Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Il Comune di Viganò, con provvedimento del Segretario Comunale n. 1 del 25 gennaio 2008, indiva una procedura concorsuale per l’assegnazione in diritto di proprietà di aree appartenenti al patrimonio comunale, ed inserite nel Piano di Zona "L.M.", da destinarsi ad interventi di edilizia economica residenziale.
Ad esito della procedura concorsuale, le aree venivano aggiudicazione alla Cooperativa "L.M.".
La Cooperativa Edilizia O. Società Cooperativa (d’ora innanzi anche "Coop. O."), classificatasi al secondo posto della graduatoria, impugnava dinanzi a questo Tribunale il provvedimento di aggiudicazione in uno con il bando gara.
Con sentenza n. 4312 del 7 luglio 2009, la Sezione accoglieva il ricorso.
Successivamente il Comune di Viganò, dava incarico ad un professionista per la redazione di un progetto definitivo/esecutivo delle opere di urbanizzazione da realizzarsi nell’ambito del Piano di Zona "le Molere", nonché di un progetto relativo alla "palazzina tipo" da realizzarsi nell’ambito del medesimo Piano Urbanistico.
Con delibera di Giunta Comunale n. 9 del 5 febbraio 2010, il Comune approvava i progetti predisposti dal professionista incaricato, dava mandato al Responsabile del Servizio Tecnico di indire un nuovo bando di gara per l’assegnazione in proprietà delle aree ricadenti nel Piano di Zona ed indicava a quest’ultimo alcune prescrizioni (riguardanti principalmente le caratteristiche delle opere da realizzare nonché i criteri relativi alla determinazione dei prezzi di cessione delle autorimesse, dei sottotetti e delle aree verdi pertinenziali) da inserire nel bando di gara.
Conseguentemente, con determina del Responsabile del Servizio Tecnico n. 17 del 17 febbraio 2010, veniva approvato il nuovo bando di gara, al quale venivano in seguito apportate modifiche con determina n. 29 dell’8 marzo 2010.
Avverso questi ultimi provvedimenti, nonché avverso la suindicata delibera di Giunta Comunale n. 9/2010 Coop. O. propone il ricorso in esame.
Si è costituito in giudizio il Comune di Viganò per opporsi all’accoglimento del Gravame.
In prossimità dell’udienza di discussione del merito le parti hanno depositato memorie, insistendo nelle rispettive conclusioni.
Tenutasi la pubblica udienza in data 16 febbraio 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente – dopo aver evidenziato che la sentenza di questo Tribunale n. 4312 del 7 luglio 2009, di accoglimento del ricorso avverso gli atti afferenti alla prima procedura concorsuale, non aveva determinato il totale travolgimento del bando gara, ma solo di una clausola dello stesso, lamenta che l’Amministrazione, con l’approvazione del nuovo bando ha in sostanza revocato il vecchio senza inviarle la comunicazione di avviso di avvio del procedimento, che le era dovuta in considerazione dell’interesse alla conclusione della procedura di gara originaria. Con il secondo motivo, viene dedotto il difetto di motivazione, posto che, a dire della ricorrente, l’Amministrazione non avrebbe adeguatamente dato conto delle preminenti ragioni di interesse pubblico che sorreggono la scelta di revocare la vecchia procedura per indirne una nuova
Il terzo motivo lamenta l’incompetenza del Responsabile del Servizio Tecnico giacché, essendo stato il primo bando approvato con provvedimento del Segretario Comunale, solo quest’ultimo organo, in virtù del principio del contrarius actus, avrebbe potuto disporne la revoca.
Infine, con il quarto motivo, viene censurata la violazione dell’art. 3 del Regolamento Comunale per l’Attuazione degli Interventi di Edilizia Economica Popolare, atteso che il nuovo bando di gara prevede un criterio di aggiudicazione (il maggior ribasso rispetto al costo degli alloggi da realizzare) non contemplato dalla predetta norma.
Prima di passare all’esame dei motivi di merito, occorre rilevare che, essendo il ricorso fondato nel merito, si può prescindere dall’esame dell’eccezione di tardività della memoria depositata da parte resistente; anche se vanno comunque affrontate, essendo rilevabili d’ufficio, le questioni relative alla sussistenza dell’interesse ad agire collegate alla mancata proposizione da parte della ricorrente dell’istanza di partecipazione alla nuova procedura concorsuale.
In proposito si osserva quanto segue.
Secondo l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, per poter impugnare gli atti afferenti ad una procedura concorsuale, è necessario dimostrare il possesso di una posizione differenziata e qualificata determinata dalla presentazione della domanda di partecipazione alla procedura (cfr. Consiglio di Stato, ad. plen., 29 gennaio 2003 n. 1).
Tuttavia, la ricorrente, con i primi tre motivi di ricorso, non censura gli atti di indizione della nuova gara per vizi "interni" alla procedura, ma in quanto ravvisa negli stessi l’espressione implicita della volontà di revoca della procedura concorsuale precedentemente bandita. Ciò che viene in sostanza impugnato è quindi il provvedimento – implicito ma logicamente presupposto rispetto a quello di indizione della nuova procedura – con cui l’Amministrazione ha esercitato il potere di autotutela, eliminando gli atti che avevano dato avvio alla precedente gara.
