sezione della Corte di appello o, in mancanza, alla Corte di appello più vicina, contro i provvedimenti emanati dalla Corte di appello.
Il giudice del (—), convocate le parti, pronuncia, non oltre 20 giorni dal deposito del ricorso, ordinanza non impugnabile, con la quale conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare.
Il presidente dell’organo collegiale investito del (—), quando per motivi sopravvenuti il provvedimento arrechi grave danno, può disporre la sospensione dell’esecuzione o subordinarla alla prestazione di una congrua cauzione.
(—) dello status di figlio legittimo [azione di]
È l’azione mediante la quale il figlio che si ritenga legittimo, ma che non abbia conseguito il relativo status, reclama la propria qualità di discendente legittimo.
Colui che, tuttavia, risulti essere figlio legittimo di altre persone, non può reclamare tale stato rispetto a persone diverse, se non nel caso di supposizione di parto o sostituzione di neonato (art. 239 c.c.).
Tale azione è imprescrittibile.

Reciprocità (principio di) (d. internaz.) (Reciprocity (principle of))

Meccanismo per il quale un trattamento che uno Stato prevede a favore di un altro, diventa subordinato alla concessione del medesimo trattamento dell’altro Stato in favore del primo.
La reciprocità può essere:
1) legislativa se sono stabilite con un atto normativo dello Stato;
2) diplomatica se c’è un impegno di due o più Stati in base ad un trattato internazionale.

Recidiva (d. pen.) (Recognition)

Si tratta di una circostanza riguardante il colpevole, e può indurre un aumento di pena a chi, dopo essere stato condannato per un reato, ne commette un altro.
Il codice, all’art. 99 c.p. ci permette di distinguere tre forme di recidiva:
1) quella semplice, permette di commettere un reato dopo aver subìto condanna irrevocabile per un altro reato. Può indurre un aumento fino a un terzo della pena da infliggere per il nuovo reato.
2) quella aggravata si verifica quando il nuovo reato è della stessa indole del precedente (recidiva specifica); quando è stato realizzato nei cinque anni dalla condanna precedente (recidiva infraquinquennale); quando è stato realizzato durante o dopo l’esecuzione della pena, o durante il tempo in cui il condannato non si è sottoposto volontariamente all’esecuzione della pena.
La recidiva aggravata può indurre un aumento della pena da infliggere fino alla metà, se avviene una sola delle tre circostanze che la determinano, oppure fino alla metà se ne concorre più di una.
3) quella reiterata, si verifica se il nuovo reato è commesso da chi è già recidivo.
Essa determina un aumento di pena della metà, ovvero di due terzi se la recidiva è specifica o infraquinquennale. La L. 251/2005, ha introdotto l’incremento sanzionatorio e la limitazione ai soli delitti non colposi, in tal modo sono esclusi dal calcolo della recidiva le contravvenzioni ed i delitti colposi.

Recesso (d. civ.) (Withdrawal)

