Corte cost. 25-11-2008 (04-11-2008), n. 386

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

SENTENZA
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 5 della legge della Regione Calabria 5 ottobre 2007, n. 22 (Ulteriori disposizioni di carattere ordinamentale e finanziario collegate alla manovra di assestamento del bilancio di previsione per l’anno 2007 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 10 dicembre 2007, depositato in cancelleria il 17 dicembre 2007 ed iscritto al n. 50 del registro ricorsi 2007.
Udito nell’udienza pubblica del 4 novembre 2008 il Giudice relatore Ugo De Siervo;
udito l’avvocato dello Stato Pierluigi Di Palma per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 10 dicembre 2007 e depositato il successivo 17 dicembre (reg. ric. n. 50 del 2007) il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Calabria 5 ottobre 2007, n. 22 (Ulteriori disposizioni di carattere ordinamentale e finanziario collegate alla manovra di assestamento del bilancio di previsione per l’anno 2007 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), in riferimento agli artt. 3, 81, 97, 117, terzo comma, e 119 della Costituzione.
La legge impugnata stabilisce, al comma 1, che «allo scopo di definire i rapporti economici concernenti il periodo 1987/1999 con le aziende di trasporto pubblico locale e di consentire il ripiano dei disavanzi di esercizio, con l’estinzione dei contenziosi in atto, sono concessi, a conguaglio di quelli già erogati in acconto, a favore delle aziende stesse, a decorrere dall’esercizio 2008, contributi da erogare in rate costanti decennali»; al comma 2 che «gli importi complessivi dei contributi a conguaglio sono calcolati dal competente Dipartimento con detrazione degli acconti già riscossi, a qualsiasi titolo»; al comma 3 che «in sede di provvedimenti concernenti il bilancio di previsione 2008 sono individuati i criteri necessari per la determinazione dei contributi, stabilito il fabbisogno finanziario occorrente ed individuata la conseguente copertura finanziaria»; al comma 4 che «le economie derivanti dall’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 4, comma 1, sono utilizzate per le finalità di cui al comma 1 del presente articolo».
Il ricorrente denuncia il contrasto di tale disposizione anzitutto con gli artt. 81, primo, terzo e quarto comma, della Costituzione, poiché, nell’intento di risolvere il contenzioso in atto con le aziende di trasporto locale, essa dispone l’impegno di somme indeterminate, demandando tale quantificazione alla legge di bilancio; ciò non sarebbero costituzionalmente ammissibile, posto che quest’ultima non può stabilire nuove spese, per di più relative ad esercizi precedenti.
Né tali spese potrebbero venire disposte dalla legge impugnata, che, recando norme collegate alla manovra di assestamento del bilancio di previsione per l’anno 2007, non avrebbe potuto «scaricare tali spese sul bilancio 2008», ma si sarebbe dovuta limitare a «spostare gli stanziamenti» già contenuti nel bilancio regionale.
La mancata quantificazione degli oneri e della decorrenza temporale degli stessi, nonché la mancata imputazione della spesa a «specifiche unità previsionali» del bilancio, in contrasto con i «requisiti minimi» richiesti dalle norme di contabilità pubblica, evidenzierebbe altresì la violazione dell’art. 3 del d.lgs. 28 marzo 2000, n. 76 (Princìpi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni, in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della legge 25 giugno 1999, n. 208), a propria volta espressivo di un principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione; tali ultime disposizioni costituzionali sarebbero parimenti violate, in ragione della negativa incidenza della norma impugnata sul patto di stabilità interno.
Infine, la legge impugnata lederebbe gli artt. 3 e 97 della Costituzione, poiché la mancata quantificazione della spesa contrasterebbe con la ragionevolezza e il buon andamento della pubblica amministrazione.
La Regione Calabria non si è costituita in giudizio.
Considerato in diritto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, impugna l’art. 5 della legge della Regione Calabria 5 ottobre 2007, n. 22 (Ulteriori disposizioni di carattere ordinamentale e finanziario collegate alla manovra di assestamento del bilancio di previsione per l’anno 2007 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), in riferimento agli artt. 3, 81, 97, 117, terzo comma, e 119 della Costituzione.
