Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-07-2011) 27-07-2011, n. 30015 Notificazione

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Svolgimento del processo

Con ordinanza in data il Tribunale di Napoli, Sezione distaccata di Ischia, ha respinto l’istanza volta ad ottenere la revoca della dichiarazione di irrevocabilità della condanna inflitta alla Sig.ra M. con sentenza del citato Tribunale in data 16 Ottobre 2009.

La ricorrente, contumace in sede di giudizio, lamentava l’inefficacia della notificazione del deposito della sentenza di merito effettuata ai sensi dell’art. 157 c.p.p., comma 8, ma operata in modo irrituale in quanto mancante della positiva comunicazione della lettera raccomandata contenente l’avviso di deposito presso la casa comunale.

Motivi della decisione

L’ordinanza impugnata da atto dei passaggi effettuati al fine di perfezionare la notificazione; in particolare da atto che per la lettera raccomandata relativa all’avviso di avvenuto deposito della comunicazione presso la Casa comunale non è stato possibile provvedere alla consegna all’imputata, non reperita presso il domicilio, ma è stato fatto formale avviso di deposito cui è seguito il mancato ritiro della lettera raccomandata nei termini previsti. Di tutto questo fanno fede le annotazioni dell’ufficiale postale e dell’ufficiale giudiziario.

Rileva la Corte che gli avvisi e le comunicazioni a mezzo raccomandata sono stati effettuati presso il domicilio indicato dalla parte e presso il quale le notificazioni relative al presente grado di giudizio si sono rilevate efficaci.

Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere respinto e la ricorrente condannata, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 20-09-2011, n. 7436 Demolizione di costruzioni abusive

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Svolgimento del processo

il ricorrente impugna il provvedimento del 30 maggio 2011 con cui il Comune di Frascati ha ordinato la demolizione delle opere consistenti nel cambio di destinazione d’uso del piano sottotetto realizzato attraverso opere (installazione degli impianti elettrici, termici, idraulici e posizionamento di tramezzature) ed arredamento del vano, ed il ripristino dello stato dei luoghi;

Motivi della decisione

il ricorso è infondato e deve essere respinto;

Ritenuta, in particolare, inaccoglibile la prima censura con cui è stato dedotto il difetto di motivazione dell’atto impugnato;

Considerato, infatti, che il provvedimento di demolizione ha natura vincolata e, pertanto, deve ritenersi congruamente motivato con il richiamo, presente nella fattispecie, alla natura dell’abuso e all’incontestata mancanza del titolo edilizio con conseguente superfluità dell’indicazione di un interesse pubblico ulteriore da ritenersi in re ipsa (Cons. Stato sez. V n. 79/11; Cons. Stato sez. IV n. 3955/10);

Considerato che il mutamento di destinazione d’uso da soffitta ad abitazione comporta un aggravio del carico urbanistico (essendo gli standards parametrati in relazione alla superficie abitabile) e, pertanto, ai sensi degli artt. 16 e 17 comma 1° lettere a) e b) l. r. n. 15/08, avrebbe dovuto essere assentito con permesso di costruire la cui mancanza giustifica l’irrogazione della gravata sanzione demolitoria (TAR Lazio – Roma n. 381/11; TAR Campania – Napoli n. 16540/10; TAR Piemonte n. 940/10);

Ritenuta, poi, infondata la seconda censura in quanto il vizio ivi dedotto (mancata comunicazione dell’avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241/90), per la sua natura procedimentale, è inidoneo, secondo quanto previsto dall’art. 21 octies comma 2° l. n. 241/90, a comportare l’annullamento giurisdizionale dell’atto impugnato stante la natura vincolata e la correttezza sostanziale dello stesso di cui si è dato atto in precedenza;

Considerato che con la terza censura il ricorrente prospetta l’esistenza del vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti contestando, in particolare, la realizzazione di opere comprovanti il mutamento di destinazione d’uso (l’impianto termico non sarebbe presente mentre quelli elettrico e termico sarebbero coevi alla costruzione dell’edificio) e la rilevanza del mero arredamento del vano ai fini della qualificazione edilizia della fattispecie;

