T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. II, Sent., 28-02-2011, n. 229 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 25.9.1987, l’attuale ricorrente conveniva in giudizio l’Agenzia per la promozione dello sviluppo del mezzogiorno innanzi al Tribunale civile di Catanzaro, chiedendo il risarcimento dei danni patiti a causa di malattie professionali legate al servizio presso l’Agenzia.

Il processo era interrotto in seguito alla soppressione dell’Agenzia, dichiarata con ordinanza del giudice istruttore del 14.4.1995.

Con ricorso del 28.4.1995, il ricorrente riassumeva il giudizio nei confronti del ministero del Tesoro e del Bilancio.

Con sentenza n. 1318 del 16 ottobre 2003, il Giudice onorario aggregato della sezione stralcio del tribunale di Catanzaro condannava il Ministero del Tesoro al pagamento in favore dell’attore G. V. della somma di euro 75.531,82, oltre rivalutazione ed interessi.

La sentenza era appellata dal Ministero dell’Economia, succeduto al Ministero del Tesoro, nelle parti in cui respingeva l’eccezione di difetto di giurisdizione e accoglieva la domanda di parte attrice.

La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n. 420 del 28.5.2009, accoglieva l’appello e dichiarava il difetto di giurisdizione dell’A.G.O. fissando il termine di 5 mesi per la riassunzione della causa dinanzi al Giudice Amministrativo.

Con il ricorso in epigrafe indicato, il sig. G. ha riassunto il processo innanzi a questo TAR chiedendo la condanna della PA al risarcimento dei danni nella misura già determinata dal Giudice Ordinario, sulla scorta delle C.T.U. espletate nel giudizio civile, allegando al ricorso la documentazione ritenuta rilevante.

Il Ministero dell’Economia, parte resistente, si è costituito in giudizio insieme all’interveniente Ministero dell’Interno, chiedendo il rigetto del ricorso e presentando documenti.
Motivi della decisione

Il ricorso merita parziale accoglimento.

Il ricorrente, riportandosi alla decisione del primo giudice, annullata in appello per difetto di giurisdizione, ha chiesto il risarcimento del danno subito per lesione dell’integrità fisica a causa delle condizioni di lavoro insalubri, nella misura di euro 58.101,40, a titolo di danno biologico, e di euro 17.430, 42, per danno morale.

La domanda è fondata sul fatto della continuata esposizione a sostanze chimiche nocive nel corso dell’attività lavorativa prestata alle dipendenze dell’Agenzia per la promozione e lo sviluppo del mezzogiorno, dove il ricorrente è stato addetto a macchine fotocopiatrici e stampanti in un periodo compreso tra il giugno 1965 e l’ottobre 1979.

Sulla domanda sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo perché la pretesa azionata si fonda sull’esistenza di un rapporto di pubblico impiego, con riferimento al quale, all’epoca dei fatti, antecedenti la data del 30.6.1998, il giudice amministrativo possedeva giurisdizione esclusiva.

Deve condividersi, infatti, la ricostruzione della Corte d’Appello di Catanzaro, secondo la quale non rileva, al fine del riparto di giurisdizione, la qualificazione operata dal ricorrente, in termini di responsabilità extra contrattuale del fatto dannoso, dovendosi piuttosto considerare l’elemento materiale della condotta lesiva, conseguente alla violazione di obblighi di protezione nei confronti del lavoratore perpetrati in violazione dell’art. 2087 c.c. che impone all’imprenditore di adottare le misure che sono necessarie a tutelare l’integrità fisica del prestatore di lavoro.

La condotta lesiva, dunque, rileva nell’ambito di uno specifico rapporto contrattuale di lavoro dipendente e rientra, quindi, nella giurisdizione esclusiva sul pubblico impiego all’epoca sussistente.

Nel merito, trattandosi di responsabilità di tipo contrattuale, deve ritenersi che il creditore sia onerato della prova del fatto oggettivo dell’inadempimento e del danno, spettando al debitore di dover provare l’assenza dell’elemento soggettivo della colpa.

Dalla documentazione allegata al ricorso risulta incontestabilmente l’adibizione del dipendente per 15 anni a macchine eliografiche, stampanti e simili, confermata da una relazione del dirigente dell’Agenzia datata 7.4.1983, dalla quale risulta, altresì, che tali macchine emanavano esalazioni.

La perizia di parte ricorrente desume da tali esalazioni l’insorgere delle patologie da cui è affetto il dipendente.

