Cass. civ. Sez. I, Sent., 20-01-2011, n. 1346 Cass. civ. Sez. I, Sent., 20-01-2011, n. 1346

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Svolgimento del processo

Nel 2005, con distinti ricorsi poi riuniti, F.S. ed R.A. adivano la Corte di appello di Roma chiedendo che la Presidenza del Consiglio dei Ministri fosse condannata a corrispondere loro l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001, per la violazione dell’art. 6, sul "Diritto ad un processo equo", della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.

Con Decreto del 3.07.2006 – 14.03.2007, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava la Presidenza del Consiglio dei Ministri a pagare a ciascuna delle due istanti, quale indennizzo del danno non patrimoniale, la somma di Euro 4.800,00 oltre agli interessi legali decorrenti dalla data del provvedimento, nonchè al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 900,00 e distratte in favore degli Avv.ti G. Romano e P. Genito antistatari.

La Corte:osservava e riteneva:

che la F. e la R. avevano chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo in tema di differenze retributive nel pubblico impiego, da loro iniziato, dinanzi al TAR Toscana, con ricorso notificato il 29.11.1990, sfavorevolmente deciso in primo grado con sentenza del 7.05 – 3.11.1997 (dopo circa 7 anni) ed in appello, introdotto il 6.01.1998, con sentenza di rigetto del C.d.S., depositata l’11.10.2005 (dopo circa sette anni e 8 mesi). che i due gradi di merito del processo presupposto sarebbero dovuti ragionevolmente durare cinque anni (3 + 2), ragione per cui il limite di congrua durata era stato superato per complessivi anni 9 ed 8 mesi che in riferimento al solo danno non patrimoniale, le istanti avevano diritto al chiesto indennizzo, da liquidarsi equitativamente nella misura di Euro 500,00 ad anno di ritardo, atteso che si verteva in caso di processo con limitate possibilità di esito favorevole.

Avverso questo decreto la F. e la R. hanno proposto ricorso per Cassazione affidato a tre motivi e notificato il 29.04.2008 alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Riassuntivamente, con il ricorso la F. e la R. denunciano violazioni di legge, con relativi quesiti di diritto, e vizi motivazionali e chiedono l’annullamento del decreto impugnato, in applicazione delle rubricate disposizioni normative e dei relativi principi giurisprudenziali anche sovranazionali, deducendo l’insufficienza dell’accordata riparazione per il subito danno morale e censurando i criterì di relativa liquidazione; assumono conclusivamente che l’indennizzo avrebbe dovuto essere riferito a ciascun anno di durata del processo presupposto e determinato in ragione di Euro 1.000,00 – 1.500,00 ad anno.

Fondate sono le censure concernenti l’inadeguatezza dell’indennizzo liquidato per il sofferto danno non patrimoniale, anche se correttamente rapportato al solo periodo di ritardo irragionevole. A tale ultimo riguardo va ricordato anche che (cfr cass. 200910415) "In tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, è manifestamente infondata la questione di costituzionalità della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 3, lett. a), nella parte in cui stabilisce che, al fine dell’equa riparazione, rileva soltanto il danno riferibile al periodo eccedente il termine di ragionevole durata, non essendo ravvisabile alcuna violazione dell’art. 117 Cost., comma 1, in riferimento alla compatibilità con gli impegni internazionali assunti dall’Italia mediante la ratifica della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali. Infatti, qualora sia sostanzialmente osservato il parametro fissato dalla Corte EDU ai fini della liquidazione dell’indennizzo, la modalità di calcolo imposta dalla norma nazionale non incide sulla complessiva attitudine della legislazione interna ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto in argomento, non comportando una riduzione dell’indennizzo in misura superiore a quella ritenuta ammissibile dal giudice Europeo; diversamente opinando, poichè le norme CEDU integrano il parametro costituzionale, ma rimangono pur sempre ad un livello subcostituzionale, dovrebbe valutarsi la conformità del criterio di computo desunto dalle norme convenzionali, che attribuisce rilievo all’intera durata del processo, rispetto al novellato art. 111 Cost., comma 2, in base al quale il processo ha un tempo di svolgimento o di durata ragionevole, potendo profilarsi, quindi, un contrasto dell’interpretazione delle norme CEDU con altri diritti costituzionalmente tutelati".

Quanto alla misura dell’attribuita riparazione, anche secondo la giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, "a condizione che le decisioni pertinenti" siano "coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato", e purchè detti importi non risultino irragionevoli. Nella specie la determinazione del ristoro del danno non patrimoniale nella ridotta somma di Euro 500,00 ad anno di ritardo irragionevole, per quanto argomentata, non si pone in relazione ragionevole con quella – tra i 1.000.00 e i 1.500,00 Euro – accordata in sede sovranazionale negli affari consimili.

Accolta, dunque, la censura in questione ben può procedersi sulle esposte premesse, alla cassazione in parte qua dell’impugnato decreto ed alla decisione nel merito del ricorso, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., nessun accertamento di fatti essendo residuato alla cognizione di questa Corte. Quindi, considerato il periodo d’irragionevole durata del giudizio presupposto, pari ad anni 9 e mesi 8, nonchè recepite le ragioni del di scostamento peggiorativo dallo standard minimo CEDU ed individuato nella somma di Euro 750,00 ad anno per il primo triennio ed in Euro 1.000,00 ad anno per il periodo successivo, il parametro indennitario per la riparazione del danno non patrimoniale, devesi riconoscere a ciascuna delle istanti l’indennizzo complessivo di Euro 8.915,00, oltre agli interessi legali con decorrenza dalla domanda (cass. 200608712). Quanto alla regolamentazione delle spese, a carico della Presidenza del Consiglio dei Ministri soccombente va posto il pagamento delle spese del giudizio di merito, in base alla tariffa per processo svoltosi innanzi alla Corte di appello, nonchè delle spese del giudizio di legittimità, spese tutte liquidate come in dispositivo e distratte.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore di ciascuna delle due ricorrenti, della somma di Euro 8.915,00, oltre agli interessi legali dalla domanda nonchè al pagamento sia delle spese del giudizio di merito, liquidate in complessivi Euro 1.650,00 (di cui Euro 1.000,00, per onorari ed Euro 50,00 per esborsi), oltre alle spese generali ed agli accessori di legge e da distrarre in favore degli Avv.ti G. Romano e P. Genito antistatari, e sia delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 900,00, per onorari, da maggiorare anch’esse delle spese generali e degli accessori di legge e da distrarre in favore dell’Avv.to G. Romano antistatario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 21-01-2011, n. 680

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el verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la deliberazione del Consiglio comunale di Roma n. 34 del 13.12.2001 è stata disposta l’assegnazione dei posteggi per gli operatori della Festa della Befana in Piazza Navona, per un periodo di 5 anni, rinnovabile alla scadenza, a decorrere dall’edizione 2002/2003 e sino a quella 2006/2007.

