Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce 57/2009

Composto dai Signori Magistrati:

Aldo Ravalli Presidente

Luigi Viola Consigliere

Massimo Santini Referendario est.

Ha pronunziato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso n. 1202/2008 presentato dalla Fideco Ambiente s.r.l., in personale del legale rappresentante sig. Pier Francesco Rimbotti, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Antonella Capria. Teodora Marocco ed Angelo Vantaggiato ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Lecce alla via Zanardelli n. 7;

contro

il Comune di Manduria, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Arcangelo Maurizio Passiatore ed elettivamente domiciliato in Lecce alla via Zanardelli n. 7 presso lo studio dell’Avv. Laura Borrega;

per l’annullamento

1. della nota n. 14411 in data 20 maggio 2008 del Comune di Manduria con cui si ordina di non effettuare l’intervento diretto alla realizzazione di un impianto fotovoltaico di potenza inferiore ad 1 MW;
2. della nota di indirizzo assessorile n. 13910 del 14 maggio 2008;
3. di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale;

nonché, con atto di motivi aggiunti

d) della deliberazione della giunta municipale n. 158 del 12 giugno 2008.

Visti il ricorso e l’atto di motivi aggiunti con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione comunale, resistente;

Viste le memorie rispettivamente prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;

Visti tutti gli atti di causa;

Designato alla pubblica udienza del 19 novembre 2008 il relatore Massimo Santini, referendario, uditi altresì gli Avv.ti Marocco e Vantaggiato per il ricorrente, e l’Avv. Passiatore per il Comune resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente ha presentato in data 9 aprile 2008 denuncia di inizio attività, ai sensi dell’art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003 e della legge Regione Puglia n. 1 del 2008, per la realizzazione di un impianto fotovoltaico di potenza pari a 0,99 MW.

Il perfezionamento della DIA era comunque subordinato alla previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica (anzi, ai sensi dell’art. 23 del DPR n. 380 del 2001, testo unico edilizia, il termine di trenta giorni non era neppure scattato), in quanto l’area di ubicazione dell’impianto è riconducibile all’ambito C del PUTT.

In data 20 maggio 2008 il Comune di Manduria ordinava di non effettuare l’intervento attesa la carenza della seguente documentazione:

1. DURC (documento unico di regolarità contributiva);
2. Copia titolo reale immobile oppure autorizzazione del proprietario alla effettuazione delle opere in questione;
3. Autorizzazione paesaggistica;
4. Relazione tecnica concernente la localizzazione dell’intervento in area agricola;
5. Attestazione pagamento diritti di segreteria e bollo su DIA.

Con la stessa nota si faceva altresì presente che, essendo in corso di predisposizione il regolamento comunale per la disciplina dei suddetti impianti di energia rinnovabile, tutte le relative pratiche erano per il momento oggetto di sospensione a mente della nota assessorile n. 13910 del 14 maggio 2008.

La società interponeva dunque ricorso giurisdizionale per i seguenti motivi:

1. Violazione dell’art. 41 Cost. e in particolare del principio di legalità, in quanto la sospensione assessorile non è altrimenti contemplata dalla normativa di riferimento;
2. Difetto di motivazione;
3. Violazione dell’art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003, il quale non prevede l’esercizio di un siffatto potere regolamentare da parte delle amministrazioni comunali, il cui intervento potrebbe anzi comportare ulteriori e indebiti limiti normativi alla realizzazione di impianti ritenuti fondamentali per il raggiungimento di importanti obiettivi di politica ambientale;

Con atto di motivi aggiunti veniva poi impugnato il regolamento comunale adottato con delibera n. 158 del 12 giugno 2008, con il quale: a) si vieta l’espianto di vitigni “Primitivo doc” e di ulivi secolari; b) si richiede in ogni caso il parere dell’Ispettorato Provinciale Agricolo; c) si impone il recupero agricolo di almeno 1/3 della superficie disponibile e la perimetrazione a verde agricolo dell’area interessata dall’intervento; d) si prevede il versamento di un canone annuo a titolo di ristoro ambientale, nonché di una fideiussione a garanzia dell’eventuale smantellamento dell’impianto a fine esercizio. Al riguardo si propongono dunque le seguenti ulteriori censure:

4. Violazione della legge n. 239 del 2004 nella parte in cui prevede misure di compensazione ambientale disposte direttamente dal Comune, laddove la normativa di settore ascrive siffatta competenza esclusivamente in capo a Stato e regioni, peraltro per esigenze legate all’elevato impatto territoriale ed ambientale prodotto dai suddetti impianti;
5. Violazione dell’art. 23 Cost., nella parte in cui viene stabilita la corresponsione di un contributo nella sostanza riconducibile ad un tributo non altrimenti previsto da una fonte primaria;
6. Violazione della delibera regionale n. 35 del 2007, la quale prevede il versamento di fideiussioni soltanto per impianti soggetti ad autorizzazione espressa (ossia superiori ad 1 MW) e non anche per quelli sottoposti a DIA (ossia di potenza inferiore ad 1 MW);
7. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità nella parte in cui impone oneri di coltivazione e di trattamento del fondo (recupero agricolo di almeno 1/3 della superficie disponibile e perimetrazione a verde agricolo dell’area interessata dall’intervento) non altrimenti previsti dalla normativa vigente.

