Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sent. n. 1031/09

Avviso di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della L. 27 aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

Claudio Rovis Presidente f.f.

Fulvio Rocco Consigliere, relatore

Alessandra Farina Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 1128/2007, proposto a’ sensi e per gli effetti dell’art. 44 del T.U. approvato con R.D. 26 giugno 1924 n. 1054 come da ultimo modificato per effetto degli artt. 1 e 16 della L. 21 luglio 2000 n. 205, da Milione Donato, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Attilio De Martin e Valentino Menon, con domicilio presso la Segreteria T.A.R.,

contro

il Ministero dell’economia – Comitato di verifica per le cause di servizio ed il Ministero dell’interno in persona dei Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege presso la sua sede in Venezia, San Marco, 63,

ed il Dipartimento della Pubblica sicurezza in persona del Capo della Polizia e Direttore generale della Pubblica sicurezza pro tempore, non costituito in giudizio,

per l’accertamento

del silenzio-inadempimento delle PP.AA., alla definizione, ciascuna per la parte di rispettiva competenza, del procedimento amministrativo per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle patologie e per l’erogazione dell’equo indennizzo, mediante l’adozione del provvedimento finale così come espressamente previsto dall’art. 14 del D.P.R. n. 461/2001, nonché dall’art. 2 della l. 7.8.1990 n. 241.

Visto il ricorso, notificato l’11.6.2008 e depositato presso la segreteria il 13.6.2008 con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione del Ministero dell’economia – Comitato di verifica per le cause di servizio e del Ministero dell’interno;

visti gli atti tutti della causa;

uditi all’udienza camerale del 25 marzo 2009 (relatore il Consigliere Fulvio Rocco) i procuratori delle parti costituite come da verbale d’udienza;

considerato

che in data 27 gennaio 2009 il difensore del ricorrente ha dichiarato che a seguito dell’ordinanza collegiale istruttoria del T.a.r. Veneto, prima sezione, n. 10 del 9.7.2008, è stato notificato al ricorrente il decreto ministeriale n. 1130 in data 16.9.2008, corredato dai prescritti pareri del Comitato di verifica per le cause di servizio, comportante la cessazione della materia del contendere in ordine al ricorso de quo;

che, pertanto, il ricorso in epigrafe, trattenuto in decisione all’udienza camerale del 25 marzo 2009, va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse;

Le spese sono liquidate come da dispositivo.

P. Q. M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, respinta ogni altra domanda o eccezione, lo dichiara improcedibile.

Condanna le Amministrazioni resistenti al pagamento, in favore della parte ricorrente, delle spese e delle competenze di causa che liquida complessivamente in € 1.500,00 (euromillecinquecento/00) di cui € 750,00 (eurosettecentocinquanta/00) a carico del Ministero dell’Interno ed € 750,00 (eurosettecentocinquanta/00) a carico del Ministero dell’economia e delle finanze, oltre ad i.v.a. e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, addì 25 marzo 2009.

Il Presidente f.f. L’Estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Prima Sezione

T.A.R. per il Veneto – I Sezione n.r.g. 1128/07

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sent. n. 1028/09

Avviso di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della L. 27 aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

Claudio Rovis – Presidente f.f., relatore

Fulvio Rocco – Consigliere

Alessandra Farina – Consigliere

SENTENZA

sul ricorso n. 609/2009, proposto da Camping Laguna Village S.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Mariateresa Borgato Pagotto con domicilio presso la Segreteria del T.A.R., ai sensi dell’art. 35 R.D. 26.6.1924 n. 1054,

contro

il Comune Caorle (Ve) in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Luciano Striuli, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R., ai sensi dell’art. 35 R.D. 26.6.1924 n. 1054,

e nei confronti

di Ceschin S.r.l. – Società per il turismo e campeggi in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenzo Pellegrini, con elezione di domicilio presso lo studio dell’avvocato Emanuela Rizzi, in Venezia Santa Croce 312/a,

per l’annullamento

dell’ “avviso di assegnazione di area demaniale” del 14.3.2008, prot. n. 00009788 del Dirigente del Settore Sviluppo Economico; della determinazione 15.12.2008 n. 285; nonché di ogni altro atto connesso e presupposto.

