T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 05-01-2012, n. 112 Bando del concorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte dei Conti, con decreto del 23 aprile 2005, ha indetto una procedura concorsuale a 150 posti, per il passaggio dall’area B all’area C, posizione economica C1.

L’odierna ricorrente – dapprima in posizione di comando, quindi inquadrata nei ruoli della Corte dal 1 ottobre 2007 con qualifica funzionale B3 – espone di non aver presentato domanda di partecipazione nel termine (31 ottobre 2005) fissato nel bando, in quanto non in possesso dei prescritti requisiti alla data (21 aprile 2005) a tale riguardo indicata dalla lex specialis.

In presenza dell’avversato decreto del 18 giugno 2009, si duole la ricorrente della mancata riapertura dei termini di partecipazione al concorso, proponendo le seguenti doglianze:

1) Violazione di legge e delle regole della par condicio. Mancata riapertura dei termini relativi al possesso dei requisiti di partecipazione e alla presentazione delle domande di partecipazione in conseguenza della sostanziale modifica del bando originario con violazione dei principi propri di procedure concorsuali e di principi generali del diritto amministrativo, quali – in termini precipui – quello inerente la dicotomia tra atto ricognitivo e costitutivo e – in termini estensivi – quello del contrarius actus.

Le modificazioni introdotte dalla sopravvenienza del 2009 rispetto al bando originario del 2005 sarebbero rappresentate:

– dalla suddivisione dei 150 posti messi a concorso sulla base di differenti tipologie di attività;

– la richiesta, nei confronti dei candidati che già avessero presentato domanda di partecipazione, di indicare la tipologia di attività per la quale intendessero concorrere;

– la modificazione della prova d’esame (in luogo dello svolgimento di un elaborato, test articolato su 60 quesiti a risposta multipla);

– la modificazione delle modalità di svolgimento e della durata dei corsi di qualificazione.

Assume parte ricorrente che, in ragione dell’illustrata sostanziale modificazione non soltanto dell’oggetto della procedura concorsuale de qua, ma anche dei requisiti previsti per prendere parte alla stessa, la procedente Amministrazione avrebbe dovuto disporre la riapertura dei termini per la presentazione delle domande di partecipazione.

Tale riapertura, secondo quanto dalla parte ricorrente prospettato, avrebbe dovuto riguardare anche coloro che non fossero stati in possesso dei requisiti di partecipazione alla data all’uopo originariamente fissata (21 aprile 2005), avuto riguardo all’arco temporale ultraquadriennale intercorso dalla pubblicazione del bando al momento dell’introduzione delle suindicate modificazioni ad esso apportate.

Nel soggiungere come il bando originario sia stato modificato con determinazione avente carattere costitutivo e non ricognitivo, parte ricorrente evidenzia come tale presupposto appieno connoti la dedotta aspettativa ad una riapertura dei termini della selezione de qua.

2) Violazione di legge e della par condicio a conferma della doverosità della riapertura dei termini di cui sopra, vista la natura costitutiva dell’innovato bando. Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, giusta previsione di gara che consente il "doppio salto". Eccesso di potere per sviamento della causa tipica.

Il bando di concorso (nelle sue previsioni originarie, così come a seguito delle apportate modifiche) sarebbe illegittimo in ragione della consentita partecipazione alla selezione di tutti i dipendenti della Corte collocati in area B.

Verrebbe, per l’effetto, a determinarsi – in violazione dei principi indicati in epigrafe – una consentita progressione per saltum, atteso che l’accesso all’area C sarebbe consentito all’intero novero dei soggetti inquadrati in area B, indipendentemente dalla posizione (B1, B2, B3, B3S) da essi rivestita.

Conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte dalla parte ricorrente, conclusivamente insistendo per la reiezione del gravame.

La domanda di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, dalla parte ricorrente proposta in via incidentale, è stata dalla Sezione respinta con ordinanza n. 4730, pronunziata nella Camera di Consiglio del 14 ottobre 2009.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 19 dicembre 2011.

Motivi della decisione

1. Giova, ai fini di una compiuta disamina del presente gravame, brevemente ricostruire le vicende che hanno contrassegnato l’indizione, da parte della Corte dei Conti, della procedura selettiva relativa al corso-concorso a 150 posti per il passaggio dall’area B all’area C (posizione economica C1), di cui n. 3 posti riservati al personale appartenente ai ruoli locali in servizio presso gli Uffici della Corte dei Conti sede di Bolzano.

