Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sent 555/09

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, seconda Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:

Avviso di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della L. 27 aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

Giuseppe Di Nunzio Presidente

Marco Morgantini Primo Referendario, relatore

Brunella Bruno Referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 539/2009 proposto da BIOLO FRANCO, rappresentato e difeso dall’avv. Aurora D’Agostino, con elezione di domicilio presso lo studio dell’avv. Chiara Santi in Venezia Mestre, Corso del Popolo 70;

CONTRO

l’ATER della Provincia di Padova in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Francesca Mesirca, con domicilio presso la segreteria del T.A.R., ai sensi dell’art. 35 del R.D. 26.6.1924 n. 1054;

PER

l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, del provvedimento dell’ATER 4.11.2008 con il quale si ordina il rilascio dell’immobile occupato senza titolo.

Visto il ricorso, notificato il 26.1.2009 e depositato presso la Segreteria il 20.2.2009, con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio dell’ATER di Padova, depositato il 2.3.2009;

visti gli atti tutti di causa;

uditi alla camera di consiglio del 4 marzo 2009, convocata a’ sensi dell’art. 21 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall’art. 3 della L. 21 luglio 2000 n. 205 – relatore il Primo Referendario Marco Morgantini – l’avv. D’Agostino per il ricorrente e l’avv. Mesirca per l’ATER di Padova;

Rilevata, a’ sensi dell’art. 26 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall’art. 9 della L. 21 luglio 2000 n. 205, la completezza del contraddittorio processuale e ritenuto, a scioglimento della riserva espressa al riguardo, di poter decidere la causa con sentenza in forma semplificata;

Richiamato in fatto quanto esposto nel ricorso e dalle parti nei loro scritti difensivi;

considerato

Il provvedimento impugnato è motivato in relazione alla circostanza che il ricorrente non è subentrato alla madre, stabilitasi in casa di riposo, nella qualità di assegnatario di alloggio di edilizia residenziale pubblica.

Il Comune di Piazzola sul Brenta non ha adottato un espresso provvedimento in ordine all’istanza, presentata dalla madre del ricorrente in data 4 novembre 1998, ai fini dell’aggiornamento della composizione del nucleo familiare originario ai sensi del secondo comma dell’art. 13 della legge regionale n° 10 del 1996.

Tuttavia con ordinanza comunale n° 47 in data 28 giugno 2007 (rettificata con ordinanza n° 56 in data 24 luglio 2007) è stato assegnato al ricorrente un alloggio per emergenza abitativa, diverso da quello per il quale è ordinato lo sgombero con il provvedimento impugnato.

Tale ordinanza è motivata in relazione alla circostanza che il ricorrente non ha diritto a conseguire l’assegnazione dell’alloggio già assegnato alla madre.

L’ordinanza comunale n° 47 del 2007 ha pertanto un contenuto implicito di diniego rispetto all’istanza, in data 4 novembre 1998, di aggiornamento della composizione familiare.

Il provvedimento impugnato pone dunque a proprio fondamento la circostanza, accertata dal Comune ai sensi dell’art. 13 comma 2 della legge regionale n° 10 del 1996, che non sussistono i presupposti per ricomprendere il ricorrente tra i soggetti del nucleo familiare cui potrebbe spettare il diritto al subentro nell’assegnazione dell’alloggio.

Tale circostanza non risulta contraddetta dal certificato di residenza storico prodotto dal ricorrente in giudizio.

Infatti da tale certificato risulta che il ricorrente era uscito dal nucleo familiare della madre in data 26 aprile 1979 ed è rientrato nel nucleo familiare della madre in data 7 febbraio 1998 e dunque oltre il periodo di tempo massimo di 5 anni, che il terzo comma dell’art. 13 della legge regionale n° 10 del 1996 considera ai fini della possibilità di ampliamento del nucleo familiare.

In relazione a quanto sopra il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Ritenuto di poter compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio;

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, seconda sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di Consiglio del 4 marzo 2009.

Il Presidente L’Estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Seconda Sezione

T.A.R. Veneto – II Sezione n.r.g. 539/2009

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sent. n. 1033/09

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, con l’intervento dei magistrati

Avviso di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della L. 27 aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

Claudio Rovis – Presidente f.f.

