Il segreto della banca è l’obbligo di non svelare notizie riguardanti i propri rapporti d’affari con clienti, tranne se vi è il consenso del cliente stesso.
Non esiste nel nostro ordinamento una norma che preveda tale obbligo ma la dottrina e giurisprudenza in maniera univoca ammettono l’obbligo del segreto seppur in maniera limitata.
Il segreto degli atti nell’ambito del processo penale (d. proc. pen.) è l’atto che l’indagato ed imputato non conosce.
Nella fase delle indagini preliminari si hanno atti segreti, che non conosce il difensore dell’inquisito, e atti a lui noti.
Gli atti segreti non devono essere pubblicati sia dell’atto testuale sia del suo contenuto;
Quando gli atti non sono più coperti da segreto il divieto permane solo per l’atto testuale e non per il contenuto (art. 114 c.p.p.).
Successivamente durante il dibattimento, tutti gli atti del fascicolo del P.M. vengono resi noti ai difensori, dopo il deposito dell’intero fascicolo.
In tal modo sarà pubblicabile il contenuto di qualsiasi atto ma non in forma testuale.
Taluni atti possono essere pubblicati anche subito e testualmente.
Pertanto sono utilizzati per le contestazioni.
Per quanto attiene gli altri atti, sono pubblicabili nel loro testo se sono contenuti nel fascicolo per il dibattimento, mentre quelli contenuti nel fascicolo del P.M. sono pubblicabili solo dopo la pronuncia della sentenza di secondo grado.
Il segreto d’ufficio (nel diritto amministrativo e nel diritto penale) è uno dei doveri fondamentali del pubblico impiegato.
La legge 241/90 modifica la disciplina del segreto rendendolo compatibile con il riconoscimento del diritto di accesso ai documenti della pubblica amministrazione di cui agli artt. 22 ss. della citata legge.
L’impiegato è obbligato a mantenere il segreto su provvedimenti e operazioni amministrative, in corso o concluse o riguardo a notizie di cui sia venuto a conoscenza a causa delle sue funzioni.
Pertanto l’impiegato d’ ufficio può rilasciare copie ed estratti di atti e documenti di ufficio nei casi non vietati dall’ordinamento.
Costituisce un illecito tipo civile, amministrativo o penale la divulgazione del segreto (ex art. 326 c.p).
Dal momento che si riconosce un segreto il soggetto può evitare di testimoniare (art. 249 c.p.c. e art. 201 c.p.p.).
Il segreto di Stato (d. amm.; d. pen.) riguarda fatti che compromettano, se rilevati, la sicurezza interna ed internazionale dello Stato.
L’art. 24 L. 241/1990, disciplina il diritto d’accesso ai documenti amministrativi, secondo il principio di trasparenza, impedisce la divulgazione e la conoscibilità dei documenti, atti o notizie coperti da segreto.
I pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio non testimoniano su fatti coperti dal segreto (art. 202 c.p.p.) e il giudice, nel dibattimento può chiedere conferma dell’esistenza del segreto al Presidente del Consiglio.
La rivelazione e l’utilizzazione del segreto sono reato (art. 261 c.p.).
Il segreto professionale (d. civ.; d. pen.) è un dovere fondamentale, sia giuridico che deontologico, per chi esercita alcune professioni (cioè l’avvocato, il commercialista, il medico, il farmacista, il giornalista etc.).
Essi non possono rivelare a terzi ciò di cui vengono a conoscenza nell’esercizio della propria professione.
L’art. 622 c.p serve a sanzionare penalmente la violazione del segreto.
come per il segreto di Stato il soggetto non ha l’obbligo della testimonianza (art. 249 c.p.c.; art. 200 c.p.p.).
Categoria: Glossario
Sezioni specializzate (d. pubbl.) (Sections specialized)
Sono organi degli uffici giudiziari ordinari composti anche da soggetti non appartenenti alla magistratura, ma con particolari conoscenze (es. i Tribunali per i minorenni).
Le sezioni specializzate devono rispettare il divieto, costituzionalmente sancito (art. 102 Cost.), di non istituire nuovi giudici speciali.