Ritenuta l’infondatezza del motivo in quanto la presenza degli impianti risulta dal verbale di accertamento della violazione edilizia (avente natura di atto pubblico) ed è, comunque, irrilevante la data di realizzazione degli stessi;

Considerato, altresì, che il mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, in ragione del correlato incremento di standards urbanistici, può essere realizzato anche senza opere e, quindi, attraverso il mero arredamento del bene;

Ritenuta, poi, infondata, alla luce di quanto in precedenza già esplicitato in ordine al regime abilitativo applicabile, la quarta censura con cui è stata prospettata la natura pertinenziale dell’opera realizzata e la superfliuità del permesso di costruire;

Considerato che non risulta accoglibile nemmeno il quinto motivo in quanto, contrariamente a quanto ivi prospettato, il mutamento di destinazione d’uso di una porzione dell’immobile, portando ad un organismo in parte diverso dal precedente, rientra nell’ambito della categoria della "ristrutturazione edilizia" come si evince dall’esplicito riferimento a tale tipologia di intervento presente nell’art. 10 comma 1° lettera c) d.p.r. n. 380/01 (TAR Sardegna n. 1822/08);

Ritenuta, altresì, infondata la sesta censura con cui è stata ritenuta l’inopportunità del provvedimento impugnato che non avrebbe tenuto conto dell’entità dell’abuso ai fini dell’applicazione della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 33 d.p.r. n. 380/01;

Considerato, infatti, che l’art. 33 d.p.r. n. 380/01 prevede la possibilità di applicare la sanzione pecuniaria in luogo di quella reale nella sola ipotesi in cui il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile per il pregiudizio per la parte conforme, presupposto in ordine alla cui ricorrenza nella fattispecie il ricorrente, benché onerato, non ha fornito alcun principio di prova;

Ritenuta, infine, inaccoglibile la settima censura in quanto, contrariamente a quanto ivi prospettato, il contestato mutamento di destinazione d’uso avrebbe dovuto essere assentito con permesso di costruire proprio in base alla normativa regionale applicabile alla fattispecie da individuarsi negli artt. 16 e 17 comma 1° lettera a) l. r. 15/08;

Considerato che per questi motivi il ricorso è infondato e deve essere respinto;

Considerato che il ricorrente, in quanto soccombente, deve essere condannato al pagamento delle spese del presente giudizio il cui importo si liquida come da dispositivo;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1) respinge il ricorso;

2) condanna il ricorrente a pagare, in favore del Comune di Frascati, le spese del presente giudizio il cui importo si liquida in complessivi euro millecinquecento/00, per diritti ed onorari, oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-07-2011) 26-09-2011, n. 34826

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

G.W. è stato condannato, previo riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti, alla pena ritenuta di giustizia nei due gradi di merito per i delitti di bancarotta fraudolenta per distrazione e documentale in relazione al fallimento della G & G srl dichiarato il 10 novembre 1994.

Con il ricorso per cassazione G.W. deduceva la violazione di legge processuale in relazione all’art. 161 c.p.p., comma 4, art. 601 c.p.p., comma 3, art. 178 c.p.p., lett. c) e art. 179 c.p.p., comma 1, per inosservanza dei termini a comparire all’udienza di appello del 6 novembre 2009, essendo stata la citazione notificata il 18 ottobre 2009, la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza degli elementi soggettivo ed oggettivo del reato di cui all’art. 216 della legge fallimentare ed il vizio di motivazione in ordine alla mancata derubricazione della condotta nel reato di cui all’art. 217 L. Fall..

La dichiarazione di fallimento, momento di consumazione del reato, dal quale decorre il termine di prescrizione, è del 10 novembre 1994.

Il termine prescrizionale, che, in base al previgente art. 157 cod. pen., applicabile nel caso di specie, è di quindici anni perchè al G. sono state riconosciute le attenuanti generi che prevalenti sull’aggravante dei più fatti di fallimento, è decorso il 10 novembre 2009, non essendo state rilevate sospensioni della prescrizione.

I motivi di ricorso non sono nè manifestamente infondati nè di merito.

