Tribunale amministrativo regionale per il Veneto Sent. n. 374/09

Avviso di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della L. 27 aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione terza, con l’intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti -Presidente

Elvio Antonelli -Consigliere

Marco Buricelli -Consigliere, rel. ed est.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 1524 del 2008 proposto da FIMMG –Federazione Italiana Medici di Medicina Generale –Continuità Assistenziale, in persona del Segretario Nazionale del Settore, e da Adinolfi Luigi, rappresentati e difesi dagli avvocati Francesco Vannicelli e Annamaria Celletti, domiciliati presso la Segreteria del Tar ai sensi dell’art. 35 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054;

contro

il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata ria per legge in Piazza San Marco n. 63;

e nei confronti

della Regione Veneto, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avvocati Ezio Zanon ed Emanuele Mio dell’Avvocatura regionale del Veneto, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale in Venezia, San Polo n. 1429/B);

per l’annullamento

della deliberazione della Giunta regionale (DGRV) n. 385 del 20 febbraio 2007, pubblicata sul BURV n. 24 del 9 marzo 2007, avente a oggetto avviso pubblico per l’ammissione in soprannumero al corso triennale di formazione specifica in Medicina Generale 2007/2010;

visto il ricorso al Tar del Lazio, notificato il 31 maggio 2007 e tempestivamente depositato in segreteria, con i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Amministrazione statale intimata e della Regione Veneto, con i relativi allegati;

vista l’ordinanza n. 3581 del 18 luglio 2007, con la quale la sezione terza quater del Tar del Lazio ha accolto la domanda di emanazione di misure cautelari presentata dai ricorrenti;

visto il ricorso per regolamento di competenza proposto dalla Regione Veneto in data 20 settembre 2007 per sentir dichiarare la incompetenza del Tar del Lazio e la competenza del Tar Veneto a conoscere della controversia;

vista la decisione n. 2871/08 con la quale la quinta sezione del Consiglio di Stato ha accolto l’istanza di regolamento di competenza e ha affermato la competenza del Tar del Veneto;

vista l’ordinanza n. 6135 del 2007 con la quale la quinta sezione del Consiglio di Stato ha accolto l’appello cautelare proposto dalla Regione respingendo l’istanza di sospensiva presentata in primo grado;

vista la memoria prodotta dai ricorrenti a sostegno della propria difesa;

visti gli atti tutti della causa;

uditi, all’udienza del 29 gennaio 2009 (relatore il consigliere Marco Buricelli), gli avvocati:, Gaudini, su delega di Vannicelli, per i ricorrenti, Londei per la Regione Veneto e Brunetti per l’Amministrazione statale intimata;

ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

1.- Nel ricorso si premette: a) che la FIMMG nazionale è una delle associazioni sindacali di settore, maggiormente rappresentative sul territori italiano, che si occupa della tutela dei medici di Medicina Generale e dei rapporti dei medici stessi con le istituzioni. Nell’ambito di tale attività l’associazione si occupa di assicurare la corretta attuazione delle norme nel rispetto delle pari opportunità e trattamento dei singoli medici. Sono iscritti all’associazione molti medici che hanno presentato, su tutto il territorio italiano, domanda di partecipazione ai concorsi per l’ammissione ai corsi di formazione specifica di Medicina Generale; e b) che il dott. Adinolfi ha avanzato domanda di partecipazione al corso di formazione specifica di Medicina Generale nell’ambito della regione di residenza.

Ciò premesso, nel ricorso si precisa che la frequentazione del corso di formazione consente di conseguire il diploma di formazione specifica in Medicina Generale (già denominato “attestato di formazione”) che costituisce, dal 1° gennaio 1995, a norma dell’art. 7, comma 1, della Direttiva CE n. 86/457 del 15 settembre 1986, condizione necessaria per l’esercizio della medicina generale negli Stati membri dell’Unione Europea, e ciò ai fini della equiparazione a livello comunitario della qualifica di medico generico, e di una valorizzazione del suo ruolo. Nel recepire le disposizioni comunitarie in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei diplomi, con d. lgs. n. 368 del 1999 e successive modifiche e integrazioni l’ordinamento italiano ha istituito e disciplinato in maniera organica il corso triennale per il conseguimento del diploma di formazione specifica di Medicina Generale. Il corso, in particolare, ha una durata triennale e prevede un impegno a tempo pieno dei partecipanti con esclusione dell’esercizio di altre attività. E’ altresì previsto il riconoscimento di una borsa di studio al medico in formazione. L’ammissione al corso, inoltre, avviene a seguito di concorso in base a criteri stabiliti dal Ministero della salute, unici su tutto il territorio nazionale. Ogni Regione istituisce il corso e determina i posti disponibili.