Il giudice civile di primo grado, al fine di accertare il nesso di causalità tra il lavoro di addetto alle macchine stampanti e le patologie sofferte ha disposto due consulenze tecniche d’ufficio.

Ritiene il Collegio di non dover rinnovare l’attività istruttoria già compiuta dal primo giudice civile.

La disciplina del processo amministrativo riassunto in seguito a declaratoria di difetto di giurisdizione, consente al giudice amministrativo di trarre argomenti di prova dalle prove raccolte nel processo davanti al giudice sprovvisto di giurisdizione (art. 11, c. 6, c.p.a.).

Ritiene il Collegio che, premessa l’estrema difficoltà di rinnovare l’istruttoria medico legale a distanza di tanti anni dai fatti, la convergenza sostanziale delle due CTU disposte, rispettivamente, nel marzo 1990 e nel novembre 2001, sia valutabile come prova del fatto che il sig. G. sia affetto da bronchite cronica asmatiforme e del fatto che il lavoro di addetto alle macchine stampanti abbia avuto un ruolo determinante nel causare l’affezione, attraverso i meccanismi patogenici riconosciuti dalla scienza medica.

Infatti, come risulta da entrambe le perizie tecniche d’ufficio disposte dal Tribunale civile, le esalazioni prodotte dalle sostanze chimiche -ammoniaca ed acidi- utilizzate nel funzionamento delle macchine eliografiche, foto riproduttrici e ciclostili, hanno un ruolo di rilievo nell’insorgenza della patologia sofferta dal ricorrente.

Devono ritenersi prive di pregio le deduzioni della difesa erariale, volte a dimostrare la breve durata dell’esposizione agli agenti nocivi, sia perché non è provata la sostituzione delle macchine più pericolose -anzi, la citata relazione dirigenziale del 1983 conferma l’uso delle macchine indicate dal ricorrente- sia perché, dalle relazioni dei CTU, condivise sul punto dal Collegio, si ricava che una limitata esposizione temporale non può escludere il nesso di causalità, trattandosi di patologie che, una volta avviate, hanno in sé i meccanismi di auto mantenimento, cronicizzazione ed evoluzione.

Neppure possono considerarsi concause determinanti, come vorrebbe la perizia di parte resistente, il fumo di sigarette e la pregressa attività di muratore del ricorrente.

Infatti, le CTU escludono tale possibilità sulla scorta delle considerazioni che l’interessato aveva smesso da tempo di fumare ed era sempre stato un modesto fumatore e che il lavoro di muratore era stato svolto in un periodo troppo antecedente l’insorgere della malattia per assumere rilievo come concausa.

Non avendo la PA provato di aver adottato le cautele necessarie a prevenire la lesione dell’integrità fisica del lavoratore, deve concludersi per la declaratoria della responsabilità contrattuale del Ministero, succeduto nel processo alla soppressa Agenzia, obbligato, pertanto a risarcire al ricorrente il danno biologico patito.

Tale danno deve essere quantificato tenendo conto dei postumi a carattere permanente incidenti sulle condizioni fisiche dell’interessato; i due, successivi, consulenti tecnici, dopo le necessarie analisi del deficit respiratorio residuo al termine dell’esposizione al lavoro insalubre, hanno quantificato tale danno, rispettivamente, nel 20 % e nel 30%.

Il collegio ritiene di dover quantificare il danno biologico nella misura del 25%, accogliendo, pertanto, il ricorso nella parte in cui si chiede la condanna della PA al risarcimento di euro 58.101,40 a titolo, appunto, di danno biologico.

Deve essere rigettata, invece, la domanda di risarcimento del danno morale, quale autonoma voce di danno non patrimoniale, liquidato dal primo giudice in euro 17.430,42.

Deve condividersi, al riguardo, l’orientamento delle Sezioni Unite (cfr. Cassazione civile, sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972) secondo cui il danno non patrimoniale anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza, che deve essere allegato e provato. Va disattesa, infatti, la tesi che identifica il danno con l’evento dannoso, il cosiddetto "’danno evento"; è del pari da respingere la variante costituita dall’affermazione che nel caso di lesione di valori della persona il danno sarebbe "in re ipsa", perché la tesi snatura la funzione del risarcimento, che verrebbe concesso non in conseguenza dell’effettivo accertamento di un danno, ma quale pena privata per un comportamento lesivo.

Nella fattispecie, manca l’allegazione di un autonomo danno morale sofferto dal ricorrente; ne deriva la doverosa reiezione della relativa domanda.