Si è costituito in giudizio il Comune di Manduria eccependo che:

1. Il termine per il perfezionamento della DIA non è mai scattato, in assenza dell’autorizzazione paesaggistica: non sussiste dunque l’interesse a ricorrere. Rileva peraltro la mancanza di lesività in ordine alla nota di sospensione assessorile, nonché in merito alla delibera n. 158/08 concernente la disciplina dei predetti impianti, dato il loro carattere di generale applicazione;
2. Manca il nulla osta sull’assenza di interferenze con le linee di comunicazioni elettroniche di cui al d.lgs. n. 259 del 2003, nonché l’assegnazione del punto di connessione da parte dell’ENEL, ai sensi della circolare 1° agosto 2008 della Regione Puglia;
3. Difetta il requisito dell’integrazione dell’impianto con altre strutture a carattere commerciale, industriale o di servizi, così come previsto dall’art. 27 della legge regionale n. 1 del 2008;

Alla udienza del 19 novembre 2008 i rispettivi procuratori delle parti costituite rassegnavano le proprie conclusioni ed il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

01. Giova premettere che le eccezioni sollevate dall’amministrazione resistente in ordine a nulla osta interferenze, punto di connessione ENEL e integrazione dell’impianto con altra struttura (commerciale, industriale, servizi), non possono trovare ingresso in questa sede giacché rappresentano profili non altrimenti evidenziati nel provvedimento gravato, configurandosi in tal modo come integrazione postuma della motivazione.

1. Va poi osservato come l’intero ricorso sia da ascrivere ad un utilizzo quanto meno improprio del potere inibitorio di cui all’art. 23, comma 6, del DPR n. 380 del 2001 (Testo Unico Edilizia).

Alla luce di una interpretazione in termini sostanziali, il provvedimento gravato è in effetti da riqualificare come richiesta di integrazione istruttoria (DURC, relazioni istruttorie, etc.) piuttosto che come ordine di non effettuare l’intervento.

E ciò fondamentalmente per la carenza dell’autorizzazione paesaggistica che, ai sensi del comma 3 del citato art. 23, non ha consentito neppure la decorrenza del termine iniziale di trenta giorni per la formazione del titolo edilizio. Ragione questa per cui non assume rilevanza, sul piano giuridico-amministrativo, l’inibitoria formalmente adottata dall’amministrazione (tanto che il ricorrente era ben consapevole di non poter avviare l’intervento senza la predetta autorizzazione), con ogni conseguenza in ordine alla mancata lesione della posizione giuridica vantata dal ricorrente.

2. E’ invece infondata la censura relativa alla asserita carenza di potere regolamentare, da parte del Comune, circa la realizzazione e, più in particolare, l’ubicazione degli impianti di energia rinnovabile.

Il favor legislativo per le fonti rinnovabili, che si riverbera tra l’altro sulla possibilità di installare gli impianti suddetti anche in zona agricola, non è infatti senza limiti.

Ciò in quanto, ai sensi dell’art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387 del 2003, i Comuni possono certamente prevedere, nell’esercizio della propria discrezionalità in materia di governo del territorio, aree specificamente destinate o meno a tal fine. La disposizione citata sottintende proprio tale potere, laddove prevede che “nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale” (cfr. T.A.R. Umbria, 15 giugno 2007, n. 518).

In questa stessa direzione, la legge regionale n. 31 del 2008 stabilisce, all’art. 2, comma 2, che “i comuni, con motivata deliberazione approvata dal consiglio comunale, possono individuare parti di territorio di particolare pregio”, nell’ambito delle zone agricole, ove porre eventualmente siffatti divieti.

Emerge dunque dal quadro normativo sopra delineato come le amministrazioni comunali, nel favorire l’installazione di impianti di energia pulita, conservino in ogni caso un certo potere discrezionale teso a disciplinare – se del caso anche mediante atti di indirizzo a carattere generale, come nella specie – il corretto inserimento di tali strutture nel rispetto dei fondamentali valori della tradizione agroalimentare locale e del paesaggio rurale.

La censura deve dunque essere rigettata.

3. Debbono infine dichiararsi inammissibili, per carenza di un interesse attuale e concreto, i motivi aggiunti proposti avverso la delibera n. 158 del 12 giugno 2008, con la quale il Comune di Manduria disciplina le condizioni per l’installazione dei suddetti impianti in zona agricola: ed infatti, la medesima amministrazione non ha ancora esplicitato, mediante atti concreti e consequenziali, in quale misura la predetta delibera di carattere generale possa incidere sulla posizione soggettiva vantata dalla odierna ricorrente.

4. Per tutte le considerazioni esposte il ricorso deve essere dichiarato in parte inammissibile per carenza di interesse a ricorrere (punti nn. 1 e 3 della parte motiva), e in parte infondato (punto n. 2).

Sussistono in ogni caso giusti motivi, data la complessità delle questioni affrontate, per compensare tra le parti le spese e le competenze del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce, Prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1202/2008, in parte lo dichiara inammissibile ed in parte lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Lecce, nella camera di consiglio del 19 novembre 2008.

Aldo Ravalli – Presidente

Massimo Santini – Estensore

Pubblicata mediante deposito

in Segreteria il 15 gennaio 2009

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce 56/2009

Composto dai Signori Magistrati:

Aldo Ravalli Presidente

Ettore Manca Primo Referendario

Massimo Santini Referendario est.

Ha pronunziato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso n. 1188/2008 presentato dalla Sunex 1 s.r.l., in persona del legale rappresentante sig. Federico Domenico Bursi, rappresentata e difesa dall’Avv. Piergiuseppe Otranto ed elettivamente domiciliata in Lecce al Vico Storto Carità Vecchia n. 3 presso lo studio dell’Avv. Daniele Montinaro;

contro

il Comune di Campi Salentina, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito;

per l’annullamento

1. della determinazione n. 9014 in data 9 giugno 2008 del Comune di Campi Salentina con cui si comunica parere contrario alla realizzazione di un impianto fotovoltaico di potenza inferiore ad 1 MW;
2. della comunicazione n. 7005 in data 30 aprile 2008 con cui si comunicano i motivi ostativi al predetto intervento;
3. di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale;

nonché, con atto di motivi aggiunti

4. della nota n. 11620 del 17 luglio 2008 con cui si comunica l’intenzione di riesaminare la pratica DIA alla luce delle delibere consiliari n. 13 e n. 14 del 19 giugno 2008;
5. della deliberazione del Consiglio comunale n. 13 del 19 giugno 2008, avente ad oggetto variante al PdF;
6. della deliberazione del Consiglio comunale n. 14 del 19 giugno 2008, avente ad oggetto schema di convenzione per la realizzazione di impiani fotovoltaici.