Anzi il primo motivo di impugnazione appare fondato perchè, nonostante il ricorrente avesse eletto tempestivamente domicilio, la notifica della citazione in appello per l’udienza del 6 novembre 2009 è avvenuta soltanto il 18 ottobre 2009 e, quindi, tardivamente, non essendo stati lasciati almeno venti giorni liberi all’imputato.

Nè i rilievi della corte di merito circa il fatto che il comportamento dell’imputato avrebbe concorso al ritardo appaiono fondati.

In ogni caso già le osservazioni che precedono rendono evidente che non ci si trova di fronte ad un motivo manifestamente infondato.

Ciò significa che il decorso del termine prescrizionale rileva nel caso di specie.

In caso di eventuale accoglimento del motivo non si potrebbe annullare con rinvio la sentenza impugnata, essendosi verificata una causa estintiva del reato che, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., comma 1, deve essere immediatamente dichiarata in ogni stato e grado del procedimento; d’altra parte in una situazione siffatta ogni ulteriore attività processuale sarebbe del tutto superflua, essendo inevitabile la declaratoria di estinzione o ad opera della corte di cassazione o ad opera del giudice di rinvio.

Non sussistono, infatti, i presupposti per una pronuncia assolutoria nel merito ai sensi dell’art. 129 c.p.p., comma 2, tenuto conto di quanto emerge a carico dell’imputato dalla sentenza di primo grado e non risultando, pertanto, evidente la estraneità della G. ai fatti in contestazione.

E’ appena il caso di osservare, infine, che gli altri due motivi di impugnazione appaiono infondati perchè la motivazione della corte di merito che sorregge l’affermazione di responsabilità e che nega la derubricazione del fatto alla ipotesi di cui all’art. 217 L. Fall. appare immune da manifeste illogicità.

Bisogna, allora, prendere atto del tempo trascorso ed annullare la sentenza impugnata senza rinvio per essere i reati estinti per intervenuta prescrizione.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati estinti per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 08-11-2011, n. 8555 Sanzione amministrativa

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Svolgimento del processo

Il provvedimento gravato con il presente mezzo di tutela trae fondamento da un sinistro automobilistico, in relazione al verificarsi del quale la ricorrente N.T. avrebbe omesso il rispetto dei previsti termini per la liquidazione del risarcimento in favore del danneggiato.

Assume parte ricorrente che la determinazione oggetto di censura riveli i seguenti profili inficianti:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del Regolamento ISVAP 1 del 15 marzo 2006 (e successive modificazioni ed integrazioni). Violazione e falsa applicazione degli artt. 141, 148, 149 e 150 del D.Lgs. 7 settembre 2005 n. 209 e dell’art. 8 del D.P.R. 18 luglio 2006 n. 254. Violazione e falsa applicazione dell’art. 326, comma 1, del D.Lgs. 209/2005 e dell’art. 3, comma 2, del Regolamento. Eccesso di potere per superficialità dell’azione. Violazione dei principi di economicità e non aggravamento del procedimento. Nullità ex art. 21septies della legge 241/1990 e successive modificazioni per decadenza del potere sanzionatorio. In via subordinata, illegittimità derivata. Estinzione dell’obbligazione ex art. 14 legge 689/1981. Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carenza di istruttoria, manifesta ingiustizia, perplessità ed illogicità manifesta.

Previa illustrazione del quadro normativo di riferimento, assume in primo luogo parte ricorrente l’illegittimità della gravata determinazione per violazione del termine di giorni 120 previsto per la notificazione dell’atto di contestazione.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del Regolamento ISVAP 1 del 15 marzo 2006 (e successive modificazioni ed integrazioni). Violazione e falsa applicazione degli artt. 141, 148, 149 e 150 del D.Lgs. 7 settembre 2005 n. 209 e dell’art. 8 del D.P.R. 18 luglio 2006 n. 254. Violazione e falsa applicazione dell’art. 326 del D.Lgs. 209/2005 e dell’art. 3, comma 2, del Regolamento. Eccesso di potere per superficialità dell’azione. Violazione dei principi di economicità e non aggravamento del procedimento. Nullità ex art. 21septies della legge 241/1990 e successive modificazioni per decadenza del potere sanzionatorio. In via subordinata, illegittimità derivata. Estinzione dell’obbligazione ex art. 14 legge 689/1981. Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carenza di istruttoria, manifesta ingiustizia, perplessità ed illogicità manifesta.

