Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-06-2011) 24-10-2011, n. 38310

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione S.C. avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce in data 11 febbraio 2009 con la quale è stata confermata quella di primo grado (del 2009) di condanna per il reato di lesioni personali gravi commesso nel luglio 2002.

Il prevenuto aveva conseguito le attenuanti generiche equivalenti ed era stato condannato al risarcimento del danno.

La vicenda era consistita, secondo il racconto della persona offesa, in un alterco al quale aveva dato vita il ricorrente, da tempo in rapporti tesi con la persona offesa ( P.G., all’epoca minorenne) e con il padre di costui, per motivi politici.

Deduce:

1) La violazione dell’art. 192 c.p.p. e il vizio di motivazione.

La Corte di merito non aveva dato credito, sulla base di ragionamento erroneo, alla ricostruzione dei testi della difesa che avevano dato atto dell’alterco sostenendo però che non vi era stato contatto fisico tra l’imputato e la persona offesa.

Ebbene le dichiarazioni di tali testi erano state ritenute inattendibili perchè non contenevano alcun riferimento ad una circostanza di fatto (le offese del P. al S.) che però non poteva essere stata da essi percepita in quanto verificatasi prima del momento in cui essi avevano assistito all’incontro fra i protagonisti del fatto;

2) La erronea applicazione dell’art. 583 c.p. e il vizio di motivazione.

Le lesioni erano state originariamente qualificate lievi sulla base del primo certificato prodotto dalla parte.

Successivamente altri certificati avevano esteso il tempo della guarigione e il giudice aveva ingiustamente respinto una richiesta di accertamento peritale sul punto: aveva infatti sostituito al parere tecnico dello specialista una propria valutazione, per giunta errata.

E cioè quella di considerare come durata della malattia il semplice rispetto del protocollo terapeutico in materia di trauma dentario.

Tale protocollo prevede un monitoraggio di mesi per verificare lo stato di salute del dente, ma al monitoraggio non equivale una necessaria perdurante e coeva malattia.

Il reato, da considerare non grave, sarebbe prescritto.

Il ricorso è fondato nei termini che si indicheranno.

Il primo motivo non risulta formulato in termini inammissibili, pur apparendo infondato.

Tale situazione comporta che il tempo trascorso dopo la pronuncia della sentenza di condanna ha rilievo ai fini del computo del termine prescrizionale: termine che, in ragione della disciplina sulla causa estintiva vigente al momento della consumazione del reato, (da applicarsi nella specie in quanto più favorevole di quella in vigore dall’8 dicembre 2005, secondo la disciplina transitoria della L. n. 251 del 2005, art. 10, commi 2 e 3), va rapportato alla pena edittale derivante dalla comparazione delle circostanze ex art. 69 c.p. (Sez. 5^, Sentenza n. 5696 del 12/03/1986 Ud. (dep. 17/06/1986) Rv.

173150).

In sostanza, con la concessione delle attenuanti generiche equivalenti alla aggravante ex art. 583 c.p., il termine prescrizionale risulta essere quello di anni sette e mesi sei, scaduto appunto il 16 gennaio 2010.

Viene meno, in tale prospettiva, l’interesse alla coltivazione del secondo motivo di ricorso che, peraltro, risultava inammissibile posto che la perizia, per il suo carattere "neutro" sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva: ne consegue che il relativo provvedimento di diniego non è sanzionabile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), in quanto giudizio di fatto che se sorretto da adeguata motivazione è insindacabile in cassazione. (Rv. 236191. Massime precedenti Conformi: N. 6861 del 1993 Rv. 195139, N. 9788 del 1994 Rv. 199279, N. 275 del 1997 Rv.

206894, N. 6074 del 1997 Rv. 208090, N. 13086 del 1998 Rv. 212187, N. 12027 del 1999 Rv. 214873, N. 4981 del 2003 Rv. 229665, N. 9279 del 2003 Rv. 225345, N. 17629 del 2003 Rv. 226809, N. 37033 del 2003 Rv.

228406, N. 4981 del 2004 Rv. 229665).

E nella specie il giudice aveva dato atto con motivazione congrua della assoluta affidabilità delle conclusioni del medico della parte che aveva constatato un indebolimento temporaneo della funzione masticatoria e lo aveva seguito per il tempo necessario a scongiurare la necessità di un intervento chirurgico di avulsione.

Tornando all’esame del primo motivo si ribadisce che esso è infondato.