Ciò premesso e precisato i ricorrenti espongono:

-che con DGRV n. 386 del 20 febbraio 2007 è stato approvato il bando di concorso per l’ammissione al corso secondo la disciplina ordinaria;

-che, contestualmente, con DG n. 385 del 20 febbraio 2007, pubblicata sul BURV n. 24 del 9 marzo 2007, la Regione Veneto ha stabilito di emanare un avviso pubblico per l’ammissione in soprannumero di 20 corsisti al corso triennale di formazione specifica di Medicina Generale per il triennio 2007/2010. A differenza di ciò che prevede la disciplina ordinaria, nella procedura di ammissione in soprannumero la Regione non sottopone i laureati ad alcun esame ma si limita a valutare i titoli presentati, attribuendo un punteggio e compilando una graduatoria. Inoltre, a differenza dei medici ammessi al corso “ordinario”, i medici ammessi in soprannumero non hanno diritto alla borsa di studio ma possono svolgere attività libero professionale, purché compatibile con gli obblighi formativi;

-che la DGRV n. 385/07, relativa alla ammissione in soprannumero al corso, è illegittima per ingiustizia manifesta, disparità di trattamento e violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del d. lgs. n. 277/03. A sostegno della dedotta ingiustizia e illogicità si evidenzia in particolare che l’ammissione in soprannumero, a differenza dell’ammissione secondo la disciplina ordinaria, implica la sola valutazione dei titoli, senza la sottoposizione ad alcuna prova concorsuale, e l’assenza di condizioni di incompatibilità dato che si prevede esplicitamente la possibilità di svolgere attività libero –professionale.

La domanda cautelare è stata accolta dal Tar del Lazio con ordinanza che il Consiglio di Stato ha però riformato con la motivazione che segue: “i ricorrenti appaiono privi di legittimazione in quanto non risulta evidenziata, per la FIMMG, la tutela degli interessi collettivi della categoria e non risulta che il dott. Adinolfi abbia fatto domanda di partecipazione alla prova selettiva.

L’Avvocatura dello Stato si è costituita per l’Amministrazione statale intimata eccependo il difetto di legittimazione passiva dell’Amministrazione medesima, giacché l’impugnazione riguarda in via esclusiva un provvedimento emesso dalla Regione.

Regione che si è costituita eccependo in via preliminare l’irricevibilità del ricorso per tardività e la inammissibilità del giudizio per carenza di interesse specifico della FIMMG e dell’Adinolfi.

Nel merito, la difesa regionale ha segnalato che l’attività di formazione a favore dei 20 medici “corsisti soprannumerari” è iniziata il 29 luglio del 2008 rilevando quindi la infondatezza del gravame, che è stato trattenuto in decisione nell’udienza del 29 gennaio 2009.

2.-Il collegio può fare a meno di esaminare e di decidere l’eccezione di irricevibilità per tardività mossa dalla difesa regionale sull’assunto che:

-la DGRV n. 385/07 è stata pubblicata sul BURV n. 24 del 9 marzo 2007;

-nel caso in esame, il termine di 60 giorni per la notificazione del ricorso decorre dalla scadenza del termine previsto per la pubblicazione della delibera;

-la pubblicazione del BURV avviene con frequenza almeno settimanale (cfr. l. reg. n. 14 del 1989);

-nella fattispecie il ricorso è stato notificato soltanto il 31 maggio 2007.

Il collegio può, inoltre, fare a meno di porsi, “ex officio”, problemi di rito connessi alla omessa impugnazione, da parte dei ricorrenti, dei decreti dirigenziali nn. 47 e 73 del 2007, prodotti in giudizio dalla Regione Veneto adempiendo alla ordinanza istruttoria delegata n. 3 del 2009, di presa d’atto della graduatoria e dell’elenco dei candidati ammessi, e non ammessi come soprannumerari; e di ponderare sulla questione relativa alla integrazione del contraddittorio nei confronti dei medici ammessi in soprannumero al corso.