La ricorrente signora P.C. – titolare di un’attività artigianale di produzione e vendita di articoli del presepe -, venuta a sapere che, nel corso dell’anno 2005, uno degli assegnatari del posteggio per gli artigiani dei presepi, il signor E.G., aveva rinunciato al posteggio assegnatogli, individuato con il n. 32, ha presentato al Municipio I l’istanza di cui al prot. n. CA/73627 del 20.10.2005, con la quale ha chiesto la riassegnazione a proprio favore del suddetto posteggio per le edizioni 2005/2006 e seguenti e sino alla scadenza del quinquennio.

Con la determinazione dirigenziale n. 2507 del 21.11.2005 sono state approvate le graduatorie provvisorie delle attività varie, senza riscontro esplicito alla istanza della ricorrente da ritenersi pertanto implicitamente respinta.

Avverso il detto diniego implicito la ricorrente ha presentato ricorso amministrativo con l’istanza di cui al prot. n. CA/81467 del 23.11.2005, insistendo ai fini della riassegnazione dell’indicato posteggio.

Con la determinazione dirigenziale n. 2528 del 24.11.2005 è stato respinto il ricorso di cui sopra, essendosi ritenuto che la ricorrente aveva sollevato "eccezioni non pertinenti alle assegnazioni delle postazioni per le attività varie".

Con il ricorso di cui in epigrafe, notificato e depositato nei termini, la ricorrente ha impugnato la detta determinazione dirigenziale n. 2528 del 24.11.2005, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi di censura:

1- Eccesso di potere per contraddittorietà, disparità di trattamento, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti e carenza di idonea motivazione.

Il Comune di Roma avrebbe riassegnato i posteggi resisi vacanti sempre nella manifestazione della Festa della Befana relativamente all’attività di vendita dei generi degli addobbi di Natale (contraddistinti ai nn. 6 e 10) a semplice domanda degli interessati, con la conseguenza che non si rinvengono i motivi sulla base dei quali non si sia proceduto analogamente anche nei confronti della ricorrente, con conseguente disparità di trattamento tra categorie consimili di operatori commerciali.

2- Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 della legge regionale del Lazio 18 novembre 1999, n. 33, e degli artt. 3, 4, 41 e 97 della Costituzione ed eccesso di potere per violazione della deliberazione del Consiglio della Regione Lazio n. 139 del 1993 e per ingiustizia manifesta.

Avrebbe dovuto trovare applicazione nel caso di specie il richiamato disposto di cui all’art. 42 della L.R. Lazio n. 33 del 1999, nella parte in cui si riferisce ai posteggi non utilizzati dai rispettivi titolari, trattandosi, nel caso della manifestazione che interessa, di una fiera annuale costituente pertanto un mercato locale periodico, nonché dei paragrafi 7.2 e 7.3 della deliberazione del Consiglio della Regione Lazio n. 139 del 1993.

Con il decreto presidenziale n. 7596/2005 del 23.12.2005 è stata accolta l’istanza di sospensione dell’esecutività del provvedimento impugnato ed è stato ordinato al Comune di Roma il deposito di documentati chiarimenti.

Con il ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 1.12.2006 e depositato nei termini, la ricorrente ha, quindi, impugnato la determinazione dirigenziale del Municipio I del Comune di Roma con la quale, dato atto dell’intervenuta occupazione del suolo pubblico (corrispondente al posteggio n. 32 della manifestazione della Festa della Befana) con un box metallico, in assenza del previo rilascio della relativa concessione, le è stato ordinato l’immediato ripristino dello stato dei luoghi.

Ne ha dedotto l’illegittimità per nullità della relativa notificazione, in quanto effettuata all’avvocato difensore e non invece alla parte personalmente, sostenendo inoltre che l’occupazione del suolo pubblico sarebbe avvenuta legittimamente in virtù del decreto presidenziale n. 7596/2005 del 23.12.2005, con cui era stata accolta l’istanza di sospensione dell’esecutività del provvedimento impugnato.

Il Comune di Roma ha provveduto al deposito della documentazione concernente la vicenda di cui trattasi in vista dell’udienza del 22.1.2007 e della memoria difensiva in data 25.9.2007, con la quale ha dato atto che la graduatoria impugnata riguarderebbe l’assegnazione dei posteggi relativi alla giostra ed alle attività varie e che comunque il Comune avrebbe riscontrato esplicitamente la seconda istanza del 15.12.2005 presentata dalla ricorrente per i medesimi fini, relativamente al posteggio n. 71, con la nota di rigetto di cui al prot. n. 91831 del 30.12.2005, che non è stata impugnata nei termini da parte della stessa ricorrente; peraltro l’assegnatario del posteggio n. 32 non avrebbe mai rinunziato all’assegnazione del detto posteggio in proprio favore.

Il Comune di Roma ha depositato ulteriore documentazione in data 6.10.2007.

E’ quindi intervenuta in giudizio ad adiuvandum, con atto notificato in data 23.9.2009, la signora C.C.A.M. che, nelle more del presente giudizio, ha acquistato dall’originaria ricorrente l’attività artigianale di cui trattasi.

Alla pubblica udienza del 7.12.2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.

Il ricorso è infondato nel merito e deve, pertanto, essere respinto per le considerazioni che seguono.

In via preliminare occorre rilevare, in punto di fatto, che la graduatoria definitiva di cui alla determinazione dirigenziale del Municipio ICentro storico del Comune di Roma n. 2528 del 24.11.2005, avente validità annuale, impugnata specificatamente dalla ricorrente con il ricorso introduttivo del presente giudizio, come da puntuale indicazione nell’epigrafe, concerne, in realtà, come emerge dal suo dato testuale (essendone stata depositata copia a cura della difesa del comune), esclusivamente le cd. "giostre" ed "attività varie" e nulla ha a che vedere, pertanto, con le "attività artigianali" che, invece, interessano alla ricorrente, disciplinate in autonoma e distinta graduatoria.

Né può fondatamente ritenersi che, poiché dopo l’istanza della ricorrente del 15.10.2010, quella indicata è l’unica graduatoria asseritamene approvata e pubblicata, la stessa debba necessariamente riferirsi anche alla predetta istanza, atteso che l’oggetto della graduatoria, come ricordato, è del tutto distinto e non pertinente in alcun modo.

O meglio, dal tenore testuale della citata determinazione dirigenziale, risulta che il ricorso presentato dalla ricorrente è stato rigettato in quanto con questo sono state sollevate "eccezioni non pertinenti all’assegnazione delle postazioni per le attività varie"; ed infatti il predetto ricorso è stato proposto avverso la graduatoria provvisoria di cui alla determinazione dirigenziale n. 2507 del 21.11.2005, sempre relativa alle "attività varie", ma richiedendosi la riassegnazione del posteggio riservato alle "attività artigianali" resosi libero nel frattempo.