Fulvio Rocco – Consigliere

Alessandra Farina – Consigliere, relatore

SENTENZA

sul ricorso n. 147/09 proposto da Informatica e tecnologia S.r.l. in proprio ed in qualità di mandataria del costituendo raggruppamento con I&T Servizi S.r.l. in qualità di mandante, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Fabio Tommasi, con elezione di domicilio presso lo studio dell’avvocato Giorgio Orsoni in Venezia, S. Croce 205,

contro

l’Azienda U.l.s.s. n. 6 “Vicenza”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Laura Tedeschi, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R.,

e nei confronti

del Presidente della Commissione di gara, dr. Giorgio Miotto, non costituiti in giudizio;

e di Sigma Informatica S.p.a. e Ital Tbs S.p.a. in persona dei legali rappresentanti pro tempore, non costituite in giudizio;

per l’annullamento

della nota in data 17.11.2008 avente ad oggetto: “sistema per l’informatizzazione del percorso diagnostico terapeutico del paziente: comunicazione esclusione”; in parte qua del capitolato speciale di gara; in parte qua della lettera di invito in data 5.6.2008 prot. n. 0040654/MZ-SP; delle note in data 28.11.2008 prot. n. 803047SP ed in data 10.12.2008 prot. n. 828227SP; nonché di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente; ed altresì per il risarcimento del danno.

Visto il ricorso, notificato il 15.1.2009 e depositato presso la Segreteria il 20.1.2009, con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda U.l.s.s. n. 6 “Vicenza”;

visti gli atti tutti di causa;

uditi alla camera di consiglio del 25 marzo 2009, convocata a’ sensi dell’art. 21 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall’art. 3 della L. 21 luglio 2000 n. 205 – relatore il Consigliere Alessandra Farina – i procuratori delle parti costituite come da verbale d’udienza;

ritenuto

che in data 27 febbraio 2009 l’avvocato Tommasi, difensore delle società ricorrenti, ha depositato istanza di dichiarazione di cessazione della materia del contendere a seguito della nota dell’Azienda U.l.s.s. n. 6 “Vicenza” del 13.2.2009 prot. n. 0010745 con la quale si comunica che con determinazione n 46 dell’11 febbraio 2009, l’Azienda U.l.s.s. n. 6 ha riammesso il costituendo RTI ricorrente alle ulteriori fasi della gara di cui è causa;

che, ciò stante, va dichiarata la sopravvenuta cessazione della materia del contendere;

che infine – quanto alle spese di giudizio – attesa la richiesta avanzata da parte ricorrente e considerato il comportamento tenuto dall’Amministrazione, che ha disposto, provvedendo in autotutela, alla riammissione della ricorrente dopo la proposizione del gravame, il Collegio ritiene che la richiesta possa essere accolta entro i limiti della somma già versata a titolo di contributo unificato;

P. Q. M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, decreta la cessazione della materia del contendere in ordine al ricorso di cui in epigrafe.

Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio così come quantificate in parte motiva.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 25 marzo 2009.

Il Presidente f.f. l’Estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Prima Sezione

T.A.R. per il Veneto – I Sezione n.r.g. 147/09

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sent. n. 1029/09

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, con l’intervento dei magistrati

Avviso di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della L. 27 aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

Claudio Rovis – Presidente f.f., relatore

Fulvio Rocco – Consigliere

Alessandra Farina – Consigliere

SENTENZA

sul ricorso n. 740/2009 , proposto da Sit-In Sport Impianti S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Elisabetta Vaccher, con elezione di domicilio presso lo studio dell’avvocato Valeria Zambardi in Venezia, Santa Croce n. 205,

contro

il Comune di Ronco all’Adige (Vr), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio,

e nei confronti

di Limonta Sport Italia S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

della determinazione comunale dd. 16 gennaio 2009 n. 6, avente ad oggetto: “aggiudicazione provvisoria della gara d’appalto dei lavori di realizzazione dell’ampliamento degli impianti sportivi di via Mazzini”; in parte qua del verbale di gara in data 8.1.2009; della nota comunale in data 20.1.2009 prot. n. 723; in parte qua del bando di gara; nonché di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente; ed altresì per il risarcimento del danno.