Il convincimento del giudice del merito circa la attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa e non anche di quelle, di segno contrario, dei testi della difesa è stato motivato con argomentazioni congrue e mediante una ricostruzione plausibile degli eventi sicchè non è previsto un ulteriore sindacato della Cassazione al riguardo.

I giudici hanno accreditato la versione del ragazzo, all’epoca minorenne, suffragate dal tenore della certificazione medica e dalla deposizione, sia pure de relato, del padre del ragazzo e del suo medico curante.

Gli stessi giudici hanno evidenziato, a conforto di tale convincimento, l’accertamento di rapporti gravemente conflittuali tra le stesse parti.

I giudici si sono anche lungamente soffermati ad analizzare le ragioni della ritenuta inattendibilità delle risultanze contrarie alla tesi della accusa, dandone spiegazione logica e completa, essenzialmente consistente nel rilievo della non coincidenza delle versioni su fatti di rilievo.

Rispetto a tale logica osservazione, la difesa denuncia infondatamente un apprezzamento illogico delle deposizioni dei testi, in realtà fornendo argomenti anche a sostegno della tesi della accertabilità della loro ricostruzione alternativa: una tesi, questa, non vagliabile dalla Cassazione che non deve scegliere la migliore ricostruzione del fatto ma soltanto attenersi a quella operata dal giudice del merito, ove rispettosa dei canoni della completezza relativamente ad argomenti decisivi e della razionalità.

La soccombenza comporta la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel grado, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perchè il reato è estinto per prescrizione.

Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese della parte civile liquidate in Euro 1200,00 oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-06-2011) 10-11-2011, n. 40957 Reato continuato e concorso formale

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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 22.7.2010 la Corte di appello di Genova, quale giudice dell’esecuzione, in parziale accoglimento della richiesta avanzata da P.S., riconosceva il vincolo della continuazione, ex art. 671 cod. proc. pen., tra i reati di cui alle sentenze irrevocabili specificamente indicate e determinava la pena complessiva in anni quattro e mesi otto di reclusione ed Euro 1.300 di multa, rigettando nel resto al richiesta.

In particolare, la Corte riteneva sussistente l’univocità del disegno criminoso con riferimento a reati contro il patrimonio, commessi nel periodo compreso tra aprile 2004 e gennaio 2005. 2. Avverso la citata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Genova denunciando la violazione di legge ed il vizio di motivazione.

Lamenta il ricorrente che la Corte territoriale ha fondato la decisione elusivamente sulla circostanza che si tratta di reati contro il patrimonio commessi in un ristretto periodo di tempo.

Peraltro, deduce che in realtà i reati in oggetto non sono della stessa natura, trattandosi di furti, rapine e resistenza a pubblico ufficiale avvenuti in luoghi diversi e a distanza di alcuni mesi.

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

1. L’art. 671 c.p.p. attribuisce al giudice il potere di applicare "in executivis" l’istituto della continuazione e di rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati con sentenze irrevocabili secondo i criteri dettati dall’art. 81 cod. pen.. Tra gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso non possono non essere apprezzati la distanza cronologica tra i fatti, le modalità della condotta, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo. Anche attraverso la constatazione di alcuni soltanto di detti indici – purchè siano pregnanti ed idonei ad essere privilegiati in direzione del riconoscimento o del diniego del vincolo in questione – il giudice deve accertare se sussista o meno la preordinazione di fondo che cementa le singole violazioni.

Ai fini dell’applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 671 cod. proc. pen. la valutazione del giudice dell’esecuzione dei dati sostanziali di possibile collegamento tra i vari reati va eseguita in base al contenuto decisorio delle sentenze di condanna conseguite alle azioni od omissioni che si assumo essere "In continuazione". La decisione del giudice di merito, se congruamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità (Sez. 5, 7.5.1992, n. 1060, Di Camillo, rv. 189980; Sez. 1, 7.7.1994, n. 2229, Caterine rv. 198420; Sez. 1, 30.1.1995, n. 5518, Montagna, rv.

200212).

2. Tanto premesso, il provvedimento impugnato, nel distinguere tra i fatti diversi oggetto delle condanne cui si riferiva la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione in sede esecutiva, ha evidenziato con motivazione, ancorchè sintetica, compiuta ed esente dai denunciati vizi, quindi non sindacabile in sede di legittimità, che in relazione ad alcune delle condotte poteva ritenersi sussistente l’unicità del disegno criminoso trattandosi di reati contro il patrimonio e di cinque diversi episodi verificatisi in un periodo di nove mesi.