In conclusione, il ricorso va accolto, in parte, e, per l’effetto, deve riconoscersi al ricorrente il diritto al risarcimento del danno biologico nella misura di euro 58.101,40.

Trattandosi di debito di valore, sono dovuti interessi e rivalutazione dalla data della domanda -1.10.1987- sino ad effettivo soddisfo.

Le spese processuali e gli onorari difensivi devono essere posti a carico dell’Amministrazione soccombente, per essere liquidati in dispositivo a favore del difensore che ha chiesto la distrazione ex art. 93 c.p.c.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo accoglie in parte e, per l’effetto, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore di G. V. della somma di euro 58.101,40 -cinquantottomilacentouno,40- oltre interessi legali e rivalutazione monetaria a decorrere dal 1 ottobre 1987 fino al soddisfo.

Condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento, in favore del procuratore distrattario, avv. Alfredo Gualtieri, della somma di euro 1.500,00 -millecinquecento- per spese processuali anticipate ed onorari non riscossi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 10-03-2011, n. 2179 Competenza e giurisdizione

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2011 il cons. Giulia Ferrari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Con ricorso notificato il 12 gennaio 2011 e depositato il successivo 25 gennaio 2011 la sig.ra M.D.N. impugna il provvedimento di rilascio dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica emesso dall’ATER il 13 dicembre 2010, per asserita occupazione abusiva.

Il Collegio, richiamando una ormai consolidata giurisprudenza del giudice amministrativo (Tar Lazio, sez. III quater, 28 dicembre 2010 n. 38726), rileva (come comunicato alle parti ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a.) l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice adito.

Per le controversie in materia di alloggi di edilizia economica e popolare, il riparto della giurisdizione – a parte la speciale ipotesi di opposizione davanti al pretore prevista dall’art. 11, comma 13, D.P.R. 30 settembre 1972 n. 1035 con esclusivo riguardo al provvedimento di decadenza dall’assegnazione per mancata occupazione dell’alloggio nel termine prescritto – è regolato dal criterio della posizione soggettiva riconoscibile in capo al privato, dovendo detta giurisdizione essere attribuita al giudice amministrativo nel caso in cui tale posizione è di interesse legittimo, perché attinente alla fase del procedimento amministrativo strumentale all’assegnazione, caratterizzato da poteri pubblicistici, e al giudice ordinario se è di diritto soggettivo perfetto, in quanto attinente al rapporto locativo costituitosi in seguito a detta assegnazione (Cass.civ., S.U., 23 febbraio 2001 n. 65). Pertanto, nel complessivo procedimento per l’assegnazione degli alloggi in questione, va distinta una prima fase, di natura pubblicistica, caratterizzata dall’esercizio di poteri amministrativi finalizzati al perseguimento di interessi pubblici e, correlativamente, da posizioni di interesse legittimo dell’assegnatario da quella successiva, di natura privatistica, nella quale, poiché la regolamentazione dei rapporti tra ente assegnante ed assegnatario assume una diretta rilevanza, la posizione soggettiva del privato assume il carattere di diritto soggettivo.

Si è aggiunto che in base alla disciplina di cui all’art. 33 d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, nel testo sostituito dall’art. 7 l. 21 luglio 2000 n. 205, come risulta a seguito della sentenza di illegittimità costituzionale parziale n. 204 del 2004 Corte cost., nella materia dell’edilizia residenziale pubblica – senz’altro ricompresa, per la finalità sociale che la connota, in quella dei servizi pubblici – la giurisdizione del giudice amministrativo non è configurabile nella fase successiva al provvedimento di assegnazione, giacché detta fase è segnata dall’operare della p.a. non quale autorità che esercita pubblici poteri, ma nell’ambito di un rapporto privatistico di locazione, tenuto conto che i provvedimenti adottati, variamente definiti di revoca, decadenza, risoluzione, non costituiscono espressione di una ponderazione tra l’interesse pubblico e quello privato, ma si configurano come atti di valutazione del rispetto da parte dell’assegnatario di obblighi assunti al momento della stipula del contratto, ovvero si sostanziano in atti di accertamento del diritto vantato dal terzo al subentro sulla base dei requisiti richiesti dalla legge. Rientra, pertanto, nella giurisdizione del giudice ordinario la cognizione della controversia avente ad oggetto l’opposizione avverso il decreto di rilascio emesso nei confronti di occupante abusivo dell’alloggio…" (Cass.civ., S.U., 23 dicembre 2004, n. 23830; 12 giugno 2006, n. 13527).

Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, in quanto riservato alla cognizione del giudice ordinario competente, davanti al quale il processo può essere proseguito con le modalità e termini di cui all’art. 11 c.p.a.

Quanto alle spese di giudizio, può disporsene l’integrale compensazione fra le parti costituite in giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, davanti al quale il processo può essere riproposto con le modalità e i termini di cui all’art. 11 c.p.a..

Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-02-2011) 29-03-2011, n. 12819 Trattamento penitenziario

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del 25 maggio 2010 il Tribunale di Sorveglianza di Bologna rigettava il reclamo proposto da P.G. avverso il decreto con il quale il Magistrato di Sorveglianza di Reggio Emilia, in data 12.1.2010, aveva rigettato la sua domanda volta alla fruizione di un permesso premio.

Osservava a sostegno della decisione il Tribunale che il reclamante, a fronte dell’articolata motivazione del giudice di prime cure, avrebbe limitato la sua doglianza alla sola eccezione di costituzionalità dell’art. 4 bis O.P., richiamato dal giudicante quale normativa ostativa all’accoglimento dell’istanza e che la copiosa giurisprudenza del giudice delle leggi, al cui vaglio è stata già portata, sotto diffusi profili, detta norma di riferimento, consentiva di ritenere manifestamente infondata la questione proposta dalla difesa, dappoichè affidata essa ad argomenti già delibati dalla Corte costituzionale.

2. Ricorre per cassazione avverso detto provvedimento il P., personalmente, denunciandone l’illegittimità perchè viziato, a suo avviso, da violazione di legge.

Deduce in particolare parte ricorrente che;

– diversamente da quanto affermato dal Tribunale, avrebbe egli presentato un primo reclamo avverso il diniego di permesso premio pronunciato il 12.1.2010, in data 16.1.2010, con esso contestando quanto dedotto dal giudicante in ordine alla c.d. inesigibilità della condotta collaborativa;

– in data 22.2.2010 avrebbe proposto motivi aggiunti al precedente reclamo allegando copiosa documentazione a sostegno della sua pretesa;

– il 12.05.2010, infine, avrebbe egli presentato eccezione di costituzionalità in relazione all’art. 4 bis, comma 1, O.P.;

– in data 20.5.2010 era stato egli sentito in rogatoria ed in tale sede aveva insistito in tutte le sue richieste ed in tutte le sue eccezioni e deduzioni;

– all’udienza del 25.5.2010 il difensore di fiducia aveva insistito nella eccezione di legittimità costituzionale di cui innanzi ed, in subordine, domandato l’accoglimento dell’istanza per tutti i motivi depositati;

– di qui la palese mancanza di motivazione a sostegno del rigetto, che non solo ha ignorato i motivi proposti dal ricorrente, ma ne ha addirittura negato l’esistenza, peraltro pervenendo poi al rigetto della eccezione di costituzionalità in base a generici ed apodittici assunti.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha presentato le sue conclusioni scritte per l’odierna camera di consiglio chiedendo, motivatamente, che il ricorso venga dichiarato inammissibile.

4. Il ricorso è manifestamente infondato.

Il Magistrato di Sorveglianza ha rigettato l’istanza di permesso premio rilevando, all’esito di esaustiva delibazione degli atti di riferimento, che i delitti per i quali il detenuto è in espiazione della pena sono ostativa al beneficio invocato ai sensi del disposto dell’art. 4 bis O.P. e che nel caso in esame, a mente della disciplina appena richiamata, non sussiste l’impossibilità di apporti collaborativi da parte del detenuto stesso.

Avverso la pronuncia detta il reclamo dell’interessato, proposto in data 16.1.2010, si appalesa del tutto generico, nè poteva il Tribunale adito prendere in esame i nuovi motivi depositati il 22 febbraio successivo, dappoichè ormai intempestivi ed in quanto tali inammissibili.

Nessuna censura di difetto di motivazione può pertanto muoversi al provvedimento reso dal giudice a quo.