Visti il ricorso e l’atto di motivi aggiunti con i relativi allegati;

Visti tutti gli atti di causa;

Designato alla pubblica udienza del 3 dicembre 2008 il relatore Massimo Santini, referendario, presente altresì l’Avv. Bello per il ricorrente;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente ha presentato in data 2 aprile 2008 denuncia di inizio attività, ai sensi dell’art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003 e della legge Regione Puglia n. 1 del 2008, per la realizzazione di un impianto fotovoltaico di potenza inferiore ad 1 MW.

In data 30 aprile 2008 il Comune di Campi Salentina inviava comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, in quanto era stato affidato l’incarico per la redazione del piano regolatore degli impianti eolici (PRIE) per la individuazione delle aree a tal fine compatibili.

La comunicazione veniva riscontrata con nota della società in data 9 maggio 2008 con la quale veniva prospettata, in particolare, l’inammissibilità dello strumento del PRIE, che si riferisce agli impianti eolici e non a quelli fotovoltaici, nonché l’inapplicabilità alla DIA dell’istituto del preavviso di rigetto.

Il Comune adottava allora la nota n. 9014 del 9 giugno 2008 con la quale si comunicava parere contrario alla realizzazione del suddetto impianto, in quanto era stata nel frattempo predisposta una proposta di deliberazione da parte del Consiglio comunale avente ad oggetto una variante urbanistica al PdF, diretta alla disciplina sulla realizzazione degli impianti in questione. Non potendo fornire indicazioni circa la realizzazione di tali impianti, si rinviava ogni decisione a seguito degli indirizzi adottati.

La società interponeva dunque ricorso giurisdizionale per i seguenti motivi:

1. Violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, nella parte in cui l’amministrazione comunale ha ritenuto di applicare alla DIA l’istituto del preavviso di rigetto;
2. Violazione del principio di legalità, considerato che: a) la normativa sulla DIA assegna al Comune solo un potere di verifica dei presupposti e, in loro assenza, di inibizione dell’intervento, non anche un potere soprassessorio, qui concretizzatosi mediante la sospensione della pratica DIA assessorile; b) l’intervento inibitorio è peraltro esercitabile sulla base della normativa vigente (alla scadenza del termine di trenta giorni), e non di quella che ancora deve essere adottata.
3. Conseguente violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del DPR n. 380 del 2001 (Testo Unico Edilizia), in quanto il provvedimento inibitorio del 9 giugno 2008, considerata la previa illegittimità della comunicazione in data 30 aprile 2008, è stato adottato oltre il termine perentorio di trenta giorni previsto dalla indicata disposizione affinché si formi validamente il titolo edilizio;
4. in ogni caso, difetto di motivazione in ordine al mancato accoglimento delle osservazioni formulate;
5. Violazione dei principi di semplificazione, razionalizzazione ed accelerazione delle procedure amministrative, le quali per gli impianti inferiori ad 1 MW non prevedono un regime autorizzatorio come quello che il Comune intenderebbe applicare.

Con atto di motivi aggiunti venivano poi impugnati: a) la nota n. 11620 del 17 luglio 2008 del Comune di Manduria, con la quale si invitava la società, onde poter riesaminare la pratica, a conformarsi ad una serie di adempimenti tra cui anche l’osservanza delle delibere n. 13 e n. 14 del 19 giugno 2008; b) le citate delibere n. 13 e n. 14, rispettivamente preordinate alla adozione della variante al piano di fabbricazione ed alla approvazione dello schema di convenzione per la realizzazione dei suddetti impianti fotovoltaici (in particolare mediante versamento di un contributo ambientale). Al riguardo sono state proposte le seguenti ulteriori censure:

6. Violazione dell’art. 23 del DPR n. 380 del 2001, in quanto si pretende di applicare alla fattispecie una normativa (delibere C.C. n. 13 e n. 14 del 19 giugno 2008) che, alla scadenza dei trenta giorni previsti per il formarsi del titolo edilizio (2 maggio 2008), non era ancora entrata in vigore;
7. In via subordinata, violazione di legge, e in particolare della legge n. 239 del 2004, nella parte in cui prevede misure di compensazione ambientale disposte direttamente dal Comune, laddove la normativa di settore ascrive siffatta competenza esclusivamente in capo a Stato e regioni, peraltro per esigenze legate all’elevato impatto territoriale ed ambientale prodotto dai suddetti impianti. Viene altresì contestato il quantum (20.000 euro annue) del predetto contributo;
8. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza nella parte in cui la stessa convenzione impone particolari livelli occupazionali.

Alla udienza del 3 dicembre 2008 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

01. Il ricorso è fondato nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.

1. Con il primo motivo di ricorso si contesta l’utilizzo del preavviso di rigetto in ordine alla DIA.

Il Collegio ritiene di aderire alla giurisprudenza amministrativa che considera non applicabile alla denuncia di inizio attività il preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis della legge n. 241/90.

In questa direzione, la DIA c.d. “edilizia” non dà infatti inizio ad un procedimento ad istanza di parte in quanto essa rimane ancora un atto del privato non soggetto alle regole tipiche del procedimento amministrativo.