Nell’osservare come i chiarimenti richiesti da ISVAP a N.T. siano stati da quest’ultima forniti il 9 marzo 2009, rileva parte ricorrente che il Servizio Tutela Utenti ha trasmesso la propria relazione al Servizio Sanzioni il successivo 19 giugno: per l’effetto assumendo la violazione del termine di giorni 90 di cui all’art. 4 n.2 del Regolamento 1/2006.

3) Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 4 e 5 del Regolamento ISVAP 1 del 15 marzo 2006 (e successive modificazioni ed integrazioni). Violazione e falsa applicazione degli artt. 141, 148, 149 e 150 del D.Lgs. 7 settembre 2005 n. 209 e dell’art. 8 del D.P.R. 18 luglio 2006 n. 254. Violazione e falsa applicazione dell’art. 326, comma 1, del D.Lgs. 209/2005 e dell’art. 3, comma 2, del Regolamento. Eccesso di potere per superficialità dell’azione. Violazione dei principi di economicità e non aggravamento del procedimento. Nullità ex art. 21septies della legge 241/1990 e successive modificazioni per decadenza del potere sanzionatorio. In via subordinata, illegittimità derivata. Estinzione dell’obbligazione ex art. 14 legge 689/1981. Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carenza di istruttoria, manifesta ingiustizia, perplessità ed illogicità manifesta. Ulteriore profilo.

La violazione dei termini fissati per lo svolgimento procedimentale rileverebbe, ad avviso di parte ricorrente, anche considerando il doppio termine di 90 giorni (complessivamente, 180 giorni) per la presentazione di eventuali memorie difensive a seguito dell’atto di contestazione e per l’adozione del conclusivo provvedimento.

Conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L’Istituto intimato, costituitosi in giudizio, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte dalla parte ricorrente, conclusivamente insistendo per la reiezione del gravame.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 26 ottobre 2011.

Motivi della decisione

1. Ad integrazione di quanto esplicitato in narrativa, giova soggiungere che la vicenda contenziosa all’esame (e, con essa, l’applicazione di provvedimento sanzionatorio nei confronti dell’odierna ricorrente a fronte della tardiva formulazione, nei confronti di un danneggiato, della proposta risarcitoria) è stata caratterizzata dalle seguenti circostanze:

– presentazione della richiesta risarcitoria in data 25 ottobre 2007;

– omesso svolgimento, ad opera di N.T., delle operazioni di stima del danno;

– mancata liquidazione del sinistro in favore del danneggiato.

Ultimata l’attività di carattere istruttorio ad opera del Servizio Tutela Utenti dell’Istituto, veniva rivolta a N.T. contestazione di addebiti in data 9 gennaio 2009 per violazione delle disposizioni di cui agli artt. 141 e 148 del D.Lgs. 209/2005.

Il 5 marzo dello stesso anno N.T., con nota indirizzata ad ISVAP, ammetteva la contestata violazione, peraltro soggiungendo di aver proceduto alla liquidazione del sinistro contestualmente all’offerta.

Il 17 giugno 2009 veniva trasmessa al Servizio Sanzioni di ISVAP la relazione motivata, conclusivamente pervenendosi all’adozione, il successivo 11 settembre, della gravata determinazione.