Rimane, di apprezzabile, l’eccezione di costituzionalità, peraltro ripetitiva di questioni in relazione alle quali il giudice delle leggi si è pronunciato con sentenza del 9 aprile 2003, n. 135. 5. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile ed alla declaratoria di inammissibilità consegue sia la condanna al pagamento delle spese del procedimento, sia quella al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare in Euro 1000,00.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Campania Salerno Sez. II, Sent., 13-04-2011, n. 703 Atti amministrativi discrezionali

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Svolgimento del processo

1.- Con l’atto notificato il 17 luglio 2008, depositato l’1 agosto 2008, il sig. D.C. e gli altri consorti in lite, in epigrafe meglio specificati, premesso di essere proprietari di alcune particelle interessate dalla procedura espropriativa intrapresa dalla Regione Campania per il ripotenziamento dell’elettrodotto CampagnaContursi, necessario alla costruzione di una centrale a biomassa da ubicarsi nel Comune di Postiglione sui suoli identificati in catasto al foglio 11, particelle 231 e 232); che, in particolare, i ricorrenti C.D., C.F. e C.A. agiscono nella qualità rispettivamente di usufruttuari e nudi proprietari dei terreni identificati in catasto al foglio 11, particelle n. 233 e 234; che il procedimento finalizzato alla realizzazione di una centrale a biomassa è stato attivato con istanza del 18.10.2006 della società M.E.P. intesa al rilascio dell’autorizzazione unica ex art. 12 d. lgs n. 387/01 da ubicarsi su terreni gravati da uso civico (foglio 11 particella 232); che la Regione Campania, benché non sussistessero le condizioni di procedibilità dell’istanza, per non avere la società richiedente la disponibilità dei suoli gravati da uso civico, indiceva conferenza dei servizi, conclusasi con il rilascio dell’autorizzazione unica di cui al decreto n. 42 del 12.3.2008 (pubblicato sul BURC del 19 maggio 2008), subordinata alla positiva conclusione della procedura attivata per il cambio di destinazione d’uso dell’area stessa, intervenuta soltanto successivamente e cioè con il decreto regionale n. 44 del 14.5.2008 (pubblicato sul BURC del 19 maggio 2008), con il quale il competente settore della Regione Campania autorizzava il Comune di Postiglione "a mutare la destinazione dei terreni gravati da uso civico in agro dello stesso Comune e così distinte in catasto: demanio "Monaca" foglio 11, particelle 231, 232 già 131 (ex part. 28), di 05.52,40 Ha" nonché a concedere "in uso temporaneo n. 3 lotti dell’area (foglio 11 particella 232 (…) per la realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica alimentata a biomasse (…) da realizzarsi da parte della società Macro Energia Power s.r.l’; che, contestualmente, sullo stesso BURC n. 20 del 19 maggio 2008 veniva pubblicato l’avvio del procedimento agli interessati per l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, nonostante la procedura fosse, di fatto già conclusa, con l’adozione del decreto n. 42 del 2008, recante approvazione del progetto definitivo; impugna gli atti in questione chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi, deducendo:

A) – in ordine ai decreti regionali nn. 42 e 44 del 2008

Violazione e falsa applicazione art. 12 d. lgs 387/2001; della delibera regionale n. 1955/2006; degli artt. 11 e 12 l. 16 giugno 1927 n. 1766; art. 41 R.D. 332/1928; degli artt. 9, 11 e 16 DPR n. 327/01 – Eccesso di potere sotto plurimi e concorrenti profili, per l’assorbente considerazione che l’art. 8, lett. c) delle Linee Guida di cui alla delibera regionale n. 1955/2006 richiede che l’istanza di autorizzazione unica sia corredata dalla disponibilità dei suoli; nella specie, la domanda presentata dalla società controinteressata in data 18.12.2006 era carente di siffatta disponibilità, intervenuta soltanto successivamente e cioè un anno dopo, per effetto della convenzione sottoscritta tra il Comune e la società in data 19.12.2007.

– Violazione e falsa applicazione art. 12 d. lgs 387/2001; della delibera regionale n. 1955/2006; degli artt. 11 e 12 l. 16 giugno 1927 n. 1766; art. 41 R.D. 332/1928; degli artt. 9, 11 e 16 DPR n. 327/01 – Eccesso di potere sotto plurimi e concorrenti profili, atteso che la convenzione sottoscritta tra le parti in data 19.12.2007 sarebbe illegittima avendo il Comune compiuto atti di disposizione dei beni quando erano ancora gravati da uso civico e come tali giuridicamente indisponibili e insuscettibili di qualsivoglia sfruttamento diverso da quello collettivo originariamente riconosciuto: Nella stessa illegittimità sarebbe incorsa anche la Regione Campania, che avrebbe dato corso ad una domanda improcedibile autorizzando un intervento su terreni giuridicamente e materialmente indisponibili.