Conseguentemente, il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cons. Stato Sez. III, Sent., 04-01-2012, n. 4 Contratto di appalto

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il presente giudizio di revocazione trae origine da una procedura di gara indetta dalla SO.RE.SA. (Società Regionale per la Sanità s.p.a., controllata dalla Regione Campania) per l’affidamento del "servizio di rilevazione e gestione dei dati della spesa farmaceutica delle ASL della regione Campania".

All’esito della gara risultavano graduati , rispettivamente, al primo posto il costituendo R.T.I. capeggiato da CINECA (Consorzio Interuniversitario), al secondo il costituendo R.T.I. capeggiato da Santer Reply s.p.a.ed al terzo il raggruppamento capeggiato da S2i Italia s.r.l..

La stazione appaltante, dapprima ha disposto l’aggiudicazione definitiva al primo classificato, ma poi, a seguito dell’esito negativo della verifica dei titoli di partecipazione del medesimo, lo ha escluso dalla gara, aggiudicando il servizio al secondo classificato.

Mutata la graduatoria finale della gara, il raggruppamento capeggiato da S2i Italia s.r.l., passato dalla terza alla seconda posizione, ha proposto ricorso al T.A.R. Campania , contestando la legittimità dell’ammissione del raggruppamento Santer Reply, per carenza di titoli di una delle ditte mandanti e per irregolarità nella presentazione delle offerte. A loro volta Santer Reply e associati hanno proposto ricorso incidentale contro la partecipazione del raggruppamento S2i Italia.

Il T.A.R. Campania ha dichiarato inammissibile il ricorso di S2i Italia e associati, ritenendo che costoro avrebbero dovuto proporre semmai la loro impugnazione contro l’aggiudicazione definitiva, che li collocava al terzo posto dopo Cineca e Santer, e che gli eventi successivi, e in particolare la esclusione di Cineca, non potevano riaprire i termini.

2. La sentenza del T.A.R. è stata appellata da S2i Italia s.r.l. e associati innanzi al Consiglio di Stato, che con sentenza n. 3671/2011 della Sezione Quinta ha accolto l’appello. Il Giudice di appello, in primo luogo, ha ritenuto che (diversamente da quanto giudicato dal T.A.R.) il ricorso di S2i e associati, in primo grado, fosse ammissibile e tempestivo; in secondo luogo ha ritenuto inammissibile, e comunque infondato, il ricorso incidentale proposto in primo grado contro S2i e associati; in terzo luogo ha concluso che in effetti, come dedotto nel ricorso principale di primo grado, una delle imprese associate a Santer Reply non possedeva, o comunque non aveva correttamente documentato, taluno dei requisiti di partecipazione.

3. Con il ricorso ora all’esame Santer Reply s.r.l., in proprio e quale mandataria del suo raggruppamento, propone ora domanda di revocazione contro la sentenza della Sezione V.

Premesse altre critiche alla sentenza (non rilevanti ai fini della revocazione, come pure riconosce la stessa ricorrente), Santer Reply espone distintamente le seguenti censure, entrambe riferibili all’errore di fatto di cui all’art. 395, n. 4, c.p.c.:

(a) omessa pronuncia su una eccezione di tardività che era stata specificamente dedotta contro una delle censure riconosciute fondate dal Consiglio di Stato;

(b) mancata considerazione di alcun profili di fatto nella valutazione della causa di esclusione dalla gara dell’impresa Megaride (membro mandante del raggruppamento Santer Reply).

4. Questo Collegio ritiene opportuno esaminare prioritariamente il secondo gruppo di censure revocatorie.

4.1. Va premesso che la contestazione sollevata in primo grado da S2i nei confronti di Megaride (mandante, come si è detto, di Santer Reply) riguardava il possesso dei requisiti di cui all’art. 38, lettera f) del codice dei contratti nonché la regolarità delle formalità di cui all’art. 48 dello stesso codice. In sostanza, era stato dedotto che Megaride, in un appalto analogo con la A.S.L. di Avellino, si era resa responsabile di grave inadempienza (fatto rilevante ai fini dell’esclusione dalla nuova gara, ai sensi dell’art. 38, lettera f)) e comunque non aveva prodotto il certificato di regolare esecuzione di quel contratto (fatto rilevante ai fini dell’esclusione dalla nuova gara, ai sensi dell’art. 48, comma 2).

4.2. Conviene riportare quanto detto al riguardo nella sentenza della Sezione V:

"L’appellante sostiene, poi, nel merito tra varie censure, l’illegittimità dell’aggiudicazione in favore della Santer Reply perché la Megaride srl, facente parte del gruppo aggiudicatario, non poteva ritenersi in possesso dei requisiti di cui all’art. 38 del D.Lgs. n. 163 del 2006.