Visto il ricorso, notificato il 13.3.2009 e depositato presso la Segreteria il 19.3.2009, con i relativi allegati;

visti gli atti tutti di causa;

uditi all’udienza camerale del 25 marzo 2009 (relatore il Presidente f.f. Claudio Rovis) i procuratori delle parti costituite come da verbale d’udienza;

considerato

che, per il combinato disposto dell’art. 23, XI comma, e dell’ art. 26, IV e V comma, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, nella camera di consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare, il Collegio, accertata la completezza del contraddittorio, verificato che non v’è necessità di procedere ad adempimenti istruttori e sentite sul punto le parti presenti, può definire il giudizio con sentenza succintamente motivata;

che sussistono i presupposti per pronunciare tale sentenza nella presente controversia.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto:

che la regolarizzazione documentale risulta preclusa in relazione a dichiarazioni e documenti espressamente richiesti a pena di esclusione, i quali avrebbero dovuto essere validamente prodotti entro il termine concesso per la presentazione dell’offerta: diversamente, infatti, l’esercizio del potere amministrativo si risolverebbe in una palese violazione della par condicio rispetto a quelle imprese concorrenti che abbiano, invece, puntualmente rispettato la disciplina prevista dalla lex specialis della gara. In altri termini, la portata vincolante delle prescrizioni contenute nella lex specialis della gara esige che alle stesse sia data puntuale esecuzione nel corso della procedura, con la conseguenza che, qualora sia comminata espressamente l’esclusione in conseguenza della violazione di prescrizioni univoche, l’Amministrazione è tenuta a dare precisa ed incondizionata esecuzione a tale previsione;

che l’indicazione in lettere non riveste una valenza puramente formale, essendo essa destinata non soltanto a discriminare tra le offerte dei concorrenti nella fase dell’aggiudicazione, ma anche a produrre i suoi effetti per tutta la durata del rapporto fra aggiudicatario ed Amministrazione, concorrendo a dirimere qualsiasi controversia possa insorgere in merito ai prezzi offerti delle singole voci di cui si compone l’oggetto dell’appalto e quindi essendo finalizzata alla certezza dell’offerta nel corso dell’intera durata del rapporto;

che, dunque, il ricorso – ove la ricorrente contesta la propria esclusione dalla gara disposta dalla stazione appaltante per aver omesso l’indicazione dei prezzi offerti in lettere, indicazione richiesta dal bando a pena di esclusione – risulta infondato e va respinto;

che le spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.

Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 25 marzo 2009.

Il Presidente f.f., relatore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Prima Sezione

T.A.R. per il Veneto – I Sezione n.r.g. 740/09

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sent.n. 596/09

Avviso di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della L. 27 aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza sezione, con l’intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti Presidente

Elvio Antonelli Consigliere

Marina Perrelli Referendario, relatore

ha pronunciato, nella forma semplificata di cui agli artt. 21 e 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, la seguente

SENTENZA

nel giudizio introdotto con il ricorso n. 280/2009 proposto da ZAMBON S.A.S. di A. ZAMBON & C., in persona del socio accomandatario e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Zuccolo e Stefano Sacchetto, con elezione di domicilio presso il loro studio, in Venezia – Mestre, via Giosuè Carducci n. 45;

CONTRO

Il Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulio Gidoni, Maddalena M. Morino, Antonio Iannotta, Maurizio Ballarin, Nicoletta Ongaro e Giuseppe Venezian della Civica Avvocatura di Venezia, con elezione di domicilio nella sede Municipale;

e nei confronti di

il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

del provvedimento prot. n. 418927 del 7 ottobre 2008, notificato in data 03.11.2008, con il quale è stata rigettata la richiesta di occupazione di suolo pubblico per l’installazione di due ombrelloni nel plateatico esistente in Venezia, San Polo n. 2024;

in parte qua delle deliberazioni della Giunta Comunale di Venezia n. 442 del 10 luglio 2003, n. 380 del 15 luglio 2005, n. 422 dell’ 11 luglio 2008, nonché delle deliberazioni dei Consigli di Quartiere ivi richiamate;

in parte qua del Regolamento Comunale per il canone di occupazione spazi ed aree pubbliche ( COSAP) approvato dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 35 dell’8 e 9 marzo 1999, come successivamente modificato ed integrato;

dei pareri del Servizio spazi urbani prot. n. 333143 del 6 agosto 2008 e prot. n. 410979 del 30 settembre 2008, della comunicazione ex art. 10 – bis della Legge 241/1990, prot. n. 338793 dell’11 agosto 2008;