Sempre in via preliminare deve, ulteriormente, rilevarsi come, dalla documentazione depositata in atti da parte del Comune, emerge, altresì, che, con riferimento alla prima istanza del 15.10.2005 presentata dalla ricorrente per la riassegnazione del posteggio n. 32 di cui era titolare il sig. E.G., non risulta all’Amministrazione che l’assegnatario originario abbia mai rinunziato alla propria assegnazione.

Inoltre, quanto alla seconda istanza presentata dalla ricorrente in data 15.12.2005 – ai fini della riassegnazione del posteggio n. 32, oppure, in alternativa, dell’ulteriore posteggio n. 71, riservato nello specifico proprio alle attività artigianali, assegnato originariamente alla signora Carolini e successivamente resosi disponibile in quanto quest’ultima vi avrebbe rinunziato a decorrere dall’edizione 2005/2006 come ritualmente comunicato al Municipio I – risulta in atti che il Comune vi ha dato riscontro con la nota di cui al prot. n. 91831 del 30.12.2005, notificata alla ricorrente presso lo studio del suo avvocato, come da copia della cartolina verde in atti. Con tale nota è stato comunicato il diniego di accoglimento dell’istanza sulla base della disposizione – contenuta nell’avviso pubblico approvato con la determinazione dirigenziale n. 3290 del 14.11.2002 – secondo cui l’assegnazione dei posteggi resisi disponibili si sarebbe potuta effettuare esclusivamente nei confronti degli operatori rientranti nell’apposita graduatoria.

Non risulta peraltro che il diniego sia stato impugnato dalla ricorrente nei termini di legge.

Al riguardo giova rilevare che, nella detta ultima istanza, in copia agli atti, la richiesta è stata formulata direttamente dall’avv. Di Meglio, nell’interesse della signora P., giusta procura a margine della stessa; nella detta istanza, inoltre, la ricorrente medesima, nell’epigrafe, ha puntualmente eletto il proprio domicilio presso lo studio dell’avv. Di Meglio, in Roma, alla via Innocenzo XI n. 8 e la comunicazione del rigetto della predetta istanza è stata correttamente effettuata da parte del Comune, come già in precedenza rilevato, proprio presso l’indirizzo (eletto) di cui sopra.

Ne consegue che la detta comunicazione era conforme alle puntuali indicazioni fornite al riguardo da parte della stessa interessata e, dunque, pienamente legittima ed idonea a realizzare il suo scopo.

Peraltro si ribadisce come il diniego esplicito non sia mai stato impugnato da parte della ricorrente, né con autonomo ricorso, né con ricorso per motivi aggiunti nel presente giudizio.

Ne consegue, da un lato, che con riferimento alla prima istanza del 15.10.2005, l’unico rimedio attivato è stato quello della presentazione di un ricorso amministrativo avverso una graduatoria non pertinente che avrebbe asseritamene recato un provvedimento implicito di rigetto della predetta istanza; nella detta parte il ricorso è infondato nel merito.

La graduatoria definitiva impugnata, nella parte in cui dispone il rigetto del ricorso amministrativo, è infatti scevra dalle censure di illegittimità dedotte, proprio per le considerazioni di cui in precedenza, relative all’assoluta inconferenza dell’oggetto della detta graduatoria con l’originaria istanza della ricorrente del 15.10.2005 (senza considerare che, secondo quanto sostenuto dal Comune, il posteggio n. 32, del quale era stata richiesta la riassegnazione con la predetta istanza, in realtà non era stato lasciato libero dal soggetto all’epoca assegnatario).

Ne consegue, inoltre, dall’altro lato, che la seconda istanza (di riassegnazione del diverso posteggio n. 71, in alternativa al posteggio n. 32) in data 21.11.2005 è stata rigettata con un provvedimento pertinente e puntuale – regolarmente comunicato all’interessata nel domicilio eletto nell’istanza – divenuto definitivo per la mancata impugnazione entro i termini di legge.

Il ricorso, pertanto, è infondato già per queste sole considerazioni.

Tuttavia lo stesso è, altresì, infondato anche per le ulteriori considerazioni che seguono.

Deve, infatti, rilevarsi che, nella sostanza, con il ricorso introduttivo del presente giudizio la ricorrente chiede la riassegnazione in proprio favore del posteggio resosi libero, denunciando la disparità di trattamento e la violazione e falsa applicazione degli artt. 33 e 42, co. 2, della L.R. n. 33 del 1999.

Al riguardo si premette in punto di fatto quanto segue.

Con la determinazione dirigenziale n. 3290 del 14.11.2002 il direttore del Municipio I del Comune di Roma, avente ad oggetto " Festa della Befana in Piazza Navona", ha autorizzato lo svolgimento della tradizionale manifestazione (che si svolge dall’1 dicembre al 6 gennaio di ciascun anno) per le edizioni dal 2002/2003 al 2006/2007, approvando gli avvisi pubblici relativi all’assegnazione di posteggi distinti sotto le lettere A)- n. 82 attività commerciali, B)- n. 17 attività varie, C)- n.21 attività artigianali e D)- n. 12 aree per spettacolo viaggiante (individuando per le attività commerciali ed artigianali nei suddetti avvisi sia i criteri di partecipazione che i criteri di assegnazione dei detti posteggi) e prevedendo che non sarebbero state concesse altre autorizzazioni al di fuori delle postazioni previste dall’avviso pubblico.

Con l’avviso pubblico, di cui al prot. n. 91357 del 14.11.2002, in particolare, è stato indicato, a pena di esclusione, il termine di presentazione della domanda e sono stati dettati i criteri di partecipazione e di redazione della graduatoria relativamente alle attività artigianali; tra l’altro, alla pag. 14, viene specificato che "La graduatoria così formata avrà valore per l’individuazione degli operatori che potranno beneficiare della concessione di posteggio in Piazza Navona fino ad esaurimento dei posti disponibili".

Quindi, con la successiva nota di cui al prot. n. 95292 del 29.11.2002, è stata redatta la graduatoria definitiva relativa all’assegnazione dei posteggi per le attività artigianali di cui all’allegato A) e, alla voce " Alberi di Natale e Presepi Artigianali", che prevedeva un numero di posteggi da assegnare pari a n. 13, vi comparivano sia il signor Eleuteri che la signora Carolini (ma non la ricorrente P. che non risulta avere proprio presentato istanza di partecipazione all’avviso pubblico di cui trattasi).

E’ evidente, pertanto, che per potere accedere all’assegnazione originaria di uno dei posteggi di cui trattasi relativamente alle attività artigianali sarebbe stato necessario presentare nei termini la relativa domanda di partecipazione, incombente cui, invece, non risulta che la ricorrente abbia dato seguito.

Tuttavia, per la voce che interessa, ossia " Alberi di Natale e Presepi Artigianali", nella richiamata graduatoria non risultano inseriti i nominativi di partecipanti all’avviso e non assegnatari di posteggio per esaurimento dei posti.