Infatti, la Asl Avellino 1, con Delib. n. 300 del 2007, aveva disposto, nei confronti della Megaride, la risoluzione del contratto per gravi inadempienze, anche se, successivamente, la questione era stata oggetto di transazione.

Inoltre, in violazione dell’art. 48 del D.Lgs. n. 163 del 2006, l’aggiudicataria non avrebbe prodotto, neanche fuori termine, la documentazione attestante la buona esecuzione del servizio.

Tali motivi sono fondati.

Risulta, in atti, che la So.re.sa spa, che ha bandito la gara, è stata istituita al fine di svolgere le funzioni di acquisizione centralizzata di beni e servizi non sanitari necessari alle aziende sanitarie regionali, tra cui la Asl di Avellino che, a suo tempo, aveva stipulato con la Megaride un contratto di servizio informatico delle prestazioni farmaceutiche.

Risulta, inoltre, dalla delibera citata, che la Megaride non aveva " nell’espletamento del proprio servizio di rilevamento informatico delle ricette farmaceutiche operato nel pieno rispetto delle valutazioni tecnico-contabili", con conseguente delibera dell’Asl di procedere alla " risoluzione del contratto" in quanto il servizio svolto da tale società risultava essere non conforme agli obblighi contrattuali e che, solo successivamente, su richiesta della Megaride, si era addivenuti, in via transattiva, ad una risoluzione contrattuale del rapporto, previa diminuzione delle pretese economiche della società.

Ciò posto, può considerarsi realizzata la violazione di cui all’art. 38 cit., consistente nella grave negligenza nell’esecuzione di prestazioni affidate alla stazione appaltante, atteso che il servizio in esame, ancorché posto a gara, formalmente, dalla So.re.sa. spa, risulta destinato a favore delle AA.SS.LL. della regione Campania, tra cui quella di Avellino e che, comunque, la società appaltante non ha adeguatamente motivato in ordine a tale carenza di requisiti.

Sotto altro profilo, può rilevarsi anche che il certificato di buona esecuzione richiesto ex art. 48, co. 2 del D.Lgs. n. 163 del 2006, rilasciato dal committente privato o pubblico relativamente ai servizi che sono stati dichiarati con l’istanza di partecipazione, nella fattispecie, non è stato prodotto atteso che, come rilevato dall’appellante, la certificazione del commissario straordinario dell’Asl del 16/7/09, prot. 1670, si limita ad attestare soltanto gli importi delle somme pagate per il servizio di rilievo informatico e non anche la " buona esecuzione" di tale servizio, come, invece, espressamente richiesto dal bando.

La fondatezza di tali motivi di gravame deve ritenersi sufficiente ai fini dell’accoglimento del gravame con conseguente obbligo, a seguito di declaratoria di inefficacia della convenzione, di aggiudicare il servizio al raggruppamento appellante, con subentro nel contratto per l’intera durata programmata dell’appalto."

4.3. Ora, nella domanda di revocazione si afferma che vi sarebbe un errore di fatto, rilevante ai sensi dell’art. 395,n. 4, c.p.c., in quanto la Sezione V avrebbe ignorato che la A.S.L. di Avellino, dopo aver deliberato la risoluzione del contratto per inadempimento (o maladempimento) aveva poi revocato tale delibera ed il contratto era stato risolto consensualmente.

La censura è manifestamente infondata.

Contrariamente a quanto dedotto, la sentenza impugnata ha reiteratamente menzionato il fatto che la vertenza fra la A.S.L. di Avellino e Megaride si era conclusa con un accordo transattivo, mediante il quale, peraltro, Megaride ha accettato la risoluzione anticipata del contratto e una riduzione del corrispettivo. Non vi è stata dunque alcuna "svista" ovvero "abbaglio dei sensi".

Si potrà forse discutere se in presenza di un accordo transattivo del genere si possa comunque ritenere realizzata l’ipotesi della grave negligenza ai fini di cui all’art. 38, lettera f); la Sezione V ha risposto in senso affermativo e, comunque, quand’anche tale valutazione fosse errata, di certo non si tratterebbe di un errore di fatto secondo l’accezione di cui all’art. 395, n. 4, c.p.c., ma, semmai, di un errore di giudizio.