Si può prescindere –si diceva- dal sottoporre a disamina la suesposta eccezione di irricevibilità per tardività e dal porsi problemi di rito ulteriori poiché il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione e interesse in capo ai ricorrenti.

A questo proposito si è già detto sopra, e non appare inutile rammentarlo anche adesso, che la quinta sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 6135/07, nel riformare l’ordinanza cautelare di accoglimento emessa dal Tar Lazio ha affermato che “i ricorrenti appaiono privi di legittimazione in quanto non risulta evidenziata, per la FIMMG, la tutela degli interessi collettivi della categoria e non risulta che il dott. Adinolfi abbia fatto domanda di partecipazione alla prova selettiva”.

Da parte propria, il collegio osserva prima di tutto che la FIMMG, per comprovare la propria legittimazione ad agire in giudizio a tutela degli interessi degli iscritti, di cui espone di essere centro di riferimento, afferma:

-che l’associazione si occupa della tutela dei medici di Medicina Generale;

-che, “nell’ambito di tale attività, si occupa di assicurare la corretta attuazione delle norme nel rispetto delle pari opportunità e trattamento dei singoli medici. Sono iscritti all’associazione molti medici che hanno presentato, su tutto il territorio italiano, domanda di partecipazione ai concorsi per l’ammissione ai corsi di formazione specifica di Medicina Generale”;

-che la delibera impugnata compromette la professionalità e la credibilità dei medici che hanno presentato la domanda di partecipazione “ordinaria” al corso ai quali, come si è già detto, è impedito l’esercizio di attività libero –professionale, con evidente disparità di trattamento nei confronti dei colleghi ammessi in soprannumero al corso medesimo;

-che la tutela dell’interesse al corretto espletamento dei corsi in tutte le regioni italiane è interesse della categoria unitariamente intesa, senza possibilità di conflitti tra gli associati.

A giudizio del collegio le considerazioni su esposte non sono sufficienti per riconoscere legittimazione attiva e interesse a ricorrere in capo alla associazione ricorrente (sulla posizione del dott. Adinolfi si dirà tra breve): va pertanto accolta l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa regionale.

A questo proposito si ritiene opportuno premettere, in linea generale, che, secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa, alle associazioni di categoria sono riconosciute posizioni soggettive tutelabili in giudizio in quanto riferibili alla associazione come tale (e non è questo il nostro caso), ovvero alla categoria rappresentata. In quest’ultima ipotesi, però, a condizione che non siano coinvolti interessi individuali, vale a dire dei singoli appartenenti alla categoria, in potenziale contrasto con la posizione fatta valere in giudizio dalla associazione stessa. In altre parole, per giurisprudenza costante (v. ad es. Cons. St. , nn. 5138 del 2004 e 5307 del 2003; Tar Veneto, III, sent. n. 2692 del 2008), le associazioni di categoria sono legittimate ad agire in giudizio a tutela degli interessi unitari della collettività di cui sono centri di riferimento; va perciò esclusa la legittimazione dell’associazione di categoria qualora non sia certo che gli interessi di tutti gli iscritti alla associazione medesima siano conformi a quello a tutela del quale l’associazione agisce. Gli interessi individuali dei singoli appartenenti alla categoria non devono cioè confliggere tra loro, neppure in modo potenziale. Detto altrimenti, una situazione di conflitto tra appartenenti alla categoria, di cui l’associazione ricorrente è esponente, preclude la legittimazione della stessa a far valere l’interesse azionato in giudizio a causa del difetto del necessario presupposto della riferibilità di tale interesse, in modo indistinto, a tutta la categoria.

Con riferimento al caso di specie, dall’esame degli atti di causa risulta indiscutibilmente che l’interesse che FIMMG intende far valere con la proposizione del presente ricorso si riferisce essenzialmente alla tutela di un interesse che fa capo in via esclusiva ad aspiranti corsisti “ordinari”, vale a dire a medici che hanno presentato domanda di partecipazione secondo la disciplina ordinaria, in relazione alle disparità di trattamento che per FIMMG caratterizzerebbero le discipline, normale e speciale, di ammissione al corso, anzi ai corsi, ordinario e in soprannumero.

Questo essendo l’interesse perseguito da FIMMG nel promuovere il presente gravame, il collegio non ritiene di riconoscere, nel provvedimento impugnato, una capacità lesiva di interessi unitari della categoria degli iscritti a FIMMG.