Ovviamente, la sussistenza dell’interesse concreto ed attuale all’impugnazione degli atti di revoca di una procedura di gara non va dimostrato con la proposizione della domanda di partecipazione alla nuova procedura attivata (condotta che, in assenza di espressa riserva, potrebbe anche configurare un’ipotesi di acquiescenza), giacché gli atti di indizione della nuova procedura si collocano in un momento logico successivo rispetto a quello della revoca; e ciò che il ricorrente censura con l’azione processuale è proprio in radice la volontà di revocare la gara già attivata indicendone una nuova alla quale il medesimo non ha alcun interesse a partecipare.
Con riferimento ai primi tre motivi di ricorso va dunque affermata la sussistenza dell’interesse ad agire.
Per quanto riguarda invece il quarto motivo, si deve rilevare che viene censurata non già la decisione di revocare la vecchia gara per bandirne una nuova, ma la decisione di inserire particolari clausole nel nuovo bando, ritenute contrastanti con le norme contenute nel regolamento comunale. Tali censure quindi riguardano il bando di gara in quanto tale, e sono dunque finalizzate a introdurre correttivi alla procedura di nuova attivazione affinché questa sia resa conforme alle norme che ne governano lo svolgimento.
Ne discende che, per far valere tale doglianza, il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare la sussistenza del suo interesse differenziato attraverso la proposizione della domanda di partecipazione alla gara; e che quindi, limitatamente al quarto motivo, va negata la sussistenza dell’interesse ad agire con conseguente inammissibilità della censura.
Affrontate le questioni preliminari, può ora passarsi all’esame del merito.
Come anticipato, con il primo e secondo motivo vengono censurate, rispettivamente, la mancata comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento e la mancata adeguata esplicitazione delle motivazioni che hanno indotto l’Amministrazione a revocare la precedente procedura di gara.
Il Collegio non ignora che, in base ad un orientamento espresso in giurisprudenza, seguito anche dalla Sezione, la revoca delle procedure concorsuali non deve essere proceduta dalla comunicazione di avviso di avvio del procedimento, perlomeno fino a quando non sia adottato il provvedimento di aggiudicazione definitiva; giacché è solo in capo all’aggiudicatario che si radica una posizione di affidamento meritevole di tutela (cfr. TAR Lombardia Milano, sez. III, 5 maggio 2010 n. 1222).
Tuttavia va osservato che, nel caso in esame, prima della revoca della procedura di gara, è intervenuta una sentenza della Sezione che, accogliendo il gravame proposto dalla odierna ricorrente avverso gli atti del procedimento relativo alla vecchia procedura di gara, ha annullato il precedente bando nella parte in cui prevedeva un criterio di aggiudicazione penalizzante per Coop. O., in assenza del quale la medesima si sarebbe aggiudicata la gara.
Ritiene il Collegio che tale particolare situazione di fatto, realizzatasi nella fase antecedente all’intervenuta revoca, abbia fatto insorgere nella Coop. O. una posizione di particolare affidamento meritevole di tutela; e che quindi la decisione di porre nel nulla la procedura di gara già attivata avrebbe richiesto la comunicazione di avviso di avvio del procedimento, nonché una adeguata motivazione idonea a rendere palesi le ragioni sottese alla nuova scelta maturata..
Si deve ritenere, in altre parole, che la sussistenza di una sentenza favorevole per la ricorrente abbia collocato quest’ultima in una posizione diversa,degna di maggiore considerazione, rispetto a quella del mero partecipante alla gara; pertanto, l’Amministrazione intimata, pur essendo legittimata ad esercitare i propri poteri di autotutela che le consentivano di revocare la precedente procedura, avrebbe dovuto, innanzitutto, esercitare tali poteri attivando le garanzie procedimentali previste dalla legge sul procedimento amministrativo ed, in secondo luogo, dare adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotta ad assumere una decisione più penalizzante per la ricorrente rispetto a quella che sarebbe scaturita dalla piana applicazione delle statuizioni contenute nella sentenza intervenuta fra le parti.
Nel caso concreto, l’Amministrazione ha revocato la precedente gara senza inviare la comunicazione di avviso di avvio del procedimento all’interessata; ed inoltre non ha assolutamente motivato la decisione della revoca, giacché né nel provvedimento di approvazione del nuovo bando gara, né nella deliberazione di Giunta Comunale n. 9/2010 sì è dato conto delle valutazioni effettuate per la comparazione degli interessi pubblici e privati sottesi alla vicenda in esame, e tantomeno delle ragioni che hanno fatto ritenere preferibile la scelta di indire una nuova gara sacrificando l’interesse del privato a vedersi aggiudicata quella già bandita.
I primi due motivi di ricorso sono quindi fondati.
Infondato è invece il terzo motivo in quanto, in base al combinato disposto degli artt. 107, commi 1 e 2, e 109, comma 2, del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, la competenza ad approvare e, quindi a anche a revocare, i bandi di gara spetta al Responsabile del Servizio, e non già al Segretario Comunale cui l’art. 97 del medesimo decreto attribuisce compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridicoamministrativa nei confronti degli organi dell’ente.
In conclusione, essendo fondati i primi due motivi, il ricorso va accolto.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna il Comune di Viganò al pagamento delle spese e degli onorari di lite che liquida complessivamente in Euro 3.000,00 oltre IVA e CPA se dovuti, fermo l’onere di cui all’art. 13 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo integrato dal comma 6 bis dell’art. 21 del decretolegge n. 223 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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