Conseguentemente, l’ordine-diffida di non iniziare i lavori non corrisponde all’atto di diniego di una istanza di parte di provvedimento favorevole e quindi non deve essere preceduto da preavviso di rigetto.

È dunque inapplicabile alla Dia l’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, atteso che si tratta di provvedimento (implicito) di tipo favorevole al privato, mentre è negativo (ma non è a rigore un rigetto della istanza) il successivo atto di diffida a non agire; inoltre, il preavviso per l’ordine di non eseguire costituirebbe una non giustificata duplicazione del medesimo, incompatibile con il termine ristretto entro il quale l’amministrazione deve provvedere, non essendo fra l’altro previste parentesi procedimentali – pena la vanificazione della ratio di accelerazione e semplificazione – produttive di sospensione del termine stesso.

In conclusione, l’istituto del preavviso di rigetto trova applicazione solo nell’ipotesi di adozione di un provvedimento negativo sull’istanza (di provvedimento positivo) presentata dal privato e non nel caso di presentazione di denunzia di inizio di attività e successivo ordine o diffida a non iniziare i lavori.

La prima censura merita dunque accoglimento, esimendo peraltro il collegio dall’esame della doglianza relativa alla omessa motivazione circa le osservazioni svolte dal privato.

2. Di conseguenza la comunicazione del 30 aprile 2008 deve essere riqualificata, in termini sostanziali e dunque prescindendo dal nomen iuris attribuito ad essa, come “ordine di non effettuare i lavori”. Ordine motivato, nello specifico, dall’esigenza di predisporre – prima di ogni valutazione circa la realizzazione dell’impianto – il regolamento comunale (sotto forma, in prima battuta, di piano regolatore degli impianti eolici e, in seconda battuta, di variante al PdF) per la individuazione delle aree idonee ad ospitare siffatte strutture.

2.1. Ora, secondo lo schema delineato dall’art. 23 TUED non è consentita la inibitoria dell’intervento che si intende realizzare se non per la riscontrata assenza di una o più delle condizioni stabilite dalla normativa vigente al momento della scadenza dei termini previsti per la formazione del titolo edilizio, senza poter mai invocare al medesimo fine atti regolamentari che allo stato risultano solo in corso di predisposizione.

2.2. Peraltro, un simile potere soprassessorio (sospensione della pratica DIA in attesa della adozione del regolamento di settore) non appare altrimenti contemplato dalla normativa di riferimento (d.lgs. n. 387 del 2003 e DPR n. 380 del 2001). Infatti, in applicazione del principio di legalità dell’azione amministrativa ciascuna amministrazione può esercitare soltanto i poteri espressamente previsti dalla legge e secondo le modalità da questa previste. E ciò tanto più ove si tratti – come nella specie – di incidere su attività economiche: a) in via di principio soggette a (parziale) liberalizzazione (citato art. 1 della legge n. 239 del 2004); b) ritenute fondamentali per il raggiungimento di obiettivi di politica ambientale fissati a livello comunitario (direttiva 2001/77/CE, la quale prevede inoltre la riduzione di qualsivoglia ostacolo normativo) e ancor prima a livello internazionale (v. Protocollo di Kyoto).

In questa prospettiva, il provvedimento inibitorio si appalesa anzi oltremodo posto in violazione di principi fondamentali di semplificazione stabiliti dalla legislazione statale in materia di energia (d.lgs. n. 387 del 2003), la quale prevede termini perentori (in particolare, 180 gg. per gli impianti superiori ad 1 MW e 30 gg. per quelli di potenza inferiore) per la conclusione dei relativi procedimenti amministrativi, sì da non tollerare una loro sospensione non solo ad tempus (cfr. Corte cost., sent. n. 364 del 2006) ma anche, ed anzi a maggior ragione, sine die (visto che nella specie non viene indicato un termine entro il quale adottare l’atto regolamentare).

La specifica censura deve quindi essere accolta, anche con riferimento alla lamentata violazione dei principi di semplificazione imposti dalla legislazione di settore.

3. Da tale accoglimento discende l’illegittimità della nota in data 30 aprile 2008, con la quale si inibisce in sostanza l’intervento, e della successiva nota del 9 giugno 2008, con la quale si conferma – sempre nella sostanza – tale inibitoria; con la ulteriore conseguenza che, per effetto della rimozione dei predetti atti, ossia della loro eliminazione dal mondo giuridico con effetti ex tunc, deve ritenersi che, alla scadenza del termine di trenta giorni decorrente dalla presentazione della DIA (2 maggio 2008), il relativo titolo edilizio doveva ormai considerarsi già validamente formato. Ciò in quanto, al di là della pronunzia meramente soprassessoria come detto illegittima, la PA, nella due note citate, non ha riscontrato ulteriori fattori ostativi alla realizzazione dell’intervento, sulla base della normativa vigente alla data indicata (2 maggio 2008).

Pertanto, la nota del 17 luglio 2008, con la quale si invita la società ricorrente a presentare ulteriore documentazione, nonché a conformarsi alla delibere n. 13 e n. 14 del 19 giugno 2008, deve essere ritenuta anch’essa illegittima in quanto intempestiva (ossia intervenuta a titolo ormai formato) e comunque non adottata in forma di autotutela, come richiesto espressamente dall’art. 19 della legge n. 241 del 1990.

Al riguardo, il termine di 30 giorni entro il quale l’amministrazione comunale può esercitare il potere inibitorio in relazione alla denuncia di inizio attività ex art. 23 del D.P.R. n. 380 del 2001 è da ritenersi perentorio, sia per la certezza dei rapporti giuridici, sia perché la norma introduce nella peculiare fattispecie normativa (realizzazione di impianti di energia rinnovabile) una duplice limitazione temporanea: da un lato, allo jus aedificandi, che è facoltà attinente al diritto di proprietà; dall’altro lato, alla libera iniziativa privata in materia di attività energetica (art. 1, comma 2, legge n. 239 del 2004).