Con decreto segretariale n. 446 del 22 aprile 2005 veniva bandito il concorso di che trattasi, individuandosi, fra l’altro:

– il termine per il possesso dei requisiti, fissato alla data del 21 aprile 2005;

– il termine per la presentazione della domande di ammissione (31 ottobre 2005);

– le modalità di articolazione della procedura selettiva (valutazione dell’esperienza professionale, del titolo di studio, dei titoli culturali e professionali; prova scritta d’esame; corso di qualificazione)

– i punteggi attribuibili per i titoli di studio, per la valutazione dell’esperienza professionale, nonché dei titoli professionali, dei corsi di aggiornamento e qualificazione professionali;

– le modalità di svolgimento della prova scritta d’esame (svolgimento di un elaborato tratto dalle materie di cui agli annessi programmi di esame: Allegati A, B e C);

– la durata (non superiore a sei mesi) e le caratteristiche del corso di qualificazione.

Con successivo decreto del 6 febbraio 2007, l’Amministrazione procedente procedeva alla rettifica della data (21 aprile 2005) originariamente indicata ai fini del possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura selettiva, determinandone l’allineamento con la data (31 ottobre 2005) di scadenza del termine per la presentazione delle domande di ammissione.

Prima di procedere all’ulteriore disamina delle modificazioni apportate alla lex specialis, non può omettere il Collegio di rilevare come l’opportunità – o, più propriamente, la necessità – di tale determinazione sia affatto omogenea con le indicazioni ritraibili dalla sentenza n. 10216, resa dalla Sezione il 10 ottobre 2006.

Tale pronunzia, riguardante proprio la medesima procedura selettiva oggetto della presente controversia, ha infatti disposto l’annullamento del bando nella parte in cui veniva indicata la data del 28 aprile 2005 quale termine per il possesso dei titoli da valutarsi; e ciò in quanto, avuto riguardo alla generale previsione di cui all’art. 2, comma 7, D.P.R. n. 487 del 1994 (secondo la quale "i requisiti prescritti devono essere posseduti alla data di scadenza del termine stabilito nel bando di concorso per la presentazione della domanda di ammissione"), tale previsione di lex specialis si è dimostrata "priva di base normativa ed irragionevole … , con conseguente rilievo di illegittimità del provvedimento in esame in parte qua".

Il bando de quo formava, peraltro, oggetto di ulteriore intervento manipolativo ad opera del decreto n. 550/SG/2009 del 18 giugno 2009, oggetto dell’odierna impugnativa.

Con esso l’originaria formulazione della lex specialis di selezione veniva così modificata:

– suddivisione dei posti messi a concorso (nel numero complessivo di 150, rimasto inalterato) per profilo professionale (collaboratore amministrativo, collaboratore informatico, collaboratore tecnico), con riserva di n. 3 posti per il personale appartenente ai ruoli locali in servizio presso la sede di Bolzano;

– obbligo, per i candidati che avessero presentato tempestivamente la domanda di partecipazione (quindi, entro il termine, come sopra modificato, del 31 ottobre 2005) di rendere una dichiarazione "riguardante la scelta vincolante della tipologia della prova scritta d’esame che verterà sulle materie contenute nei programmi di esame A/B/C allegato al decreto segretariale del 23 aprile 2005";

– modificazione delle modalità di svolgimento della prova d’esame (non più consistente nello svolgimento di un elaborato, "così come disposto dall’art. 10 del … decreto n. 446 del 23 aprile 2005, bensì in un test articolato su n. 60 quesiti a risposta multipla la cui durata è fissata in un massimo di 45 minuti", comunque "predisposti su argomenti tratti dalle materie di cui ai programmi di esame A/B/C" annessi allo stesso decreto n. 446);

– modificazione della durata del corso di qualificazione ("non superiore, complessivamente, a 30 giorni lavorativi").

2. Come sopra riportati gli essenziali termini di riferimento per una compiuta delibazione del sottoposto thema decidendum, viene in considerazione il primo complesso di doglianze articolato dalla parte ricorrente con l’odierno mezzo di tutela, essenzialmente incentrato sulla mancata riapertura dei termini per la presentazione delle domande di partecipazione al concorso di che trattasi.

La rilevanza di tale argomentazione – in termini di interesse alla sottoposizione all’adito organo di giustizia della questione sopra precisata – appieno rileva ove si consideri che parte ricorrente non ha presentato domanda di ammissione al concorso nel termine all’uopo fissato, in quanto non in possesso a tale data dei prescritti requisiti di partecipazione.

Sostiene la parte stessa, al riguardo, che la sostanziale immutazione della lex specialis – veicolata dal decreto n. 550 del 2009 – avrebbe dovuto imporre alla procedente Amministrazione una generale riapertura dei termini per la presentazione delle istanze in discorso, pena la violazione di affermati principi generali dell’ordinamento, nonché delle coordinate di legittimo svolgimento delle procedure selettive.