Visto il ricorso regolarmente notificato e depositato presso la Segreteria con i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune Carole e di Ceschin S.r.l. – Società per il turismo e campeggi;

visti gli atti tutti di causa;

uditi all’udienza camerale del 25 marzo 2009 (relatore il Presidente f.f. Claudio Rovis) i procuratori delle parti costituite come da verbale d’udienza;

considerato

che, per il combinato disposto dell’art. 23, XI comma, e dell’ art. 26, IV e V comma, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, nella camera di consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare, il Collegio, accertata la completezza del contraddittorio, verificato che non v’è necessità di procedere ad adempimenti istruttori e sentite sul punto le parti presenti, può definire il giudizio con sentenza succintamente motivata;

che, nel corso dell’udienza camerale fissata nel giudizio in epigrafe, il Collegio ha comunicato alle parti presenti come, all’esito, avrebbe potuto essere emessa decisione in forma semplificata, e queste non hanno espresso rilievi o riserve;

che sussistono i presupposti per pronunciare tale sentenza nella presente controversia.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto:

che non sussiste la rilevata tardività dell’impugnazione dell’avviso 14.3.2008 n. 978 di assegnazione di area demaniale: tale determinazione, infatti, ha pregiudicato l’interesse della ricorrente non già immediatamente, ma soltanto a seguito della conclusione del procedimento ad evidenza pubblica che ha visto assegnatario della concessione la società controinteressata;

che con provvedimento 29.4.2004 n. 17715 il Comune aveva comunicato che “l’amministrazione comunale ha disposto che l’area demaniale…sia rilasciata a codesta ditta quale proprietaria dell’area retrostante ad uso campeggio, previo esito positivo dell’iter previsto ai sensi della LR 33/02”;

che, come affermato dalla stessa difesa del Comune (cfr. il controricorso, pagg. 3 e 13), con nota dirigenziale 20.5.2004 n. 21597 l’Amministrazione ha provveduto a richiedere alla Regione e alle altre autorità titolari di interessi sul bene demaniale i pareri previsti dalla lett. a) dell’allegato S/3 alla LR n. 33/02: tuttavia, poichè gli stessi non sono intervenuti entro il prescritto termine di trenta giorni, l’Amministrazione era abilitata a procedere all’iter concessorio “senza ulteriori dilazioni”;

che con nota 11.6.2004 il Comune autorizzava la ricorrente “ad occupare anticipatamente ai sensi e per gli effetti dell’art. 38 del codice della navigazione la porzione di area” in questione;

che è innegabile che i predetti atti abbiano ingenerato nella ricorrente un affidamento alla positiva conclusione della procedura: conclusione che, peraltro, essa non aveva particolare interesse di forzare, attesa l’autorizzata occupazione dell’area, ancorchè a titolo precario;

che, ciò stante, il radicale mutamento d’indirizzo dell’Amministrazione circa l’utilizzazione dell’area di cui è causa, manifestato ed attuato con gli impugnati provvedimenti, meritava senz’altro di essere preventivamente compartecipato all’odierna ricorrente, che vantava un interesse particolarmente qualificato – in relazione sia all’attività svolta dalla medesima che ai pregressi provvedimenti del Comune – alla conclusione positiva dell’iter concessorio: mutamento di indirizzo e compartecipazione che, fra l’altro, avrebbero dovuto trovare idonea fonte in un atto deliberativo giuntale, così come previsto dall’art. 42, II comma, lett. l) del DLgs n. 267/00, atteso che appartiene alla Giunta il potere di adottare determinazioni che, come quella di specie, implichino una valutazione di natura in qualche misura politico-amministrativa e, come tale, non spettante alla competenza della dirigenza;

che, conseguentemente, il ricorso è fondato sotto i profili della violazione delle regole del giusto provvedimento e dell’incompetenza del dirigente dedotti con il terzo ed il primo motivo di censura;

che le spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli impugnati provvedimenti.

Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 25 marzo gennaio 2009.