La norma oggetto di censura stabilisce che «allo scopo di definire i rapporti economici concernenti il periodo 1987/1999 con le aziende di trasporto pubblico locale e di consentire il ripiano dei disavanzi di esercizio, con l’estinzione dei contenziosi in atto, sono concessi, a conguaglio di quelli già erogati in acconto, a favore delle aziende stesse, a decorrere dall’esercizio 2008, contributi da erogare in rate costanti decennali» (comma 1), demandando ai provvedimenti concernenti il bilancio 2008 l’individuazione dei «criteri necessari per la determinazione dei contributi», il computo del fabbisogno finanziario occorrente ed il reperimento della conseguente copertura finanziaria (comma 3).
Il ricorrente ritiene che per tale via il legislatore regionale, per di più «incidendo sul patto di stabilità interna», abbia violato l’obbligo della legge che importi nuove o maggiori spese di indicare i mezzi per farvi fronte, posto dall’art. 81 della Costituzione e ribadito, quanto alle spese regionali a carattere pluriennale, dall’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 76 del 2000, a propria volta espressivo di un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci e coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione; gli stessi principi di contabilità pubblica relativi all’impegno di spesa della pubblica amministrazione verrebbero compromessi dall’omessa quantificazione della spesa impegnata.
Parimenti violati sarebbero gli artt. 3 e 97 della Costituzione, poiché la norma impugnata sarebbe manifestamente irragionevole e lesiva del principio del buon andamento della pubblica amministrazione.
La Regione Calabria non si è costituita in giudizio.
2. – La questione è fondata.
Questa Corte ha costantemente affermato che le leggi istitutive di nuove spese debbono recare una «esplicita indicazione» del relativo mezzo di copertura (ex plurimis, sentenze n. 213 del 2008, n. 359 del 2007 e n. 9 del 1958) e che a tale obbligo non sfuggono le norme regionali (ex plurimis, sentenze n. 213 del 2008 e n. 16 del 1961).
Nel contempo, si è riconosciuta la compatibilità con la Costituzione del rinvio, da parte della Regione, della quantificazione delle spese continuative e ricorrenti, nonché dell’individuazione dei relativi mezzi di copertura, al momento della redazione e dell’approvazione del bilancio annuale, secondo quanto attualmente previsto dall’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 76 del 2000 (sentenze n. 446 del 1994, n. 26 del 1991, n. 331 del 1988 ).
Nel caso oggetto del presente giudizio, va invece escluso che la spesa introdotta dalla norma impugnata partecipi di una tale natura, per il solo fatto che di essa si prevede un’erogazione in «rate costanti decennali»: la ripartizione dell’onere finanziario su più annualità non comporta in questo caso un obiettivo ostacolo a quantificare la spesa complessiva, in ragione del fatto che essa attiene ad attività e procedure da esercitarsi anche per gli anni a venire; anzi, tale quantificazione, venendo a determinare l’entità della somma che la Regione intende destinare allo specifico scopo di risolvere un contenzioso in atto, reca in sé il contenuto stesso della decisione politica assunta tramite l’adozione, con effetti immediatamente vincolanti, della disposizione oggetto di scrutinio.
Stante tale premessa, è congruo il richiamo, da parte del ricorrente, dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 76 del 2000, il quale stabilisce che «le leggi regionali che dispongono spese a carattere pluriennale indicano l’ammontare complessivo, nonché la quota eventualmente a carico del bilancio in corso o già presentato al consiglio, rinviando ai successivi bilanci la determinazione delle quote di spesa destinate a gravare su ciascuno dei relativi esercizi».
La disposizione impugnata, ponendosi in contrasto con tale norma interposta, in quanto espressiva di un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci e coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, della Costituzione), ha viceversa omesso del tutto la quantificazione complessiva della spesa pluriennale da essa introdotta, incorrendo in tal modo nel denunciato vizio di costituzionalità.
Tale profilo ne comporta la dichiarazione di illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, con assorbimento delle ulteriori censure.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Calabria 5 ottobre 2007, n. 22 (Ulteriori disposizioni di carattere ordinamentale e finanziario collegate alla manovra di assestamento del bilancio di previsione per l’anno 2007 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8).