La doglianza non riveste giuridico pregio e, per l’effetto, non merita accoglimento.

Rileva al riguardo il Collegio come la prospettazione di parte ricorrente sarebbe suscettibile di favorevole considerazione soltanto laddove la rettifica di un bando di concorso venisse ad incidere sui requisiti di partecipazione, ampliandone la portata con riveniente allargamento della potenziale platea dei partecipanti: in tale ipotesi atteggiandosi la riapertura dei termini per la presentazione delle domande di ammissione, effettivamente, in termini di doverosità, al fine di consentire la partecipazione anche a chi, pur interessato alla procedura, non vi avesse inizialmente partecipato a fronte di una clausola escludente del bando, poi modificata in senso ampliativo.

In tale evenienza, infatti (e, quindi, nel caso in cui la rettifica del bando originario avesse comportato un ampliamento dei potenziali partecipanti) si dimostrerebbe irrazionale (e, comunque, non fondata su alcun apprezzabile interesse pubblico) la scelta di non ammettere al concorso i soggetti che avessero medio tempore maturato i requisiti.

Se, infatti, l’interesse dell’Amministrazione procedente va identificato nell’esigenza di favorire la massima partecipazione dei soggetti astrattamente idonei, al fine di pervenire alla selezione dei candidati "migliori"), allora viene a dimostrarsi priva di ragionevole fondamento la scelta di precludere la partecipazione a coloro i quali, alla data della nuova chiusura dei termini di iscrizione al concorso, avessero maturato i requisiti, ancorché in epoca successiva alla prima indizione, poi rettificata.

Anche la giurisprudenza, del resto, ha avuto modo di osservare (cfr. T.A.R. Umbria, 28 maggio 2009 n. 262) che, "in materia di concorsi per il pubblico impiego, un principio generale di remota origine giurisprudenziale vuole che, qualora la p.a. modifica le regole o le condizioni di un concorso già bandito (anche solo, ad es., aumentando il numero dei posti), essa sia tenuta a riaprire i termini per la presentazione delle domande di partecipazione", al fine di "dar modo di partecipare a coloro che, valutando le condizioni originarie, avevano ritenuto di non averne interesse": principio, quest’ultimo, che, ancorché "non legificato, ma pacifico in giurisprudenza, si considera derivare dal fondamentale valore dell’imparzialità dell’amministrazione" e "si correla, del resto, anche a canoni di buona amministrazione".

Ferma la sostanziale condivisione dell’orientamento del quale si è dato conto, rileva peraltro la Sezione come le modificazioni apportate all’originario bando di concorso per effetto delle disposizioni introdotte dal gravato decreto del 2009 non rivelino carattere "adeguatamente" sostanziale, tale da indurre – con carattere di obbligatorietà – una riapertura dei termini per la presentazione delle domande di partecipazione al concorso.

Non hanno formato, infatti, oggetto di modifica:

– il numero complessivo dei posti messi a concorso;

– i requisiti di ammissione alla procedura selettiva;

– l’oggetto della selezione stessa;

– l’articolazione del concorso per titoli ed esami, nonché il "peso", in termini di assegnazione di punteggio, riservato, rispettivamente, alla prova scritta ed alla valutazione dell’esperienza professionale, nonché dei titoli di studio, culturali e professionali.

Deve quindi escludersi che le imputazioni apportate alla lex specialis abbiano determinato, in capo alla procedente Amministrazione, alcun obbligo di disporre la riapertura dei termini di che trattasi, per come sostenuto dalla parte ricorrente: obbligo la cui immanenza appare predicabile:

– non soltanto laddove il numero dei posti messi a concorso, le regole di articolazione della selezione, ovvero l’oggetto della stessa avessero formato oggetto di incisiva rimeditazione;

– ma, anche, nel caso in cui gli stessi requisiti di ammissione fossero stati modificati, determinando un corrispondente ampliamento della platea dei potenziali partecipanti, a fronte del quale sarebbe stato ben irragionevole non consentire anche ai soggetti (originariamente) non in possesso dei requisiti una rimessione in termini ai fini della partecipazione alla procedura selettiva.

Diversamente da quanto ora osservato, il gravato decreto del 2009 – inalterati il numero dei posti messi a concorso, la configurazione della selezione per titoli ed esami, nonché i requisiti per la partecipazione alla stessa – ha:

– articolato il novero delle posizioni messe a concorso per profili professionali;

– modificato le modalità di svolgimento della prova scritta (non più elaborato, ma test a risposta multipla)

– compresso la durata del corso di formazione.