Il Presidente f.f., estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Prima Sezione

T.A.R. per il Veneto – I Sezione n.r.g. 609/09

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sent. n. 1027/09

Avviso di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della L. 27 aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

Claudio Rovis – Presidente f.f., relatore

Fulvio Rocco – Consigliere

Alessandra Farina – Consigliere

SENTENZA

sul ricorso n. 725/2009, proposto da GlaxoSmithKline S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Franco Ferrari e Paolo Mantovan, con elezione di domicilio presso lo studio del secondo in Venezia, Campo Manin 4255,

contro

– Azienda U.l.s.s. n. 6 “Vicenza”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Laura Tedeschi e Barbara Trivellato, con domicilio presso la Segreteria T.A.R.,

– Azienda U.l.s.s. n. 20 di Verona in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Amleto Cattarin, Alessandro Azzimi ed Alessandra Volpato, con elezione di domicilio presso lo studio dell’ultima in Venezia, Santa Croce – Piazzale Roma 468/b,

– Azienda U.l.s.s. n. 1 Belluno, Azienda U.l.s.s. n. 2 Feltre, Azienda U.l.s.s. n. 3 Bassano del Grappa, Azienda U.l.s.s. n. 4 Alto Vicentino, Azienda U.l.s.s. n. 5 Ovest Vicentino, Azienda U.l.s.s. n. 7 Pieve di Soligo, Azienda U.l.s.s. n. 8 Asolo, Azienda U.l.s.s. n. 9 Treviso, Azienda U.l.s.s. n. 10 Veneto Orientale, Azienda U.l.s.s. n. 12 Veneziana, Azienda U.l.s.s. n. 13 Mirano, Azienda U.l.s.s. n. 14 Chioggia, Azienda U.l.s.s. n. 15 Alta Padovana, Azienda U.l.s.s. n. 16 Padova, Azienda U.l.s.s. n. 17 Este, Azienda U.l.s.s. n. 18 Rovigo, Azienda U.l.s.s. n. 19 Adria, Azienda U.l.s.s. n. 21 Legnago e Azienda U.l.s.s. n. 22 Bussolengo, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, non costituite in giudizio;

e nei confronti di

– Sanofi Pasteur MSD S..p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fabio Cintioli, Giuseppe Lo Pinto e Giorgio Orsoni, con elezione di domicilio presso lo studio dell’ultimo in Venezia, Santa Croce n. 205;

* Regione Veneto in persona del Presidente pro tempore della Giunta Regionale, rappresentato e difeso dagli avvocati Ezio Zanon e Francesco Zanlucchi, con elezione di domicilio presso l’Avvocatura regionale del Veneto in Venezia, San Polo 1429/b,

per l’annullamento

della deliberazione dell’Azienda U.l.s.s. 6 Vicenza in data 20.2.2009 n. 73, avente ad oggetto: “ Progetto regionale Acquisti Centralizzati: aggiudicazione gara a procedura negoziata per fornitura biennale vaccino anti-papilloma virus per le Aziende U.L.S.S. della Regione Veneto”; della nota 23.2.2009; dell’aggiudicazione provvisoria intervenuta a favore di Sanofi Pasteur MSD S.p.a. della procedura negoziata centralizzata di cui trattasi; dei verbali delle Commissioni di gara, ed in particolare di quelli relativi alle sedute in data 12.2.2009, 13.2.2009 e 16.2.2009; del “Capitolato speciale per la fornitura del Vaccino anti-papilloma virus”; della lettera di invito in data 21.1.2009 prot. 4112/RC; della delibera in data 19.1.2009 n. 6; della nota in data 12.2.2009 prot. 10203; ed altresì per il risarcimento del danno.

Visto il ricorso regolarmente notificato e depositato presso la Segreteria con i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda U.l.s.s. n. 6 “Vicenza”, dell’Azienda U.l.s.s. n. 20 di Verona, di Sanofi Pasteur MSD S.p.a. e della Regione Veneto;

visti gli atti tutti di causa;

uditi all’udienza camerale del 25 marzo 2009 (relatore il Presidente f.f. Claudio Rovis) i procuratori delle parti costituite come da verbale d’udienza;