visto il ricorso, notificato il 30 dicembre 2008 e depositato presso la Segreteria il 28 gennaio 2009, con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Venezia;

visti gli atti tutti di causa;

uditi all’udienza camerale dell’11 febbraio 2009 (relatore il Referendario Marina Perrelli), l’avv. Zuccolo per la parte ricorrente e Venezian per il Comune di Venezia;

considerato che, nel corso dell’udienza camerale fissata nel giudizio in epigrafe, il Presidente del Collegio ha comunicato alle parti come, all’esito, avrebbe potuto essere emessa decisione in forma semplificata, ex artt. 21, XI comma, e 26, IV e V comma, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, e queste non hanno espresso rilievi o riserve;

ritenuto che sussistono effettivamente i presupposti per pronunciare tale sentenza nei termini come di seguito esposti:

FATTO E DIRITTO

La società ricorrente, titolare di un esercizio di somministrazione di alimenti e bevande nei locali ubicati in Venezia, San Polo 2024, chiedeva il 19 marzo 2008 di potere installare due ombrelloni parasole su una porzione del plateatico già in concessione e occupata da tavoli e sedie.

Il 15 settembre 2008 l’Amministrazione comunicava, ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990, i motivi ostativi all’accoglimento della domanda in conformità con il parere negativo del Servizio spazi urbani del 6 agosto 2008 secondo il quale la richiesta era in contrasto con la delibera di Giunta n. 422 dell’11 luglio 2008 che vieta le nuove occupazioni e gli ampliamenti delle concessioni di suolo pubblico nei percorsi turistici.

Quindi, il 3 novembre 2008, nonostante le osservazioni della società ricorrente contenute nelle memorie difensive presentate a seguito del preavviso di rigetto, l’Amministrazione notificava alla Zambon s.a.s. il diniego gravato.

La società ricorrente deduce l’illegittimità del richiamato diniego, nonché delle delibere, dei regolamenti e dei pareri presupposti sotto molteplici profili: 1) per violazione dell’art. 20 della legge n. 241/1990 in combinato disposto con l’art. 5 del regolamento C.O.S.A.P. poiché il decorso del termine di sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza previsto dalle richiamate disposizioni ha determinato la formazione del silenzio assenso sulla richiesta con la conseguente necessità di provvedere al previo annullamento, in via di autotutela, del provvedimento implicito per potere poi emettere il diniego; 2) per eccesso di potere per difetto del presupposto, per travisamento dei fatti e per illogicità, nonché per falsa ed erronea applicazione delle delibere della Giunta comunale n. 442/2003, 380/2005 e 422/2008 giacché l’accoglimento dell’istanza non avrebbe avuto alcuna incidenza sul traffico pedonale dal momento che gli ombrelloni sarebbero stati installati a copertura di tavoli e sedie collocate nel perimetro del plateatico già assentito; 3) per illegittimità derivata dalle deliberazioni della Giunta comunale n. 442/2003, 380/2005 e 422/2008, nonché per eccesso di potere per illogicità ed ingiustizia manifesta poiché la domanda presentata dalla società ricorrente non è qualificabile né come nuova concessione di suolo pubblico, né come ampliamento della preesistente concessione in assenza di qualsiasi aumento di superficie, quanto piuttosto integra una rimodulazione del precedente titolo; 4) per illegittimità derivata dalle deliberazioni della Giunta comunale n. 442/2003, n. 380/2005 e n.422/2008 e dalle delibere del Consiglio di Quartiere richiamate giacché la Giunta comunale ha recepito i criteri elaborati dai Consigli di Quartiere per il rilascio delle concessioni di suolo pubblico in violazione degli artt. 42 e 48 del T.U.E.L. che attribuiscono la competenza ad emanare i regolamenti al Consiglio comunale, salvo che per le materie tassativamente elencate; 5) per violazione degli artt. 3 e 10 bis della legge n. 241/1990 perché l’amministrazione comunale ha omesso di indicare nel provvedimento finale le ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni presentate dalla società ricorrente; 6) per violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, nonché per eccesso di potere per contraddittorietà, per perplessità e per difetto del presupposto poiché il diniego gravato è motivato per relationem rispetto al parere negativo reso dal Servizio spazi urbani, senza dare conto delle ragioni per le quali vengono disattesi i pareri favorevoli della Sopraintendenza e della Polizia Municipale.