Si tratta, pertanto, di verificare quali fossero le modalità per procedere alla riassegnazione dei posteggi liberatisi nelle more del quinquennio di assegnazione.

Ai predetti fini la difesa della ricorrente deduce, con un primo profilo di censura, la disparità di trattamento e richiama, con il secondo motivo di censura, il combinato disposto degli artt. 33 e 42, co. 2, della legge regionale 18 novembre 1999 n. 33, nonché i punti 7.2. e 7.3 della deliberazione del Consiglio Regionale n. 139 del 19.2.2003.

Quanto al primo motivo di censura, la difesa della ricorrente deduce che, poiché si sarebbe proceduto all’assegnazione diretta (nel corso delle precedenti edizioni 2000/2001 e 2001/2002) senza nuovo bando e su semplice e diretta richiesta degli interessati dei posteggi (nn. 6 e 10) resisi vacanti nella medesima manifestazione e riservati alla vendita dei generi " addobbi alberi di Natale", con la riassegnazione nelle edizioni successive, altrettanto sarebbe dovuto avvenire nei confronti della ricorrente.

Al riguardo giova, tuttavia, rilevare che, secondo il consolidato orientamento (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. V, 3 dicembre 2010, n. 8411), eventuali condotte illegittime dell’Amministrazione non possono essere considerate alla stregua di parametri di valutazione dell’eccesso di potere per disparità di trattamento e per travisamento dei fatti..

È, pertanto, necessario verificare secondo quali modalità l’amministrazione avrebbe dovuto procedere alla riassegnazione dei posteggi di cui alla manifestazione che interessa resisi vacanti nelle more.

In primo luogo occorre qualificare la manifestazione di cui trattasi.

Non appare sussistere alcun dubbio in ordine alla riconducibilità al genere della fiera ai sensi dell’art. 7 del D. Lgs. 31 marzo 1998 n. 114, "Definizioni", secondo cui "… e) per fiera, la manifestazione caratterizzata dall’afflusso, nei giorni stabiliti sulle aree pubbliche o private delle quali il comune abbia la disponibilità, di operatori autorizzati ad esercitare il commercio su aree pubbliche, in occasione di particolari ricorrenze, eventi o festività;… ".

L’art. 33 della legge regionale n. 33 del 1999, rubricato " Documento programmatico per il commercio su aree pubbliche", dispone testualmente che: " 1. La Regione adotta il documento programmatico per il commercio su aree pubbliche, con validità triennale, con il quale sono definiti i criteri generali per l’individuazione delle aree da destinare all’esercizio del commercio su aree pubbliche, con riferimento alle diverse tipologie dei mercati, delle fiere e per lo svolgimento dell’attività in forma itinerante, tenendo conto:…Il documento programmatico di cui al comma 1 definisce, inoltre, anche sulla base delle indicazioni dell’osservatorio di cui all’articolo 8:

…b) le caratteristiche tipologiche delle fiere e le relative modalità di partecipazione, ivi compresi i criteri di priorità."

Con la deliberazione del Consiglio Regionale n. 139 del 19.2.2003, "Adozione Documento Programmatico per il commercio su Aree Pubbliche.", è stato approvato il documento programmatico di cui al citato articolo.

Al punto n. " 7. FIERE’, viene testualmente disposto che "Le fiere e le fiere straordinarie, alle quali partecipano i titolari di autorizzazione amministrativa per il commercio su aree pubbliche provenienti da tutto il territorio nazionale, sono classificate secondo le seguenti tipologie:

A) In riferimento al bacino di utenza:…

3. fiere di interesse nazionale: richiamano una utenza proveniente da più parti del territorio nazionale per la varietà delle merci e dei prodotti commercializzati.

B) In riferimento alle merci vendute:…

3. fiere di merceologia mista: offrono all’utenza una vasta gamma di prodotti alimentari e non;…

C) In riferimento al periodo di svolgimento:…

2. fiere annuali: si svolgono in uno o più determinanti giorni una volta l’anno, in occasione di particolari festività, eventi cittadini o per esigenze di vivacizzazione e rivitalizzazione del territorio e della sua economia;…

7.2 Criteri per l’assegnazione dei posteggi delle fiere

I comuni assegnano i posteggi ai richiedenti per un periodo non inferiore ai tre anni sulla base di una graduatoria formulata secondo i seguenti criteri di priorità:…

7.3 Modalita per l’assegnazione dei posteggi delle fiere

Al fine dell’assegnazione dei posteggi, i comuni predispongono per ciascuna fiera almeno novanta giorni prima dello svolgimento un avviso pubblico, da pubblicizzare secondo le modalita vigenti, contenente, oltre alle indicazioni sulla data e sulla durata di essa, il numero dei posteggi, le modalità e i tempi di presentazione delle domande ed i criteri per la formazione della graduatoria, sulla cui base attribuire la titolarità dei posteggi medesimi.

Le domande sono presentate, con raccomandata a.r., dai soggetti interessati, titolari di autorizzazione per il commercio su aree pubbliche, provenienti da tutto il territorio nazionale, entro i termini previsti dall’avviso pubblico al Comune nel cui territorio essa si svolge….".

L’art. 42, co.2, della legge regionale n. 33 del 1999 – richiamato dalla difesa della ricorrente a fondamento della legittimità della richiesta di riassegnazione del posteggio di cui trattasi alla ricorrente, rubricato " Disposizioni sull’uso del posteggio.", dispone poi testualmente che: "… 2.I posteggi temporaneamente non utilizzati dai rispettivi titolari, possono essere giornalmente assegnati ad altri soggetti titolari di autorizzazione per l’esercizio del commercio su aree pubbliche, che vantino il più alto numero di presenze nel mercato accertate con le modalità stabilite dal comune per il periodo antecedente alla data di entrata in vigore della presente legge, salvo il caso in cui l’area sia occupata da impianti fissi….".

La predetta norma ripete, nella sostanza, il disposto di cui all’art. 28 del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, " Esercizio dell’attività.", secondo cui "… 11. I posteggi, temporaneamente non occupati dai titolari della relativa concessione in un mercato, sono assegnati giornalmente, durante il periodo di non utilizzazione da parte del titolare, ai soggetti legittimati ad esercitare il commercio sulle aree pubbliche, che vantino il più alto numero di presenze nel mercato di cui trattasi….".

La detta ultima norma non appare, pertanto, conferente con il caso di specie; in primo luogo, in quanto attinente ai mercati e soprattutto in quanto si riferisce al solo caso dell’assenza temporanea, mentre nulla dispone relativamente alla rinuncia definitiva alla concessione di posteggio da parte del titolare.

Quanto alla prima norma citata, ossia all’art. 33 della legge regionale n. 33 del 1999, non si ritiene che, dalla stessa, possa ricavarsi alcuna argomentazione a favore della tesi della ricorrente circa la necessaria assegnazione diretta a semplice domanda del posteggio resosi vacante.

