Cons. Stato Sez. III, Sent., 15-07-2011, n. 4322 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La S. s.p.a. è seconda classificata nel lotto 1 della procedura aperta col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa indetta dall’ESTAV Centro della Regione Toscana per l’affidamento della fornitura domiciliare ed ospedaliera di ausili per l’incontinenza. Con l’appello in epigrafe ha chiesto la riforma della sentenza 27 gennaio 2011 n. 155 del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sezione prima, con la quale è stato respinto il suo ricorso avverso l’aggiudicazione del detto lotto 1 in favore della A. s.p.a., prima classificata, nonché gli atti connessi, compresi i verbali della commissione di gara, nella parte in cui non è stata disposta l’esclusione della A. per offerta anomala, e per la declaratoria dell’esclusione di tale offerta, dell’aggiudicazione in suo favore e di annullamento del contratto eventualmente stipulato.

Premesso che l’offerta dell’aggiudicataria è stata sottoposta a verifica di anomalia ed è stata ritenuta congrua nonostante nelle relative giustificazioni fosse indicato un utile del solo 0,18%, il quale, come dedotto in primo grado, attesterebbe di per sé l’anomalia, a sostegno dell’appello ha dedotto violazione di legge per errata, mancata e falsa applicazione di legge (artt. 86, 87 e 88 d.lgs. 163/06), eccesso di potere per erroneità e falsità della motivazione, difetto dei presupposti, travisamento dei fatti ed illogicità manifesta.

A. e l’ESTAV Centro si sono costituiti in giudizio e ciascuno con più memorie hanno svolto controdeduzioni, cui ha replicato l’appellante.

All’odierna udienza pubblica l’appello è stato posto in decisione.

Motivi della decisione

Si discute della gara suddivisa in tre lotti indetta dall’ESTAV (Ente per i Servizi Tecnicoamministrativi di Area Vasta) Centro della Regione Toscana per l’affidamento della fornitura domiciliare ed ospedaliera di ausili per l’incontinenza, di durata quadriennale. Il lotto 1 è stato aggiudicato in favore di A. s.p.a., previa verifica dell’offerta anomala.

In particolare, in sede di giustificazioni A., dopo aver rappresentato le condizioni particolarmente vantaggiose di cui gode, relative sia alla produzione, sia alle soluzioni tecniche adottate, sia alla distribuzione, ha esposto in una tabella l’analisi dei costi specifici, danti luogo ad un margine lordo del 30,62%, e generali, indicando infine un utile d’impresa di 0,18%. Ha altresì rappresentato che il prezzo offerto è in linea con la politica commerciale seguita, fatte salve leggere differenze dovute ad una serie di elementi, quali ad esempio la struttura geografica dell’area da rifornire o la distanza dalle unità produttive.

L’Amministrazione, precisato di aver provveduto ad analizzare le relazioni economiche giustificative delle voci che compongono i prezzi, ha osservato al riguardo che "le stesse sono risultate sufficienti per escludere l’ipotesi delle anomalie delle offerte"; ha altresì osservato, in generale per tutti i lotti, che è stato effettuato un confronto con i prezzi di mercato richiedendo a tutte le ditte aggiudicatarie di indicare gli importi praticati ad altri enti o aziende sanitarie per forniture identiche o simili e che da tale verifica è emerso che i prezzi offerti sono in linea con quelli di mercato, nonché anche sia con i prezzi precedentemente praticati che con le offerte delle altre ditte partecipanti.

Ciò posto, ricordato che nella specie la controversia è incentrata sulla questione se l’indicato utile di 0,18% possa o meno rivelare l’incongruità dell’offerta A., la Sezione ritiene corretto quanto affermato nella sentenza appellata in ordine alla legittimità di siffatte valutazioni positive.