Premesso che non risulta contestato che l’iscrizione a FIMMG sia consentita sia ad aspiranti corsisti ordinari sia ad aspiranti corsisti soprannumerari, appare evidente l’esistenza di un conflitto, perlomeno potenziale, tra interessi individuali dei singoli appartenenti all’associazione: l’interesse, degli aspiranti corsisti soprannumerari, a vedere tenuta ferma la DGRV n. 385/07, e quindi a non vedere richiesto il superamento di alcuna prova d’esame, e a non vedere precluso l’esercizio della attività, ad esempio, di guardia medica notturna, festiva e turistica durante lo svolgimento del corso di formazione; e l’interesse, opposto, degli aspiranti corsisti ordinari, a che non sia istituito un corso contraddistinto da una ammissione facilitata e dalla previsione della possibilità di svolgere, durante il corso, attività libero professionale, purché compatibile con l’adempimento degli obblighi formativi.

Detto altrimenti, l’eventuale accoglimento del ricorso, se potrebbe da un lato, semmai, avvantaggiare una parte degli associati, vale a dire gli iscritti eventualmente interessati a che non sia istituito un percorso formativo agevolato, dall’altro potrebbe pregiudicare gli iscritti interessati a essere ammessi in soprannumero al corso.

Si può aggiungere che correttamente la difesa regionale evidenzia:

-che compito di FIMMG è “rappresentare indistintamente entrambe le categorie di medici variamente ammesse ai corsi” e

-che è inammissibile che sia proprio FIMMG, ente esponenziale della categoria, a proporre un’azione in sede giurisdizionale non a garanzia degli interessi degli iscritti nella loro interezza, ma a tutela degli interessi particolari di un gruppo di iscritti in danno degli altri.

In definitiva, l’interesse fatto valere dall’associazione ricorrente non corrisponde all’interesse della intera categoria alla quale sono iscritti i medici ammessi ai corsi, o aspiranti tali. Si può concludere affermando che FIMMG ha agito a favore degli interessi individuali di alcuni associati contro altri, non risultando contestata la presenza, tra gli iscritti a FIMMG, di medici aventi un interesse opposto a quello diretto all’annullamento della delibera regionale.

Quanto alla posizione del dott. Adinolfi, a parte il fatto che dall’esame degli atti di causa non risulta comprovato che l’Adinolfi abbia presentato domanda di ammissione al corso (nella sua Regione o in un’altra), va sottolineato che lo stesso non comprova, né risulta comunque sussistere, la lesione di un interesse personale e concreto, essendosi il ricorrente limitato a dedurre, in modo del tutto generico, elementi di ingiustizia e di disparità di trattamento.

Deve essere infine statuito il difetto di legittimazione passiva dell’Amministrazione statale intimata, dato che la impugnazione concerne in via esclusiva un provvedimento della Regione Veneto.

Le spese seguono la soccombenza, e sono liquidate nel dispositivo.

P. Q. M.

il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione terza, definitivamente decidendo sul ricorso in premessa lo dichiara inammissibile.

Condanna i ricorrenti, in solido, a rimborsare spese ed onorari a favore della Regione Veneto nella misura di € 300,00 per spese e di € 1.500,00, oltre a i.v.a. e a c.p.a., per onorari.

Spese compensate nei confronti dell’Amministrazione statale intimata.

La presente sentenza verrà eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 29 gennaio 2009.

Il Presidente L’Estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Terza Sezione

T.A.R. per il Veneto – III Sezione n.r.g. 1524/08

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sent.n. 371/09

Avviso di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della L. 27 aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:

Angelo De Zotti Presidente

Elvio Antonelli Consigliere, relatore

Marina Perrelli Referendario

ha pronunciato, nella forma semplificata di cui agli artt. 21 e 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, la seguente

SENTENZA

nel giudizio introdotto con il ricorso n. 185/2009, proposto da Brighenti Daniele, rappresentato e difeso dall’avv. Mario Guarnati, con elezione di domicilio presso lo studio dell’avv. Daniele Marchiori, in Venezia Mestre, Via Monte S. Michele n. 39;