Nondimeno, per quanto possa occorrere, anche questo Collegio è dell’opinione che la causa di esclusione di cui all’art. 38, lettera f), possa essere desunta dal fatto che vi sia stata una vertenza poi conclusa con una transazione onerosa per l’appaltatore.

Ed invero, se l’appaltatore accetta una simile transazione, vi è quanto meno un serio indizio che da parte sua vi sia stata una inadempienza.

Il fatto della transazione non esclude di per sé che l’inadempienza fosse grave. Stimare, poi, se in concreto quella inadempienza fosse veramente grave , è questione che esula dal presente giudizio di revocazione.

4.4. Con riferimento al medesimo episodio (vertenza fra Megaride e la A.S.L. di Avellino) la ricorrente per revocazione deduce un secondo profilo di censura, ossia un secondo (asserito) errore di fatto.

L’errore di fatto consisterebbe in ciò: che la Sezione V avrebbe creduto che il motivo dedotto da S2i (e accolto) si riferisse alla prima parte dell’art. 38, lettera f) ("avere commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara"), mentre in realtà la ricorrente in primo grado si era riferita alla seconda parte ("avere commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltanteۛ").

Peraltro risultano poco chiare le stesse ragioni per cui tale (supposto) fraintendimento della portata di quel motivo di ricorso sarebbe idoneo a dar luogo a revocazione.

In ogni caso non pare che fra le due parti della lettera f) vi sia una vera contrapposizione. Non si tratta di due ipotesi alternative, ossia tali che l’una escluda l’altra; semmai, la seconda appare più comprensiva della prima, nel senso che la include anziché escluderla. La prima è più ristretta, perché suppone un certo elemento psicologico nel comportamento dell’appaltatore (grave negligenza, ossia colpa grave; oppure malafede, ossia dolo) e inoltre suppone che la controparte sia la medesima del nuovo rapporto (lo stesso ente che ora bandisce la gara), mentre la seconda ha contorni più ampi sotto entrambi i profili. Ma per il resto non vi è una vera differenza; sicché, anche ove l’originaria ricorrente (S2i) avesse richiamato la seconda ipotesi e il giudice abbia ritenuto realizzata la prima, ciò non può costituire un vizio della sentenza (se era realizzata la prima ipotesi era realizzata necessariamente anche la seconda, poiché questa contiene la prima).

4.5. Concludendo sul punto, la censura revocatoria sin qui in esame appare manifestamente infondata nelle sue varie prospettazioni; ne consegue l’inammissibilità del ricorso in revocazione. Infatti, rimane confermata la fondatezza (rectius la non revocabilità) di uno dei motivi di accoglimento dell’impugnazione di S2i, motivo peraltro, di per se stesso sufficiente a giustificare l’esito del giudizio.

Una volta appurato che Megaride difettava del requisito, di cui all’art. 38, lettera f), il raggruppamento di cui faceva parte non poteva essere ammesso alla gara. Quindi ogni altra questione diviene a questo punto irrilevante.

5. Non sarà inutile, tuttavia, osservare che appare mal posta anche l’altra censura della domanda di revocazione; quella attinente all’applicazione dell’art. 48 del codice degli appalti.

Come si è visto sopra, la Sezione V ha accolto il motivo di ricorso con il quale S2i aveva dedotto che Megaride avesse omesso di presentare il certificato di regolare esecuzione del contratto di cui sopra (quello con la A.S.L. di Avellino).

Questa doglianza era stata proposta nell’ambito dei motivi aggiunti presentati da S2i in primo grado.

Al riguardo Santer Reply ritiene che la censura era tardiva e inammissibile e che la sentenza della Sezione V sarebbe da revocare perché non ha preso in esame l’eccezione, che era stata sollevata al riguardo.

Osserva questo Collegio – al di là di ogni altra questione sull’ammissibilità e la fondatezza di questo motivo di revocazione – che la sentenza della V Sezione non presenta, su questo punto, alcun vizio, perché la censura dedotta in primo grado da S2i non era né tardiva né inammissibile.

Invero si discute di un fatto (la produzione di un documento inidoneo, in luogo del certificato di regolare esecuzione di quel precedente contratto) che non si è verificato nel corso della gara, bensì dopo l’aggiudicazione definitiva e cioè nel momento della verifica postuma dei requisiti, effettuata a norma dell’art. 48, comma 2, del codice.

Infatti è agevole constatare che l’aggiudicazione definitiva è stata deliberata il 5 maggio 2009, mentre quell’atto che la Sezione V ha giudicato inidoneo (siccome non rispondente allo schema del "certificato di regolare esecuzione") è la certificazione del commissario straordinario dell’ASL del 16 luglio 2009, n. 1670.