In proposito, occorre premettere in primo luogo che, com’è ben noto, il giudizio di verifica delle congruità di un’offerta anomala ha natura globale e sintetica sulla serietà dell’offerta stessa nel suo insieme e costituisce espressione di un potere tecnicodiscrezionale dell’amministrazione di per sé insindacabile in sede di legittimità, salvo che nelle ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione o affette da errori di fatto (cfr., tra le tante, Cons. St., Sez. V, 18 marzo 2010 n. 1589). In secondo luogo, è altresì noto che l’obbligo di motivare in modo completo e approfondito sussiste solo nel caso in cui la stazione appaltante esprima un giudizio negativo che faccia venir meno l’aggiudicazione; di contro, non si richiede una motivazione analitica nel caso di esito positivo della verifica di anomalia, in tal caso essendo sufficiente motivare per relationem alle giustificazioni presentate dal concorrente (cfr., ad es., Cons. St., Sez. V, 22 febbraio 2011 n. 1090).

Nella specie, in cui non si fa questione di fatti erronei o travisati, sulla scorta dei suesposti principi va affermato, per un verso, che la motivazione addotta dall’ESTAV per esprimere il proprio giudizio positivo sull’offerta A. deve considerarsi sufficiente; anzi l’Ente si è dato carico di ricercare ulteriori riscontri attraverso il raffronto dell’offerta sottoposto a verifica con riguardo sia alla stessa impresa, considerando i prezzi praticati in altre forniture analoghe, sia alle altre imprese precedenti aggiudicatarie ovvero partecipanti alla medesima gara.

Per altro verso, in assenza una norma o principio in ordine ad una soglia minima di utile al di sotto della quale un’offerta debba intendersi automaticamente anomala (come riconosce l’appellante), l’implicito apprezzamento, evidentemente del pari positivo, dell’elemento di composizione dell’offerta costituito dall’utile d’impresa non risulta affetto da macroscopici vizi di razionalità. Deve infatti convenirsi con le controparti che non solo la percentuale indicata va riferita all’importo complessivo dell’appalto, di rilevante valore (talché la stessa appellante quantifica il rispettivo importo in Euro 47.821,45, non certo del tutto irrisorio), bensì soprattutto che il prezzo offerto consente di remunerare i fattori della produzione ed a sostenere, in tal modo, la prosecuzione dell’attività d’impresa. Dato, quest’ultimo, che non può considerarsi privo di spessore specie in periodi di crisi economica come l’attuale, tenuto altresì conto che, una volta che restino coperti i costi specifici della fornitura e le pur ingenti spese generali, il vantaggio ritraibile dallo svolgimento della medesima fornitura può derivare da una molteplicità di fattori, quali il prestigio commerciale, l’aumento di fatturato e di prequalificazione per successivi appalti, il sostegno e la promozione dei marchi aziendali e dei singoli prodotti, l’ampliamento della clientela con conseguente aumento delle vendite anche di altri articoli della stessa Casa.

Inoltre, stante l’anzidetta natura globale del giudizio in questione, il predetto elemento non può ritenersi idoneo ad incidere di per sé solo sulla serietà dell’offerta nel suo insieme, laddove, come nella specie, la stessa offerta non si discosti significativamente dai valori di mercato; erra pertanto l’appellante a fondare le proprie doglianze, come ha ribadito in questa sede, non sulla congruità del prezzo proposto da A., ma unicamente sulla congruità del medesimo elemento, senza peraltro porre in dubbio che, nonostante il ridotto margine di utile, sotto ogni altro profilo A. sia in grado di fornire comunque una prestazione adeguata a soddisfare l’interesse pubblico alla regolare esecuzione della fornitura.

Pertanto l’appello non può che essere respinto.

Tuttavia, la peculiarità del caso consiglia la compensazione tra tutte le parti delle spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 03-08-2011, n. 6945Farmaci e prodotti galenici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con il ricorso indicato in epigrafe, l’istante, titolare dei diritti di commercializzazione in Italia della medicinale sopra specificata, esponeva che il regime di rimborsabilità e prezzo di vendita in Italia, previo accordo negoziale ex art. 48, comma 33, d.l. n. 269 del 2003, era definito con la determinazione AIFA del 22.7.2005, pubblicata sulla G.U. del 1° agosto 2005, in cui si prevedeva un tetto di spesa pari a 0,66 milioni di euro per ciascun anno. Scaduto tale periodo l’Agenzia provvedeva ad inviare alla ricorrente la richiesta di ripiano dello sfondamento – di cui alla determina AIFA 22.9.08, pubblicata sulla G.U. 30.9.2008 s.g. n. 229 – che era regolarmente saldato dalla istante.