Nessuna di tali modificazioni è destinata, con ogni evidenza, ad incidere sui requisiti di partecipazione; né alcuna di esse integra una modificazione dell’originario bando in termini sostanziali, tali cioè da indurre – con il carattere di "obbligatorietà" postulato dalla parte ricorrente – la riapertura dei termini per la presentazione delle domande di ammissione alla procedura selettiva de qua.

La censura, dimostratasi infondata, deve pertanto essere respinta.

3. Con ulteriore argomento di censura, si duole parte ricorrente (la cui posizione funzionale di appartenenza è B3) che la consentita partecipazione alla procedura di che trattasi di dipendenti inquadrati in sottordinate posizioni (B1 e B2) consentirebbe a questi ultimi di accedere, in caso di esito vittorioso del concorso, all’area C (posizione C1) mediante una preclusa progressione per saltum.

Va in primo luogo osservato come la posizione legittimante ravvisabile in capo alla parte ricorrente, ai fini della proposizione della censura ora all’esame, riveste debole consistenza, atteso che la mancata partecipazione al concorso de quo (a fronte dell’omessa presentazione della domanda di ammissione, avvenuta in ragione della carenza dei prescritti requisiti) non consente la qualificabilità in termini di personalità, attualità, concretezza e differenziazione dell’interesse fatto valere nel contestare l’ampliato novero dei soggetti facoltizzati a presentare domanda di partecipazione.

Nondimeno, la censura si dimostra infondata anche nel merito; per l’effetto imponendosi la reiezione delle argomentazioni in proposito articolate.

Intende il Collegio, a tale riguardo, aderire all’orientamento dalla Sezione già esplicitato, proprio a proposito del concorso oggetto di odierna indagine, con la rammentata sentenza 10216/2006.

Anche nella vicenda contenziosa definita con la decisione ora richiamata, la parte ricorrente aveva lamentato la violazione dei principi in tema di accesso ai pubblici uffici (nonché la disparità di trattamento e la contraddittorietà insite nella presupposta normativa di matrice contrattuale), in relazione alla possibilità per i dipendenti inquadrati nelle posizioni B1 e B2 (incaricati dell’espletamento di mansioni esecutive) di transitare direttamente nell’area C senza passare per la posizione B3; ulteriormente rappresentando che tale consentita possibilità – oltre ad essere contraddittoria in riferimento alla espressa previsione, nel contratto collettivo, di una selezione appositamente preordinata al passaggio da B1/B2 a B3- – si sarebbe, ulteriormente, rivelata in contrasto con la giurisprudenza della Corte costituzionale in ordine alla illegittimità dei "doppi passaggi di qualifica".

La disciplina della selezione interna de qua, così come delineata dalla pertinente contrattazione collettiva (art. 15 del C.C.N.L. del personale non dirigente del comparto Ministeri stipulato il 16 febbraio 1995; C.C.N.L. del personale delle aree funzionali della Corte dei conti del 12 novembre 2004, che a sua volta rinvia all’art. 8 del C.C.N.L. 12 giugno 2003), non si pone infatti in contrasto con i principi più volte enunciati dalla Corte Costituzionale in materia di reclutamento dei pubblici dipendenti (cfr. sentenze 24 luglio 2003 n. 274, 4 dicembre 2002 n. 517, 23 luglio 2002 n. 373, 29 maggio 2002 n. 218, 16 maggio 2002 n. 194, 4 gennaio 1999 n. 1, 30 ottobre 1997 n. 320, 27 aprile 1995 n. 134, 29 dicembre 1995 n. 528, 20 luglio 1994 n. 314, 27 dicembre 1991 n. 487 e 4 aprile 1990 n. 161), ed in particolare con il principio del buon andamento (art. 97 Cost.), non configurandosi nella specie una procedura selettiva finalizzata ad un generale ed indiscriminato scivolamento verso l’alto di tutto il personale attraverso l’ingiustificata valorizzazione dell’anzianità di servizio.

In proposito, va osservato come, con le richiamate sentenze nn. 1/1999 e 194/2002, la Corte Costituzionale, richiamandosi agli artt. 97, 51 e 98 e 3 della Costituzione, abbia evidenziato come il pubblico concorso sia imposto anche per l’accesso alla qualifica successiva in quanto meccanismo di selezione tecnica e neutrale dei più capaci (rappresentando, quindi, il metodo migliore per la provvista di organi chiamati ad esercitare le proprie funzioni in condizioni di imparzialità ed al servizio esclusivo della Nazione).