Il Tribunale giudica sempre in composizione collegiale quando le cause sono devolute alle sezioni specializzate (art. 50bis c.p.c.).
Sommarie informazioni (d. proc.pen.) (Summary information)
Le informazioni vengono prese dagli ufficiali della polizia giudiziaria per acquisire notizie utili per le investigazioni (art. 350 c.p.p.) e da altre persone (art. 351 c.p.p.).
Le sommarie informazioni sull’indagato possono consistere in:
1) assunzione di sommarie informazioni(in tal caso la polizia giudiziaria sollecita l’indagato a rendere delle dichiarazioni).
Non si tratta di una semplice ricezione, perchè la polizia non si limita a recepire passivamente quanto l’indagato spontaneamente e di sua iniziativa dichiara.
Le dichiarazioni inoltre hanno valenza a fini informativi e cioè investigativi, possono essere preordinate a costituire fonti di prova, e sono suscettibili di utilizzazione ai fini delle contestazioni in dibattimento quindi utilizzabili per fini probatori (artt. 503, co. 4, 500, co. 3 e 513 c.p.p.).
L’assunzione di informazioni, non si può trasformare in un mezzo per contestare il reato all’indagato e cioè in interrogatorio.
Pertanto ha per la polizia giudiziaria come presupposti lo stato di libertà dell’indagato e la necessaria assistenza del difensore.
Le informazioni così assunte vengono scritte in un verbale (art. 357, co. 2, sub b), c.p.p.) pienamente utilizzabile, per le contestazioni, in dibattimento;
Le informazioni sommarie devono essere assunte sul luogo cioè nell’immediatezza del fatto (art. 350, co. 5 e 6, c.p.p.) anche in luogo diverso dalla sua commissione o sul luogo del fatto, non necessariamente nella sua immediatezza.
L’assenza del difensore non permette la verbalizzazione delle dichiarazioni e la loro utilizzabilità in procedimento;
La ricezione delle dichiarazioni deve avvenire spontaneamente anche grazie ad un mero agente di polizia giudiziaria. La spontaneità delle dichiarazioni permette di considerarle come mezzo, liberamente scelto, di autodifesa e di collaborazione spontanea nella ricerca della verità.
L’indagato può renderle anche in assenza del proprio difensore di fiducia o di ufficio e anche se è in vinculis.
Le sommarie informazioni vengono rese anche da persone informate dei fatti cioè testimoni. La legge sul giusto processo (che ha modificato gli artt. 351 e 362 c.p.p.) ha stabilito che la P.G. ed il P.M. possono procedere all’escussione, come persone informate dei fatti, dei coimputati od imputati di reato in procedimento correlato.
In questo caso sono rispettate le garanzie previste dall’art. 197bis c.p.p.
Stampa (Print)
La Costituzione pone delle regole riguardo la stampa che rappresenta un mezzo di comunicazione di massa.
L’art. 21 Cost. stabilisce i seguenti principi:
1) esclusione di ogni forma di autorizzazione preventiva. Chi vuole pubblicare un libro o uno stampato non deve chiedere alcun consenso preventivo per poterlo diffondere.
2) esclusione della censura;
3) l’unico strumento repressivo possibile è il sequestro, disposto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nei casi di delitti a mezzo stampa o nel caso di violazione di norme sulla legge della stampa;
4) possibilità di stabilire con legge una serie di controlli sui mezzi di finanziamento della stampa periodica;
5)prevedere della facoltà del legislatore di adottare controlli preventivi e mezzi repressivi contro stampati, spettacoli e tutte le manifestazioni che offendano il buon costume.
Reati a mezzo stampa (d. pen.) sono quelli di cui è responsabile il direttore del giornale (art. 57 c.p.).
La L. 4-3-1958, n. 127, ed in particolare l’art. 57, nella sua nuova formulazione, prevedono una forma di responsabilità colposa.
Pertanto il direttore sarà responsabile per colpa, solo se omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che con la pubblicazione siano commessi reati.
L’editore è responsabile in caso di stampa non periodica o clandestina, se l’autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile.
Al contrario risulta responsabile lo stampatore, se l’editore non è indicato o non è imputabile.