Violazione e falsa applicazione art. 12 d. lgs 387/2001; della delibera regionale n. 1955/2006; degli artt. 11 e 12 l. 16 giugno 1927 n. 1766; art. 41 R.D. 332/1928; degli artt. 9, 11 e 16 DPR n. 327/01 – Eccesso di potere sotto plurimi e concorrenti profili, dal momento che il rilascio postumo dell’autorizzazione regionale non avrebbe efficacia sanante dei provvedimenti dispositivi siccome incidenti su suoli non ancora sdemanializzati, da ritenersi nulli per impossibilità dell’oggetto.

Violazione e falsa applicazione art. 12 d. lgs 387/2001; della delibera regionale n. 1955/2006; degli artt. 11 e 12 l. 16 giugno 1927 n. 1766; art. 41 R.D. 332/1928; degli artt. 9, 11 e 16 DPR n. 327/01 – Eccesso di potere sotto plurimi e concorrenti profili, risultando omessa ogni procedura ad evidenza pubblica necessariamente occorrente per la stipula di ogni contratto pubblico.

Violazione e falsa applicazione art. 12 d. lgs 387/2001; della delibera regionale n. 1955/2006; degli artt. 11 e 12 l. 16 giugno 1927 n. 1766; art. 41 R.D. 332/1928; degli artt. 9, 11 e 16 DPR n. 327/01 – Eccesso di potere sotto plurimi e concorrenti profili, risultando, nel caso di specie, omessa non solo la verifica della situazione di fatto dell’indisponibilità da parte del proponente dei terreni, ma anche la verifica della preventiva acquisizione dell’autorizzazione alla sdemanializzazione dei beni gravati da uso civico.

B) -in ordine al procedimento espropriativo

Violazione e falsa applicazione art. 12 d. lgs 387/2001; della delibera regionale n. 1955/2006; degli artt. 11 e 12 l. 16 giugno 1927 n. 1766; art. 41 R.D. 332/1928; degli artt. 9, 11 e 16 DPR n. 327/01 – Eccesso di potere sotto plurimi e concorrenti profili, atteso che l’amministrazione avrebbe avviato la procedura di imposizione del vincolo preordinato all’esproprio non prima della dichiarazione di pubblica utilità, bensì soltanto successivamente a quest’ultima come dimostra l’avvenuta approvazione del progetto recante dichiarazione di p. u.

2.- Resiste in giudizio il Comune di Postiglione chiedendo il rigetto della domanda perché inammissibile per carenza di interesse atteso che l’opera da realizzare (impianto di energia a biomassa) non ricade sulle aree di proprietà dei ricorrenti, bensì esclusivamente su area nella disponibilità del Comune di Postiglione, mentre i ricorrenti sarebbero interessati soltanto dal distinto intervento di potenziamento dfell’elettrodotto; per mancata evocazione in giudizio di tutti i Comuni partecipanti alla Conferenza dei Servizi; oltre che infondato nel merito.

3.- Resiste in giudizio la Regione Campania, con richieste analoghe.

4.- Non risulta costituita in giudizio la M.E.P..

5.- L’istanza di tutela cautelare risulta respinta con ordinanza n. 923/08 del 25.9.2008.

6.- All’udienza del 10 febbraio 2011, sulla conclusione delle parti, il Collegio si è riservata la decisione.
Motivi della decisione

1.- Può prescindersi dalla disamina delle eccezioni di inammissibilità, essendo il ricorso infondato nel merito, alla stregua delle considerazioni che seguono.

2.- E’ controversa nel presente giudizio la legittimità degli atti, in epigrafe meglio specificati, con i quali la Regione Campania ha concesso l’autorizzazione unica ex art. 12 d. lgs n. 387/2003 alla società M.E.P. s.r.l (di seguito: società) per la costruzione di una centrale a biomassa nel Comune di Postiglione, su suoli individuati in catasto al foglio 11, particelle 231 e 232, gravati da uso civico all’epoca della presentazione dell’istanza e soltanto successivamente sdemanializzati, autorizzando, altresì, l’intervento di potenziamento dell’elettrodotto CampagnaContursi, con la previsione dell’asservimento delle aree di cui i ricorrenti sono proprietari.