La Corte, nel censurare la prevista ammissione ai corsi di riqualificazione di dipendenti non appartenenti alla qualifica immediatamente inferiore (in quanto volta a "conferire all’anzianità di servizio una funzione del tutto abnorme"), ha poi ribadito che "il passaggio ad una fascia funzionale superiore comporta l’accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso in quanto proprio questo metodo offre le migliori garanzie di selezione dei soggetti più capaci".

Nel caso in specie, le modalità del concorso, con le quali la partecipazione è stata estesa a categorie di personale diverse da quella (B3) immediatamente sottordinata rispetto alla posizione da conferire (C1), in ossequio al principio di salvaguardia dell’anzianità, non attribuiscono al requisito della mera anzianità quella funzione "abnorme" individuata dal Giudice delle leggi, ossia di un criterio elusivo del meccanismo generale del concorso per l’accesso ai pubblici impieghi.

Al contrario, appare del tutto conforme al principio di eguaglianza, che impone di trattare in maniera differenziata le situazioni in sé diverse, l’operato dell’Amministrazione che, pur permettendo un’ampiata partecipazione alla procedura di selezione, ha tuttavia articolato ed opportunamente valorizzato, in sede di formazione della graduatoria finale, le diverse condizioni personali che avevano legittimato l’ammissione alla fase concorsuale.

È al riguardo sufficiente considerare che i punteggi per l’anzianità sono differenziati in relazione alla posizione di appartenenza degli aspiranti (in particolare: punti 1,00 per i B3; punti 0,75 per i B2; punti 0,50 per i B1), senza che lo scarto previsto sia irragionevole al punto da trasmodare in invalidità della norma.

Per ciascun anno di servizio dei dipendenti B3 è, infatti, prevista l’attribuzione di un punteggio doppio rispetto al corrispondente periodo per i dipendenti B1 (10 anni di servizio dei primi sono equivalenti a 20 anni degli altri); laddove il raggiungimento di 20 punti di anzianità per i B3 richiederebbe, per i dipendenti in posizione B1, un servizio prestato per almeno 40 anni (analogo ragionamento, ancorché in termini aritmeticamente più attenuati, valendo per i dipendenti B2).

Non può quindi ritenersi che il mero fatto del conseguimento dell’anzianità necessaria in profili professionali diversificati conduca ad una pedissequa (quanto ingiustificata) omologazione delle posizioni dei partecipanti, atteso che, in tal modo, verrebbe a realizzarsi un pratico "appiattimento" di esperienze lavorative diverse con riveniente forzata "omogeneizzazione" di mansioni di rilevanza non equiparabile.

La censura, come in precedenza anticipato, è quindi infondata e deve essere disattesa.

4. Nel ribadire l’inaccoglibilità delle esaminate doglianze, non può esimersi il Collegio da disporre, conclusivamente, la reiezione del gravame.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) respinge il ricorso indicato in epigrafe.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore della Corte dei Conti per complessivi Euro 1.000,00 (Euro mille/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giovannini, Presidente

Roberto Politi, Consigliere, Estensore

Silvia Martino, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 20-11-2012) 17-12-2012, n. 49045

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Napoli ricorre avverso la sentenza 12.4.10 con la quale il Giudice di pace di Gragnano ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di G.P., in ordine al reato di minaccia, per essere il reato estinto a seguito di intervenuta remissione della querela.

Deduce il P.G. ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, violazione di legge, con riferimento all’art. 152 c.p., per avere il giudice ritenuto che l’assenza della p.o. al giudizio equivalga a tacita remissione della querela. Osserva la Corte che il ricorso è fondato.

Hanno infatti statuito sul punto le Sezioni unite di questa Corte, con sentenza 30 ottobre 2008, n. 46088, che nel procedimento dinanzi al giudice di pace instaurato – come nella specie – a seguito di citazione disposta dal p.m. del D.Lgs. n. 274 del 2000, ex art. 20 la mancata comparizione del querelante – pur previamente avvisato che la sua assenza sarebbe stata ritenuta concludente nel senso della remissione tacita delle querela – non costituisce fatto incompatibile con la volontà di persistere nella stessa, sì da integrare la remissione tacita, ai sensi dell’art. 152 c.p., comma 2. L’ipotesi di improcedibilità prevista dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 30 per la mancata comparizione in udienza della p.o., si riferisce esclusivamente al ricorso immediato della p.o. non comparsa (v.