considerato

che, per il combinato disposto dell’art. 23, XI comma, e dell’ art. 26, IV e V comma, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, nella camera di consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare, il Collegio, accertata la completezza del contraddittorio, verificato che non v’è necessità di procedere ad adempimenti istruttori e sentite sul punto le parti presenti, può definire il giudizio con sentenza succintamente motivata;

che, nel corso dell’udienza camerale fissata nel giudizio in epigrafe, il Collegio ha comunicato alle parti presenti come, all’esito, avrebbe potuto essere emessa decisione in forma semplificata, e queste non hanno espresso rilievi o riserve;

che sussistono i presupposti per pronunciare tale sentenza nella presente controversia.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto:

che, ancorchè possa ritenersi corretto ed opportuno, nel caso di specie, il ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (dalla letteratura in materia si evince, invero, la sussistenza di oggettive differenze tra i due vaccini, in punto, ad esempio, di reattività con altri tipi di ceppi virali, di durata dell’efficacia, di protezione da altri ceppi virali, etc.), tuttavia il peso ponderale (quattro punti) attribuito al parametro della “efficacia nel prevenire lesioni non tumorali” risulta eccessivo, tenuto conto che solo uno dei due vaccini (il Gardasil) può beneficiare del relativo punteggio (e che, pertanto, detto punteggio – ma il medesimo rilievo può valere anche per il parametro – sembra precostituito per consentire l’aggiudicazione della gara ad una determinata impresa, con conseguente lesione del principio di concorrenza e della par condicio dei concorrenti) e che la prevenzione di “lesioni non tumorali” non rientra nell’obiettivo della campagna vaccinale nazionale, che è finalizzata esclusivamente alla prevenzione del carcinoma della cervice;

che, peraltro, il prescelto metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa mal si concilia – attesa la discrezionalità nell’individuazione dell’aggiudicatario, discrezionalità assente nel caso di gara ad offerta più bassa – con la reiterata nomina da parte dell’ASL degli stessi due componenti, diversi dal presidente, della commissione giudicatrice della gara dell’anno precedente: reiterazione che, peraltro, collide con la norma contenuta nell’art. 84, VIII comma del DLgs n. 163/06, ispirata al principio di evitare accentramenti di potere negli stessi soggetti;

che, tenuto conto che i due vaccini presentano una durata di efficacia oggettivamente diversa, ad innegabile vantaggio del Cervarix, risulta illogica l’attribuzione del medesimo punteggio ad entrambi i vaccini;

che l’assegnazione dell’identico punteggio ai due vaccini in relazione al parametro della reattività indotta risulta analogamente irragionevole, atteso che mentre il Gardasil ha reattività crociata con un solo sierotipo oncogeno (il ceppo 31), il Cervarix presenta reattività crociata con due sierotipi, il ceppo 31 ed il ceppo 45, ceppo quest’ultimo che è il più pericoloso ed aggressivo dopo i ceppi 16 e 18;

che, per le suesposte incongruità, il ricorso è, dunque fondato e va accolto, le spese potendo essere compensate;

che non sussistono i presupposti per il risarcimento, attesa la non satisfattorietà della presente pronuncia nei confronti della ricorrente;

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati nei limiti di cui in motivazione.

Respinge la domanda di risarcimento.

Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 25 marzo 2009.

Il Presidente f.f., estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Prima Sezione

T.A.R. per il Veneto – I Sezione n.r.g. 725/09

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio

ha pronunciato la seguente

Sentenza

sul ricorso n. 574 del 2009, proposto da Minio Emilio, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Pesce, presso il cui studio è elettivamente domiciliato, in Roma, via XX Settembre n. 1

contro

* il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t.;
* il Consiglio Superiore della Magistratura, nella persona del Presidente p.t.;

rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono elettivamente domiciliati, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12

e nei confronti di

Savastano Marina, Levita Luigi, Scarpati Angelo e Cancilla Francesco Antonino, non costituitisi in giudizio

per l’annullamento

* del provvedimento di estremi e contenuto ignoti con il quale il Consiglio Superiore della Magistratura ha respinto l’istanza avanzata dal dr. Minio ai sensi della legge 104/92 di avanzamento nella graduatoria dei magistrati nominati con D.M. del 6 dicembre 2007 ai fini della scelta della sede di servizio;
* nei limiti dell’interesse:

1) della stessa graduatoria del Consiglio Superiore della Magistratura, con cui è stato stilato l’ordine dai magistrati nominati con D.M. del 6 dicembre 2007;

2) della circolare del Consiglio Superiore della Magistratura recante i criteri di applicazione per la formazione della graduatoria (protocollo CSM P27095/2008 del 7 novembre 2008);

* di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale;

nonché per la declaratoria

del diritto del ricorrente ad ottenere il beneficio previsto dalla legge 104/1992 (qualificato ai sensi degli artt. 3, comma 3, 21 e 33 comma 6);

Visto il ricorso con la relativa documentazione;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 6 maggio 2009 il dr. Roberto POLITI; uditi altresì i procuratori delle parti come da verbale d’udienza.

Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:

Fatto

Espone preliminarmente il ricorrente di essersi utilmente collocato (204° posto) in esito al concorso a 380 posti di uditore giudiziario.

Soggiunge l’interessato di aver presentato una dichiarazione, corredata dalla pertinente documentazione, attestante la sussistenza di titoli idonei a determinare l’attribuzione di un maggiore punteggio assoluto – rilevante ai fini della formazione della graduatoria definitiva – con particolare riferimento al disimpegno di obblighi assistenziali nei confronti di un congiunto affetto da grave forma di handicap.

In conseguenza della definizione della graduatoria concorsuale, il ricorrente si avvedeva che l’Amministrazione procedente aveva determinato di non attribuire il punteggio aggiuntivo che l’interessato assume spettargli in ragione del titolo sopra indicato.

Questi i dedotti argomenti di censura:

Violazione e falsa applicazione di legge (artt. 3 e 33, comma 5, della legge 104/1992). Difetto assoluto di istruttoria e di motivazione.

Nell’osservare come il comma 5 dell’art. 33 della legge 104/1992 introduca un criterio derogativo rispetto all’ordinaria procedura di assegnazione delle sedi per lo svolgimento del rapporto di lavoro (consistente nella possibilità, attribuita al lavoratore che assista con continuità un familiare disabile, di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio), esclude il ricorrente che il riconoscimento del suddetto beneficio sia condizionato alla convivenza con il congiunto (risultando invece necessario che la prestazione assistenziale sia svolta con carattere di continuità).

Sostiene il dott. Minio di possedere i requisiti di legge, atteso che il medesimo disimpegna – nei confronti della propria madre, affetta di disabilità psichica – attività assistenziale non altrimenti fungibile in ragione dell’assenza di altri familiari in grado di prestarla.

Assume, per l’effetto, l’illegittimità della collocazione nella conclusiva graduatoria del concorso de quo, intervenuta in difetto del riconoscimento del titolo di precedenza di che trattasi.

Con motivi aggiunti depositati il 3 febbraio 2009 parte ricorrente ha poi impugnato la nota P546/2009 del 15 gennaio 2009, con la quale il Consiglio Superiore della Magistratura ha approvato la graduatoria definitiva dei magistrati nominati con D.M. 6 dicembre 2007, estendendo a tale atto le doglianze già dedotte con il ricorso introduttivo.

Conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell’impugnativa.

La domanda di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, dalla parte ricorrente proposta in via incidentale, è stata da questo Tribunale accolta con ordinanza n. 208, pronunziata nella Camera di Consiglio dell’11 febbraio 2009.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 6 maggio 2009.

Diritto

1. Va preliminarmente osservato che con l’ordinanza da ultimo richiamata la Sezione ha rilevato che, in ragione del titolo di preferenza assoluto dalla parte ricorrente fatto valere con riferimento alla graduatoria del concorso in precedenza indicato, rivestono qualità di contraddittore necessario tutti i candidati collocatisi in posizione anteriore rispetto a quella occupata dal dott. Minio.

A fronte della riveniente esigenza che, ai fini della trattazione nel merito del presente gravame, venisse completato il quadro della parti necessarie evocate in giudizio, veniva quindi ordinato alla parte ricorrente di procedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutte le parti necessarie, mediante notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, nonché dei motivi aggiunti successivamente proposti, entro giorni 30 (trenta) dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente ordinanza e deposito in giudizio della prova dell’intervenuta notificazione entro i 15 (quindici) giorni successivi al completamento delle relative formalità.