CONTRO

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria per legge;

per l’annullamento

della riduzione di punti operata in danno al ricorrente conseguentemente ai fatti del 11.05.2007 (venti punti) conosciuta dal ricorrente il 27.10.2008;

del provvedimento n. 14882 emesso in data 13.10.2008 dall’Ufficio Provinciale di Verona, Direzione Generale per la Motorizzazione, con il quale viene disposta la revisione tecnica della patente di guida in uso al ricorrente;

del provvedimento in data 18.11.2008 n. 16969/B78/MR dell’Ufficio della Motorizzazione Civile di Verona con il quale è stata disposta la revoca della patente di guida n. VR 5411350N di cat. B rilasciata al ricorrente il 26.09.2007 dalla Prefettura di Verona;

dell’esito degli accertamenti di revisione della patente di cui alla nota n. 067225 del 04.11.2008 della Motorizzazione Civile di Verona;

della comunicazione dell’anagrafe nazionale degli abilitati alla guida datata 16.05.2008;

Visto il ricorso, notificato il 31 dicembre 2008 e depositato presso la Segreteria il 21 gennaio 2009, con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione dei Trasporti;

visti gli atti tutti di causa;

uditi all’udienza camerale dell’11 febbraio 2009 (relatore il Consigliere Elvio Antonelli), l’avv. Guarnati per la parte ricorrente e l’avv. dello Stato Cerillo per la P.A.;

considerato

che, nel corso dell’udienza camerale fissata nel giudizio in epigrafe, il Presidente del Collegio ha comunicato alle parti come, all’esito, avrebbe potuto essere emessa decisione in forma semplificata, ex artt. 21, XI comma, e 26, IV e V comma, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, e queste non hanno espresso rilievi o riserve;

che sussistono effettivamente i presupposti per pronunciare tale sentenza nei termini come di seguito esposti:

che il ricorso deve ritenersi fondato con riferimento al 1° motivo e cioè alla detotta violazione dell’art. 126 bis del codice della strada, sotto il profilo che, ai fini della decurtazione dei punti sulla patente diviene presupposto necessario la definitività della sentenza penale di condanna;

che l’illegittimità della citata decurtazione inficia anche i conseguenti atti con i quali è stata disposta la revisione della patente e la sua revoca;

che tutti gli atti impugnati devono pertanto essere annullati;

le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come da dispositivo;

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna il Ministero alla rifusione delle spese di giudizio in favore del ricorrente, liquidandole in €1000,00, oltre i.v.a. e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 11 febbraio 2009.

Il Presidente l’Estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Terza Sezione

T.A.R. per il Veneto – III Sezione n.r.g. 185/09

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sent. n. 240/09

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, con l’intervento dei magistrati

Avviso di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della L. 27 aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

Vincenzo Antonio Borea – Presidente

Riccardo Savoia – Consigliere

Alessandra Farina – Consigliere, relatore

SENTENZA

sul ricorso n. 154/2009, proposto da Gestione Villaggi Turistici Rosapineta S.a.s. di P. Brazzalotto & C. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Valerio Migliorini e Giovanni Ruberto, con elezione di domicilio presso lo studio del secondo in Venezia, Piazzale Roma n. 521;

contro

il Comune di Rosolina (Ro) in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

l’Agenzia del demanio in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege presso la sua sede in Venezia, San Marco, 63,

l’Agenzia del demanio – filiale Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

la Regione Veneto, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, non costituita in giudizio;

il Ministero dell’economia e delle finanze in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;

il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;

il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

del provvedimento del Comune di Rosolina – Settore VIII° Demanio marittimo turistico-ricreativo, prot. 24057, dd. 19.12.2008, di determinazione e richiesta di versamento del canone demaniale e dell’imposta regionale relativi all’anno 2008, e di richiesta di adeguamento della polizza fideiussoria con riferimento alla concessione demaniale marittima n. 9 dd. 27.3.2006; nonché di ogni atto annesso, connesso o presupposto.