Il Comune di Venezia, ritualmente costituitosi in giudizio, ha concluso per la reiezione del ricorso.

Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento per quanto rilevato nel primo motivo di censura.

Con tale motivo viene dedotta la violazione dell’art. 20 della legge n. 241/90 poiché, essendo stata presentata l’istanza per la concessione del plateatico in data 19 marzo 2008, e cioè quasi sette mesi prima dell’atto di diniego impugnato, emesso il 7.10.2008, la società ricorrente ritiene che, in considerazione del decorso del termine di 60 giorni previsto dall’art. 5, 7 ° comma, del Regolamento comunale COSAP, il detto procedimento si sia positivamente concluso con la formazione implicita dell’atto concessorio. Conseguenza immediata e diretta di tale affermazione è l’impossibilità per l’amministrazione di pronunciarsi una seconda volta sulla medesima istanza, residuando in capo ad essa, semmai, le eventuali determinazioni riconducibili al potere di autotutela, esercitabile secondo le prescrizioni dell’art. 21 quinquies e dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990.

Come già affermato da questo stesso Tribunale nella recente sentenza n.1400/2008, attraverso l’istituto del c.d. silenzio-assenso, previsto dall’art. 20 della legge sul procedimento amministrativo, l’ordinamento fa discendere dall’inerzia dell’amministrazione la formazione di quell’assetto di interessi previsto soltanto in astratto dalla legge e al quale il privato concretamente aspira con la propria istanza.

Il meccanismo che è sotteso a tale istituto prevede, com’è noto, che la presentazione da parte del privato di un’istanza alla P.A., ove non seguita entro un termine prestabilito dall’adozione da parte di quest’ultima di un provvedimento espresso, si converta in un assenso all’istanza medesima.

Invero, la generale applicazione del silenzio-assenso introdotta con la novella della legge n. 80/2005 ha radicalmente capovolto la prospettiva risultante dal quadro normativo precedente, nel quale si era demandato ad un atto di normazione secondaria (il DPR n. 300/92) la individuazione delle fattispecie alle quali applicare il meccanismo di semplificazione amministrativa di cui si tratta, con la conseguenza che, nelle ipotesi non espressamente previste, il privato che aspirasse ad un provvedimento esplicito, a fronte dell’inerzia dell’amministrazione, conservava la possibilità di proporre ricorso avverso il c.d. silenzio-rifiuto (o silenzio-inadempimento).

Se dunque, dapprima, il meccanismo di cui all’art. 20 poteva essere considerato un’eccezione al principio della conclusione del procedimento mediante provvedimento espresso (art. 2, c. 1, legge n. 241/90) ed era ammesso solo in ipotesi tassativamente determinate, ora con la legge n. 80/2005, esso diviene una regola generale, mentre sono divenute tassative le eccezioni a tale regola. Del resto tale sovvertimento di prospettiva, in forza del quale il comportamento omissivo della P.A. viene equiparato all’atto di accoglimento dell’istanza del privato, si inferisce agevolmente dalla piana lettura del novellato art. 20 della legge n. 241/90, che prevede l’applicazione del silenzio – assenso “nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi” (comma 1), di guisa che il riferimento alla macrocategoria del “provvedimento amministrativo” appare comprensivo di tutti gli atti di natura autorizzatoria, con la sola esclusione di quelle fattispecie relative a beni sottoposti al vincolo storico-artistico e al vincolo paesaggistico, all’adempimento di obblighi internazionali e alla tutela di interessi pubblici fondamentali, legati all’igiene, all’incolumità ed alla sicurezza pubblica ( art. 20, 4° comma).

Ne consegue che la generale applicazione del silenzio-assenso, introdotta con la novella della legge n. 80/2005, nonché la sicura esclusione del provvedimento gravato da quelli oggetto della deroga prevista dal comma 4 dell’art. 20 della legge n. 241/1990, consentono di ritenere che nella fattispecie in esame con il decorso del termine previsto dall’art. 5, comma 7, del Regolamento C.O.S.A.P. si sia formato il provvedimento concessorio.