Successivamente e quasi dopo tre anni, con la nota del 2011 impugnata l’AIFA richiedeva il pagamento della cifra specificata in epigrafe per il superamento del tetto di spesa concordato, sul presupposto del rinnovo tacito dell’accordo, con riferimento al periodo 1°.8.200731.7.2009, senza tenere in alcuna considerazione la richiesta dell’Azienda di rinegoziazione del 2.5.2007.

Pertanto, l’istante proponeva ricorso deducendo i seguenti motivi di gravame:

violazione dell’art. 5 d.l. n. 159 del 2007, eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti comportamenti e difetto dei presupposti, eccesso di potere per violazione del principio di buona fede a tutela del legittimo affidamento delle controparti contrattuali e violazione del principio di imparzialità della pubblica amministrazione;

violazione falsa applicazione dell’art. 48, comma 33, d.l. n. 269 del 2003 e della delibera CIPE 1°.2.2001, n. 3 ivi richiamata, eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti, per irragionevolezza ed illogicità manifesta, violazione del legittimo affidamento delle controparti contrattuali e del principio di imparzialità della pubblica amministrazione, poiché l’accordo negoziale sottoscritto e recepito nella determinazione AIFA. nulla stabiliva per gli anni successivi ai primi due;

in via subordinata, invalidità dell’accordo negoziale sottoscritto ex art. 48, comma 33, d.l. n. 269 del 2003 e recepito con la determinazione AIFA 22 luglio 2005, pubblicata sulla G.U. 1° agosto 2005 s.g. n. 177, nella parte in cui prevede un tetto alla spesa per il farmaco LUVERIS, sub specie dell’annullabilità, in quanto la volontà della ricorrente si è formata in maniera errata, incorrento in un errore essenziale e riconoscibile alla controparte in ordine all’avvenuto rinnovo anche della parte del controttatto oggetto della controversia o sub specie della nullità parziale ai sensi dell’art. 1419 c.c. per violazione della clausola generale della buona fede nella formazione ed esecuzione dei contratti, essendosi generata una sproporzione gravissima tra le prestazioni dedotte nel contratto, cha ha alterato oggettivamente la congruità causale dell’accordo;

in via ulteriormente subordinata, illegittimità della determinazione impugnata per erroneità dei calcoli in base ai quali l’AIFA è pervenuta alla quantificazione dell’importo richiesto a titolo di ripiano, eccesso di potere per difetto dei presupposti ed irragionevolezza.

Si costituiva l’AIFA eccependo preliminarmente l’inammissibilità del gravame, poiché diretto ad un atto meramente endoprocedimentale e non immediatamente lesivo degli interessi della parte ricorrente. Nel merito, l’Agenzia controdeduceva il rinnovo tacito dell’accordo negoziale.

Con ordinanza n. 1454 del 2011 questo Tribunale, ritenuta la gravità delle conseguenza derivanti dall’importo richiesto in sede di ripiano ed al fine di mantenere la situazione controversa inalterata, accoglieva l’istanza cautelare.

All’udienza del 22.6.2011 l causa era trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1 – Deve essere previamente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse sollevata dall’AIFA nella memoria di costituzione. Infatti, l’atto impugnato non può ritenersi un mero invito al ripiano, poiché, come previsto in sede negoziale e ribadito nella determina del 2005, in caso di mancata accettazione del ripiano, l’AIFA può procedere direttamente alla diretta applicazione dello sconto automatico sull’ex factory per recuperare l’eccedenza. Ne consegue che la nota impugnata è dotata di un’autonoma lesività, sussistendo di conseguenza un interesse concreto ed attuale della ricorrente ad impugnarla.