Per una migliore comprensione della vicenda in esame è bene ricordare che i ricorrenti:

non sono proprietari delle aree interessate dalla costruzione di un impianto di energia elettrica alimentato a biomassa;

sono, invece, proprietari delle aree interessate dalla procedura espropriativa per la realizzazione delle opere di potenziamento dell’elettrodotto CampagnaContursi;

si dolgono dell’illegittimità del decreto dirigenziale regionale n. 42 del 12.3.2008, con cui è stata rilasciata l’autorizzazione unica ex art. 12 d. lgs n. 387/2003 per la costruzione e la realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica, alimentato a biomassa, essenzialmente censurando l’improcedibilità dell’istanza, presentata in data 18.10.2006, dalla società, quando cioè quest’ultima non aveva ancora la disponibilità dei suoli, espressamente richiesta dall’art. 8, lett. c) delle linee guida regionali di cui alla delibera n. 1955/2006, disponibilità acquisita soltanto successivamente e cioè in data 19.12.2007 per effetto della stipula della convenzione n. 9 intercorsa tra la società ed il Comune di Postiglione che, a sua volta, avrebbe, illegittimamente, posto in essere atti di disposizione dei terreni, in quanto ancora gravati da uso civico e come tali giuridicamente indisponibili ed insuscettibili di qualsivoglia utilizzazione diversa dalla fruizione collettiva;

si dolgono della illegittimità della procedura espropriativa delle aree di proprietà, interessate dalle opere di potenziamento dell’elettrodotto CampagnaContursi, assumendo che l’amministrazione regionale avrebbe operato una non consentita eversione del procedimento tipizzato ex lege, comunicando l’avvio del procedimento finalizzato all’imposizione del vincolo soltanto dopo la dichiarazione di pubblica utilità.

3.- Così sinteticamente riassunte le doglianze attoree, lo scrutinio del Collegio può soffermarsi su quelle relative alla dedotta illegittimità dei decreti regionali nn. 42 del 12.3.2008 e 44 del 12.5.2008 (entrambi pubblicati sul BURC n. 20 del 19 maggio 2008), suscettibili di una trattazione congiunta ed unitaria (ad eccezione del quarto motivo di ricorso) siccome incentrate tutte sulla rappresentata indisponibilità dell’area al momento della presentazione dell’istanza, ritenuta ineludibile condizione di procedibilità della domanda e fonte di illegittimità degli atti impugnati.

La doglianza non merita condivisione.

3.a.- Risulta per tabulas che l’autorizzazione ex art 12 d. lgs n. 387 del 2003, rilasciata con decreto dirigenziale n. 42/2008, alla società controinteressata per la costruzione e l’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato ad oli vegetali(biomasse) da realizzarsi su terreno ricadente nel Comune di Postiglione, in catasto al foglio 11, particella n. 232 ex 28, è stata rilasciata, "in considerazione che la particella n. 232 ex 28 del foglio 11 risulta gravata dal vincolo di uso civico" subordinatamente "alla positiva conclusione della procedura attivata dalla competente struttura per il cambio di destinazione d’uso dell’area stessa".

Ed infatti, il decreto dirigenziale regionale n. 42 del 2008 non è stato pubblicato subito, bensì soltanto all’esito della conclusione del procedimento di sdemanializzazione sfociato nel decreto dirigenziale regionale n. 44 del 12.5.2008, entrambi pubblicati nel BURC n. 20 del 19 maggio 2008, ed a decorrere da tale data gli stessi hanno acquistato efficacia, secondo gli ordinari canoni del provvedimento amministrativo che richiede, nei casi previsti dalla legge, una fase integrativa dell’efficacia (controllo o comunicazione, pubblicazione o notificazione).

In sostanza, l’amministrazione regionale si è determinata all’attivazione ed alla conclusione del procedimento di cui all’art. 12 del d. lgs n. 3876 del 2003, subordinatamente alla positiva conclusione del procedimento di sdemanializzazione richiesto dal Comune di Postiglione che, parimenti, si è determinato in senso analogo con la convenzione n. 9 del 19.1.2007.

3.b.- Né si dica che tale ipotesi si pone come del tutto astratta ed al di fuori del comune operare, poiché – è evidente – che il contratto condizionato non è un istituto estraneo alla realtà giuridica né raro nella prassi istituzionale.

L’amministrazione, nell’esercizio delle sue funzioni regolatrici ha la libertà di determinare nel modo più opportuno le clausole e le condizioni dei contratti e delle concessioni che intende affidare.

Né le Linee Guida di cui alla delibera n. 1955/2006 pongono un divieto esplicito a siffatto modus operandi, per cui, in assenza di un esplicito divieto, tale possibilità deve ritenersi un a possibile modalità operativa improntata a criteri di economicità e celerità del procedimento, in specie a fronte di ingenti finanziamenti sottoposti a giugulatorie scadenze temporali, come rappresentato dalla difesa dell’amministrazione regionale con la memoria depositata il 28 agosto 2008 e non contestata dai ricorrenti.

La possibilità di ricorrere, per l’acquisizione dell’autorizzazione unica, al contratto condizionato non risultando preclusa dalle linee guida, deve ritenersi, dunque, legittima.