Anzi, dalla predetta ultima norma, come specificata con la deliberazione regionale citata, discende, in senso contrario, il principio secondo cui l’assegnazione in concessione dei posteggi su aree pubbliche, nelle fiere così come nei mercati, deve essere effettuata previa pubblicazione di avviso pubblico che individui i criteri di partecipazione, nonché i criteri di formazione delle graduatorie sulla base delle quali sole si procede all’assegnazione.

D’altronde è proprio con la suddetta modalità che si è proceduto, come in precedenza ricordato, all’assegnazione originaria dei posteggi di cui trattasi.

Ne consegue che, con le medesime modalità, l’amministrazione avrebbe dovuto provvedere alla riassegnazione dei posteggi resisi vacanti nelle more e non sarebbe, comunque, stata conforme ai richiamati disposti normativi l’assegnazione definitiva dei detti posteggi a richiesta e su semplice domanda di parte.

Ne consegue comunque l’infondatezza nel merito della pretesa nella sostanza fatta valere da parte della ricorrente con il ricorso introduttivo del presente giudizio.

Con il successivo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha, quindi, impugnato la determinazione dirigenziale del Municipio I del Comune di Roma n. 2356 del 17.11.2006, con la quale – dato atto dell’intervenuta occupazione del suolo pubblico con un box metallico in assenza del previo rilascio della relativa concessione di posteggio, nel plateatico di Piazza Navona, in data 24.12.2005 – le è stato ordinato l’immediato ripristino dello stato dei luoghi.

Ne ha dedotto l’illegittimità sia per vizi propri – per la ritenuta nullità della relativa notificazione, in quanto effettuata presso lo studio del proprio avvocato, per la legittimità dell’occupazione in virtù del decreto presidenziale n. 7596/2005 del 23.12.2005, e per la tardiva adozione del provvedimento impugnato, intervenuto quasi un anno dopo il fatto contestato e la conclusione della relativa edizione della manifestazione di cui trattasi – sia, in via derivata, per i medesimi motivi di cui al ricorso introduttivo.

Il ricorso per motivi aggiunti è fondato nei limiti di cui di seguito.

L’eccezione di nullità della notificazione del provvedimento impugnato non coglie nel segno per le medesime considerazioni al riguardo già in precedenza illustrate.

Ed infatti il provvedimento impugnato si inserisce, come passaggio ulteriore, in una vicenda complessa che deve essere considerata in modo unitario: all’istanza del 21.11.2005 – con cui la ricorrente ha chiesto la riassegnazione dei posteggi nn. 32 e 71, resisi vacanti nell’edizione 2005/2006 della manifestazione in questione – ha fatto seguito una successiva istanza, depositata in copia agli atti, formulata direttamente dall’avv. Di Meglio, nell’interesse della ricorrente, giusta procura a margine, dalla cui epigrafe risulta che l’interessata ha eletto il proprio domicilio presso lo studio dell’avvocato medesimo, in Roma, alla via Innocenzo XI n. 8. Deve quindi ritenersi che la comunicazione dell’impugnata determinazione dirigenziale di ripristino dello stato dei luoghi sia stata correttamente effettuata, da parte del Comune, presso l’indirizzo eletto.

Con un ulteriore profilo è stata dedotta la violazione del provvedimento giurisdizionale costituito dal decreto presidenziale n. 7596/2005 del 23.12.2005, con il quale, in via provvisoria, era stata accolta, ai sensi dell’art. 21, co.9. della L. del 6 dicembre 1971, n. 1034, l’istanza di sospensione dell’esecutività del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo del giudizio, avuto riguardo al pregiudizio grave ed irreparabile che avrebbe avuto la ricorrente nelle more della trattazione collegiale dell’istanza cautelare avanzata.

Il suddetto decreto è stato comunicato al Comune a cura della ricorrente immediatamente in data 24.12.2005, con allegata la copia del bollettino postale di avvenuto pagamento del COSAP per il posteggio n. 71 che la stessa aveva prontamente occupato.

Nella medesima data del 24.12.2005 la ricorrente è stata perseguita dai VV.UU. per l’abusiva occupazione di suolo pubblico in quanto realizzata in assenza del previo rilascio della necessaria concessione, ai sensi dell’art. 14 bis della deliberazione C.C. n. 119/2005, con il v.a.v. n. 84927/B; quindi, soltanto con il provvedimento impugnato con il ricorso per motivi aggiunti, ossia la determinazione dirigenziale del Municipio I del Comune di Roma n. 2356 del 17.11.2006, notificata in data 22.11.2006, alla ricorrente è stato intimato il ripristino dello stato dei luoghi mediante la rimozione del materiale indicato nell’epigrafe (ossia il box metallico con aggetto di pensilina).

Il decreto presidenziale è stato adottato ai sensi del richiamato art. 21, co. 9, della L. n. 1034 del 1971 che testualmente dispone che: "… Prima della trattazione della domanda cautelare, in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio, il ricorrente può, contestualmente alla domanda cautelare o con separata istanza notificata alle controparti, chiedere al presidente del tribunale amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso è assegnato, di disporre misure cautelari provvisorie. Il presidente provvede con decreto motivato, anche in assenza di contraddittorio. Il decreto è efficace sino alla pronuncia del collegio, cui l’istanza cautelare è sottoposta nella prima camera di consiglio utile. Le predette disposizioni si applicano anche dinanzi al Consiglio di Stato, in caso di appello contro un’ordinanza cautelare e in caso di domanda di sospensione della sentenza appellata….".

Nel caso di specie la camera di consiglio per la trattazione collegiale dell’istanza cautelare di cui trattasi era stata fissata per il giorno 30.1.2006; ne consegue che, almeno fino alla predetta data, la misura cautelare era efficace e, pertanto, l’occupazione del posteggio in questione, effettuata dalla ricorrente, non poteva essere valutata in termini di illegittimità in quanto "coperta" dal citato provvedimento giurisdizionale.

Va d’altra parte rilevato che – come lamenta la ricorrente – la determinazione dirigenziale da ultimo impugnata è stata adottata (in data 17.11.2006) a distanza di quasi un anno dall’accertamento del verificarsi del fatto (in data 24.12.2005) e, comunque, dalla conclusione della manifestazione nel contesto della quale la detta occupazione si è verificata (in quanto operante per il solo periodo 1.12.20056.1.2006).

Ne consegue, per entrambi i profili dedotti, l’illegittimità dell’impugnato provvedimento dirigenziale di cui da ultimo.

Deve, altresì, rilevarsi che il detto provvedimento, in realtà, proprio per essere intervenuto quando oramai la situazione in punto di fatto era radicalmente mutata ed il suo presupposto in concreto era venuto meno da tempo, non ha prodotto effetti; alla data dell’intervenuta notificazione dello stesso, infatti, non era in corso da parte della ricorrente alcuna occupazione abusiva di suolo pubblico, né si poteva ritenerne, in ogni caso, l’operatività per la successiva edizione della manifestazione che non aveva ancora avuto inizio.