2. Quanto sopra doverosamente precisato, va osservato come i commi primo, secondo e terzo dell’articolo 3 del decretolegge 23 dicembre 1976 n. 857 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1977 n. 39), siano stati sostituiti dalle previsioni dettate dall’art. 5 della legge 5 marzo 2001 n. 57; le quali, per quanto qui di interesse, dispongono che:

– "per i sinistri con soli danni a cose la richiesta di risarcimento, presentata secondo le modalità indicate nell’articolo 22 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, e successive modificazioni, deve essere corredata dalla denuncia secondo il modulo di cui all’articolo 5 del presente decretolegge e recare l’indicazione del luogo, dei giorni e delle ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per l’ispezione diretta ad accertare l’entità del danno. Entro sessanta giorni dalla ricezione di tale documentazione, l’assicuratore formula al danneggiato congrua offerta per il risarcimento ovvero comunica i motivi per i quali non ritiene di fare offerta. Il termine di sessanta giorni è ridotto a trenta quando il modulo di denuncia sia stato sottoscritto dai conducenti coinvolti nel sinistro";

– "l’obbligo di proporre al danneggiato congrua offerta per il risarcimento del danno, ovvero di comunicare i motivi per cui non si ritiene di fare offerta, sussiste anche per i sinistri che abbiano causato lesioni personali o il decesso. La richiesta di risarcimento deve essere presentata dal danneggiato o dagli aventi diritto con le modalità indicate al primo comma. La richiesta deve contenere la descrizione delle circostanze nelle quali si è verificato il sinistro ed essere accompagnata, ai fini dell’accertamento e della valutazione del danno da parte dell’impresa, dai dati relativi all’età, all’attività del danneggiato, al suo reddito, all’entità delle lesioni subite, da attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti o, in caso di decesso, dal certificato di morte. L’assicuratore è tenuto a provvedere all’adempimento del predetto obbligo entro novanta giorni dalla ricezione di tale documentazione".

Va poi rilevato come anche il comma 8 dell’art. 3 del citato decreto legge abbia ricevuto, ad opera della pure richiamata legge 57/2001, i seguenti interventi modificativi:

– "l’inosservanza da parte dell’impresa assicuratrice dei termini prescritti dal presente articolo comporta:

a) in ordine alla omessa richiesta di integrazione della richiesta di risarcimento incompleta la sanzione pecuniaria da lire un milione a lire tre milioni;

b) in ordine alla omessa formulazione dell’offerta, all’omessa comunicazione dei motivi della mancata offerta o all’omessa corresponsione della somma offerta, che si protragga per oltre centoventi giorni dal termine utile finale:

1) la sanzione da lire dieci milioni a lire sessanta milioni, in relazione a danni a cose e lesioni guaribili entro quaranta giorni;

2) la sanzione da lire quindici milioni a lire duecentoquaranta milioni, in relazione a danni a persone guaribili oltre quaranta giorni o per il caso di morte.

La comunicazione dei motivi della mancata offerta effettuata entro centoventi giorni dalla scadenza del termine utile comporta la sanzione da lire tre milioni a lire nove milioni. La formulazione dell’offerta o la corresponsione della stessa effettuate entro centoventi giorni dalla scadenza del termine utile, comporta oltre al pagamento degli interessi, l’applicazione delle seguenti sanzioni:

a) dal 5 al 10 per cento della somma offerta o pagata con un ritardo non superiore ai quindici giorni, con un limite minimo di lire ottocentomila;

b) dal 10 al 20 per cento della somma offerta o pagata in ritardo, decorso ogni ulteriore periodo di ritardo di quindici giorni, con un limite minimo di lire due milioni e un limite massimo rispettivamente di lire cinquanta milioni per sinistri con danni a cose e lesioni a persone guaribili entro quaranta giorni e di lire duecento milioni per sinistri che abbiano causato il decesso ovvero lesioni permanenti o guarite oltre i quaranta giorni dal sinistro".

Le surriportate disposizioni sono state, quindi, abrogate dal vigente Codice delle Assicurazioni (di cui al D.Lgs. 7 settembre 2005 n. 209), il cui art. 148 ha riformulato la procedura di risarcimento; ed il cui art. 315 ha rideterminato le procedure liquidative, stabilendo che:

– "nei casi previsti dagli articoli 148, 149 e 150 o dalle disposizioni di attuazione la formulazione dell’offerta o la corresponsione della somma che siano effettuate fino a centoventi giorni dalla scadenza del termine utile ovvero la mancata comunicazione del diniego dell’offerta nel medesimo termine è punita:

a) in caso di ritardo fino a trenta giorni, con la sanzione da euro trecento ad euro novecento;

b) in caso di ritardo fino a sessanta giorni, con la sanzione da euro novecento ad euro duemilasettecento;

c) in caso di ritardo fino a novanta giorni, con la sanzione da euro duemilasettecento ad euro cinquemilaquattrocento;

d) in caso di ritardo fino a centoventi giorni, con la sanzione da euro cinquemilaquattrocento ad euro diecimilaottocento" (comma 1);

– "qualora, oltre i centoventi giorni dal termine utile, siano omesse la formulazione dell’offerta, la comunicazione dei motivi del diniego o il pagamento della somma, l’inosservanza degli obblighi previsti dagli articoli 148, 149 e 150 o delle disposizioni di attuazione è punita con la sanzione da euro diecimilaottocento ad euro trentamila in relazione a danni a cose e con la sanzione da euro ventimila ad euro sessantamila in relazione a danni a persone o per il caso morte" (comma 2).

Quanto alla disciplina regolamentare della quale viene sostenuta la violazione, l’art. 3, comma 2, del Regolamento Isvap 1/2006 dispone che l’atto di contestazione è notificato ai soggetti destinatari delle sanzioni entro 120 giorni, ovvero entro 180 giorni per i soggetti residenti all’estero, dall’accertamento dei fatti.

L’art. 4, comma 1, dello stesso regolamento prevede che, entro sessanta giorni dalla data di notifica dell’atto di contestazione, i soggetti destinatari delle sanzioni possono far pervenire ai servizi dell’Istituto memorie difensive o altri elementi controdeduttivi, nonché richiesta, ove lo ritengano necessario, di essere sentiti, direttamente o attraverso propri rappresentanti.

Entro i successivi novanta giorni dal ricevimento delle memorie difensive o dall’audizione se successiva, ai sensi dell’art. 4, comma 2, i servizi dell’Istituto concludono la fase istruttoria del procedimento sanzionatorio e ne riferiscono gli esiti al servizio sanzioni con relazione motivata; in assenza di memorie difensive o di richiesta di audizione i servizi dell’Istituto provvedono a tali adempimenti entro i novanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al primo comma.

L’art. 5, comma 2, dello stesso Regolamento stabilisce che il provvedimento motivato adottato dal presidente è notificato al soggetto cui è stata rivolta la contestazione entro novanta giorni dal ricevimento da parte del servizio sanzioni della relazione motivata dei servizi dell’Istituto.

L’art. 5, comma 4, del regolamento prescrive che il procedimento sanzionatorio, con l’irrogazione della sanzione ovvero l’archiviazione, si conclude entro due anni dalla data del suo avvio (avvio che, alla luce dell’art. 3, comma 4 del regolamento stesso, si invera alla notifica dell’atto di contestazione).

L’art. 5, comma 2, dello stesso regolamento stabilisce che il provvedimento motivato adottato dal presidente è notificato al soggetto cui è stata rivolta la contestazione entro novanta giorni dal ricevimento da parte del servizio sanzioni della relazione motivata dei servizi dell’Istituto

3. Con la prima delle esposte doglianze, parte ricorrente si duole della tardività della contestazione, assumendo che il procedente Istituto già disponesse dei necessari elementi all’atto della ricezione del reclamo al medesimo presentato da parte del danneggiato.

Va in proposito rammentato il consolidato orientamento giurisprudenziale, comune al giudice ordinario e a quello amministrativo, secondo il quale i limiti temporali entro cui l’Amministrazione procedente deve provvedere alla notifica della contestazione sono collegati alla conclusione del procedimento di accertamento e non già alla data di commissione della violazione.

La legittimità della durata dell’accertamento, che rende mobile il dies a quo per la contestazione, va quindi apprezzata in relazione al caso concreto, sulla base della complessità delle indagini tese a riscontrare la sussistenza dell’infrazione e ad acquisire piena conoscenza della condotta illecita, sì da valutarne l’esatta consistenza agli effetti della formulazione della contestazione (cfr, ex multis, T.A.R. Lazio, sez. I, 1° ottobre 2008 n. 8662 e 17 ottobre 2008 n. 8786).