Con decreto presidenziale n. 54 del 23 febbraio 2009 –reso a fronte di istanza dal ricorrente presentata il precedente 19 febbraio – la parte veniva autorizzata ad effettuare l’integrazione del contraddittorio come sopra disposta a mezzo di pubblici proclami.

Nell’osservare come le modalità all’uopo indicate abbiano formato oggetto di piena osservanza ad opera della parte ricorrente – che ha depositato in data 2 aprile 2009 l’originale della Gazzetta Ufficiale – Parte II – n. 34 del 24 marzo 2009 (comprovante l’esecuzione del disposto incombente) – vengono in considerazione le censure con le quali il dott. Minio ha contestato la legittimità delle avversate determinazioni.

2. Va innanzi tutto osservato come la legge 5 febbraio 1992 n. 104, all’art. 33, statuisca che il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.

La posizione di vantaggio costituita ex art. 33, si presenta come un vero e proprio diritto soggettivo di scelta da parte del familiare-lavoratore che presti assistenza con continuità a persone che sono ad esse legate da uno stretto vincolo di parentela o di affinità.

La ratio di una siffatta posizione soggettiva – come autorevolmente sostenuto dalla Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione (sentenza 27 marzo 2008 n. 7945) va individuata nella tutela della salute psico-fisica del portatore di handicap, nonché in un riconoscimento del valore della convivenza familiare come luogo naturale di solidarietà tra i suoi componenti.

In argomento, va rammentato come la Corte Costituzionale – nel dichiarare non fondata la questione di legittimità del citato art. 33, comma 5, sollevata in riferimento all’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui tale norma riconosce il diritto del lavoratore dipendente a scegliere la sede più vicina al proprio domicilio – ha affermato:

* che la suddetta disposizione richiede come condizione che il lavoratore sia convivente con l’handicappato;
* e che la maggior tutela accordata all’ipotesi in cui il portatore di handicap riceva già assistenza rispetto a quella – altrettanto meritevole di tutela, ma diversa – in cui il lavoratore non è convivente (e si rende quindi necessario il suo trasferimento per attendere alle cure del congiunto), lungi dal rappresentare una discriminazione ingiustificata, costituisce una scelta discrezionale del Legislatore non irragionevolmente finalizzata alla valorizzazione dell’assistenza familiare del disabile, allorquando corrisponda ad una modalità di assistenza in atto, la cui speciale salvaguardia valga ad evitare rotture traumatiche e dannose alla convivenza (cfr.: Corte Cost. ord. n. 325 del 1996).

Con la sopra citata pronunzia, la Corte Costituzionale ha avuto modo anche di ricordare come, esaminando alcuni profili della legge 104/1992, ne abbia già sottolineato l’ampia sfera di applicazione, diretta ad assicurare, in termini quanto più possibile soddisfacenti, la tutela dei portatori di handicap; ed ha aggiunto, ulteriormente, che la relativa disciplina incide sul settore sanitario e assistenziale, sulla formazione professionale, sulle condizioni di lavoro, sulla integrazione scolastica, e che in generale dette misure hanno il fine di superare (o di contribuire a fare superare) i molteplici ostacoli che il disabile incontra quotidianamente nelle attività sociali e lavorative e nell’esercizio dei diritti costituzionalmente protetti (cfr. sentenza n. 406 del 1992).

Va tuttavia osservato che – ferma la rilevanza sociale della disposizione legislativa all’esame – nondimeno il diritto del genitore o del familiare lavoratore dell’handicappato di scegliere la sede più vicina al proprio domicilio (e di non essere trasferito in altra sede senza il suo consenso) non si configura quale diritto assoluto o illimitato: e ciò in quanto lo svolgimento di tale posizione giuridica soggettiva presuppone, oltre agli altri requisiti esplicitamente previsti dalla legge, altresì la compatibilità con l’interesse comune.