2 – Ancora, in via preliminare, va delineato l’ambito temporale della presente controversia a quanto costituisce oggetto della determinazione impugnata, ovvero alla richiesta di ripiano relativa allo sfondamento del tetto di spesa per il periodo 20072009, rimanendo fuori dalla contestazione il periodo precedente di vigenza dell’accordo negoziale, per il quale l’istante ha già versato la somma richiesta nel 2008, come precisato in fatto.

3 – Nel merito, non può trovare condivisione, la tesi di parte ricorrente, articolata nel primo motivo di gravame, secondo cui sarebbe illegittima la richiesta di ripiano per violazione dell’art. 45, legge 29 novembre 2007 n. 222 (di conversione del d.l. n. 159 del 2007) che, avendo introdotto dal gennaio 2008 un nuovo sistema di regolazione della spesa farmaceutica a carico del S.S.N., basato sull’attribuzione dall’AIFA a ciascuna casa farmaceutica di un budget annuale (e sempre nel rispetto del vincolo globale della spesa a carico del S.S.N. per l’assistenza farmaceutica territoriale), avrebbe tolto efficacia al diverso istituto del "tetto di spesa negoziato" per singolo farmaco, disciplinato dall’art. 48 comma 33, del decreto legge n. 269/2003 (convertito in legge n. 326/2003).

Come già affermato da questa Sezione (cfr. sent. n. 3966 del 2011), invero, i due sistemi sono non incompatibili, bensì complementari e perseguono diverse finalità.

Il tetto di spesa negoziato è volto a fissare l’onere finanziario massimo che il S.S.N. deve sostenere per il rimborso di un nuovo farmaco alle farmacie territoriali (con esclusione della c.d. distribuzione diretta), mentre il budget assegnato si riferisce al tetto complessivo dell’onere che il S.S.N. è tenuto a sostenere nel corso dell’esercizio per l’assistenza farmaceutica sia convenzionata sia diretta (cioè operata dalle strutture pubbliche sul territorio).

Pertanto, i due sistemi coesistono in quanto hanno finalità ed oggetti diversi. Come ha rilevato la difesa dell’AIFA, ogni impresa sa quali sono i vincoli di spesa per ciascuna specialità medicinale, al cui rispetto è tenuta, a prescindere dalla circostanza ulteriore dell’osservanza anche del limite dell’onere complessivo prefissato per il S.S.N..

4 – Tuttavia, il ricorso è fondato con riferimento alle censure contenute nel secondo motivo di ricorso.

In primo luogo risulta condivisibile la censura di violazione dell’art. 48, comma 33, d.l. n. 269 del 2003, che espressamente fa riferimento a quanto disposto dalla delibera CIPE n. 3 del 2001 relativamente alla procedura di definizione dell’accordo negoziale. Infatti, nella specie, in mancanza delle dovute rilevazioni periodiche da parte dell’AIFA e a fronte, invece, della richiesta rivolta dalla parte della ricorrente tempestivamente – secondo quanto previsto dall’art. 7 della delibera CIPE cit. – nel 2007, deve escludersi che l’accordo negoziale recepito nella determina del 2005 si sia rinnovato tacitamente per i successivi ventiquattro mesi, periodo cui si riferisce la richiesta di ripiano dell’AIFA. Come di seguito precisato, infatti, l’illegittimità del provvedimento impugnato deriva proprio dalla violazione delle disposizioni richiamate dalla ricorrente e che disciplinano l’iter procedimentale di negoziazione. Ne consegue che l’amministrazione non poteva applicare quanto disposto nella determina del 2005 ai fini della determinazione del tetto di spesa e, dunque, dello sfondamento, dovendo l’AIFA procedere ad una nuova negoziazione.