Visto il ricorso, notificato il 16.1.2009 e depositato presso la Segreteria il 20.1.2009, con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia del demanio;

visti gli atti tutti di causa;

uditi all’udienza camerale del 28 gennaio 2009 (relatore il Consigliere Alessandra Farina) gli avvocati: Migliorini per la parte ricorrente e Gasparini per l’Agenzia del demanio;

considerato

che, per il combinato disposto dell’art. 23, XI comma, e dell’ art. 26, IV e V comma, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, nella camera di consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare, il Collegio, accertata la completezza del contraddittorio, verificato che non v’è necessità di procedere ad adempimenti istruttori e sentite sul punto le parti presenti, può definire il giudizio con sentenza succintamente motivata;

che, nel corso dell’udienza camerale fissata nel giudizio in epigrafe, il Collegio ha comunicato alle parti presenti come, all’esito, avrebbe potuto essere emessa decisione in forma semplificata, e queste non hanno espresso rilievi o riserve;

che sussistono i presupposti per pronunciare tale sentenza nella presente controversia.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

1. La ricorrente , titolare della concessione demaniale marittima n. 9/03 avente a oggetto l’occupazione di un’area demaniale marittima allo scopo di mantenere un villaggio turistico e area spiaggia a uso pubblico, impugna con il ricorso in epigrafe i provvedimenti con cui il Comune ha rideterminato il canone di concessione, deducendo l’erronea qualificazione del rapporto concessorio come attinente a un’attività commerciale anziché ricettiva.

2. Si è costituita l’Agenzia del demanio che ha preliminarmente dedotto l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione.

L’eccezione è fondata.

Rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, della legge n. 1034/1971, le controversie aventi a oggetto indennità, canoni e altri corrispettivi relativi a rapporti di concessione di beni pubblici.

La giurisprudenza anche di recente ha avuto modo di affermare che laddove la controversia sia relativa alla determinazione del canone e alla misura dello stesso la pubblica amministrazione sia priva di qualsiasi discrezionalità, poiché se è vero che nella determinazione dell’ammontare dei canoni l’amministrazione deve comunque fare ricorso a criteri di apprezzamento tecnico contabile, si tratta comunque di questione afferente diritti soggettivi, senza coinvolgere perciò profili di discrezionalità amministrativa, consistendo in realtà nella pretesa a non vedersi assoggettati al pagamento di una somma di denaro maggiore di quella fissata da norma di legge, e solo nel caso in cui la controversia implichi pregiudizialmente la soluzione di questioni relative alla portata e al contenuto della concessione ovvero gli obblighi e ai diritti che ne derivano sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo.

Orbene nel caso in esame il Comune si è limitato ad applicare le tariffe di cui alla legge n. 296 del 2006, e dunque la questione ha come oggetto la mera quantificazione del canone afferente al singolo rapporto concessorio, e tale qualificazione non viene meno perché la ricorrente censura l’erroneo inquadramento della propria concessione come relativa ad attività ricettiva e non commerciale, perché l’applicazione di un parametro o di un altro non incide sulla natura del rapporto concessorio, ma rileva esclusivamente sull’importo in concreto del canone, restando dunque una questione di carattere meramente patrimoniale.

Ancora, anche seguendo i dettami recati dalla Corte costituzionale dapprima nella sentenza n.204/04 e da ultimo nella sentenza 11 maggio 2006 n. 191, non vi è spazio per la competenza giurisdizionale del giudice amministrativo in quanto non si apprezzano momenti riconducibili a un esercizio di potestà autoritativa, attenendo, come già detto, la causa esclusivamente a una questione di calcolo e di modalità per giungere alla esatta quantificazione del canone da corrispondere (Cfr. Tar Veneto, 5 febbraio 2008, n.219, Tar Lazio 16/4/2008).

Il ricorso dunque è inammissibile per difetto di giurisdizione.

Il Tribunale, inoltre, per il principio della

Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sent. n. 202/09

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Prima Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:

Avviso di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della L. 27 aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

Vincenzo Antonio Borea Presidente

Fulvio Rocco Consigliere

Riccardo Savoia Consigliere, relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 2/2009 proposto da Villaggi Club s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Valerio Migliorini e Giovanni Ruberto, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Venezia, Piazzale Roma, 521;

CONTRO

il Comune di Rosolina, in persona del Sindaco p.t.;

l’Agenzia del demanio, in persona del direttore p.t.;

l’Agenzia del demanio-Filiale Veneto, in persona del direttore p.t.;

la Regione Veneto, in persona del Presidente p.t.;

il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in persona del Ministro pro tempore;

il Presidente del Consiglio dei Ministri, nessuno costituito in giudizio;

il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, e domiciliato ex lege presso la stessa, in Venezia, Palazzo Reale S. Marco;

per l’annullamento

del provvedimento del Comune di Rosolina – settore VIII demanio turistico ricreativo, protocollo n. 21711 del 13 novembre 2008, di rettifica e richiesta di versamento del canone demaniale e dell’imposta regionale per l’anno 2007, con riferimento alla concessione demaniale marittima n.37 del 31.8.2004; del provvedimento in pari data, protocollo n. 21715, di determinazione e richiesta di versamento del canone demaniale e dell’imposta regionale, e richiesta di adeguamento della polizza fideiussoria relativa all’anno 2008 con riferimento alla medesima concessione demaniale.