Come è dimostrato dall’inciso “ove possibile” (contenuto nel comma 5 all’esame), il diritto alla tutela dell’handicappato non può essere fatto valere quando il relativo esercizio venga a ledere in maniera consistente le esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro, in quanto ciò può tradursi – soprattutto per quel che riguarda i rapporti di lavoro pubblico – in un danno per la collettività (cfr.: Corte Cass. 29 settembre 2002 n. 12692).

In questo caso quindi il diritto del familiare-lavoratore deve bilanciarsi con altri interessi, che trovano anche essi una copertura costituzionale, sicché il riconoscimento del diritto del lavoratore-familiare può – a seconda delle situazioni fattuali a fronte delle quali si intenda farlo valere – dimostrarsi recessivo a fronte di rilevanti esigenze economiche, organizzative o produttive dell’impresa,e per quanto riguarda i rapporti di lavoro pubblico, ad interessi della collettività ostativi di fatto alla operatività della scelta.

3. Secondo quanto condivisibilmente sostenuto dalle Sezioni Unite nella citata decisione, la prova della sussistenza delle ragioni impeditive del diritto alla scelta delle sede fa carico sul datore di lavoro: a tale conclusione conducendo la lettera della legge, la considerazione che le ragioni da provare sono a diretta e più agevole conoscenza del datore di lavoro, ed infine il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità in tema di trasferimento ex art. 2103 c.c.

Se, alla stregua delle indicazioni precedentemente esposte, il diritto del familiare-lavoratore che assista con continuità un congiunto portatore di handicap di scegliere la sede lavorativa più vicino al proprio domicilio non si configura come un diritto assoluto o illimitato, atteso che detto diritto può essere fatto valere allorquando (alla stregua della regola di un equo bilanciamento tra i diritti, tutti con rilevanza costituzionale) il suo esercizio finisca per ledere in maniera consistente le esigenze economiche, produttive o organizzative del datore di lavoro e per tradursi (soprattutto nei casi in cui si sia in presenza di rapporti di lavoro pubblico) con l’interesse della collettività (considerazioni, queste, la cui prova fa carico sulla parte datoriale privata e su quella pubblica), deve escludersi che, nella fattispecie sottoposta all’esame del Collegio, il diniego espresso a fronte dell’istanza presentata dal dott. Minio sia confortato da condivisibili argomentazioni.

Il C.S.M., con delibera 14 gennaio 2009 (avente ad oggetto “esame delle osservazioni presentate dai magistrati ordinari in tirocinio nominati con D.M. 6 dicembre 2007, approvazione della graduatoria finale”) ha ribadito quanto osservato dalla competente Commissione in ordine alla inadeguatezza della situazione rappresentata dal dott. Minio ad integrare la fattispecie di legge, atteso che “la madre del magistrato, portatrice di handicap, … ben può essere assistita da altri familiari, in particolare da altra figlia, che abita nel medesimo stabile della madre e che svolge attività commerciale in società con altro soggetto”.

Tale assunto – contrariamente a quanto osservato dall’Avvocatura Generale dello Stato con memoria depositata il 7 febbraio 2009 – non merita condivisione.

La ratio dell’articolo 33, comma 5, è infatti quella di tutelare il rapporto assistenziale, in atto con carattere di continuità, nel presupposto che lo stesso esprima valori di solidarietà familiare e umana aventi fondamento costituzionale; ciò si basa sul fatto che la relazione assistenziale ha un contenuto affettivo intimo e personale e che la sua instaurazione dipende da una scelta individuale che non può essere imposta, dipendendo la stessa da una libera e consapevole assunzione di responsabilità del singolo.

Di conseguenza, l’esclusività deve essere intesa come inesistenza di altri congiunti che siano disponibili a prestare e che in concreto prestino in modo adeguato assistenza al congiunto, indipendentemente dalle ragioni di tale indisponibilità, che possono essere oggettive ma anche soggettive proprio perché la relazione in questione ha un essenziale contenuto affettivo e emotivo e dipende dal concreto atteggiarsi dei legami tra soggetti.