Prima la giurisprudenza e poi il legislatore (legge n. 80 del 2005) hanno inoltre stabilito che, una volta decorsi i termini previsti dall’art. 23 TUED, all’amministrazione residua unicamente l’attivazione del procedimento di autotutela secondo i criteri ed i parametri stabiliti al riguardo dagli artt. 21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990.

Circa l’esercizio di siffatto potere non v’è tuttavia traccia nei provvedimenti qui impugnati: avuto riguardo al loro specifico contenuto è infatti evidente come il Comune abbia tardivamente esercitato proprio quel controllo sul progetto che l’ordinamento colloca – come già detto – perentoriamente in una fase precedente alla formazione del titolo edilizio.

In altre parole, la rappresentazione delle ulteriori cause ostative, formulate in data 17 luglio 2008, è stata intempestivamente posta in essere solo dopo la chiusura per silentium della fase istruttoria, ossia allorquando il titolo edilizio doveva ritenersi già positivamente assentito.

Alla luce di quanto appena affermato, le censura in esame deve essere accolta, conseguendone la illegittimità della nota in data 17 luglio 2008, nella parte in cui richiede la produzione di ulteriori certificazioni e nulla osta, nonché il rispetto delle due delibere comunali concernenti, peraltro, il versamento del contributo ambientale.

4. Valutata in questi termini l’illegittimità dei provvedimenti in data 30 aprile 2008, 9 giugno 2008 e, soprattutto, della nota in data 17 luglio 2008, ed essendo il titolo edilizio – come ampiamente detto – già validamente formatosi al momento della adozione delle due delibere comunali n. 13 e n. 14 del 19 giugno 2008, ne deriva che, in ossequio al principio tempus regit actum, le medesime delibere non possono ritenersi applicabili al caso di specie. E ciò a tacere della sicura illegittimità della previsione di una forma di ristoro ambientale unilateralmente e indiscriminatamente disposta dall’amministrazione comunale, laddove la legge n. 239 del 2004, nel collocare tale competenza unicamente in capo a Stato e Regioni, subordina l’adozione di tali misure al ricorrere di determinati presupposti, dati dalla presenza di concentrazioni territoriali di attività, impianti ed infrastrutture ad elevato impatto territoriale ed ambientale (cfr. Cons. Stato, sez. III, parere 14 ottobre 2008, n. 2849).

4. Per tutte le considerazioni esposte il ricorso è fondato e deve essere accolto. Per l’effetto, debbono essere annullate la comunicazione n. 7005 del 30 aprile 2008, la determinazione n. 9014 del 9 giugno 2008 e la nota n. 11620 del 17 luglio 2008.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce, Prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1188/2008, lo accoglie e per l’effetto annulla:

1. la comunicazione n. 7005 del 30 aprile 2008;
2. la determinazione n. 9014 del 9 giugno 2008;
3. la nota n. 11620 del 17 luglio 2008.

Liquida le spese del presente giudizio in euro 2.500 (duemilacinquecento), oltre IVA e CPA, da porre integralmente a carico dell’amministrazione soccombente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Lecce, nella camera di consiglio del 3 dicembre 2008.

Aldo Ravalli – Presidente

Massimo Santini – Estensore

Pubblicata mediante deposito

in Segreteria il 15 gennaio 2009

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale amministrativo regionale della Puglia, I Sezione di Lecce sentenze : 115/2009

composto dai signori magistrati:

Aldo Ravalli Presidente

Luigi Viola Consigliere relatore

Carlo Dibello Referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 548/2007 proposto dal Comune di Palagianello, in persona del Sindaco in carica pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Misserini, come da mandato a margine del ricorso e presupposta delibera di G.M., elettivamente domiciliato in Lecce, via Scarambone n. 56, presso lo studio dell’Avv. Agnese Caprioli

contro

la Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta in carica pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di mandato a margine dell’atto di costituzione in giudizio e presupposta delibera di Giunta Regionale, dall’Avv. Marco Carletti, elettivamente domiciliata in Lecce, viale A. Moro n. 1, presso l’Ufficio regionale del contenzioso

per l’annullamento

-della determinazione del Dirigente Settore Foreste della Regione 1° febbraio 2007 n. 35, pubblicata sul B.U.R. n. 21 dell’8.2.2007, avente ad oggetto il <>, nella parte in cui conferma l’esclusione dal finanziamento del progetto presentato dal Comune di Palagianello;

– della determinazione del Dirigente Settore Foreste della Regione 1° febbraio 2007 n. 34, pubblicata sul B.U.R. n. 21 dell’8.2.2007, avente ad oggetto il <>, nella parte in cui non ammette a finanziamento il progetto presentato dal Comune di Palagianello;

-della nota 1° marzo 2007 prot. n. 1593, dell’Assessorato Risorse Agroalimentari – Settore Foreste della Regione Puglia, comunicata al ricorrente l’8 marzo 2007, avente ad oggetto la comunicazione all’Amministrazione ricorrente dei motivi del rigetto del ricorso presentato avverso l’esclusione dalla graduatoria dei progetti ammessi a finanziamento con riferimento alla misura 1.4- azione B) del POR Puglia 2000-2006;

-del bando di gara per la presentazione delle domande di ammissione a finanziamento Misura 1.4 – Annualità 2006 approvato con determinazione del Dirigente del Settore Ispettorato Regionale delle Foreste 13 aprile 2006 n. 452 e pubblicato sul B.U.R. n. 56 dell’11 maggio 2006, nella parte in cui non disciplina la possibile commistione tra interventi appartenenti a diverse Misure, senza dare attuazione al Complemento di programmazione.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;

Visti gli atti tutti di causa;