Né valgono ad inficiare tale conclusione le obiezioni dell’Amministrazione comunale resistente secondo la quale, nel caso di specie, il silenzio assenso non si sarebbe formato poiché il termine di sessanta giorni di cui al citato art. 5 del Regolamento C.O.S.A.P. sarebbe stato sospeso una prima volta dal 28 marzo 2008, data di richiesta del parere alla Sopraintendenza, al 2 luglio 2008, data di ricezione del predetto parere, ed una seconda volta per la presentazione delle osservazioni ai sensi dell’art. 10 bis, avvenuta il 24 settembre 2008.

In realtà, dato per certo che la domanda di installazione dei due ombrelloni è stata presentata il 19 marzo 2008, e per pacifica l’interruzione del termine dal 28 marzo 2008 al 2 luglio 2008 per attendere il parere della Sopraintendenza e dal 15 settembre 2008, data di notifica del preavviso di rigetto ex art. 10 bis della legge 241/1990, al 24 settembre 2008, data di presentazione delle relative osservazioni, il termine di sessanta giorni, sommando i periodi intermedi, risulta ampiamente decorso.

Ne discende, dunque, che il tardivo diniego risulta tecnicamente inconfigurabile alla luce del combinato disposto dei commi 1 e 3 dell’art 20 più volte menzionato, e ciò a prescindere dalla valutazione sulla conformità a legge o meno della domanda del privato. In tal caso, infatti, come correttamente sostenuto da parte ricorrente, l’unica strada percorribile dall’amministrazione è, in astratto, quella dell’annullamento d’ufficio degli effetti del silenzio.

Manifestazione di volontà che, in ogni caso, non potrebbe essere incorporata in un tardivo provvedimento di diniego poiché come ribadito anche recentemente dal Consiglio di Stato “il nuovo testo (dell’art. 20) al comma 3 esplicitamente accoglie il principio, già enunciato dalla giurisprudenza, che il silenzio assenso, formatosi per decorso del tempo prescritto dall’inoltro dell’istanza, non può essere considerato dall’Amministrazione tamquam non esset, ma può formare oggetto di provvedimenti caducatori nella via dell’autotutela” (cfr. Cons. Stato n.1339/2007).

Pertanto, in una fase successiva alla formazione del silenzio-assenso, l’amministrazione resistente sarebbe potuta intervenire soltanto attraverso l’esercizio di un potere di annullamento (o di revoca, art. 21-quinquies, della legge n. 241/90), così come previsto dall’art. 20, con l’avvertenza che tale forma di potere, in sede di autotutela decisoria, deve essere esercitata secondo il dettato del nuovo art. 21 nonies (richiamato dal 3° comma dell’art. 20), entro un ragionevole lasso di tempo, tenendo altresì conto di uno specifico interesse pubblico alla rimozione della situazione delineatasi con il silenzio-assenso, nonché degli interessi dei destinatari e dei controinteressati.

Infatti, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, sin da prima della citata novella alla legge n. 241/1990, gli atti di autotutela (sia l’annullamento che la revoca) sono stati in generale assoggettati ad alcune limitazioni fra le quali la necessità dell’esistenza e della puntuale indicazione in motivazione di specifiche ragioni di interesse pubblico alla rimozione dell’atto, nonché della considerazione, in sede di ponderazione degli interessi pubblici e privati coinvolti, del legittimo affidamento del destinatario dell’atto successivamente rimosso in via di autotutela (Cons. Stato., Sez. IV, 31 ottobre 2006 n. 6465; Cons. Stato, Sez. V, 11 ottobre 2005 n. 5479; Cons. Stato, Sez. V, 24 settembre 2003, n. 5444; Cons. Stato, Sez. V, 2 settembre 2002, n. 3492.).

Alla luce delle premesse sin qui svolte deve, quindi, dichiararsi illegittimo il diniego emanato dall’amministrazione resistente in quanto tardivamente adottato, dovendosi a tal fine considerare perentorio il termine indicato dal regolamento C.O.S.A.P. di 60 giorni.

Dall’accoglimento del primo motivo di ricorso discende, per il suo effetto dirimente, l’annullamento del provvedimento di diniego gravato, con la conseguenza che risultano assorbite le ulteriori censure sollevate dalla società ricorrente.

Appaiono sussistere, infine, giusti motivi, in considerazione della relativa novità delle questioni giuridiche affrontate, per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento prot. 418927, emesso il 7.10.2008.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio dell’11 febbraio 2009.

Il Presidente l’Estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Terza Sezione

T.A.R. per il Veneto – III Sezione n.r.g. 280/09

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it