È il diritto di sciogliersi da un precedente vincolo contrattuale mediante una dichiarazione unilaterale di volontà comunicata all’altra parte.
Tale diritto può essere:
— legale, se è previsto dalla legge; ciò vale per alcuni contratti nominati (società, locazione, mandato, mutuo, appalto, deposito, contratto (di lavoro)): si tratta, per lo più, di contratti la cui esecuzione si protrae nel tempo, quando non è stabilito in anticipo il momento della cessazione;
— convenzionale, quando è previsto contrattualmente con apposita clausola. Spesso in questi casi è anche previsto un corrispettivo per la parte che è destinata a subire l’esercizio del diritto di (—), consistente nel pagamento di una somma di danaro nelle due forme della multa penitenziale e della caparra penitenziale.
Occorre poi distinguere:
— nei contratti ad esecuzione istantanea (immediata o differita) il (—) può essere esercitato, salvo patto contrario, solo prima che abbia inizio l’esecuzione del contratto (art. 1373, c. 1 c.c.);
— nei contratti di durata (ad esecuzione continuata o periodica), invece, il (—) è ammissibile anche dopo che l’esecuzione del contratto abbia avuto inizio, ma esso, salvo patto contrario, non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione (art. 1373, c. 2 c.c.). Di conseguenza, le parti non possono pretendere la restituzione delle prestazioni già eseguite.
Ipotesi specificamente disciplinata, infine, è quella del recesso dell’associato (art. 24 c.c.) [Associazione].
(—) ad nutum (d. lav.)
[Licenziamento (ad nutum)].
(—) attivo (d. pen.)
Circostanza attenuante operante in materia di tentativo, a favore dell’agente che, dopo aver integrato l’intera condotta criminosa, si attivi volontariamente e con successo, al fine di impedire la verificazione dell’evento.
Mentre la desistenza volontaria si estrinseca, di regola, nella semplice astensione dal continuare nel proprio comportamento, il (—), detto impropriamente anche pentimento operoso, implica una condotta attiva dell’agente diretta ad interrompere il processo causale già attivato. È peraltro da rilevare che in talune ipotesi il (—) può realizzarsi anche con un mero comportamento omissivo (es.: estortore che, dopo avere effettuato telefonicamente la richiesta estorsiva, non si reca nel luogo ad ora stabilita per ritirare il denaro).
Il (—), che comporta una diminuzione della pena da un terzo alla metà di quella stabilita per il delitto tentato, può aversi solo nei delitti in cui tra la realizzazione della condotta ed il verificarsi dell’evento intercorra un certo lasso di tempo.
Il (—) non deve essere confuso con il ravvedimento post delictum, ex art. 62, n. 6 c.p., che si realizza dopo il verificarsi dell’evento, dunque dopo la consumazione del reato, allo scopo di eliminare o attenuare le conseguenze dannose o pericolose dello stesso.
(—) da vendite concluse fuori dalle sedi commerciali (d. civ.)
Facoltà concessa all’acquirente di recedere dal contratto stipulato, entro un periodo di tempo determinato.
Si applica ai contratti stipulati tra un operatore commerciale ed un consumatore, per la fornitura di beni o la prestazione di servizi, conclusi fuori dai locali commerciali, con mezzi particolari (vendita a domicilio, per corrispondenza, attraverso canali televisivi o radiofonici, o mediante strumenti informatici o telematici).
A tal fine l’operatore commerciale deve fornire adeguate informazioni circa le modalità, i tempi e i soggetti nei cui confronti va indirizzata la comunicazione di avvalersi della facoltà di recesso e di tali informazioni deve darne conferma scritta.
La comunicazione deve essere inviata all’operatore entro dieci giorni dall’avvenuta informazione, o nel diverso termine di sessanta giorni (decorrente, per i beni, dal giorno del loro ricevimento da parte del consumatore, per i servizi, dal giorno della conclusione del contratto) nell’ipotesi in cui il fornitore non abbia adempiuto agli obblighi informativi, salva l’indicazione di termini più favorevoli contenuta nel contratto.
Tale diritto spetta solo al consumatore: nel momento in cui lo esercita ha però l’obbligo di restituire nel termine previsto dal contratto (comunque non inferiore a dieci giorni) la merce già ricevuta, mentre l’operatore commerciale deve effettuare il rimborso delle somme versate nel termine di trenta giorni dalla data in cui è venuto a conoscenza della volontà del consumatore di recedere dal contratto.
Analogo contenuto e medesime modalità di esercizio ha il diritto di recesso del consumatore nell’ambito dei contratti stipulati a distanza [Vendita (a distanza)]. Il D.Lgs. 206/2005, recante il Codice del consumo, nel disporre la riorganizzazione e il riassetto della previgente normativa intervenuta a tutela dei consumatori, ha infatti dettato disposizioni comuni, unificando il relativo regime, con riguardo al diritto di recesso del consumatore dai contratti stipulati a distanza ovvero negoziati fuori dai locali commerciali.
(—) del socio (d. comm.)
È una delle cause di scioglimento del rapporto sociale con riferimento ad un solo socio. Il riconoscimento del diritto di (—) costituisce una deroga al principio della indissolubilità unilaterale dei contratti; può quindi ritenersi ammesso solo nelle ipotesi espressamente previste dalla legge e dal contratto.
(—) in tronco (d. lav.)
È il recesso dal rapporto di lavoro di una delle parti (datore o lavoratore) determinato da una giusta causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se a recedere è il prestatore (ad es. per un grave inadempimento del datore ovvero per gravi esigenze familiari), a questi è dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso.
Il (—) del datore è detto licenziamento in tronco.
(—) unilaterale (d. lav.)
Negozio giuridico unilaterale, in base al quale si determina l’estinzione del rapporto di lavoro e in particolare di quelli a tempo indeterminato.
Il (—) assume una denominazione diversa a seconda che sia posto in essere dal lavoratore, nel qual caso si configurano le dimissioni, ovvero dal datore di lavoro, determinandosi la fattispecie del licenziamento.
Quest’ultimo istituto è soggetto ad una disciplina particolare, volta a tutelare il contraente debole del rapporto di lavoro (lavoratore). Ipotesi particolare di (—) è quella, ex art. 2096 c.c., relativa all’esito negativo del periodo di prova [Patto (di prova)].