Ne derivano importanti conseguenze sul piano processuale di seguito illustrate.

In primo luogo la S2i aveva titolo e interesse a proporre ricorso, ancorché avesse omesso di ricorrere immediatamente contro l’aggiudicazione definitiva del 5 maggio 2009; e ciò vale anche a prescindere dalle ragioni per cui la Sezione V ha giudicato ininfluente tale omissione.

Anche ove la mancata (o tardiva) impugnazione dell’aggiudicazione definitiva precludesse a S2i ogni altra contestazione, tale circostanza non poteva comunque precluderle di contestare il vizio perfezionatosi a suo danno dopo l’aggiudicazione e consistente, nella specie, nell’accettazione di un documento ( datato 16 luglio 2009), che invece doveva essere respinto siccome inidoneo.

Se l’ente appaltante avesse correttamente respinto quel documento, la (nuova) aggiudicazione non sarebbe stata pronunciata in favore di Santer Reply e associati, bensì in favore di S2i e associati. Quindi, almeno per questo profilo, il ricorso di S2i non era precluso dalla mancata impugnazione dell’atto del 5 maggio 2009.

Poi, quanto al fatto che la censura in questione sia stata proposta da S2i non con il ricorso introduttivo del 23 ottobre 2009, bensì con i motivi aggiunti notificati il 25 novembre 2009, si osserva che il vizio in parola (produzione da parte di Megaride di un documento inidoneo nella fase della verifica dei requisiti a norma dell’art. 48, comma 2) non si poteva presumere conosciuto da S2i prima dell’apposito accesso agli atti, effettuato il 17 novembre. Solo l’esame diretto di quel documento, infatti, consentiva di valutarne l’inidoneità.

Pertanto, anche ove le censure formulate nel ricorso introduttivo (23 ottobre) fossero inammissibili e/o tardive (ma la Sezione V ha detto il contrario e questo punto non si può adesso rimettere in discussione), altrettanto non si può dire dei motivi aggiunti.

6. In conclusione, il ricorso per revocazione va dichiarato inammissibile per carenza di interesse.

Le spese di lite possono essere compensate tra le parti in considerazione della scarsa chiarezza della vicenda in punto di fatto.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione in epigrafe, lo dichiara inammissibile per carenza di interesse.

Spese di lite compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Lanfranco Balucani, Consigliere

Marco Lipari, Consigliere

Vittorio Stelo, Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere, Estensore

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T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 14-01-2011, n. 326

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le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Premesso che la ricorrente ha impugnato il provvedimento di esclusione dal concorso per l’ammissione di 400 allievi marescialli all’82° corso presso la Scuola ispettori sovrintendenti della Guardia di finanza per l’anno accademico 2010/2011;

Tenuto conto che la ricorrente è stata esclusa in ragione di un esito a lei sfavorevole della visita di idoneità fisica, a causa di una riscontrata "tachicardia sinusale in soggetto con trombocitopenia";

Rilevato che questo Tribunale, dopo aver constatato che in atti era stata depositata una perizia medica con la quale si contestavano i presupposti dell’esclusione, ha disposto una verificazione medica presso l’Ospedale Policlinico militare del Celio con ordinanza n. 1504 del 2010, che ha avuto esito favorevole per l’odierna ricorrente, avendo quel Collegio medico evidenziato "Assenza di patologia cardiovascolare e di piastrinopenia", con riferimento ai criteri indicati dal D.M. 17 maggio 2000 n. 155 (i virgolettati sono tratti dal verbale della commissione medica, versato in atti);

Ritenuto, quindi, che sussistono evidenti presupposti di fondatezza dei motivi di gravame dedotti con il ricorso principale, di talché esso va accolto con annullamento del provvedimento di esclusione della concorrente dalla selezione e dalla successiva ammissione al corso;

Stimato, infine, che le spese seguono la soccombenza e che vengono liquidate in complessivi Euro 1.500,00 (euro millecinquecento/00) come da dispositivo;
P.Q.M.

definitivamente pronunciando in ordine al ricorso di cui in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Condanna il Ministero dell’economia e delle finanzeComando generale della Guardia di finanza, in persona del Ministro pro tempore, a rifondere le spese di giudizio in favore della Signora R.D.R. che liquida in complessivi Euro 1.500,00 (euro millecinquecento/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Tosti, Presidente

Carlo Modica de Mohac, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere, Estensore

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