Tali errori nei presupposti integrano, peraltro, i dedotti vizi di violazione dei principi di legittimo affidamento delle controparti contrattuali e di imparzialità della pubblica amministrazione, di cui al secondo motivo di ricorso. Ai sensi di quanto disposto nella richiamata delibera CIPE, legittimamente l’Azienda ricorrente, infatti, confidava nell’avvio di una nuova procedura di negoziazione del tetto, avendo effettuato apposita richiesta. Ed, inoltre, deve evidenziarsi che il d.l. n. 269 del 2003 pone a carico dell’AIFA compiti di rilevazione e monitoraggio tesi al contenimento della spesa farmaceutica ed, altresì, ad una fissazione dei prezzi dei farmaci attraverso procedure negoziate nel bilanciamento degli interessi pubblici e privati. A riguardo, si rileva, infatti, che in analogo ricorso avverso una determinazione AIFA proposto da altra ditta, questo Tribunale – a seguito di accertamenti istruttori – evidenziava che "La scansione procedurale…" come risultante dalla relazione istruttoria acquisita dalla AIFA, comporta che "l’Ufficio Prezzi e Rimborsi, nel caso di eccedenza di spesa, prima comunica alla ditta la cifra da ripianare, poi esamina le eventuali richieste volte a verificare aspetti tecnici e convoca in audizione la ditta ed in seguito, raggiunto l’accordo sull’entità dello sfondamento e sulle modalità di ripiano, predispone la determina da pubblicare sulla G.U." (cfr. sentenza n. 3966 del 2011 pronunziata sul ricorso n. 9618 del 2009). Nella specie, come nel caso esaminato dalla sentenza in argomento, emerge che non è stata effettuata la verifica semestrale prevista in via generale dalla disciplina di riferimento di cui all’art. 48, comma 33, d.l. n. 269 del 2003; non è stato proposto lo sconto automatico ex factory né è stata convocata la casa farmaceutica per l’audizione; infatti, l’Ufficio Prezzi e Rimborsi si è limitato a comunicare l’entità dello sfondamento e del conseguente ripiano, invitando direttamente l’Azienda – tre anni dopo il periodo di riferimento – ad accettare il ripiano della spesa eccedente il tetto negoziato, liquidato nella stessa nota.

5 – Pertanto, il ricorso deve essere accolto con riferimento ai vizi di cui al secondo motivo di ricorso, rimanendo assorbite le ulteriori censure svolte in via subordinata.

Ne consegue che il provvedimento impugnato deve essere annullato.

Le spese di lite sono poste a carico dell’AIFA e liquidate a favore della ricorrente in complessivi euro 2.000,00(duemila/00); nulla vi è da disporre con riguardo alla parte non costituita.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto annulla il provvedimento impugnato. Pone le spese di lite, determinate in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), a carico dell’AIFA, liquidandole in favore della ricorrente; nulla dispone con riguardo alla parte non costituita.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. civ. Sez. I, Sent., 29-12-2011, n. 29867 Divorzio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 21 febbraio 2001 il sig. L.R. conveniva dinanzi al Tribunale di Milano il proprio coniuge, signora Carla C.T. per sentir dichiarare la cessazione degli effetti civili del loro matrimonio, celebrato il (OMISSIS).

Chiedeva altresì l’esonero dall’obbligo di mantenimento della moglie, con revoca o in subordine riduzione dell’assegno stabilito in sede di separazione.

Costituitasi ritualmente la signora C. aderiva alla domanda principale, opponendosi alle altre. Chiedeva in via riconvenzionale un assegno divorzile non inferiore ad Euro 2500,00 mensili, con imposizione di idonea garanzia; nonchè la riconsegna di taluni beni mobili illegittimamente posseduti dal coniuge ed il risarcimento dei danni.

Con sentenza 19 maggio 2004 il Tribunale di Milano pronunziava la cessazione degli effetti civili del matrimonio, poneva a carico del L. un assegno di mantenimento di Euro 1300,00 mensili, senza imposizione di garanzia, e lo condannava alla restituzione dei beni rivendicati dalla signora C.. Compensava tra le parti le spese di giudizio.

Avverso tale decisione, notificata in data 9 marzo 2005 la signora C. proponeva appello con atto di citazione notificato il 6 aprile 2005 censurando l’inadeguatezza dell’assegno divorzile, il rigetto della domanda di garanzia e di quella di risarcimento di danni per le ripetute inadempienze, nonchè la compensazione delle spese di lite, nonostante la soccombenza prevalente del L..