Cass., sez. 5, 15 giugno 2004, n. 28570), per cui la mancata comparizione del querelante in udienza, al di fuori dell’ipotesi prevista dagli artt. 21, 28 e 30 del citato D.Lgs., non da luogo a remissione tacita della querela, nonostante la sollecitazione a comparire espressamente rivoltagli dal giudice (Cass., sez. 6, 25 febbraio 2010, n. 11142).

L’impugnata sentenza deve pertanto essere annullata con rinvio al Giudice di pace di Gragnano per nuovo esame.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di pace di Gragnano per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 25-01-2011, n. 84

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Svolgimento del processo

Il signor Gi.Ca. adiva il T.A.R. della Sicilia, sede di Palermo, chiedendo l’annullamento della graduatoria di merito del corso-concorso per il passaggio dall’area B (B1, B2 e B3) all’area C (C1) per 2055 posti per l’anno 2000 e per 1566 posti per l’anno 2001, relativi ai profili professionali amministrativo – tributario, indetto con provvedimento del 26 luglio 2001, che prevedeva 264 posti per gli Uffici siciliani.

In particolare, la graduatoria sarebbe stata assunta in violazione della lex specialis della procedura nella parte in cui aveva contemplato tra gli ammessi al percorso formativo, in soprannumero, n. 176 dipendenti collocati in posizione B3 dal primo gennaio 2001, in osservanza di un accordo sindacale stipulato il 1° agosto 2003 e, quindi, in data successiva alla pubblicazione del bando.

Con sentenza n. 1120 del 9 settembre 2008, il giudice adito dichiarava il ricorso improcedibile per carenza d’interesse.

A suo avviso, la previsione di ammettere in soprannumero al corso-concorso i dipendenti individuati dall’accordo sindacale del 1 agosto 2003 non incideva sull’aliquota dei posti individuati dal bando e utilizzabili dai ricorrenti (264 + 20% + pari punteggio), considerato che nessuno dei 176 concorrenti B3 ammessi "in soprannumero" occupa una delle prime 325 posizioni (317 posti più i pari punteggio) le uniche alle quali potevano accedere i ricorrenti stessi.

Il ricorrente ha appellato la summenzionata sentenza, deducendo che il T.A.R. non aveva considerato che il bando di concorso era stato gravemente stravolto nella misura in cui un accordo sindacale ne aveva modificato le prescrizioni nel corso dell’espletamento della selezione e che lui aveva sempre posseduto l’interesse a ricorrere sia per la mancata valutazione dell’esperienza professionale e sia per l’illegittima ammissione di altri candidati con minore punteggio.

L’appellante ha, infine, riproposto la domanda di risarcimento del danno. A suo avviso, nessun dubbio sussiste sull’ammissibilità di tale richiesta legata sia alla mancata percezione delle differenze retributive, che le sarebbero spettate ove fosse stata inclusa, fin dall’inizio in posizione utile in graduatoria sia, ancora, alla mancata partecipazione ad una procedura di interpello per il conferimento dell’incarico di capo team, il cui requisito per la partecipazione era costituito dall’appartenenza alla terza area (ex area C) e per il quale il relativo danno andrà liquidato in misura equitativa.

Resiste all’appello l’Agenzia delle Entrate – Direzione regionale della Sicilia.

Alla pubblica udienza del 19 maggio 2010, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1) – L’appello è fondato.

2) – Con l’impugnata sentenza il T.A.R. ha dichiarato il ricorso improcedibile per carenza d’interesse per la considerazione che, anche in assenza dei concorrenti B3 in soprannumero, parte ricorrente non avrebbe potuto realizzare l’"utilitas" sperata, consistente nella possibilità di utile inserimento nelle prime 325 posizioni della graduatoria.

Tale assunto non può essere condiviso.

Come già osservato dalla giurisprudenza in relazione a fattispecie analoga (cfr. C.d.S., sezione IV, 12 febbraio 2010, n. 779), è lo stesso giudice di primo grado a sottolineare, nella sentenza impugnata, che la procedura selettiva per cui è causa aveva ad oggetto l’accesso non direttamente all’area C, ma a un "percorso formativo" finalizzato al futuro inquadramento nella predetta area.

Se questo è vero, non è decisiva la mera circostanza – su cui evidentemente il primo giudice ha fondato la propria statuizione di carenza d’interesse – che l’odierna appellante non risultasse utilmente collocata in graduatoria, non potendo obliterarsi l’evidente sussistenza di un interesse strumentale a un migliore posizionamento, connesso all’ipotetico futuro scorrimento della graduatoria stessa.

Nel merito della controversia va osservato che, secondo un pacifico principio giurisprudenziale, uno dei principi fondamentali in tema di procedure concorsuali è quello della rigida "consequenzialità" tra i diversi procedimenti "collegati" a garanzia della trasparenza e della imparzialità dell’esito del concorso.