Con l’atto di intervento ad adiuvandum, notificato in data 23.9.2009, la signora C.C.A.M. si è costituita in giudizio nella qualità di avente causa dall’originaria ricorrente, a seguito dell’acquisto dell’azienda in titolarità della stessa in data 15.7.2009, ed ha insistito per l’accoglimento del ricorso, rappresentando, in punto di fatto, di avervi interesse, atteso che la ricorrente, previa comunicazione ai competenti uffici comunali (e pagamento del relativo canone COSAP), aveva preso parte alle successive edizioni della manifestazione di cui trattasi per gli anni 2007/2008 e 2008/2009, procedendo all’occupazione del posteggio n. 71 del plateatico di Piazza Navona; dalle predette circostanze si deduce il diritto dell’interveniente all’occupazione del posteggio in questione anche nelle successive edizioni della detta manifestazione.

Ai predetti fini viene richiamata, a sostegno, la nota del direttore del Municipio I del Comune di cui al prot. n. CA/91678 con la quale si dava atto "che il posteggio assegnato alla sig.ra padovani in virtù del decreto cautelare del presidente del TAR del Lazio n. 7596/2005 è il n. 71".

Non si ritiene, tuttavia, che la dedotta prospettazione colga nel segno.

Ed infatti, da un lato, il decreto richiamato ha un’efficacia temporalmente limitata; dall’altro non possono attribuirsi alla richiamata nota gli effetti prospettati dalla difesa dell’interveniente.

Sotto il primo profilo il richiamato decreto è una misura cautelare provvisoria adottata ai sensi dell’art. 21, co. 9, della L. n. 1034 del 1971 "efficace sino alla pronuncia del collegio, cui l’istanza cautelare è sottoposta nella prima camera di consiglio utile"; e, in senso contrario, non rileva che nel testo del citato decreto fosse specificato che " L’esecuzione… è differita fino al giorno successivo a quello di pubblicazione dell’ordinanza collegiale che sarà adottata in Camera di Consiglio…", atteso che, alla camera di consiglio fissata per la trattazione collegiale della detta istanza cautelare per il giorno 30.1.2006, il ricorso è stato rinviato su istanza di parte, così come alla successiva camera di consiglio di seguito fissata, sempre per la trattazione collegiale della medesima istanza cautelare, in data 13.3.2006, mentre alla ulteriore camera di consiglio del 10.4.2006 è stata disposta la cancellazione dal ruolo delle sospensive, sempre su istanza della parte ricorrente ed altrettanto è a dirsi per la camera di consiglio del 22.1.2007, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare di cui al ricorso per motivi aggiunti.

Non può, pertanto, fondatamente ritenersi che il decreto presidenziale, emesso inaudita altera parte, ed in via provvisoria, abbia mantenuto i suoi effetti fino alla predetta data della decisione nel merito del ricorso, atteso che, comunque, è mancata alla prima camera di consiglio fissata per la trattazione collegiale dell’ istanza cautelare, la conferma dei suoi effetti e considerato che la mancata pronuncia collegiale è imputabile alla ricorrente.

Sotto il secondo profilo, poi, come emerge dal chiaro tenore testuale della richiamata nota prot. n. CA/91678, il direttore del Municipio I del Comune si è appunto limitato a dare atto "che il posteggio assegnato alla sig.ra P. in virtù del decreto cautelare del presidente del TAR del Lazio n. 7596/2005 è il n. 71"; in sostanza, con la detta nota, il Comune non si è pronunciato in autotutela in ordine alla legittimità del rilascio della concessione del posteggio n. 71 alla ricorrente originaria, ma si è limitato a fornire una puntuale indicazione ai VV.UU. in ordine all’esatto posteggio che la ricorrente avrebbe potuto occupare, avendo ritenuto la perdurante efficacia del più volte citato decreto presidenziale.

Del resto, come risulta dagli atti, nessuna delle parti del presente giudizio ha accennato alla cicorstanza che il diniego al rilascio della concessione o.s.p. relativamente al detto posteggio n. 71 sia stato annullato in sede di autotutela da parte dell’amministrazione comunale la quale, anzi, negli ultimi scritti difensivi, ha insistito ai fini del rigetto nel merito, sia del ricorso introduttivo del giudizio, sia del successivo ricorso per motivi aggiunti.

Per le considerazioni tutte che precedono e conclusivamente, il ricorso introduttivo deve essere respinto siccome infondato nel merito ed il successivo ricorso per motivi aggiunti deve essere accolto nei sensi e nei limiti indicati.

Le spese seguono la soccombenza del ricorso introduttivo e sono liquidate come da dispositivo che segue.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sez. II ter, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso introduttivo ed accoglie nei sensi e nei limiti indicati il successivo ricorso per motivi aggiunti.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’amministrazione resistente delle spese del giudizio che si liquidano in complessivi euro 1000,00 oltre IVA e CPA..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 08-02-2011, n. 1240 Atti amministrativi diritto di accesso Silenzio-rifiuto della Pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con il ricorso in epigrafe la sig.ra P.C., in servizio presso l’ACI di Roma, ha chiesto che sia accertata l’illegittimità del silenzio rifiuto formatosi sulla sua istanza di accesso 18 febbr. 2010 rivolta all’INPS, e che si disponga, altresì, l’esibizione di copia della documentazione richiesta: e cioè copia protocollata di due note trasmesse dalla stessa ricorrente in data 21 dic. 2009 e 18 genn. 2010 e della nota 9 nov. 2009 n. 51510 (da ACI ad INPS) citata nella successiva nota INPS 14 dic. 2009 n. 0047115 (con cui non si dava più corso al trasferimento da ACI ad INPS dell’interessata).

La ricorrente precisava che la documentazione richiesta era relativa al procedimento di trasferimento per mobilità esterna avviato dalla medesima al fine di prestare servizio presso una struttura operante nella Regione Lazio.

Con memoria del settembre 2010 si è costituito l’INPS rilevando che, con nota 13 aprile 2010 n. 14562 (successiva al ricorso dato per la notifica il 9 aprile 2010) aveva già comunicato alla interessata di non ritenere sussistenti i requisiti richiesti per concederle l’accesso ai documenti richiesti; nel merito, poi, l’INPS ha, altresì, escluso la sussistenza di un interesse concreto all’accesso a documenti provenienti dalla stessa ricorrente oppure reperibili presso lo stesso ente dove presta servizio e di contenuto, comunque, conosciuto.

Con memoria del 20 sett. 2010 la ricorrente ha puntualmente contro dedotto alle argomentazioni INPS, insistendo nella richiesta di accesso ai documenti.

Alla camera di consiglio del 6 ottobre 2010, uditi i difensori presenti come da verbale, la causa è passata in decisione.