Nel caso all’esame, è agevole rilevare come la contestazione di addebito sia stata formulata nel rispetto del termine di giorni 120 di cui all’art. 3, comma 2, del Regolamento ISVAP n. 1 del 15 marzo 2006, atteso che tale atto è stato adottato il 9 gennaio 2009 e notificato il successivo 12 gennaio, a fronte dell’acquisizione, alla data del 15 settembre 2008, della documentazione dal procedente Istituto richiesta a N.T..

4. Se la censura precedentemente esaminata si dimostra infondata, omogenee considerazioni vanno rassegnate con riferimento alle doglianze con le quali parte ricorrente lamenta, ad opera del procedente ISVAP, la violazione dei termini endoprocedimentali previsti dalla sopra citata disciplina regolamentare.

Nel richiamare quanto al precedente punto 2. osservato relativamente alla scansione temporale che gli artt. 4 e 5 del Regolamento ISVAP 1/2006 fissano ai fini dello svolgimento dell’iter procedimentale preordinato all’eventuale accertamento di una fattispecie suscettibile di determinare l’applicazione di sanzione amministrativa pecuniaria, non può esimersi il Collegio dal ribadire il proprio costante orientamento interpretativo (cfr. sentenze nn. 650, 651 e 652 del 21 gennaio 2010; nonché n. 19659 del 21 giugno 2010) in ordine al carattere ordinatorio – e non decadenziale – dei termini intermedi fissati dagli artt. 4, comma 2 e 5, comma 2, del citato testo regolamentare.

Nel rilevare come il mancato rispetto di un termine perentorio determini una conseguenza particolarmente incisiva, quale quella della decadenza dall’esercizio del potere, occorre ritenere che tale conseguenza debba essere espressamente – e senza alcun margine di dubbio – prevista e disciplinata (ovvero; che la perentorietà consegua allo scopo ed alla funzione adempiuta); mentre i termini che la ricorrente sostiene siano stati violati hanno chiaramente funzione acceleratoria dell’attività istruttoria e sono posti ad esclusiva tutela del buon andamento e dell’efficacia dell’azione amministrativa, in funzione meramente organizzativa.

In altre parole – considerato che il potere sanzionatorio si consuma, ai sensi dell’art. 5, comma 4, del Regolamento 1/2006, nel caso in cui il procedimento non si concluda entro due anni dalla data del suo avvio ed attribuito a tale termine un carattere decadenziale, pur non espressamente previsto dalla norma, in quanto assolve ad una specifica funzione di garanzia del destinatario del procedimento sui tempi massimi di adozione della sanzione – la scansione endoprocedimentale, vale a dire l’arco temporale entro il quale devono essere svolte le varie fasi del procedimento, si rivela preordinata ad assolvere esigenze di carattere meramente organizzatorio e non già di garanzia dell’incolpato, atteso che, come osservato, al soddisfacimento di tale finalità è preordinata (esclusivamente) la previsione del termine finale.

Di talché, una volta esercitato il potere nel termine di due anni previsto dall’art. 5, comma 4, del Regolamento, i termini endoprocedimentali, assolvendo ad una funzione di organizzazione dell’attività dell’Istituto, sono sostanzialmente irrilevanti per il destinatario del procedimento.

E che, nella fattispecie all’esame, il termine biennale per la conclusione del procedimento sia stato rispettato, è con sicurezza comprovato dalla circostanza che l’adozione della determinazione sanzionatoria gravata è intervenuta – in data 11 settembre 2009 – a distanza di poco più di otto mesi dalla formulazione della contestazione nei confronti di N.T..

5. Le considerazioni precedentemente esposte – per effetto delle quali il Collegio ha motivo di escludere la fondatezza delle doglianze formulate con il presente mezzo di tutela – impongono di disporre la reiezione del gravame.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) respinge il ricorso indicato in epigrafe.

Condanna N.T. S.p.A. di Assicurazioni, Riassicurazioni e Capitalizzazioni, in persona del legale rappresentante, al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo – ISVAP in ragione di Euro 1.500,00 (euro mille e cinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.