Non si dimostra quindi condivisibile quell’orientamento giurisprudenziale che ha inteso l’“esclusività” del rapporto come inesistenza di altri congiunti idonei a prestare assistenza, ovvero come documentata e oggettiva impossibilità di questi ultimi a prestarla, nel presupposto che la disposizione all’esame avrebbe come ratio non quella di assegnare dei benefici ai soggetti che hanno un parente portatore di handicap, ma quella di garantire a quest’ultimo un’assistenza, per il caso che non ne abbia, o di garantirgli la continuità dell’assistenza già in atto, per il caso che già vi sia un parente che se ne occupi.

Diversamente, deve ritenersi (come condivisibilmente osservato dal T.A.R. Lazio, Latina, 30 luglio 2008 n. 981) che l’interpretazione costituzionalmente adeguata della disposizione all’esame risieda nell’attribuzione, in applicazione di esigenze solidaristiche, di un beneficio a chi già si sia spontaneamente e responsabilmente assunto il compito – oltretutto assai oneroso materialmente e psicologicamente – di prestare assistenza a un congiunto disabile, instaurando con lo stesso il rapporto assistenziale.

Diversamente opinandosi, verrebbe a configurarsi la possibilità – contraria alla ratio legis – di concedere il beneficio in questione a chi adduca la necessità di instaurare un rapporto assistenziale con il congiunto privo di altri familiari in grado di dargli assistenza, ovvero a chi non vanti, in atto, una effettiva e continua relazione assistenziale con il disabile (con l’evidente rischio di favorire utilizzazioni strumentali, se non addirittura abusive, del beneficio de quo da parte di chi abbia un congiunto disabile ed intenda far valere tale situazione per ottenere una più “comoda” assegnazione della sede di lavoro).

4. Deve quindi escludersi che, ex se riguardata, l’esistenza di altri familiari eventualmente in grado di fornire assistenza ma a ciò non disponibili per ragioni oggettive o soggettive impedisca l’applicazione dell’articolo 33, comma 5.

Quanto alla eventuale “indisponibilità” dei congiunti per ragioni “soggettive”, non risponderebbe alla ratio dell’articolo 33, comma 5, negare il beneficio nel presupposto che astrattamente altri potrebbero instaurare il rapporto assistenziale.

La giurisprudenza, tra i presupposti per l’operatività dell’articolo 33, non ha infatti mancato di indicare il “gradimento” da parte del disabile destinatario dell’assistenza, così confermandosi appunto l’essenzialità del legame affettivo nel meccanismo previsto dalla disposizione in questione.

In questo quadro, la resistente Amministrazione della Giustizia – investita della domanda del ricorrente – si sarebbe dovuta limitare a verificare l’effettiva esistenza del rapporto assistenziale e la indisponibilità, anche solo soggettiva, degli altri congiunti ad assumersi l’impegno di assistere i congiunti.

In particolare, avrebbe dovuto formare oggetto di verifica se effettivamente il ricorrente fosse l’unico congiunto – a causa degli impedimenti soggettivi o oggettivi manifestati dagli altri familiari – a poter prestare gli obblighi assistenziali nei confronti della madre.

La mera esistenza di altri familiari potenzialmente in grado di fornire assistenza, quindi, non costituiva – ex se riguardata – ragione per negare il beneficio; atteso che l’Amministrazione, anche nell’ottica di evitare abusi, avrebbe dovuto verificare che tali altri familiari non fossero disponibili a prestare assistenza o non avessero instaurato essi stessi una relazione assistenziale con il proprio congiunto.

5. Le considerazioni precedentemente esposte impongono di disporre, in accoglimento delle censure dedotte con il presente gravame, l’annullamento degli atti impugnati.

Rimane riservata all’Amministrazione, nell’ambito delle coordinate di legittimo svolgimento del potere de quo in precedenza illustrate dal Collegio, ogni conseguenziale statuizione.

Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite.

P.q.m.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione I – accoglie il ricorso indicato in epigrafe, nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in tali limiti annulla – riservate alla competente Amministrazione le conseguenziali determinazioni, gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 6 maggio 2009, con l’intervento dei seguenti magistrati:

Giorgio GIOVANNINI – Presidente

Roberto POLITI – Consigliere, relatore, estensore

Maria Laura MADDALENA – Primo Referendario

IL PRESIDENTE IL MAGISTRATO ESTENSORE

R.G. n. 574/2009

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it