2. Quanto sopra premesso in fatto, in diritto la controversia concerne il mancato accesso della ricorrente alla documentazione richiesta all’INPS con nota 18 febbr. 2010.

Preliminarmente il Collegio, per preminenti esigenze di effettività della tutela giurisdizionale del diritto di accesso, ritiene irrilevante la circostanza che al rigetto tacito l’INPS abbia sostituito il rigetto espresso, contenuto nella nota 13 aprile 2010 n. 14562, alle cui motivazioni la ricorrente ha replicato con la memoria del settembre 2010.

Nel merito il ricorso è fondato.

L’interessata, dipendente dell’ACI che aveva chiesto senza esito positivo di transitare in mobilità all’INPS ai sensi dell’art. 30 D.lgs. n. 165/2001, ha un interesse concreto ed attuale ad ottenere sia la copia, corredata degli estremi di protocollo, delle proprie note di osservazioni trasmesse all’INPS sia la copia della nota ACI 9 nov. 2009 n. 51510 inviata all’INPS, trattandosi di atto che riguarda la propria istanza di mobilità e che è detenuto dall’INPS, quale ente nei cui ruoli la ricorrente aspirava ad essere trasferita.

Né l’INPS può obiettare (nelle sue difese) che nell’istanza di accesso mancava qualsiasi motivazione circa l’interesse sotteso all’istanza di accesso, poiché, invece, la dipendente nella nota in questione faceva specifico riferimento alla necessità di "curare adeguatamente i propri interessi giuridici" connessi alla domanda di trasferimento nei ruoli INPS.

Pertanto il ricorso va accolto e, per l’effetto, annullato il diniego di accesso, va disposto a carico dell’INPS l’obbligo di esibire la documentazione richiesta dalla ricorrente, previo pagamento delle spese di copia, entro giorni 10 dalla comunicazione della presente sentenza.

Gli oneri di lite seguono la soccombenza e, pertanto, liquidati in euro 1.000,00, oltre gli accessori di legge, sono posti a carico dell’INPS.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione 3^ quater, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annullato il diniego di accesso, ordina all’INPS di esibire alla ricorrente la documentazione richiesta nella nota 18 febbr. 2010.

Pone gli oneri di lite, liquidati in euro 1.000,00, oltre gli accessori di legge a carico dell’INPS.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. civ. Sez. I, Sent., 21-04-2011, n. 9262 Ineleggibilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza emessa il 19 settembre 2008 la Corte d’appello di Torino, in accoglimento del ricorso elettorale presentato in data 23 luglio 2008 da T.L., L.P., V.M., B.G., cui avevano aderito gli intervenuti C.M., D.C., E.G., annullava la delibera di convalida dell’elezione di N.C., adottata in data 1 luglio 2008 dal consiglio regionale della Valle d’Aosta, e dichiarava la situazione di ineleggibilità in cui versava il N. al momento della consultazione elettorale.

Per l’effetto, gli sostituiva il signor P.P., primo dei candidati risultati non eletti nella lista Union Valdotaine, e compensava tra le parti le spese di giudizio.

Motivava:

– che ai sensi della L.R. Valle d’Aosta 7 agosto 2007, n. 20, art. 2, comma 1, lett. r), (Disciplina delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità con la carica di consigliere regionale, ai sensi dell’articolo 15, comma secondo, dello statuto speciale) non è eleggibile alla carica di consigliere regionale "il legale rappresentante e i direttori di struttura sanitaria o socio-sanitaria privata che intrattenga rapporti contrattuali con l’azienda regionale Usi della Valle d’Aosta";

– che, in punto di fatto, il N. versava in tale situazione di ineleggibilità, quale socio amministratore e rappresentante della Kinesitherapyc Center s.n.c. ed in tale qualità aveva stipulato per l’anno 2007 e per l’anno 2008 una convenzione con l’Ausl della Valle d’Aosta per l’erogazione delle prestazioni di medicina fisica e riabilitativa, godendo di accreditamento istituzionale;

– che, al riguardo, non aveva rilievo esimente il requisito, previsto dallo statuto societario, della firma congiunta dei due amministratori per contratti di valore superiore a L. 30 milioni, dato che al di sotto di tale soglia il N. poteva impegnare validamente la società e comunque, anche per valori superiori, manteneva la qualità di legale rappresentante, sia pure in concorso con altro amministratore;

– che rispondeva alla definizione di struttura socio-sanitaria prevista dalla L.R. Valle d’Aosta n. 20 del 2007, art. 2, comma 1, lett. r), la società legalmente rappresentata dal N., restando irrilevante la sua asserita, e comunque indimostrata, natura di semplice studio medico privo di una adeguata organizzazione e struttura dimensionale;

– che era pure inidonea ad elidere la causa di ineleggibilità la cessione della quota sociale del Kinesitherapyc Center snc avvenuta solo dopo la elezione, dal momento che ai sensi dell’art. 3 della L.R. citata, la perdita della qualità di legale rappresentante doveva avvenire almeno sei mesi prima della data di scadenza naturale della legislatura, e non – come preteso dal N. – entro i sei mesi successivi.

Avverso la sentenza, notificata il 7 ottobre 2008, il N. proponeva ricorso per cassazione notificato il 27 ottobre 2008 e articolato in tre motivi.

Deduceva:

1) la violazione della L.R. Valle d’Aosta n. 20 del 2007, art. 2, comma 1, lett. r), con riferimento alla condizione ostativa della legale rappresentanza di struttura sanitaria o socio-sanitaria privata che intrattenga rapporti contrattuali con l’azienda regionale Usi della Valle d’Aosta, nella specie insussistente per gli atti di valore superiore a L. milioni per i quali era necessaria la firma congiunta dell’altro socio-amministratore;

2) la violazione della L.R. Valle d’Aosta n. 20 del 2007, art. 2, comma 1, lett. r), in combinato disposto con il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8 ter (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma della L. 23 ottobre 1992, n. 421, art. 1), perchè nel concetto di struttura socio-sanitaria non poteva rientrare lo studio medico del Kinesitherapyc Center s.n.c., privo di struttura organizzativa, tecnica e personale adeguata;

3) la violazione della L.R. Valle d’Aosta n. 20 del 2007, art. 3, comma 1, male interpretato dalla Corte d’appello di Torino che aveva erroneamente riferito al periodo semestrale anteriore alla scadenza naturale della legislatura il termine per far cessare la causa di ineleggibilità, mediante dimissioni, revoca dell’incarico o, come nella specie, cessione della quota sociale con perdita della qualità di legale rappresentante della Kinesitherapyc Center snc. Resistevano con controricorso il signor P.P. e con distinto controricorso, congiuntamente,i signori T., L., V. e B..