Data per letta alla pubblica udienza del 17 dicembre 2008 la relazione del Consigliere Dott. Luigi Viola e uditi altresì, l’Avv. Misserini per il ricorrente e l’Avv. Lazzari, in sostituzione di Carletti, per l’Amministrazione resistente;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con determinazione 13 aprile 2006 n. 452 (pubblicata sul B.U.R. n. 56 dell’11 maggio 2006), il Dirigente del Settore Ispettorato Regionale delle Foreste della Regione Puglia approvava il bando di gara per la presentazione delle domande di ammissione a finanziamento Misura 1.4 – azione B- Annualità 2006 del POR Puglia 2000-2006; le tipologie di interventi ammessi riguardavano:

-imboschimenti protettivi per la difesa e la conservazione del suolo su superfici con pendenza non inferiore al 20% e non superiore al 60%;

-miglioramento dell’efficienza dei boschi esistenti a fini protettivi nelle aree a rischio idrogeologico ed erosivo, anche costiero, per la difesa e la conservazione del suolo in ambito rurale.

Il Comune di Palagianello presentava domanda per l’ammissione a finanziamento di un progetto di <>; il progetto si articolava nel rimboschimento di una zona esistente di macchia-gariga (estesa 12,60 ha), in una serie di interventi di miglioramento (spalcatura, diradamento, taglio di avviamento ad alto fusto, eliminazione selettiva della vegetazione infestante) di un bosco esistente (esteso 5,25 ha) e nel ripristino di una strada di servizio.

Con nota 29 novembre 2006 prot. n. 50147, l’Assessorato Risorse Agroalimentari-Settore Foreste della Regione Puglia comunicava la provvisoria esclusione del progetto presentato dal Comune ricorrente, con la motivazione: <>; avverso l’esclusione, il Comune di Palagianello presentava ricorso in opposizione.

Con determinazioni del Dirigente Settore Foreste della Regione 1° febbraio 2007 n. 34 e 35 erano approvate la graduatorie generali dei soggetti ammessi e non ammessi a finanziamento nell’Annualità 2006 della misura 1.4 – azione B del POR Puglia; in particolare la determinazione n. 35 confermava l’esclusione dal finanziamento del progetto proposto dal Comune di Palagianello.

Con nota 1° marzo 2007 prot. n. 1593, l’Assessorato Risorse Agroalimentari – Settore Foreste della Regione Puglia, comunicava all’Amministrazione ricorrente i motivi del rigetto del ricorso presentato avverso l’esclusione dalla graduatoria dei progetti ammessi a finanziamento con riferimento alla misura 1.4- azione B) del POR Puglia 2000-2006; in particolare, la nota recava la seguente motivazione: <>.

Gli atti meglio specificati in epigrafe erano impugnati dal ricorrente per: 1) violazione e/o mancata applicazione del bando di gara e del complemento di programmazione del POR, violazione e/o mancata applicazione art. 27 l.r. n. 13/2000, eccesso di potere; 2) violazione e/o falsa applicazione art. 23 l.r. 13/2000, eccesso di potere per travisamento dei fatti, eccesso di potere per illogicità ed ingiustizia manifesta, eccesso di potere per errore nei presupposti; 3) violazione e/o falsa applicazione art. 3 l. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria ed errore nei presupposti, eccesso di potere per carenza di motivazione; 4) violazione e/o falsa applicazione art. 10 bis l. 241 del 1990, eccesso di potere per disparità di trattamento e per illogicità ed ingiustizia manifesta.

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione intimata, controdeducendo sul merito del ricorso.

All’udienza del 17 dicembre 2008 il ricorso passava quindi in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e deve pertanto essere respinto.

La previsione dell’art. 21-octies della l. 7 agosto 1990 n. 241 (aggiunto dall’art. 14, 1° comma della l. 11 febbraio 2005, n. 15) ha introdotto nel nostro ordinamento una sostanziale limitazione all’annullabilità degli atti adottati in violazione di legge o viziati da eccesso di potere o da incompetenza, con riferimento a due ipotesi caratterizzate da una comune “radice”, costituita, in sostanza, dalla natura esclusivamente formale della violazione e dalla presenza di un contesto generale in cui sia palese l’impossibilità di pervenire, a seguito della rinnovazione del potere a seguito dell’annullamento, ad un provvedimento amministrativo satisfattivo degli interessi del ricorrente: <>.

Nella fattispecie concreta, gli atti impugnati evidenziavano già la ragione sostanziale del diniego, individuata nell’impossibilità di riportare il progetto di rimboschimento presentato dal Comune di Palagianello alla Misura 1.4 – azione B-Annualità 2006 del POR Puglia 2000-2006 e dalla necessità di riportare l’istanza del Comune ad altra misura del POR; la motivazione impeditiva, genericamente individuata negli atti di diniego impugnati, è stata successivamente specificata, al momento della costituzione in giudizio dell’Amministrazione regionale, mediante individuazione di una serie di circostanze ad applicazione vincolata (per l’applicazione della previsione dell’art. 21-octies della l. 241 del 1990 agli atti caratterizzati dalla natura vincolata, si vedano, tra le tante: Consiglio Stato, sez. VI, 11 marzo 2008, n. 1025; T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 5 marzo 2008, n. 1102; per la giurisprudenza della Sezione: T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 4 luglio 2008, n. 2050) che rendevano (e rendono) impossibile riportare il progetto di rimboschimento presentato dal Comune di Palagianello alla Misura 1.4 – azione B – Annualità 2006 del POR Puglia 2000-2006.