Un corollario di questo criterio è quello di mantenere le regole della valutazione sino alla conclusione del concorso senza sottoporle a illegittimi cambiamenti (così, questo C.G.A., 1 giugno 2010, n. 769).

Né, per contro, può fondatamente invocarsi l’applicazione dell’accordo sindacale sottoscritto in data 10 agosto 2003 tra il Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell’economia e delle finanze e le OO.SS. – intervenuto a chiarimento e integrazione di quanto stabilito dal CCNL del Comparto Ministeri del 16 febbraio 1999, in materia di passaggi interni del personale tra le aree professionali – in forza del quale "il personale inquadrato nella posizione economica C3 e B3 alla data del 1 gennaio 2001 che ha presentato a suo tempo domanda di ammissione al corso-concorso per il passaggio rispettivamente alle posizioni economiche C3 e C1 sarà ammesso a partecipare anche in soprannumero al percorso formativo di qualificazione e aggiornamento professionale ed al conseguente esame finale".

Si frappone, infatti, all’applicazione di tale disposizione il rilievo che le procedure per il passaggio di qualifica del personale dipendente contrattualizzato, su cui ha giurisdizione il giudice amministrativo, non possono costituire legittimo oggetto di disciplina da parte dell’autonomia collettiva, ostandovi la disposizione di cui all’art. 2, primo comma, lett. c), n. 4, della legge 23 ottobre 1992, n. 421, che prevede che una materia quale quella dei procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e di avviamento al lavoro – cui vanno assimilate le selezioni interne preordinate a passaggi di qualifica o carriera – sia riservata alla legge, ovvero, sulla base della legge o nell’ambito dei principi dalla stessa posti, ad atti normativi o amministrativi (cfr. C.d.S., sez. IV, 24 agosto 2009, n. 5032).

Stante la fondatezza dei dedotti motivi di censura, la graduatoria deve essere annullata con l’obbligo per l’Amministrazione di riformularla con l’esclusione dei non aventi titolo.

3) – Quanto alla richiesta di risarcimento del danno, la stessa va accolta nei sensi e limiti che qui di seguito si espongono.

Si palesa fondata l’affermazione dell’appellante secondo cui lui rientra tra i 399 vincitori del concorso – di cui alla graduatoria pubblicata con provvedimento del 21 settembre 2007 – avendo riportato un punteggio finale di 68,25 che gli consente di essere inserito nella graduatoria alla trecentoquarantatresima posizione.

In applicazione di un pacifico principio giurisprudenziale (cfr. Cass. civ., sez. lav., 14 dicembre 2001, n. 15810; C.d.S., sez. V, 2 ottobre 2002, n. 157; questo C.G.A. 12 aprile 2007, n. 361 e 23 luglio 2007, n. 657), nel concorso della sussistenza del nesso di causalità e degli altri elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale, il risarcimento del danno va determinato nel 50% delle differenze retributive tra la posizione rivestita dall’appellante e la posizione economica C1 cui aveva diritto di accedere, ove fosse stato fin dall’inizio incluso in posizione utile nella graduatoria.

4) – In conclusione, per le suesposte considerazioni, l’appello va accolto e, in riforma della sentenza appellata, vanno annullati gli atti impugnati e va dichiarato il diritto dell’appellante a percepire le somme testé indicate.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Circa la spese e gli altri oneri del doppio grado di giudizio, si ravvisano giusti motivi per compensarli tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello indicato in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla gli atti impugnati e dichiara il diritto dell’appellante a percepire le somme indicate in motivazione.

Compensa tra le parti le spese, le competenze e gli onorari dei due gradi di giudizio.

Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 19 maggio 2010, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, con l’intervento dei signori: Raffaele Maria De Lipsis, Presidente, Paolo D’Angelo, Guido Salemi, estensore, Filippo Salvia, Pietro Ciani, componenti.