Il N. e il P. depositavano memoria illustrativa ex art. 378 cod. proc. civile. Il primo sollevava, in tale sede, eccezione d’incostituzionalità della L.R. Valle d’Aosta 7 Agosto 2007, n. 20, art. 2, in relazione agli artt. 3 e 51 Cost., laddove prevedeva, nella fattispecie in esame, una causa d’ineleggibilità, anzichè d’incompatibilità rimovibile con dimissioni o eliminazione del conflitto d’interessi anche successivamente all’elezione.

Ritenuta non manifestamente infondata, tale questione veniva rimessa, con ordinanza 14 Settembre 2009, alla Corte costituzionale, che la dichiarava non fondata con sentenza 23 luglio 2010.

All’udienza del 22 Febbraio 2011 il P.G. ed il difensore del P. precisavano le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.
Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione della L.R. Valle d’Aosta n. 20 del 2007, art. 2, comma 1, lett. r), con riferimento alla ritenuta sussistenza del requisito soggettivo della sua qualità di legale rappresentante della società che aveva stipulato convenzioni con l’Ausl della Val d’Aosta.

Il motivo è infondato.

La causa di ineleggibilità individua, letteralmente, il legale rappresentante di una struttura sanitaria o socio-sanitaria privata che intrattenga rapporti contrattuali con l’Ausl regionale. Pacifica la conclusione con quest’ultima di convenzioni negli anni 2007 e 2008 da parte del Kinesitherapyc Center s.n.c., la rappresentanza legale non viene meno per il fatto che al di sopra di una soglia economica statutariamente predeterminata essa sia esercitata congiuntamente dai due soci titolari dell’intero capitale sociale: non solo perchè, come esattamente statuito dalla corte territoriale, al di sotto di tale limite il potere di rappresentare la società resta pieno ed incondizionato in forma individuale; ma anche perchè la firma congiunta richiesta per le operazioni di maggior valore non fa venir meno la veste di legale rappresentante, e di riflesso, quindi, l’ineleggibilità del N.: la cui posizione, all’interno della società, resta anche in tali evenienze quella di amministratore- rappresentante nell’ambito di una gestione congiunta, in nessun modo assimilabile alla collegialità di un consiglio di amministrazione, i cui membri, se privi di delega, non hanno alcun potere di rappresentanza esterna.

La ratio della norma è infatti quella di prevenire la lesione della par condicio tra candidati alla competizione elettorale: quale si verificherebbe in favore di un soggetto che godesse di una particolare visibilità presso l’elettorato in virtù della carica societaria rivestita, che lo pone come controparte in trattative contrattuali con la pubblica amministrazione in un settore di particolare rilievo sociale come la sanità.

Con il secondo motivo il ricorrente censura la violazione della L.R. Valle d’Aosta n. 20 del 2007, art. 2, comma 1, lett. r), in combinato disposto con il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8 ter (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma della L. 23 ottobre 1992, 421, art. 1), perchè nel concetto di struttura socio-sanitaria ivi delineato non potrebbe rientrare lo studio medico del Kinesitherapyc Center s.n.c., privo di struttura organizzativa, tecnica e personale adeguata.

Il motivo è inammissibile per inadeguatezza del quesito di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ., formulato in modo astratto sulla base di una distinzione tra studio medico e struttura socio-sanitaria in funzione della variabile dimensionale, che risulta, in radice, irrilevante nella specie, alla luce dell’accertamento, in fatto, dell’insussistenza di prova della dimensione limitata dello studio.

La Corte d’appello di Torino ha anzi positivamente rilevato come l’oggetto sociale, attestato dal certificato camerale prodotto, apparisse in tutto rispondente a quello della struttura socio- sanitaria prefigurata dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8 ter. Con corretta analisi d ha altresì affermato l’irrilevanza del numero modesto di dipendenti del poliambulatorio, data la possibilità che vi prestassero la propria opera medici specialisti, in qualità di liberi professionisti. E del resto, la stessa stipulazione di convenzioni con l’Ausl si poneva in antitesi logica con l’asserita modestia organizzativa del Kinesitherapyc Center s.n.c..

Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione della L.R. Valle d’Aosta n. 20 del 2007, art. 3, comma 1, male interpretato dalla Corte d’appello di Torino nel riferire al periodo semestrale anteriore alla scadenza naturale della legislatura il termine per far cessare la causa di ineleggibilità.

Il motivo è manifestamente infondato.

La disposizione recita testualmente: "Le cause di ineleggibilità di cui all’art. 2, comma 1, non hanno effetto se l’interessato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell’incarico o del comando, collocamento in aspettativa non retribuita, non oltre sei mesi dalla data di scadenza naturale della legislatura". Oggetto del contrasto interpretativo è quest’ultima locuzione temporale, che il N. interpreta come significativa di un termine decorrente in epoca successiva alla scadenza della legislatura, intesa come dies a quo.

Siffatta interpretazione è insostenibile.

Essa si basa su un assai labile argomento letterale che si pretende trarre dal significato della preposizione "oltre": come se essa letteralmente non potesse che fare riferimento ad un decorso futuro del termine.

Dopo la data di scadenza naturale della legislatura, e non prima.

Da questa premessa ermeneutica letterale il ricorrente trae poi la conseguenza dell’inammissibilità di una diversa interpretazione – definita adeguatrice – stante il principio di stretta interpretazione in tema di norme eccezionali, qual’è quella che sancisce cause d’ineleggibilità, limitative del diritto costituzionale di elettorato passivo.

Sennonchè, è la stessa premessa letterale a dimostrarsi infondata.

La preposizione "oltre", in senso modale, spaziale o temporale, significa " al di là"; e nella specie, sta ad indicare, con assoluta evidenza, il termine ultimo anteriore alla scadenza naturale della legislatura – e prima delle nuove elezioni – non più tardi del quale l’interessato che versi in condizione d’ineleggibilità deve rassegnare le dimissioni dall’incarico che vi ha dato origine (o prendere le altre iniziative equipollenti indicate nell’art. 3 in esame). In tale accezione, il limite temporale si pone in linea con la mens legis di assicurare la par condicio tra candidati elettorali, tramite la sterilizzazione di posizioni di vantaggio legata alla funzione svolta.

A contrario, l’interpretazione proposta dal ricorrente porterebbe alla conseguenza contraddittoria con la premessa di consentire proprio l’eiezione dell’ineleggibile (argomento apagogico); come correttamente rilevato dalla corte territoriale.

Da ultimo, la questione di costituzionalità della L.R. Valle d’Aosta 7 agosto 2007, n. 20, art. 2, comma 1, lett. r), (Disciplina delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità con la carica di consigliere regionale, ai sensi dell’art. 15, comma 2, dello Statuto speciale) è stata dichiarata non fondata dalla Corte costituzionale con sentenza 23 luglio 2010.

Il ricorso è dunque infondato e va respinto; con la conseguente condanna alla rifusione delle spese processuali, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali sostenute da P.P., liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2000,00 per onorari, e delle spese sostenute dai residui resistenti, liquidate in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari; oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.