In particolare, importanza decisiva deve essere attribuita, ai fini dell’esclusione della possibilità di riportare la fattispecie concreta alla Misura 1.4 – azione B – Annualità 2006 del POR Puglia 2000-2006, ad alcune circostanze, costituite:

1) dalla conformazione geologica dei luoghi che esclude che l’area in discorso sia caratterizzata dal requisito della pendenza minima del 20 % (solo una minima parte dell’area, in gran parte pianeggiante, raggiunge, infatti, la pendenza del 60%) che costituisce elemento caratterizzante della prima parte della descrizione analitica della Misura 1.4- azione B del POR (che è espressamente riferita agli <>);

2) sempre con riferimento alla prima parte della descrizione analitica della Misura 1.4, azione B del POR, dalla stessa conformazione naturalistica dell’area, in gran parte, boscata (la documentazione fotografica depositata in giudizio dall’Amministrazione evidenzia, infatti, come anche l’area in passato percorsa da incendi, si sia, in gran parte, spontaneamente ricostituita); manca quindi anche il requisito costituito dalla necessità di impiantare un nuovo bosco (la descrizione della misura parla, infatti, non a caso, di imboschimento e non di rimboschimento);

3) con riferimento alla seconda parte della descrizione analitica della Misura 1.4, azione B del POR (<>), dalla sostanziale mancanza del requisito della presenza di fenomeni erosivi in atto che possano integrare un concreto rischio idrogeologico (rischio, in realtà, neutralizzato dalla stessa ricostituzione spontanea del bosco, su una superficie, in gran parte, pianeggiante);

4) in termini generali, dall’impossibilità di riportare il progetto presentato dal Comune di Palagianello, all’interno dei vincoli economici propri dell’intervento in discorso ed in particolare, dal prezzario approvato dall’Amministrazione regionale con det. Dirig. 23.12.2003 n. 103 (a questo proposito, si veda il computo metrico estimativo allegato al progetto che prevede un costo unitario per buca di € 37,55, in luogo del prezzo di € 1,37 previsto dal prezzario regionale); con tutta evidenza, si trattava, quindi, di un progetto incompatibile con la complessiva strutturazione, anche economica, dell’intervento regionale in discorso.

Con riferimento alle sopra citate circostanze impeditive dedotte in giudizio dall’Amministrazione regionale, la difesa del Comune di Palagianello ha controdedotto rilevando, in termini generali, come si tratti di circostanze non accertate nel procedimento, e, sotto un diverso aspetto, contestando la stessa veridicità delle argomentazioni sviluppate dalla controparte.

Con riferimento al primo aspetto, la Sezione deve rilevare come la previsione dell’art. 21-octies, 2° comma della l. 241 del 1990 si limiti a richiamare la natura vincolata del potere (che importa l’esclusione della possibilità di disporre l’annullamento dell’atto viziato), senza prevedere che si tratti di circostanze preventivamente acquisite agli atti del procedimento; con tutta evidenza, si tratta, quindi, di valutazioni attinenti alla stessa strutturazione del potere esercitato dall’Amministrazione che prescindono dal preventivo contraddittorio procedimentale sulle problematiche impeditive.

Con riferimento al secondo aspetto, deve poi rilevarsi come l’Amministrazione resistente si sia limitata ad una generica contestazione delle allegazioni della Regione, senza proporre argomentazioni specifiche che possano portare a dubitare della veridicità della documentazione depositata dall’Amministrazione regionale; in mancanza di un principio di prova o anche solo di specifiche contestazioni da parte dell’Amministrazione resistente, la Sezione ritiene quindi di poter ritenere sufficiente la documentazione depositata in giudizio dalla resistente, anche senza il ricorso ad eventuali approfondimenti istruttori che appesantirebbero inutilmente lo svolgimento del giudizio.

Conclusivamente, deve poi rilevarsi come il riconoscimento dell’impossibilità di riportare il progetto presentato dall’Amministrazione regionale alla Misura 1.4 – azione B – Annualità 2006 del POR Puglia 2000-2006 ed in generale, di accogliere l’istanza dell’Amministrazione ricorrente, escluda anche ogni possibilità di disporre l’annullamento dell’atto, a seguito della rilevazione del mancato invio del preavviso di rigetto previsto dall’art. 10 bis della l. 241 del 1990 (per l’applicabilità della previsione dell’art. 21-octies anche al mancato invio del preavviso di rigetto, si vedano: Consiglio Stato, sez. VI, 8 febbraio 2008, n. 415; Tribunale sup.re acque, 30 gennaio 2008, n. 24; T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 8 agosto 2008, n. 9932).

Il ricorso deve pertanto essere respinto; sussistono ragioni per procedere alla compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, I Sezione di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa lo respinge, come da motivazione.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Così deciso in Lecce, in camera di consiglio il 17 dicembre 2008.

Aldo Ravalli – Presidente

Luigi Viola – Consigliere Estensore

Pubblicata mediante deposito

in Segreteria il 29 gennaio 2009

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce 169/09

nelle persone dei Signori:

COSTANTINI LUIGI PRESIDENTE

ENRICO D’ARPE Consigliere

PATRIZIA MORO Primo Ref. , relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

SUL RICORSO N.15/1994 PROPOSTO DA:

DE ROSA CRISTINA, rappresentata e difesa dall’avv. Daniele Versienti ed elettivamente domiciliata in Lecce alla via F.Lubello n.9/a presso lo studio dell’avv. Salvatore Innocente

Contro

COMUNE DI GALLIPOLI, in persona del Sindaco pro-tempore

PER L’ANNULLAMENTO

Della deliberazione N.77 DELL’8.10.1993 della Commissione Straordinaria ad oggetto “Delibera consiliare n.341 del 16.12.1981”.conferma a tempo indeterminato del personale addetto ai servizi di assistenza scolastica-Revoca”

Visto il ricorso ed i suoi allegati;

Visti gli atti di causa;