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Cassazione, Sez. II, 20 luglio 2010, n. 28203 L’udienza va rinviata se vi è un certificato medico che attesti l’assoluto impedimento a comparire dell’imputato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione

Con sentenza in data 18.12.2008, il G.U.P. del Tribunale di Lucca dichiarò Omissis S. e Omissis F. responsabili dei reati di rapina aggravata e lesioni, unificati sotto il vincolo della continuazione e – concesse le attenuanti generiche e quella del risarcimento del danno equivalenti alle aggravanti, con la diminuente per il rito – condannò ciascuno alla pena di anni 3 mesi 6 di reclusione ed euro 900,00 di multa, pena accessoria. Omissis fu dichiarato delinquente abituale e sottoposto a misura di sicurezza.

Avverso tale pronunzia gli imputati proposero gravame ma la Corte d’appello di Firenze, con sentenza in data 24.11.2009, confermò la decisione di primo grado.

Ricorrono per cassazione Omissis S. ed i difensori dell’imputato Omissis F..

Omissis S. deduce vizio di motivazione in quanto il giudice di primo grado avrebbe dovuto verificare se sussistevano cause di non punibilità, le argomentazioni sarebbero prive di completezza, non sarebbero stati valutati gli elementi emersi nelle indagini preliminari e si è fatto ricorso a moduli prestampati.

I difensori di Omissis F. deducono:

1. violazione della legge processuale in quanto la Corte territoriale ha rigettato la richiesta di rinvio per legittimo impedimento dell’imputato affetto da broncopatia acuta febbrile sull’assunto che lo stesso non aveva dichiarato di voler comparire; la presentazione di un certificato medico e la formulazione di richiesta di rinvio da parte del difensore avrebbe dovuto essere interpretata come richiesta di comparire all’udienza camerale;

2. vizio di motivazione in relazione al mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti, alla luce del corretto comportamento processuale e del risarcimento dei danni, nonché in relazione all’entità della pena.

Il ricorso proposto da Omissis S. è inammissibile per violazione dell’art. 591 lettera c) in relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le doglianze sono prive del necessario contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione, si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici.

Infatti il ricorso non fa menzione della sentenza di appello, ma tratta di ciò che avrebbe fatto il giudice di primo grado.

Il ricorso proposto da Omissis S. deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

Il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Omissis F. è fondato.

Qualora nel giudizio di appello, celebrato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 599, comma secondo, cod. proc. pen., venga presentato un certificato medico che attesti l’assoluto impedimento a comparire dell’imputato, l’udienza deve essere rinviata, dovendosi equiparare la documentazione prodotta ad una manifestazione univoca della volontà di partecipare. (V. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 2811 del 18.12.2006 dep. 25.1.2007 rv 235340).

La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata nei confronti di Omissis F., con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Firenze per un nuovo giudizio.

La decisione assunta rende superfluo l’esame del secondo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Omissis F..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso proposto da Omissis S. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di euro mille alla Cassa delle ammende.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Omissis F. con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Firenze per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-12-2010) 21-01-2011, n. 1938 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Il Tribunale di Torre Annunziata assolveva M.T. e R. C. dai reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, ritenendo sussistere gli estremi della qualifica di piccolo imprenditore.

Ricorre per saltum, lamentando violazione di legge, il procuratore della Repubblica, che menziona la pronuncia 8.2.08 delle Sezioni Unite (ric. Niccoli) di questa Corte, secondo cui il giudice penale non può disattendere la sentenza dichiarativa del fallimento, sia quanto allo stato di insolvenza, sia quanto ai presupposti soggettivi necessari per la detta dichiarazione.

Il ricorso è fondato e va accolto.

Dirimendo un contrasto interpretativo, le Sezioni Unite hanno stabilito che il giudice penale non può sindacare la sentenza dichiarativa del fallimento, tanto in ordine al presupposto oggettivo dello stato d’insolvenza, quanto ai presupposti soggettivi, inerenti alle condizioni previste per la fallibilità dell’imprenditore, sicchè le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 5 del 2006 e dal D.Lgs. n. 169 del 2007 non esercitano influenza ai sensi dell’art. 2 c.p. sui procedimenti penali in corso (nella specie il fallimento risulta dichiarato il 27.7.04).

La sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli per il giudizio di impugnazione.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli per il giudizio di impugnazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 02-02-2011, n. 224 Bellezze naturali e tutela paesaggistica Concessione per nuove costruzioni

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Svolgimento del processo

Il ricorrente riferisce di essere proprietario di un terreno destinato in parte a zona residenziale di completamento B1 e in parte a zona agricola produttiva E1. In data 11/7/1997 egli otteneva una concessione edilizia per cingere la proprietà in parte con muretto e rete, in parte con blocchetti in calcestruzzo con paletti e rete e in parte con steccato in legno.

Per evitare che gli animali allevati sul terreno potessero oltrepassare la recinzione in legno, il Sig. L. decideva di ricoprirla con una rete plastificata di colore verde.

Con ordinanza 26/7/1999 il Segretario comunale ingiungeva la demolizione dell’opera abusiva, rilevando la difformità rispetto al titolo abilitativo rilasciato. Detto provvedimento sanzionatorio veniva impugnato innanzi a questo Tribunale (r.g. 1032/99), e con sentenza 14/1/2011 n. 49 il ricorso è stato dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Di seguito all’ordinanza repressiva il ricorrente depositava domanda di autorizzazione in sanatoria, la quale veniva tuttavia respinta con l’atto impugnato in questa sede. Secondo l’amministrazione l’intervento "si configura come elemento di notevole disturbo visivo della macchia boscata così come percepita dal luogo pubblico. L’uso di assito di recupero di sezione variegata conferisce al luogo un’immagine di precarietà e basso decoro non accettabile rispetto agli elementi costitutivi il vincolo e alla percezione del tratto di collina boscata".

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione il ricorrente impugna l’atto sfavorevole, deducendo i seguenti motivi di diritto:

a) Violazione dell’art. 51 della L. 142/90 per incompetenza del Segretario comunale ad adottare il provvedimento;

b) Violazione dell’art. 13 della L. 47/85 e della L.r. 18/97, eccesso di potere per falsa, contraddittoria e carente motivazione.

Con ordinanza istruttoria collegiale n. 187 depositata il 10/11/2010 questo Tribunale ha chiesto al Comune di Soiano del Lago "una relazione circostanziata sulla vicenda controversa, che approfondisca i profili in fatto e in diritto evidenziati nel ricorso, ed in particolare offra chiarimenti sui poteri attribuiti all’epoca al Segretario comunale e sugli elementi valutati per affermare il disturbo visivo e la compromissione del decoro nell’ambito assoggettato a vincolo".

L’incombente istruttorio è stato adempiuto con relazione depositata il 21/12/2010.

Alla pubblica udienza del 27/1/2011 il ricorso veniva chiamato per la discussione e trattenuto in decisione, previa acquisizione della dichiarazione del difensore di parte ricorrente circa la permanenza dell’interesse alla definizione della causa.
Motivi della decisione

Il gravame è infondato e deve essere respinto, per le ragioni di seguito precisate.

1. Non coglie nel segno la prima censura, afferente alla violazione dell’art. 51 della L. 142/90 per l’incompetenza del Segretario comunale ad adottare il provvedimento. Dalla documentazione depositata dall’Ente in esito alla disposta istruttoria emerge infatti che il Segretario comunale era stato all’epoca nominato Responsabile di tutti i Servizi con deliberazione giuntale n. 214 del 18/9/1997.

2. Parte ricorrente lamenta poi la violazione dell’art. 13 della L. 47/85 e della L.r. 18/97 nonchè l’eccesso di potere per falsa, contraddittoria e carente motivazione. Sostiene in proposito il Sig. L. che:

o non sussistono norme specifiche – di rango statale o comunale – ostative al rilascio dell’autorizzazione per una recinzione;

o con riguardo al vincolo ambientale, è stato utilizzato un colore assolutamente in linea con le caratteristiche del paesaggio (macchia boscata), che tra l’altro nasconde il modesto manufatto eretto;

o il materiale è simile a quello normalmente utilizzato per le recinzioni della zona;

o non è corretto invocare – peraltro in maniera apodittica – un’immagine di precarietà e di basso decoro in presenza di una recinzione di lieve impatto.

Detto ordine di idee non merita condivisione.