Depositata in Segreteria il 25 gennaio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen., sez. I 27-10-2008 (09-10-2008), n. 39957 Dolo diretto – Volontaria assunzione di alcool e stupefacenti – Compatibilità.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
Con sentenza in data 1774/07, emessa in esito a giudizio abbreviato, il GUP del Tribunale di Brescia ha dichiarato F.I. colpevole di vari reati commessi in (OMISSIS), nella notte sul (OMISSIS), mentre si trovava in stato di acuta intossicazione provocata da abuso volontario di farmaci, droghe e alcool – tentato omicidio di S.N., tentato omicidio di Fr.Ad. e B.M., minaccia aggravata nei confronti di questi ultimi e di altre persone, detenzione e porto illegali aggravati di una rivoltella cal. 38 special e delle relative munizioni – e, ritenuta la continuazione, con le attenuanti generiche stimate equivalenti alla recidiva e la diminuente per il rito lo ha condannato a 6 anni e 8 mesi di reclusione nonchè al risarcimento dei danni cagionati allo S. costituitosi parte civile.
La decisione è stata confermata dalla locale Corte di appello con sentenza in data 10/1/08 che ha respinto il gravame dell’imputato.
Secondo la ricostruzione dei giudici del merito il F., da tempo dedito all’abuso di sostanze chimiche ed alcool (benzodiazepine, cocaina e saltuariamente hashish) che aveva abbondantemente assunto anche la sera in cui la squadra italiana aveva vinto la finale dei campionati mondiali di calcio, per festeggiare a modo suo l’avvenimento aveva prima esploso con la propria rivoltella due proiettili contro l’autovettura dello S. che stava transitando, colpendo la fiancata sinistra e il finestrino anteriore sinistro, aveva poi minacciato un gruppo di giovani tra cui la Fr. e il B. perchè non gli avevano dato lo "spinello" che aveva loro chiesto e, quando i due predetti si erano allontanati in auto, aveva infine esploso all’indirizzo della vettura altri tre proiettili che avevano attinto la fiancata posteriore destra.
Contro la sentenza di secondo grado il F. ha personalmente proposto ricorso per cassazione con il quale lamenta che non sia stata esclusa l’imputabilità e in subordine, quanto ai più gravi addebiti di tentato omicidio, che sia stata ritenuta, malgrado il riconosciuto obnubilamento delle sue facoltà psichiche e il modo casuale in cui erano stati esplosi i colpi, l’esistenza di un dolo compatibile con il tentativo.
Nessuna di queste doglianze ha fondamento, e il gravame deve quindi essere rigettato con le conseguenze in ordine alle spese processuali previste dall’art. 616 c.p.p..
La Corte di appello ha preso atto che dalla perizia psichiatrica cui l’imputato è stato sottoposto è risultato che lo stesso al momento dei fatti doveva ritenersi privo della capacità di intendere e di volere ma ha con adeguata e corretta motivazione escluso, sulla base di quanto emerso da tale accertamento, che fosse affetto da patologie mentali e da disturbi specifici della personalità e che si trovasse in quello stato di alterazione psichica permanente per cronica intossicazione prodotta da alcool o da sostanze stupefacenti che rileva per escludere o diminuire l’imputabilità ai sensi dell’art. 95 c.p..
Ha rilevato in particolare al riguardo la Corte territoriale che il disturbo bipolare dell’umore da cui, secondo il consulente di parte, il F. è affetto è un diffuso stato psicologico che non incide minimamente sulla capacità di intendere e di volere e che nessun disturbo psicotico permanente poteva essere stato determinato dall’abuso delle benzodiazepine (farmaci antiansia caratterizzati da bassa tossicità, brevità dell’effetto e mancanza di effetti secondari).
Ritenuto dunque che si versasse nelle ipotesi di cui agli artt. 92 e 93 c.p. – in relazione alle quali il legislatore ha stabilito che all’azione dell’alcool e degli stupefacenti sulla psiche del soggetto, essendo tali sostanze state volontariamente assunte, non si debba dare rilievo ai fini dell’imputabilità – il giudice di secondo grado ha poi ineccepibilmente ritenuto che nella condotta del F. fossero ravvisabili per la direzione, altezza e reiterazione dei colpi (esplosi tutt’altro che a casaccio essendo stati chiaramente mirati in modo da raggiungere l’interno delle autovetture, in effetti più volte attinte anche se gli occupanti fortunatamente sono rimasti illesi) non solo gli estremi oggettivi del tentato omicidio ma anche quelli soggettivi propri del dolo diretto per l’esistenza del quale non è richiesta una analisi lucida della realtà, che attiene alla motivazione dell’agire, ma solo che il soggetto sia in grado, nonostante la perturbazione psichica e la riduzione del senso critico determinate dalle sostanze assunte, di attivarsi in modo razionalmente concatenato per realizzare l’evento ideato e voluto.
Dolo diretto che, va ricordato, può atteggiarsi anche nella forma cd. alternativa, ritenuta dalla costante giurisprudenza di questa Corte pienamente compatibile con il tentativo, che si ha quando il soggetto agisce con una generica volontà di nuocere in modo grave alla persona offesa con indifferenza per le previste conseguenze, morte o lesioni, che possono derivare dalla sua condotta.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.