Designato per la pubblica udienza del 18 dicembre 2009 relatore la dott.ssa Patrizia Moro ed udito l’avv. Tolomeo in sostituzione dell’avv. Versienti

Considerato in

FATTO E DIRITTO

Con il ricorso all’esame, la sig.ra de Rosa insorge avverso il provvedimento n.77 /1993 con il quale il Comune di Gallipoli ha revocato la delibera di consiglio comunale n.341/1981 sul presupposto dell’adozione della stessa in violazione del D.L. n.702/78 convertito in L.3/79 ed, in particolare, del relativo art.5, in considerazione della circostanza che alla data del 31.12.1978 non era in servizio alcun insegnante, nonché alla luce dei principi espressi dal Consiglio di Stato nella decisione del 4.3.1992 , secondo la quale “ i rapporti di impiego degli EE.LL. in violazione dei divieti contenuti nel D.L.702/78 convertito nella L.3779 sono non soltanto illegittimi, ma addirittura nulli, con l’unica salvezza degli effetti medio tempore determinati dalla prestazione di servizio per l’effettuata applicabilità anche nell’ambito del pubblico impiego dell’art.2126 c.c.”.

A sostegno del ricorso sono stati dedotti i seguenti motivi di gravame:

1)Violazione dei principi generali di diritto. Violazione di legge art. 88 del regolamento di procedura dinanzi al Consiglio di Stato, art.45 T.U. Consiglio di Stato.

2) Violazione e falsa applicazione della legge 3/79 di conversione del D.L. 702/78. Erronea applicazione. Errore presupposti.

Nella pubblica udienza del 18 dicembre 2008 la causa è stata trattenuta per al decisione.

Il ricorso è infondato ed immeritevole di accoglimento.

L’art. 5 del Decreto Legge 10 novembre 1978 n. 702 convertito con modificazioni con Legge 8 gennaio 1979 n. 3, fissa il divieto, sanzionato con la nullità del rapporto, di assunzione temporanea o di conferma in servizio di personale avventizio in violazione delle norme sul reclutamento di tali dipendenti. La norma imperativa ex art. 5 d.l. 10 novembre 1978 n. 702, convertito dalla l. 8 gennaio 1979 n. 3, per la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, nel disporre la nullità ex lege degli atti di assunzione o di riconoscimento dei rapporti di pubblico impiego, ha inteso arginare le assunzioni anomale e ridurre la spesa pubblica , prevedendo la nullità in senso tecnico dei relativi rapporti, nel senso che i medesimi atti non possono produrre effetti (Ad. plen., 29 febbraio 1992, nn. 1 e 2 ; Ad. plen., 5 marzo 1992, nn. 5 e 6). In altri termini, la richiamata previsione legislativa della nullità evidenzia che il legislatore ha qualificato come rapporto di pubblico impiego solo quello che sia riconducibile ai provvedimenti tipici previsti dall’ordinamento: ne consegue che al giudice amministrativo è preclusa la statuizione di accertamento sull’esistenza di un rapporto prodotto da un atto nullo per violazione delle norme sui concorsi (cfr. Sez. IV, 16 febbraio 1998, n. 282; Cons.giust.amm. Sicilia, Sez. giurisd., 4 novembre 1998, n. 646).

A ciò aggiungasi che, nella fattispecie, difettano le condizioni per l’applicazione dell’art.5 c.13 del citato D.L. 702/78 il quale consente la conferma del personale non di ruolo in servizio alla data del 31.12.1978 , sia perchè non risulta dimostrata l’effettiva sussistenza del relativo posto vacante, sia perché la norma citata esclude l’immissione per il personale con rapporto di servizio a tempo parziale e/o di durata limitata nel corso dell’anno ( come risulta essere il caso della ricorrente).

Peraltro, nel pubblico impiego vige il principio, codificato dall’art. 97 Cost., secondo cui la costituzione dei rapporti di lavoro può avvenire solo mediante pubblico concorso, con la conseguenza che le ipotesi in cui detti rapporti vengono costituiti con atti discrezionali di nomina, non preceduti da prove selettive, sono del tutto eccezionali e, comunque, tassativamente stabilite dalla legge e che la deroga a tali principi , con trasformazione di rapporti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato può avvenire solo in presenza di precise e tassative disposizioni legislative.

In conseguenza del divieto assoluto di costituzione di rapporti all’infuori di quelli espressamente consentiti, a prescindere dall’esistenza o meno dell’atto di nomina, secondo l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sent. 29 febbraio 1992 nn. 1 e 2; 5 marzo 1992, n. 6) il rapporto sorto non può, agli effetti giuridici ed ai fini del riconoscimento di uno status, essere qualificato di pubblico impiego, né a termine, né a tempo indeterminato.

Né può condividersi la tesi sostenuta dalla ricorrente, a dire della quale il possesso del requisito del servizio entro la data del 31.12.1978 doveva intendersi riferito al solo anno scolastico 1978-79, non essendovi nella norma in esame alcuna deroga per il personale scolastico.

Peraltro, la suindicata circostanza dedotta dalla ricorrente risulta smentita dalla delibera n.77/1993, la quale attesta espressamente che “ alla data del 31.12.1978 non era in servizio alcun insegnante” , nonché dagli stessi attestati di nomina prodotti dalla medesima .

Per le considerazioni che precedono il provvedimento impugnato risulta esente dalle censure espresse nel ricorso il quale va, pertanto, respinto.

Nulla per le spese in assenza di costituzione dell’Amm.ne intimata.

P.Q.M

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Seconda Sezione di Lecce definitivamente pronunciando sul ricorso descritto in epigrafe, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Lecce, nella Camera di Consiglio del 18 dicembre 2008.

Dott. Luigi Costantini – Presidente

Dott.ssa Patrizia Moro – Estensore

Pubblicata il 31 gennaio 2009

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it