2.1 Va premesso che, secondo quanto precisato dalla giurisprudenza, le valutazioni di compatibilità ambientale concretano un apprezzamento tecnicodiscrezionale rispetto al quale il sindacato del giudice è circoscritto alle situazioni connotate da evidenti illegittimità e da incongruenze manifeste, mentre non può tradursi nella formulazione di giudizi che spettano solo all’autorità competente: non a caso le valutazioni tecniche spettanti alle amministrazioni preposte alla tutela ambientale e paesaggistico/territoriale non sono surrogabili in base all’art. 17 della L. 241/1990 (T.A.R. Abruzzo Pescara – 20/6/2009 n. 448).

2.2 Al contempo è stato anche sottolineato che il parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo deve recare l’indicazione delle ragioni assunte a fondamento della ritenuta compatibilità o incompatibilità di un dato intervento edilizio con le esigenze di tutela paesistica sottese all’imposizione del vincolo stesso. Ne discende che l’eventuale diniego deve essere assistito da un apparato motivazionale che – sia pure in forma sintetica – si soffermi sulla realtà dei fatti e sugli elementi ambientali che sconsigliano di assentire un determinato intervento: devono quindi emergere in concreto le ragioni per le quali il manufatto, per le sue caratteristiche architettoniche ed estetiche, viene giudicato pregiudizievole dell’integrità del contesto paesaggistico in cui si inserisce e, con essa, degli specifici interessi pubblici alla cui tutela il vincolo è preordinato (T.A.R. Toscana, sez. II – 14/3/2008 n. 295; T.A.R. Liguria, sez. I – 22/12/2008 n. 2187).

2.3 Nella fattispecie la motivazione che assiste il provvedimento sfavorevole evidenzia un sufficiente dettaglio valutativo, compatibile con un’adeguata conoscenza dello stato dei luoghi. Il disturbo visivo alla macchia boscata è ricollegato all’uso della rete plastificata, che non si armonizza con il contesto collinare introducendo un’immagine inaccettabile da un punto di vista estetico. L’atto di diniego ha quindi recepito le valutazioni espresse dall’esperto in materia ambientale, che ha esplicitato in sede endoprocedimentale il proprio giudizio sfavorevole: l’autorità procedente ha condiviso l’apporto tecnico, tenuto conto che il parere richiamato è connotato da ampia discrezionalità "estetica", rispetto alla quale non sono emersi travisamenti fattuali o evidenti illogicità suscettibili di inficiarne lo spessore (cfr., in materia di cartelli pubblicitari, sentenza T.A.R. Brescia, sez. II – 17/7/2009 n. 1516).

2.4 Quanto alla censura di disparità di trattamento, questo Tribunale ha già osservato (cfr. sentenza 26/10/2006 n. 1356) che la valutazione preordinata al rilascio del nulla osta paesistico ha per oggetto la tutela di un bene primario, direttamente tutelato dall’art. 9 della Costituzione, e che l’inderogabilità dei valori salvaguardati dal vincolo si riflette sull’azione amministrativa, improntata alla massima cautela nell’esaminare ogni profilo dell’intervento edilizio che possa risolversi nella compromissione dei valori ambientali.

Ne consegue che la disparità di trattamento tra situazioni di eguale contenuto in questa materia deve accertarsi con rigore, e che la positiva verifica del vizio di legittimità è riscontrabile solo in caso di valutazioni macroscopicamente erronee. Proprio in questa materia, dunque, la censura di disparità di trattamento presuppone l’effettiva identità tra il caso già valutato dall’amministrazione e quello oggetto del contenzioso, atteso che la discriminazione è sintomo di eccesso di potere solo quando vi sia un’assoluta identità di situazioni oggettive, che valga a testimoniare l’irrazionalità delle diverse conseguenze tratte dall’autorità preposta.

Nel caso di specie, il ricorrente – richiamando l’uso di materiale "simile" o genericamente "peggiore" di quello normalmente utilizzato per le recinzioni della zona – non ha fornito prova adeguata dell’effettiva identità dell’intervento realizzato con quelli intrapresi per soddisfare analoghe esigenze, né ha dato conto del rilascio di titoli abilitativi per le opere similari compiute da terzi.

In conclusione il gravame risulta privo di fondamento.

Nulla per le spese, in difetto di costituzione in giudizio dell’amministrazione.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Nulla per le spese.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.