Visto il ricorso, ritualmente notificato e depositato presso la Segreteria con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze ;

Visti gli atti tutti di causa;

Uditi alla camera di consiglio del 14 gennaio 2009, convocata a’ sensi dell’art. 21 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall’art. 3 della L. 21 luglio 2000 n. 205 – relatore il Consigliere Riccardo Savoia – i procuratori delle parti costituite come da verbale d’udienza ;

Rilevata, a’ sensi dell’art. 26 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall’art. 9 della L. 21 luglio 2000 n. 205, la completezza del contraddittorio processuale e ritenuto, a scioglimento della riserva espressa al riguardo, di poter decidere la causa con sentenza in forma semplificata;

Richiamato in fatto quanto esposto nel ricorso e dalle parti nei loro scritti difensivi;

considerato in diritto:

1. La ricorrente , titolare della concessione demaniale marittima n. 37/2004 avente a oggetto l’occupazione di un’area demaniale marittima allo scopo di mantenere un villaggio turistico e area spiaggia a uso pubblico, impugna con il ricorso in epigrafe i provvedimenti con cui il Comune ha rideterminato il canone, prima corrispondente a euro 78137,96, per l’anno 2007 nella somma di 163.539,55, e per l’anno 2008 nella somma di euro 167.131,99, deducendo l’erronea qualificazione del rapporto concessorio come attinente a un’attività commerciale anziché ricettiva.

2. Si è costituita l’amministrazione delle finanze che ha preliminarmente dedotto l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione.

L’eccezione è fondata.

Rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, della legge n. 1034/1971, le controversie aventi a oggetto indennità, canoni e altri corrispettivi relativi a rapporti di concessione di beni pubblici.

La giurisprudenza anche di recente ha avuto modo di affermare che laddove la controversia sia relativa alla determinazione del canone e alla misura dello stesso la pubblica amministrazione sia priva di qualsiasi discrezionalità, poiché se è vero che nella determinazione dell’ammontare dei canoni l’amministrazione deve comunque fare ricorso a criteri di apprezzamento tecnico contabile, si tratta comunque di questione afferente diritti soggettivi, senza coinvolgere perciò profili di discrezionalità amministrativa, consistendo in realtà nella pretesa a non vedersi assoggettati al pagamento di una somma di denaro maggiore di quella fissata da norma di legge, e solo nel caso in cui la controversia implichi pregiudizialmente la soluzione di questioni relative alla portata e al contenuto della concessione ovvero gli obblighi e ai diritti che ne derivano sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo.

Orbene nel caso in esame il Comune si è limitato ad applicare le tariffe di cui alla legge n. 296 del 2006, e dunque la questione ha come oggetto la mera quantificazione del canone afferente al singolo rapporto concessorio, e tale qualificazione non viene meno perché la ricorrente censura l’erroneo inquadramento della propria concessione come relativa ad attività ricettiva e non commerciale, perché l’applicazione di un parametro o di un altro non incide sulla natura del rapporto concessorio, ma rileva esclusivamente sull’importo in concreto del canone, restando dunque una questione di carattere meramente patrimoniale.

Ancora, anche seguendo i dettami recati dalla Corte costituzionale dapprima nella sentenza n.204/04 e da ultimo nella sentenza 11 maggio 2006 n. 191, non vi è spazio per la competenza giurisdizionale del giudice amministrativo in quanto non si apprezzano momenti riconducibili a un esercizio di potestà autoritativa, attenendo, come già detto, la causa esclusivamente a una questione di calcolo e di modalità per giungere alla esatta quantificazione del canone da corrispondere (Cfr. Tar Veneto, 5 febbraio 2008, n.219, Tar Lazio 16/4/2008).

Il ricorso dunque è inammissibile per difetto di giurisdizione.

Il Tribunale, inoltre, per il principio della