La (—) non è una figura autonoma di atto amministrativo, bensì un mezzo di notificazione o di comunicazione di atti amministrativi. La (—) fa parte (come gli ordini, i regolamenti, le istruzioni) delle cd. norme interne, ossia di quelle disposizioni indirizzate solo a coloro che fanno parte di una determinata amministrazione.
La dottrina individua diversi tipi di (—):
— organizzativa, che contiene disposizioni sull’organizzazione degli uffici;
— interpretativa, recante l’interpretazione di leggi e regolamenti al fine di assicurarne l’uniforme applicazione nell’ambito dell’apparato amministrativo;
— di cortesia, contenente voti augurali, saluti, attestati di stima;
— informativa, tesa ad informare su determinati atti e problemi.
Molto controversa è la figura della (—) normativa, recante precetti vincolanti per le azioni successive dell’amministrazione. Secondo Giannini la (—) normativa non esiste, perché l’efficacia normativa va ricondotta all’atto notificato dalla (—), non a quest’ultima. Per Sandulli, invece, è una norma interna, espressione del potere di autorganizzazione e di supremazia speciale.
Separatamente va considerata la (—) regolamento, idonea a produrre effetti normativi esterni. Si tratta in questo caso di un vero e proprio regolamento che come tale va considerato, anche sotto il profilo dell’impugnazione, purché presenti i requisiti procedurali e sostanziali previsti.
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Chiamato all’eredità (d. civ.) (Called to Europe)
È il soggetto che, a seguito dell’apertura della successione mortis causa e della delazione, acquista il diritto di accettare l’eredità.
Tra i poteri del (—), ricordiamo:
— l’esercizio di azioni possessorie a tutela dei beni ereditari pur senza la loro materiale apprensione;
— la possibilità di compiere atti conservativi e di farsi autorizzare, in particolari casi (art. 460, c. 2 c.c.), alla vendita di beni;
— la possibilità di stare in giudizio come convenuto per rappresentare l’eredità (durante i termini previsti per l’inventario [Accettazione (dell’eredità con beneficio di inventario)]).
Cessione (d. civ.) (Transfer)
È l’atto negoziale che realizza la successione a titolo particolare di un soggetto nella posizione giuridica di altro soggetto.
(—) dei beni ai creditori
È un contratto con cui il debitore incarica tutti o alcuni creditori di liquidare tutte o parte delle sue attività e di ripartirne tra di loro il ricavato, in soddisfacimento dei rispettivi crediti (art. 1977 c.c.).
Esso quindi consiste in un accordo preordinato al soddisfacimento dei diritti dei creditori vantaggioso anche per lo stesso debitore.
Con tale cessione, infatti, i creditori ottengono una somma più elevata di quella che avrebbero avuto in seguito ad una procedura esecutiva (individuale o concorsuale) ed in un tempo minore, mentre il debitore riesce ad evitare gli effetti di una esecuzione forzata.
(—) del contratto
È il negozio con cui si realizza la successione inter vivos a titolo particolare di un terzo nella posizione contrattuale di uno dei contraenti originari.
La (—) può avvenire soltanto in materia di contratti con prestazioni corrispettive [Contratto], fino a quando le relative prestazioni non siano state ancora eseguite.
In un contratto a prestazioni corrispettive ogni posizione negoziale è composta tanto da situazioni attive (es.: per l’acquirente nella compravendita il diritto ad ottenere la consegna della cosa), quanto da situazioni passive (es.: l’obbligo di pagare il prezzo). Mentre il trasferimento del credito non richiede l’assenso del debitore, controparte contrattuale, la cessione della situazione debitoria non è realizzabile senza il consenso del creditore. Di conseguenza, l’art. 1406 c.c. stabilisce che non si può sostituire un terzo nella propria posizione contrattuale senza il consenso della controparte.
Come nella (—) dei crediti, anche in questo caso il cedente è tenuto a garantire il nomen verum, ossia l’esistenza di un contratto valido. Se ha assunto anche la garanzia dell’adempimento del contratto, egli risponde come un fideiussore [Fideiussione] per le obbligazioni del contraente ceduto.
(—) del credito
È il negozio con il quale il creditore (cedente) trasferisce ad altro soggetto (cessionario) il proprio diritto di credito. La (—) del credito si realizza tramite contratto bilaterale tra il creditore cedente ed il nuovo creditore cessionario.
Tale contratto può avere una causa diversa: la (—) può essere, infatti, realizzata venditionis causa, solvendi causa, donandi causa.
Il cedente è tenuto a garantire al cessionario l’esistenza e la validità dell’obbligazione (cd. nomen verum: art. 1266 c.c.), non è invece tenuto a garantire la solvibilità del debitore, salvo che ne abbia assunto l’onere (cd. nomen bonum: art. 1267 c.c.) [Cessio pro solvendo].
Per la validità della (—), normalmente, non è necessaria l’accettazione od il consenso del debitore ceduto, al quale è solitamente indifferente adempiere all’uno o all’altro creditore.
Diversamente, l’efficacia della cessione nei confronti del debitore ceduto e nei confronti dei terzi è subordinata all’espletamento di taluni oneri.
Così la cessione è efficace:
— nei confronti del debitore ceduto (art. 1264 c.c.) quando è stata accettata dal debitore oppure gli è stata notificata; tuttavia, il debitore che paghi al cedente prima della notificazione della (—) non è liberato se si dimostri che egli era comunque a conoscenza della (—) stessa.
Il debitore, in omaggio al principio per cui nessuno può trasferire più di quanto non abbia, può opporre al cessionario le stesse eccezioni che poteva opporre al cedente, e cioè eccezioni di natura personale (es.: pagamento già effettuato) o di natura reale (relative cioè alla validità ed efficacia del negozio);
— nei confronti dei terzi (art. 1265 c.c.). Se uno stesso credito è stato ceduto a più soggetti, l’acquisto si verifica solo a favore di chi, per primo, lo ha notificato al debitore o per primo ha ricevuto l’accettazione di questi, con atto di data certa.
(—) di crediti di impresa
[Factoring].
Cessio pro solvendo (cessione con soddisfazione del cessionario in futuro) (d. civ.) (Stops pro recourse (assignment to the satisfaction of the transferee in the future))
Nell’ambito della cessione del credito, si ha (—), quando il cedente garantisce al cessionario sia l’esistenza del credito ceduto (nomen verum) che la solvibilità del debitore (nomen bonum) (art. 1267 c.c.).
In questo caso, a differenza della cessio pro soluto, se il debitore ceduto non adempie, il cessionario potrà rivolgersi al cedente per ottenere da lui l’adempimento.