Quest’ultimo, nel costituirsi, eccepiva in via preliminare l’inammissibilità dell’appello, promosso con atto di citazione, anzichè con ricorso, in violazione della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 12, e non iscritto a ruolo nel termine di 30 giorni dalla notifica della sentenza impugnata. In subordine, contestava nel merito il gravame.

In accoglimento dell’eccezione pregiudiziale di rito, la Corte d’appello di Milano con sentenza 13 luglio 2006 dichiarava l’inammissibilità dell’impugnazione per tardiva iscrizione a ruolo oltre il termine di 30 giorni dalla notifica della sentenza di primo grado.

Contro tale pronunzia la signora C. proponeva ricorso per cassazione, con unico motivo, in cui deduceva la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 12, nonchè degli artt. 335, 342, 742 bis cod. proc. civ. e la carenza di motivazione, dal momento che il gravame concerneva anche domande soggette al rito ordinario, prevalente su quello camerale divorzile, in applicazione dell’art. 40 cod. proc. Civ..

Il L. resisteva con controricorso, ulteriormente illustrato con successiva memoria.

All’udienza del 21 novembre 2011 il Procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

All’esito della deliberazione in camera di consiglio, il collegio disponeva la redazione della motivazione in forma semplificata.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Questa corte ha già orientato la propria giurisprudenza nel senso di escludere che, nel caso di impugnativa di decisione relativa a capi di domanda anche diversi da quello sulla separazione o divorzio dei coniugi, possa verificarsi un effetto espansivo del rito speciale prescritto per l’appello dalla L. 1 dicembre 1970, art. 4, comma 12 come sostituito dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 8, comma 12;

pervenendo all’opposta conclusione che in tale ipotesi le regole del processo contenzioso ordinario prevalgono su quelle camerali, per le più ampie garanzie del contraddittorio e di difesa consentite dal dibattito in udienza (Cass., sez. 1, 29 maggio 1996, n. 4987; Cass., sez. 1^, 19 aprile 1995, n. 4395; Cass., sez. 1^, 28 marzo 1994, n. 3002).

In applicazione dei principi sopra esposti il gravame della signora C., che involgeva anche capi della decisione estranei alla domanda principale di cessazione degli effetti civili del matrimonio ed a quella accessoria di determinazione dell’assegno divorziale, è stato quindi ben proposto con atto di citazione, anzichè con ricorso; e ha errato, pertanto, la Corte d’appello di Milano nel dichiararne, su opposte premesse, l’inammissibilità.

La sentenza deve essere quindi cassata; con il conseguente rinvio della causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione;

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cons. Stato Sez. V, Sent., 12-10-2011, n. 5528 Aggiudicazione dei lavori Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno accolto il ricorso proposto dalla s.r.l. A. avverso gli atti relativi alla procedura di gara informale indetta dalla Provincia di Firenze ai fini dell’affidamento dei lavori di restauro conservativo della facciata a bugne prospiciente la via Dè Gori di palazzo Medici Riccardi, procedura culminata, a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria inizialmente disposta in favore della A. s.r.l., nell’aggiudicazione in favore della società C. s.r.l.;

i Primi Giudici hanno posto a fondamento della statuizione di accoglimento la considerazione relativa all’assenza di adeguate giustificazioni idonee a sorreggere le offerte anormalmente basse presentate dalle prime due classificate (ossia l’aggiudicataria C. s.r.l. e la seconda classificata B. s.r.l.) ed hanno conseguentemente disposto il risarcimento del danno in favore della ricorrente liquidandolo nella misura di euro 10.000 in relazione alla perdita di altre favorevoli occasioni contrattuali;

avverso detta sentenza propone appello principale la Provincia di Firenze mentre la A. s.r.l. propone appello incidentale avverso il capo relativo alla determinazione del danno;

Ritenuto che l’infondatezza dell’appello principale esime il Collegio dallo scrutinio delle eccezioni di inammissibilità articolate dalla difesa della società resistente,

Reputato, infatti, che:

– dalla documentazione in atti si ricava che le due imprese concorrenti sottoposte a verifica, collocate in posizione poziore rispetto alla ricorrente, non hanno giustificato in modo puntuale e documentato le singole voci di prezzo di cui alle relative offerte ma si sono limitate a fornire delucidazioni generiche relative ad altri lavori di restauro effettuati su superfici lapidee similari (C. s.r.l.) o all’importanza della referenza conseguibile in caso di aggiudicazione (B. s.r.l.);

anche nel corso della seduta in contraddittorio le imprese in esame si sono limitate alla deduzione di elementi giustificativi generici e sprovvisti di adeguata base probatoria senza assolvere all’onere di dimostrare la plausibile rimuneratività delle singole categorie di costo (personale, materiali, macchinari, spese generali) che compongono l’offerta economica e ne determinano l’importo;

– l’esigenza di riscontro delle giustificazioni delle offerte anormalmente basse costituisce espressione di un principio generale, operante anche per le gare informali ed in caso di scostamenti limitati, che impone una valutazione aprioristica di affidabilità che non può essere surrogata dalla verifica a posteriori della corretta esecuzione dell’appalto;

– la valutazione di congruità espressa dalla stazione appaltante risulta quindi inficiata dall’assenza di adeguata giustificazione volta a sorreggere le offerte anormalmente basse in esame;

la conferma della statuizione di annullamento e la fondatezza dell’appello incidentale proposto dalla società resistente non consentono di accedere ad una positiva delibazione del motivo di appello proposto dalla Provincia di Firenze con riguardo al capo della sentenza relativo al risarcimento del danno;

Reputato che l’appello incidentale merita accoglimento nei limiti di seguito esposti:

la sentenza di primo grado ha erroneamente liquidato il risarcimento del danno in applicazione del canone dell’interesse negativo che informa il modello della responsabilità precontrattuale in quanto nel caso di specie risulta acclarato che l’impresa ricorrente, a seguito della doverosa esclusione delle prime due classificate, avrebbe conseguito l’aggiudicazione e, quindi, un’utilità economica correlata alla specifica commessa oggetto della procedura;

deve allora essere accordato, quanto al lucro cessante, il risarcimento del danno parametrato all’utilità che la società avrebbe conseguito in caso di aggiudicazione, utile equitativamente quantificaibile, in considerazione dell’oggetto della gara, del tenore dell’offerta e di tutte le ulteriori circostanze che caratterizzano il caso concreto, nella misura del 5% dell’importo dell’offerta economica presentata dalla ricorrente;

debbono essere computati la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sulla somma anno per anno rivalutata, a far data dall’aggiudicazione definitiva, oltre agli interessi legali dal giorno della pubblicazione della presente decisione fino al dì del soddisfo;non è invece suscettibile di accoglimento la domanda di risarcimento del danno emergente rappresentato dalle spese di partecipazione, posto che dette spese rappresentano un onere necessario al fine del conseguimento dell’utile in esame (cfr. Cons Stato, sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3144, secondo cui, nel caso in cui un" impresa lamenti la mancata aggiudicazione di un appalto, non le spettano i costi di partecipazione alla gara in quanto la partecipazione alle gare di appalto comporta per le imprese dei costi che, ordinariamente, restano a carico delle imprese medesime, con la conseguenza che, in caso di risarcimento del danno parametrato al valore economico dell’aggiudicazione, o della relativa chance, il riconoscimento dei costi di partecipazione si tradurrebbe in un’indebita locupletazione, vedi anche Cons. Stato, sez. VI, 9 giugno 2008, n. 2751; sez. V, 15 febbraio 2010 n. 808);

Reputato, in definitiva, che l’appello principale deve essere respinto mentre l’appello incidentale merita parziale accoglimento, con applicazione della regola della soccombenza ai fini della liquidazione delle spese di giudizio;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

respinge l "appello principale e, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie in parte, nei sensi in motivazione specificati, l’appello incidentale.

Condanna la Provincia di Firenze al pagamento, in favore della A. s.r.l., delle spese relative al presente grado di giudizio che liquida nella misura di euro 5.000/00 (cinquemila//00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.