Parimenti legittima, in applicazione del medesimo principio, deve ritenersi l’autorizzazione unica assentita subordinatamente "alla positiva conclusione della procedura attivata dalla competente struttura per il cambio di destinazione d’uso dell’area stessa".

3.c.- Né può sostenersi che l’autorizzazione di cui al decreto dirigenziale n. 42 del 2008 sarebbe nulla per impossibilità dell’oggetto dovendosi, altresì, escludere qualsiasi efficacia sanante al rilascio postumo dell’autorizzazione regionale al mutamento di destinazione d’uso, avvenuta con decreto dirigenziale n. 44/2008 e pubblicata in BURC n. 20 del 19 maggio 2008.

Nella specie, come già detto, l’efficacia del decreto regionale n. 42 del 2008 è stata subordinata all’esito della "positiva conclusione della procedura attivata dalla competente struttura per il cambio di destinazione d’uso dell’area stessa", di talchè l’esecutività dello stesso è da ricondurre alla sua pubblicazione avvenuta contestualmente al decreto n. 44 del 2008..

Quest’ultimo, dunque, non ha efficacia sanante di effetti già prodotti dal primo, la cu efficacia ed esecutività non poteva che decorrere dall’atto conclusivo del contestuale procedimento relativo al cambio di destinazione d’uso, come di fatto, è avvenuto.

Quanto alla dedotta nullità è appena il caso di osservare che, nella speciem, non ricorre alcuna delle ipotesi di cui all’art. 21 septies l. n. 241/90.

4.- Inammissibile risulta il quarto motivo di ricorso con il quale i deducenti lamentano la violazione delle regole di evidenza pubblica nella scelta del contraente destinatario di beni pubblici.

E’ noto, infatti, che soltanto le imprese che operano in un determinato settore hanno interesse a contestare la scelta dell’Amministrazione di non procedere alla indizione della gara d’appalto risultando esse titolare di un interesse qualificato e differenziato rispetto agli altri soggetti; in mancanza, le eventuali impugnazioni si rivelano un inammissibile tentativo di operare un controllo di legalità sull’azione amministrativa (ex multis Cons. St. Sez. V 16 giugno 2009 n. 3891).

Trasponendo le menzionate acquisizioni al caso in esame, risulta evidente che la censura è inammissibile per carenza di una posizione qualificata e differenziata in capo ai deducenti che agiscono nella loro qualità di soggetti insediati sul territorio interessato dalla contastata costruzione e non quali imprenditori del settore.

5.- Con il sesto ed ultimo motivo di ricorso, afferente all’error in procedendo, si assume che l’amministrazione avrebbe avviato la procedura di imposizione del vincolo preordinato all’esproprio non prima della dichiarazione di pubblica utilità, bensì soltanto successivamente a quest’ultima come dimostrerebbe l’avvenuta approvazione del progetto recante la dichiarazione di pubblica utilità.

Come già innanzi specificato, i ricorrenti non sono proprietari delle aree interessate dalla costruzione di un impianto di energia elettrica alimentato a biomassa, bensì sono proprietari delle aree interessate dalla procedura espropriativa per la realizzazione delle opere di potenziamento dell’elettrodotto CampagnaContursi. Pertanto, mentre essi risultano estranei agli effetti della dichiarazione di pubblica utilità relativa alla costruzione della centrale a biomassa, sono invece, interessati all’intervento di ripotenziamento dell’elettrodotto CampagnaContrursi, rispetto al quale non risulta essere intervenuta alcuna dichiarazione di pubblica utilità.

Infatti, l’impugnato decreto dirigenziale n. 42 del 2008 così recita:" la società….è autorizzata…alla connessione alla Rete Elettrica di Trasmissione Nazionale…previo potenziamento della linea "CampagnaContursi" la cui autorizzazione sarà oggetto di specifico successivo atto".

In definitiva, l’approvazione dell’intervento di potenziamento dell’elettrodotto non è stata ancora oggetto di alcuna dichiarazione di pubblica utilità da parte dell’ente Regione, che si è limitato ad inviare ai deducenti la comunicazione dell’avvio del procedimento, avvalendosi dello strumento per pubblici proclami, in considerazione del notevole numero di soggetti interessati.

Com’è noto, la comunicazione dell’avvio del procedimento non è impugnabile in sede giurisdizionale per mancanza di una lesione personale, concreta ed attuale.

Può concludersi per la reiezione del ricorso.

6.- Sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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